ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 5 della legge 29 maggio 1982, n. 297 (Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica), promosso con ordinanza emessa il 6 febbraio 1988 dal Pretore di Messina nel procedimento civile vertente tra Vadala' Antonino e l'I.N.A.D.E.L., iscritta al n. 443 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di costituzione di Vadala' Antonino nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 1989 il giudice relatore Francesco Greco; Uditi l'avv. Vita Maria Spallitta per Vadala' Antonino e l'Avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri; RITENUTO IN FATTO Il dott. Vadala' Antonino, dipendente dell'Amministrazione provinciale di Messina, collocato a riposo in data 1 aprile 1982, conveniva in giudizio, dinanzi al Pretore di Messina, l'I.N.A.D.E.L., chiedendone la condanna al pagamento della indennita' premio di servizio comprensiva dell'intera indennita' integrativa speciale. Il Pretore, rilevato che la legge 7 luglio 1980, n. 229, innovando la precedente disciplina, aveva previsto il computo parziale dell'indennita' integrativa speciale nella indennita' premio di servizio, che, invece, gli artt. 4 e 5 della legge 29 maggio 1982, n. 297, in vigore dal 1 giugno 1982, avevano ripristinato la situazione precedente alla legge n. 229 del 1980, sancendo la computabilita' dell'indennita' per intero e che, quindi, si era verificata una doppia disparita' di trattamento tra coloro che erano stati collocati a riposo prima della legge n. 229 del 1980, dopo l'entrata in vigore della legge n. 297 del 1982, e coloro che, invece, erano stati collocati a riposo nella vigenza della legge n. 229 del 1980, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 5 della legge 29 maggio 1982, n. 297, per il trattamento differenziato fatto a coloro che hanno cessato il rapporto di impiego prima della sua entrata in vigore (violazione dell'art. 3 della Costituzione); per la inidoneita' del trattamento stesso ad assolvere una adeguata funzione previdenziale (art. 38 della Costituzione); per la violazione del principio di proporzionalita' tra retribuzione e trattamento erogato alla fine del rapporto di lavoro (violazione art. 36 della Costituzione). Si e' costituita nel giudizio la parte privata la quale ha osservato che la legge n. 290 del 1980 ha dato vita ad un trattamento pregiudizievole dei diritti dei lavoratori circoscritto nel tempo che la legge n. 297 del 1982 ha eliminato, ma certamente anche a vantaggio di coloro che sono stati collocati a riposo prima della sua entrata in vigore, altrimenti i costi sociali, chiaramente sottesi alla legge n. 290 del 1980, verrebbero a gravare solo su alcuni soggetti, il che contrasta con la ratio dell'art. 3 della Costituzione. E' intervenuta nel giudizio l'Avvocatura Generale dello Stato, in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per la manifesta inammissibilita' o, comunque, per la non fondatezza della questione. Ha rilevato, invero, che il Pretore pretenderebbe che sia emessa una non consentita sentenza additiva che faccia retroagire gli effetti delle disposizioni di cui agli artt. 4 e 5 della legge n. 297 del 1982 anche nei confronti di chi e' stato collocato a riposo prima del 1 giugno 1982, o che sia censurata la scelta discrezionale e non irragionevole del legislatore di delimitare temporalmente il campo di applicazione delle citate disposizioni. Sarebbero, inoltre, conformi ai principi generali l'applicazione solo ai rapporti in corso dell'art. 5 in questione, in quanto disposizione transitoria, e la regolamentazione con il nuovo sistema introdotto dalla legge n. 297 dei rapporti iniziati dopo la sua entrata in vigore. Comunque, chi e' stato collocato a riposo prima dell'entrata in vigore della legge n. 297 ha ottenuto il trattamento allora previsto e spettante; la sua eventuale sproporzione alla retribuzione o, comunque, la sua adeguatezza alla funzione previdenziale, puo' farsi risalire alla legge del tempo e cioe' alla n. 290 del 1980, ma non certo alla pretesa illegittimita' costituzionale degli inapplicabili artt. 4 e 5 della legge n. 297 del 1982. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. - E' sollevata questione di legittimita' costituzionale degli artt. 4 e 5 della legge 29 maggio 1982, n. 297, nella parte in cui, ai fini della liquidazione dell'indennita' premio di servizio, non prevedono il computo dell'intera indennita' integrativa speciale, anche a vantaggio dei lavoratori collocati a riposo prima dell'entrata in vigore della legge medesima. Ad avviso del giudice remittente sarebbero violati: a) l'art. 3 della Costituzione, per la disparita' di trattamento che ne consegue, in danno dei suddetti lavoratori rispetto a quelli che, collocati a riposo prima o dopo l'entrata in vigore della legge impugnata, ricevono l'indennita' di contingenza ai fini suddetti; b) gli artt. 36 e 38, secondo comma, della Costituzione, determinandosi, a cagione dell'omesso computo dell'intero importo della indennita', un insufficiente trattamento di fine rapporto per difetto di proporzionalita' del medesimo alla qualita' e quantita' del lavoro prestato. 2. - E' preliminare l'esame dell'eccezione di inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura Generale dello Stato nel rilievo che, anziche' essere censurata la legge n. 297 del 1982, doveva essere impugnata la legge 7 luglio 1980, n. 299 (conversione in legge con modificazioni del decreto legge 7 maggio 1980, n. 153, concernente norme per l'attivita' gestionale e finanziaria degli enti locali per l'anno 1980), perche' essa ha causato il trattamento insufficiente e peggiorativo di cui il ricorrente si duole. L'eccezione e' infondata. Diversamente da quanto osservato dall'Avvocatura Generale dello Stato, la censura si dirige esattamente contro la legge 297 del 1982 in quanto essa ha ripristinato, solo a favore dei lavoratori che cessano dal lavoro in data posteriore alla sua entrata in vigore, il computo dell'intera indennita' integrativa speciale nell'indennita' premio di servizio che invece, per le ben note esigenze di politica economica, aveva subito una riduzione precedentemente. 3. - Nel merito la questione e' infondata. Le norme censurate fanno parte del piu' ampio contesto legislativo (la legge 29 maggio 1982, n. 297) con il quale, a partire dal 1 giugno 1982, data della sua entrata in vigore, l'indennita' di fine rapporto, da premio per il lavoratore che ha cessato il rapporto di lavoro, ha assunto la nuova configurazione di risparmio soggetto a rivalutazione e liquidato con nuovi criteri e modalita', mentre, per coloro il cui rapporto e' cessato precedentemente, l'indennita' ha continuato ad essere regolata dalle leggi del tempo. Siffatta disciplina non e' contraria ai precetti costituzionali. Invero, certamente spetta al legislatore la riforma della disciplina legislativa di determinati istituti come quello in esame e non e' affatto arbitraria o irrazionale la fissazione di un periodo di decorrenza della nuova disciplina, anche se essa sia piu' favorevole della precedente, prevedendo il reinserimento, nel trattamento di fine rapporto, di quelle somme che sono state "congelate" per un certo periodo per esigenze di politica economica e sociale. Questa Corte ha gia' ritenuto (sentenza n. 142 del 1980) che il legislatore puo' ristrutturare l'indennita' di fine rapporto senza che risultino violati i precetti costituzionali, compreso quello dell'art. 36 della Costituzione se, come nella specie, le innovazioni apportate hanno tenuto conto della qualita' e quantita' del lavoro prestato dagli interessati agli effetti degli artt. 3, 36 e 38 della Costituzione. Il divario che si puo' produrre tra le categorie dei lavoratori che cessano dal rapporto di lavoro in varie epoche non reca offesa, al criterio della proporzionalita' della quantita' e qualita' di lavoro e della idoneita' del trattamento a soddisfare le esigenze di vita del lavoratore, assunte come componenti del calcolo del quantum della indennita' garantite dai suddetti precetti costituzionali. E' sufficiente che non sussista un'irragionevolezza nel rapporto tra quantita' o qualita' di lavoro e retribuzione complessiva.