ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 1, secondo
 comma, e 16, commi secondo, quinto e sesto,  della  legge  13  aprile
 1988,  n.  117 (Risarcimento dei danni cagionati nell'esercizio delle
 funzioni  giudiziarie  e  responsabilita'  civile  dei   magistrati),
 promosso  con  ordinanza  emessa  il  2  settembre  1988  dalla Corte
 d'Appello di Trento nel procedimento vertente tra Menestrelli Mario e
 Mantovanelli  Angiolina ved. Merlini, iscritta al n. 622 del registro
 ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 36, prima serie speciale, dell'anno 1988;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice
 relatore Gabriele Pescatore;
    Ritenuto  che  la  Corte  d'Appello  di  Trento,  con  ordinanza 2
 settembre 1988 (R.O. n. 622 del  1988),  ha  sollevato  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 1, comma secondo, e 16, commi
 secondo, quinto e sesto, della legge 13 aprile 1988, n. 117;
      che  secondo  il  giudice  a quo le disposizioni contenute nelle
 norme impugnate contrasterebbero con  agli  artt.  101  e  104  della
 Costituzione,   ledendo   il   principio   della   segretezza   delle
 deliberazioni degli organi collegiali;
      che  esse  contrasterebbero, inoltre, con gli artt. 3 e 24 della
 Costituzione, poiche' la responsabilita' civile dei componenti  degli
 organi    giudiziari    collegiali    non    sarebbe   giuridicamente
 configurabile, presupponendo una differenziazione di trattamento  tra
 relatore  ed  altri  membri  del collegio, nonche' la possibilita' di
 provare come sia stata svolta la relazione, le  quali  non  sarebbero
 concretamente realizzabili;
      che  dinanzi  a  questa  Corte  si  e'  costituita  l'Avvocatura
 generale dello Stato,  che  e'  intervenuta  per  il  Presidente  del
 Consiglio  dei ministri, chiedendo in via principale che la questione
 sia dichiarata inammissibile per  difetto  di  rilevanza  o,  in  via
 subordinata, che sia dichiarata non fondata;
    Considerato  che  l'ecccezione  d'inammissibilita'  per difetto di
 rilevanza e' priva  di  fondamento,  poiche'  la  questione  concerne
 l'art.  16  della  l.  n. 117 del 1988, del quale il giudice a quo e'
 chiamato a fare  diretta  applicazione,  nonche'  l'art.  1,  secondo
 comma,  della  stessa  legge  che,  essendo  norma  regolatrice della
 responsabilita' del giudice, incide sul suo  status  e  attiene  alla
 "protezione"  dell'esercizio  della funzione, nella quale i doveri si
 accompagnano ai diritti (cfr. la sentenza n. 18 del 1989);
      che questa Corte, con la citata sentenza n. 18 del 1989, ha gia'
 affermato che il principio della segretezza della camera di consiglio
 non   ha   valore   costituzionale   e  la  previsione  di  una  pari
 responsabilita' per tutti i membri del collegio obbedisce al criterio
 di razionalita', perche' correlata alla parita' di doveri di ciascuno
 di essi, sulla quale non incidono i compiti specifici del relatore;
      che,  pertanto,  la  questione  e'  manifestamente  infondata in
 riferimento agli artt. 3, 101 e 104 della Costituzione;
      che,  dovendosi  garantire  a  ciascuno  dei membri del collegio
 l'accesso agli atti di causa, con parita' di diritti, doveri e poteri
 rispetto  al relatore, con conseguente parita' di responsabilita', la
 questione appare manifestamente infondata anche in relazione all'art.
 24 della Costituzione;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della l. 11 marzo 1953, n. 87 e
 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti  alla
 Corte costituzionale.