ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 54 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito), in relazione agli artt. 9 e 25 del codice di procedura civile e dell'art. 6 del d.P.R. 30.10.1933, n. 1611 (Approvazione del t.u. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 5 febbraio 1988 dal Pretore di Vercelli nel procedimento civile vertente tra Torta Giuseppe e l'Ufficio provinciale IVA di Vercelli ed altro, iscritta al n. 433 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale dell'anno 1988. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 25 gennaio 1989 il Giudice relatore Aldo Corasaniti; Ritenuto che nel corso di un procedimento civile avente ad oggetto l'opposizione di terzo ex art. 619 c.p.c. e promosso da Giuseppe Torta, che lamentava che i beni di sua proprieta' fossero stati pignorati in danno e nella casa di Marino Bertacco nel corso dell'esecuzione forzata mobiliare promossa, nei confronti di quest'ultimo, dall'Ufficio IVA di Vercelli, il Pretore di quella citta' ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 (Disposizioni sulla riscossione delle imposte sul reddito) in relazione agli artt. 9 e 25 c.p.c. ed all'art. 6 del regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611 (Approvazione del t.u. delle leggi e delle norme giuridiche sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull'ordinamento dell'Avvocatura dello Stato), in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione; che ad avviso dell'autorita' remittente la norma denunciata, nell'interpretazione ad essa data dalla Corte di cassazione - postulante la natura tributaria della causa avente ad oggetto l'opposizione di terzo estraneo all'esecuzione forzata su titolo fiscale -, imponendo il foro erariale per tale tipo di controversia vanifica o comprime irragionevolmente il diritto fondamentale alla tutela giurisdizionale, in considerazione del costo eccessivo del giudizio per la difesa della proprieta'; che nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilita' e, comunque, per la manifesta infondatezza della questione. Considerato che l'eccezione di inammissibilita' sollevata dall'Avvocatura dello Stato per avere l'ordinanza di rimessione proposto la questione di legittimita' dell'art. 54 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 - disposizione che, concernendo la riscossione coattiva delle imposte sul reddito non troverebbe applicazione in sede di esecuzione forzata mobiliare per crediti I.V.A. - puo' essere superata ove si consideri che gli articoli da 5 a 15 e 31 del R.D. 14 aprile 1910, n. 639, richiamati dall'art. 62, secondo comma, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (Istituzione e disciplina dell'imposta sul valore aggiunto), racchiudono una norma di eguale contenuto, nel senso che prevedono l'opposizione di terzo all'esecuzione e postulano l'applicazione della regola del foro erariale dettata dagli artt. 6, 7 e 8 del R.D. 30 ottobre 1933, n. 1611, e 9 e 25 c.p.c., norma che costituisce il vero oggetto della censura, sicche' l'inesatta indicazione della disposizione non esclude la rilevanza della questione; che oggetto della questione e' l'assimilazione, operata dalla giurisprudenza, dell'opposizione di terzo all'esecuzione su titolo fiscale alle "controversie giudiziali riguardanti le tasse e sovrattasse, anche se insorte in sede di esecuzione" cui fa riferimento l'art. 8 del R.D. 14 aprile 1910, n. 639; che peraltro contro tale assimilazione non sono stati addotti motivi diversi da quelli, riferibili a ogni tipo di controversia, per cui sia stabilita la competenza territoriale del foro dello Stato, vale a dire l'aggravio del disagio e del costo dell'iniziativa o della resistenza in giudizio che discenderebbe da una deroga alla competenza territoriale ordinaria; che tali argomenti sono stati disattesi, con ripetute decisioni (sentenze n. 12 del 1974, n. 118 del 1964, n. 119 del 1963) da questa Corte, la quale, con riferimento agli artt. 25 c.p.c. e 6, 7, 8 e 10 del T.U. 30 ottobre 1933, n. 1611, ha, tra l'altro, osservato che "la regola del foro dello Stato", per un verso non menoma in modo apprezzabile l'esercizio del diritto di difesa da parte del singolo, ne' sotto il profilo del costo ne' sotto quello del disagio; per altro verso ha "una adeguata giustificazione nelle ragioni di interesse generale (ridondanti anche a beneficio dei singoli)", collegabili al soddisfacimento dell'esigenza di concentrare - in vista di un servizio organizzato in modo da importare minori oneri e migliori risultati per la collettivita' - gli uffici dell'Avvocatura dello Stato e dell'esigenza di concentrare - ancora una volta in vista del migliore rendimento del servizio - i giudizi cui partecipa lo Stato presso un numero ristretto di sedi giudiziarie; che l'ordinanza di rimessione, nel riproporre la questione, non prospetta profili nuovi, ne', come e' stato detto, peculiari al caso dell'opposizione di terzo di cui all'art. 619 c.p.c.; che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.