IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 1869/1987 proposto dal dott. Alfredo Chiuccariello rappresentato e difeso dall'avv. F. G. Scoca e presso il medesimo domiciliato in Roma, via Paisiello n. 55, contro il Ministero dell'agricoltura e foreste rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato e nei confronti del dott. Eduardo Di Salvo e del Ministero di grazia e giustizia (n.c.) per l'annullamento dei provvedimenti di cui alla nota 30 marzo 1987 del comitato di pesidenza del C.S.M. alla nota Ministero agricoltura 4 maggio 1987 e al d.P.R. 16 aprile 1987 relativi alla nomina e coll. f.r. del dott. Di Salvo come commissario alla liquidazione degli usi civici del Lazio; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio della p.a.; Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese; Visti gli atti tutti della causa; Udito alla pubblica udienza del 19 ottobre 1988 il relatore consigliere Borea e uditi, altresi', l'avv. Scoca per il ricorrente e l'avv. dello Stato Tamiozzo per l'amministrazione resistente; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue; F A T T O Il ricorrente, dopo aver premesso di essere magistrato di cassazione nominato alle funzioni direttive dal 1 gennaio 1979, in atto f.r. quale commissario aggiunto agli usi civici per il Lazio, e di aver invano presentato domanda per succedere egli stesso al titolare, collocato a riposo dal 1 dicembre 1986, impugna agli atti in epigrafe deducendo: 1) Incompetenza Ministero agricoltura. L'art. 27 c.n. 1766/1927, che incentra nella proposta nel Ministero dell'agricoltura la scelta del commissario agli usi civici, deve ritenersi abrogato dall'art. 105 della Costituzione e dall'art. 10 c.n. 195/1958, che viceversa affidano al C.S.M. tale scelta. E cio' ancor prima che il d.P.R. n. 616/1977 spogliasse il M.A.F. di questi tutte le sue competenze in materia e favore delle regioni. Infatti il commissario agli usi civici e' oggi un giudice di primo grado e ha perso le attribuzioni amministrative un tempo affidategli, cosi' come il M.A.F. ha perso le proprie (eccezione fatta per la controfirma del d.P.R. di legittimazione della occupazione abusiva di terre civiche). 2) All. cost. art. 27 della legge n. 1766/1927 per contrasto con l'art. 105 della Costituzione. In caso non si ritenga il detto art. 27 abrogato. 3) Difetto motivazione. La scelta operata e' totalmente priva di motivazione. 4) Violazione di legge. Violazione principi generali in materia di copertura di pubblici uffici. Il ricorrente e' piu' anziano del dott. Di Salvo, e ha titoli ed esperienza specifica notevole. 5) Violazione dell'art. 27 della legge n. 1766/1927. Il C.S.M., anziche' dare il richiesto assenso, si e' limitato a disporre il coll. f.r. del dott. Di Salvo. E cio' malgrado che la Corte costituzionale (sentenza n. 73/1970) imponga una vera e propria nomina. Si oppone la p.a., osservando: a) che non e' vero che il commissario svolgerebbe solo funzioni giurisdizionali, essendo rimaste allo Stato le competennze, anche istruttorie in materia di legittimazioni; b) che la VI disposizione transitoria della Corte costituzionale fa salve le giurisdizioni speciali, mentre la VII disposizione transitoria fa salvo l'ordinamento vigente fino all'emanazione di nuove norme. E vi sono altri giudici che sfuggono alla competenza del C.S.M.; c) che un obbligo generale di motivazione non esiste; d) che l'anzianita' non ha peso determinante e che i precedenti del dott. Di Salvo sono ugualmente pregevoli; e) che il consenso e' stato dato dal Ministro di grazia e giustizia e trasmesso al C.S.M. Ha proposto memoria il ricorrente sottolineando in particolare il fatto che la Corte costituzionale, con sentenza n. 73/1970, ha affermato che la nomina del Commissario liquidatore spetta al C.S.M. e che dopo il d.P.R. n. 616/1977 tutte le funzioni amministrative sono passate alle regioni (T.A.R. Lazio n. 479/1986). D I R I T T O La questione di fondo posta con il ricorso in esame, con il quale il ricorrente, magistrato di cassazione nominato alle funzioni direttive attualmente collocato f.r. quale commissario aggiunto agli usi civici per il Lazio, si duole della preferenza concessa ad altro collega per la nomina quale commissario titolare, consiste nello stabilire: a) se la procedura all'uopo prevista dall'art. 27, 2 comma, della legge 16 giugno 1927, n. 1766, nella quale la scelta dei commissari e' rimessa in sostanza al Ministro dell'agricoltura e delle foreste, alla cui proposta, con il consenso del Ministro di grazia e giustizia, fa seguito il decreto formale del Presidente della Repubblica, sia da ritenersi o meno abrogata ad opera della sopravvenuta Carta costituzionale, il cui art. 105, cosi' come attuato poi con l'art. 10 della legge 24 dicembre 1958, n. 195, affida al consiglio superiore della Magistratura la competenza in materia - tra l'altro - di assegnazione agli uffici dei magistrati ordinari; b) se, in caso di soluzione negativa della questione sub a), la permanenza in vigore del detto art. 27 della legge n. 1766/1927 sia compatibile o meno con i principi costituzionali che garantiscono l'indipendenza dei giudici e l'autonomia della funzione giurisdizionale. Sul piano della legittimita' ordinaria il ricorso non puo' avere esito favorevole: non puo' infatti condividersi l'assunto di parte ricorrente in ordine alla pretesa attuale non vigenza del detto art. 27, 2 comma, della legge n. 1766/1927. Il Consiglio superiore della magistratura si configura nel disegno costituzionale come organo di autogoverno dei magistrati ordinari nell'ambito oggettivo delle funzioni giurisdizionali proprie della magistratura ordinaria: cio' e' dimostrato sul piano soggettivo, dal fatto che l'art. 104 prevede che ne facciano parte (oltre ai membri laici) solo magistrati ordinari, e sul piano oggettivo, dal fatto che l'art. 105, nell'indicare le competenze del C.S.M., rimanda in concreto ai provvedimenti previsti secondo le norme dell'ordinamento giudiziario. E poiche' le norme sull'ordinamento giudiziario (r.d. 30 gennaio 1941, n. 12) precisano che l'amministrazione della giustizia e' affidata (1 comma, art. 1) al giudice conciliatore, al pretore, al tribunale, alla corte d'appello e alla corte di cassazione, con esclusione quindi di ogni altro giudice, all'uopo (secondo comma) rinviandosi, a leggi speciali per le giurisdizioni amministrative e per quelle "speciali", e' chiaro che tra queste ultime rientra anche, come del resto e' pacifico in dottrina e in giurisprudenza (ad es. cfr. cass. civ. ss.uu., 10 ottobre 1966, n. 2425 e 10 aprile 1968, n. 1174) e come in sostanza ammette lo stesso ricorrente, l'ufficio del commissario regionale per la liquidazione degli usi civici. Il quale si differenza dai normali organi di giurisdizione ordinaria non solo per le modalita' di nomina, come si e' visto, ma altresi' per la particolarita' della materia sulla quale e' chiamato a pronunciarsi, con norme di procedura ad hoc, e per il fatto che alle funzioni giurisdizionali si aggiungono (o quanto meno si aggiungevano) funzioni amministrative. Da cio' deriva che detto "speciale" organo giurisdizionale, la cui particolarita' sta nel fatto che i commissari sono scelti esclusivamente tra magistrati ordinari (donde il permanere di un collegamento di natura soggettiva con l'ordinamento giudiziario) in attesa della revisione degli organi speciali di giurisdizione prevista dalla VI disp. trans. alla Costituzione, continua a essere regolato dalle norme che lo prevedono, e cioe' dagli artt. 27 e ss. della legge n. 1766/1927. E' bensi' vero che la Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi su di un dubbio di illegittimita' costituzionale concernente il primo comma di quello stesso art. 27 della legge n. 1766/1927 ora in esame, e cioe' sul quesito se l'indipendenza e imparzialita' del commissario "giudice" possano ritenersi compromesse per il fatto che allo stesso vengono attribuite altresi' funzioni amministrative, nell'escludere la fondatezza della questione posta ha affermato che l'indipendenza del commissario, oltre che dall'essere questi un magistrato ordinario, e' garantita - tra l'altro - dal fatto che alla sua nomina provvede - oggi - il Consiglio superiore della magistratura (sentenza n. 73/1970). Senonche' trattasi con ogni evidenza di un'affermazione di natura incidentale, per di piu' con riguardo ad una norma (il secondo comma dell'art. 27) che non aveva costituito oggetto dell'ordinanza di remissione, con la conseguenza che alla medesima (come altresi' dimostra il fatto che non risulta che la p.a. abbia mai ritenuto di adeguarsi) non puo' attribursi altro significato nell'impossibilita' della Corte di pronunciarsi espressamente sul punto in quel giudizio per ragioni d'ordine processuale - se non quello di configurare un invito al legislatore a provvedere ad adeguare ai principi costituzionali una disciplina normativa che allo stato non puo' che continuare a essere ritenuta in vigore pur se non immune dal sospetto di illegittimita' costituzionale. Da cio' consegue, per quel che qui interessa, che la procedura (proposta nominativa del Ministro per l'agricoltura e foreste seguita dal decreto di nomina del Presidente della Repubblica previo implicito ma inequivoco, semplice consenso alla scelta aliunde operata dal Ministro competente da parte del Ministero di grazia e giustizia e del C.S.M., (il primo dei quali ha richiesto e il secondo ha deliberato il collocamento fuori ruolo del nominando a disposizione del M.A.F.) appare immune dalle dedotte censure di legittimita' ordinaria. Il che vale non solo con riguardo al radicale assunto gia' esaminato secondo il quale l'art. 27, secondo comma, della legge n. 1766/1927, con la procedura di nomina prevista e piu' sopra descritta, non sarebbe piu' in vigore o comunque andrebbe "riletto" alla luce dell'obiter dictum della Corte costituzionale, ma anche per cio' che attiene a una subordinata tesi secondo la quale la scelta operata avrebbe comunque dovuto essere motivata nonche' dare conto della preferenza data all'uno anziche' all'altro aspirante; e' agevole infatti osservare che l'art. 27 cit. come gia' dalla giurisprudenza rilevato, configura un'ipotesi di scelta discrezionale che non necessita' ne' di motivazione ne' di comparazione, in armonia a un principio generale in materia di nomina governativa alle cariche onorarie (Cons. St. VI sez. 24 novembre 1972, n. 735). Tale conclusione negativa sul piano del sindacato di legittimita' ordinaria rende peraltro rilevante la questione di illegittimita' costituzionale in precedenza accennata sub b), che il Collegio non considera manifestamente infondata. In proposito si ritiene di dover condividere infatti i presupposti che hanno portato la Corte costituzionale all'affermazione sopra ricordata; presupposti che evidentemente sottintendono, nella vigente procedura di nomina dei commissari agli usi civici, una non completa garanzia dell'indipendenza e dell'imparzialita' che devono assistere gli organi chiamati a esprimere la funzione giurisdizionale. E se questo era l'implicito ma autorevole avviso della Corte nell'ormai l'ontano 1970, allorche' i commissari continuavano ad espletare, accanto a quelle giurisdizionali, anche funzioni amministrative, in ragione delle quali essenzialmente il legislatore del 1927 aveva ritenuto di affidare al Ministro competente la scelta dei soggetti da incardinare nell'ufficio, a maggior ragione la norna appare oggi quanto meno obsoleta, dopo cioe' che gli articoli 66 e 71 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, hanno trasferito alle regioni le competenze amministrative dei commissari stessi: qualche dubbio in proposito per la verita' sussiste in giurisprudenza soltanto con riguardo agli atti di legittimazione di occupazioni abusive di terre di uso civico, (articoli 9 e 10 della legge n. 1866/1927) che la prevalente giurisprudenza ritiene tutt'ora di competenza dei commissari (salva approvazione del Capo dello Stato), pur se non mancano pronuncie nelle quali si afferma anche in questo caso la competenza delle regioni: cfr. nel primo senso, Cons. St. II sez. par. 11 febbraio 1981, n. 1277/1979 e, nel secondo t.a.r. Lazio I, 25 marzo 1986, nn. 460 e 479. Tale dubbio peraltro, comunque si voglia intendere il settimo comma dell'art. 66 del d.P.R. n. 616/1977 (l'approvazione della legittimazione... e' effettuata con decreto del Presidente della Repubblica d'intesa con la regione interessata) non vale nella sostanza a mutare il quadro che vede tutt'oggi la scelta e l'incardinamento dei soggetti preposti all'esercizio di funzioni essenzialmente se non esclusivamente giurisdizionali affidata alla discrezione di un organo del potere esecutivo. In conclusione, non sembra al collegio agevole escludere che la norma in esame si ponga in contrasto con l'art. 108 della Costituzione il quale demanda alla legge il compito di assicurare l'indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali. Indipendenza che come gia' implicitamente ammesso dalla Corte costituzionale non sembra sufficientemente garantita per il fatto che la scelta rimessa al Ministero dell'agricoltura e foreste, per di piu' libera da qualsiasi obbligo di motivazione e di comparazione in caso di due o piu' aspiranti (cfr. sent. Cons. st. sez. VI, n. 735/1972 in precedenza richiamata), si configura come scelta di natura sostanzialmente fiduciaria senza termine di scadenza e quindi in ipotesi revocabile, come tale capace, pur naturalmente in assenza di un qualsivoglia formale rapporto di subordinazione gerarchica, di ingenerare sospetti che le funzioni giurisdizionali possano non essere esercitate con la necessaria imparzialita'. A cio' si puo' aggiungere che se anche non sono nella specie direttamente invocabili come parametro di riferimento gli articoli 104 e 105 della Costituzione (i quali, come si e' detto, concernono i magistrati ordinari nelll'esercizio della funzione giurisdizionale ordinaria con esclusione quindi di una competenza costituzionalmente imposta del C.S.M. per cio' che riguarda la scelta e nomina dei Commissari per gli usi civici, in quanto giudici speciali) resta comunque certo il fatto che destinatari della norma sulla provvista dei commissari sono soltanto i magistrati ordinari, cio' che agevolmente consentirebbe, cosi' come del resto auspicato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 73/1970 cit., una attrazione della competenza in materia a favore dell'organo di autogoverno voluto dall'art. 104 della Costituzione. Pare dunque necessario e opportuno rimettere la questione al vaglio della Corte costituzionale allo scopo di pervenire a un definitivo autorevole chiarimento della questione posta; chiarimento tanto piu' necessario e opportuno ove si consideri che in un disegno di legge da tempo all'esame del parlamento mirante a un riordino della disciplina in materia di beni e diritti di uso civico e di riorganizzazione dei commissariati agli usi civici, viene mantenuto fermo (art. 13) il potere di "proposta" del Ministero dell'agricoltura e foreste preordinato alla nomina da parte del Presidente della Repubblica, lasciandosi al C.S.M. il solo compito di provvedere alla copertura dei posti, e cioe', come gia' ora avviene, di deliberare il collocamento fuori ruolo degli interessati (scelti dal Ministro dell'agricoltura).