IL PRETORE
    Rilevato che l'opponente non e' comparso all'udienza nonostante la
 regolarita' della notifica del decreto di citazione e non ha  dedotto
 alcun legittimo impedimento;
    Considerato  che  la  fondatezza  del  ricorso  emerge prima facie
 dall'esame degli atti depositati  prima  dell'udienza  dall'autorita'
 che   ha  emesso  l'ordinanza  ingiunzione,  poiche'  il  verbale  di
 accertamento non e' sottoscritto da nessun pubblico ufficiale  e  non
 contiene  alcuna  menzione,  neanche  implicita, dei motivi che hanno
 impedito la contestazione immediata;
    Ritenuto  che  tuttavia  l'art.  23,  quinto comma, della legge n.
 689/1981 impone la convalida dell'ordinanza ingiunzione  per  effetto
 della   sola  mancata  comparizione  dell'opponente,  precludendo  al
 giudice ogni ulteriore esame;
                           OSSERVA IN DIRITTO
    Non  appare  manifestamente infondata la questione di legittimita'
 costituzionale della norma citata per contrasto con gli artt. 3, 24 e
 113 della Costituzione.
    La  legge processuale conosce svariate fattispecie in cui derivano
 conseguenze negative per la parte che non si presenta in udienza,  ma
 nessuna  e' cosi' perentoria come quella in esame. Si va dall'ipotesi
 della legge n. 533/1973, che prevede  la  mancata  comparizione  solo
 quale  comportamento  valutabile ai fini del decidere, ad ipotesi man
 mano piu' negative per la parte, come  l'art.  662  del  c.p.c.  (ove
 pero'      l'unica     conseguenza,     secondo     l'interpretazione
 giurisprudenziale  e   dottrinale   piu'   attenta   e'   l'immediata
 trasformazione  del  procedimento speciale in procedimento ordinario,
 con l'applicazione delle ipotesi di  cui  all'art.  181  del  c.p.c.,
 secondo  comma), come l'art. 707 del c.p.c., secondo comma (della cui
 applicabilita' pero'  ormai  si  dubita,  dopo  l'entrata  in  vigore
 dell'art.  8, settimo comma, della legge n. 74/1987), come l'art. 647
 del c.p.c. (ove  pero'  l'opponente  non  si  e'  costituito,  mentre
 nell'ipotesi  legislativa in esame l'opponente e' gia' costituito col
 deposito del ricorso), e soprattutto  come  l'art.  510  del  c.p.p.'
 norma  cui  e'  evidentemente  modellato il quinto comma dell'art. 23
 della legge n. 689/1981 e rispetto alla quale sembra poi piu' congruo
 prospettare    un   confronto,   dato   l'innegabile   ravvicinamento
 dell'illecito amministrativo a quello penale operato dalla  legge  n.
 689/1981 con la coerente configurazione di un giudizio di opposizione
 non lontano dal modello processualpenalistico.
    Anche  pero' il primo comma dell'art. 510 del c.p.p. e' molto meno
 drastico di quello che sembra, poiche' e' obbligo del pretore  penale
 anche  in  caso  di  mancata  comparizione  dell'opponente, applicare
 comunque l'art. 152 del c.p.p. e prosciogliere se risulta ictus oculi
 che l'imputato non e' responsabile o non puo' essere punito (il nuovo
 codice di procedura penale, poi, non richiede  piu'  la  comparizione
 personale dell'opponente, eliminando in radice ogni dubbio). A parere
 di questo pretore, non puo' escludersi una irrazionale disparita'  di
 trattamento  e una ingiustificata compressione del diritto di difesa,
 proprio con riferimento a quanto stabilito per l'opponente a  decreto
 penale:  l'analogia  trova  fondamento  nel  diritto  soggettivo  del
 cittadino di essere sottoposto a misure afflittive  (sia  penali  che
 amministrative)  nei  soli casi e modi stabiliti dalla legge e quindi
 nel favor libertatis che deve animare tutto  il  diritto  punitivo  e
 primeggiare  di fronte ad interessi di rango inferiore. Appare quindi
 legittimo il dubbio di incostituzionalita' del quinto comma dell'art.
 23  della legge n. 689/1981 che impone al giudice dell'opposizione di
 "convalidare" un  provvedimento  amministrativo  punitivo  (ordinanza
 ingiunzione)  se  l'opponente  o  il suo procuratore non compaiono in
 udienza e non adducono legittimo impedimento, anche nel caso  in  cui
 risulti   documentalmente   la   illegittimita'   del   provvedimento
 amministrativo stesso, nei limiti  dei  motivi  dedotti  nel  ricorso
 dall'interessato o comunque rilevabili d'ufficio.
   In   definitiva:   l'ampia  discrezionalita'  del  legislatore  nel
 configurare uno strumento processuale adatto alla particolare materia
 in cui esso trovera' applicazione, non sembra possa spingersi fino al
 punto di privilegiare una presunzione  di  sopravvenuto  disinteresse
 del  ricorrente (sorta di invincibile fictio iuris) anche di fronte a
 una manifesta violazione del principio di legittimita', cui anche  la
 pubblica  amministrazione  e sottoposta: non sembra infondato, allora
 il sospetto di una disparita' di trattamento ingiustificata  (art.  3
 della  Costituzione),  ovvero  di  una comprensione eccessiva e senza
 congruo motivo del diritto di difesa del cittadino di fronte ad  atti
 illegittimi  della  pubblica  amministrazione  (artt.  24 e 113 della
 Costituzione).
    Non   e'   superfluo  sottolineare  che  e'  precluso  al  giudice
 dell'opposizione  ovviare  alla  censura  esposta  mediante  la   via
 interpretativa,  essendo  per  definizione  inapplicabile  il secondo
 comma dell'art. 181 del c.p.c. e al contempo mancando,  nello  schema
 processuale  delineato  dalla  legge  689/1981,  una  norma analoga a
 quella dell'art. 421 del c.p.p., la quale ha consentito facilmente la
 declaratoria   della  non  punibilita'  anche  nel  caso  di  mancata
 comparizione in giudizio dell'opponente a decreto penale.