IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa relativa a controversia in materia di previdenza ed assistenza obbligatorie, iscritta al n. 948 dell'anno 1987 del ruolo generale delle controversie in materia di lavoro, promossa da Ferraro Angelina in Marchi, residente in Formigine (Modena), rappresentata a difesa dal proc. avv. Vittorino Morselli e nel suo studio, in Modena, via Santissima Trinita', 13, elettivamente domiciliata, attrice, contro l'Istituto nazionale della previdenza sociale (I.N.P.S.), sede provinciale di Modena, con sede legale in Roma, rappresentata e difesa dal proc. avv. Franco Monaco del suo ruolo professionale legale, elettivamente domiciliato, in Modena, viale Virginia Reiter, 72, presso la sede provinciale dell'istituto, convenuto, in punto ad accertamento del diritto all'assegno ordinario di invalidita'; All'esito dell'udienza del giorno 16 giugno 1988 fissata per la discussione orale e per la decisione di questione preliminare di merito; Esaminati gli atti del processo ed i documenti prodotti dalle parti; Sentiti i procuratori delle parti stesse; A scioglimento della riserva formulata; O S S E R V A La ricorrente ha proposto nei confronti dell'I.N.P.S. domanda di accertamento del suo diritto, nonche' domanda di condanna dell'istituto assicuratore, alla corresponsione dell'assegno ordinario di invalidita' di cui all'art. 1 della legge 12 giugno 1984, n. 222, di revisione dell'invalidita' pensionabile. Ella l'11 maggio 1984 aveva presentato domanda di pensione di invalidita' prevista dall'art. 10 del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito con modificazioni nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, modificato dall'art. 24 della legge 3 giugno 1975, n. 160. La domanda di pensione non aveva trovato accoglimento, tra l'altro, per difetto del requisito contributivo previsto dall'art. 9, n. 2, lettera a), della legge 4 aprile 1952, n. 218, e costituito dall'avvenuto accreditamento di almeno duecentosessanta contributi assicurativi settimanali. L'attrice, la quale il 12 maggio 1984 aveva presentato all'I.N.P.S. domanda di autorizzazione alla prosecuzione volontaria dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti ai sensi del d.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, e che aveva ottenuto l'autorizzazione richiesta ma non aveva potuto provvedere al versamento dei contributi volontari per non avere ricevuto dall'I.N.P.S. gli indispensabili bollettini di versamento in conto corrente postale, ha effettuato in data 31 luglio 1987 il versamento volontario dei contributi a far tempo dalla data della domanda di autorizzazione, ai sensi dell'art. 6, quinto comma, del d.P.R. n. 1432/1971. I contributi volontari, ancorche' tardivamente versati, sono stati ritenuti utili ed accreditati all'assicurata in base al disposto dell'art. 10, secondo comma, dello stesso d.P.R. n. 1432/1971. Per effetto del loro accreditamento l'I.N.P.S., con dichiarazione resa all'udienza del 25 febbraio 1988, ha riconosciuto realizzati soltanto nel dicembre 1984 entrambi i requisiti richiesti dalle lettere a) e b) del n. 2 dell'art. 9 della legge n. 218/1952, requisiti identici a quelli previsti dall'art. 4, 1 comma, della legge n. 222/1984, valevoli per i primi due anni di vigenza della nuova legge, stante la riduzione disposta dall'art. 10 della stessa. Conseguentemente l'attrice ha ridotto la domanda giudiziale proposta, avendo chiesto l'accertamento del suo diritto all'assegno ordinario di invalidita' con decorrenza soltanto dal 1 gennaio 1985, anziche' dal 1 luglio 1984 come aveva fatto con la domanda originaria. Per contrastare l'accoglimento della domanda attrice, ancorche' ridotta, l'I.N.P.S. ne ha eccepito e ribadito l'infondatezza per essere avvenuta la realizzazione dei requisiti contributivi in epoca successiva alla presentazione della domanda amministrativa. A sostegno di tale assunto difensivo l'istituto convenuto ha invocato tre recenti ed autorevolissimi arresti della Corte suprema a sezioni unite (sentenze 15 ottobre 1987, nn. 7626, 7627 e 2 novembre 1987, n. 8051) con le quali e' stato affermato che il riconoscimento del diritto alla pensione di vecchiaia ed alla pensione di invalidita' non e' possibile qualora i requisiti contributivi richiesti si siano verificati in epoca successiva alla presentazione della domanda amministrativa, dovendo essi necessariamente sussistere alla predetta data, a differenza dei requisiti costituiti dall'eta' e dallo stato di invalidita' pensionabile, attesa la mancanza di una disposizione legislativa che attribuisca rilevanza alla contribuzione posteriore alla domanda ed essendo il requisito contributivo minimo elemento essenziale per la costituzione del rapporto assicurativo. Il supremo Collegio ha giudicato non estensibile a categorie di assicurati diverse da quelle dei lavoratori autonomi espressamente contemplati dalla norma (coltivatori diretti, mezzadri, coloni, artigiani, commercianti) il disposto dell'art. 18, terzo comma, del d.P.R. 27 aprile 1988, n. 488, che consente il raggiungimento del requisito contributivo in epoca successiva alla presentazione della domanda, purche' anteriormente alla data di definizione della domanda stessa o di decisione del ricorso amministrativo. Nel caso sub judice l'eccezione dell'I.N.P.S., alla luce della giurisdizione sopra richiamata, e' sicuramente fondata giacche' la realizzazione di due requisiti contributivi da parte dell'attrice, essendo avvenuta nel dicembre 1984, e' stata certamente successiva alla presentazione in data 11 maggio 1984 della domanda di pensione ed alla sua definizione con il provvedimento di reiezione del 26 settembre 1984. La realizzazione dei requisiti in questione e' stata peraltro ampiamente anteriore alla conclusione del procedimento amministrativo, verificatosi il 15 maggio 1986 con il provvedimento di rigetto del ricorso di seconda istanza da parte del comitato regionale dell'istituto assicuratore. E' inutile ora esaminare se fosse possibile e quindi preferibile, perche' non iniqua e discriminatoria, bensi' in linea con i principi fondamentali della Costituzione, una interpretazione diversa del secondo dei tre commi che con l'art. 18 del d.P.R. n. 488/1968 sono stati sostituiti all'art. 62 del regio decreto-legge 4 ottobre 1935, n. 1827, convertito nella legge 6 aprile 1936, n. 1155, all'art. 12, secondo comma, del regio decreto-legge 14 aprile 1939, n. 636, convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, e modificato dall'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218, all'art. 18 del d.P.R. 26 aprile 1957, n. 818. Non si potrebbe comunque prescindere dal risultato ermeneutico al quale sono pervenute le sezioni unite della Corte suprema, nell'esercizio del suo compito istituzionale di monofilachia, per dirimere il contrasto giurisprudenziale insorto nel senso della sezione lavoro (vedasi in senso conforme alla soluzione preferita Cass. 9 dicembre 1981, n. 6509 e Cass. 23 aprile 1985, n. 2680, ed in senso contrario Cass. 16 luglio 1985, n. 4204, e Cass. 18 giugno 1986, n. 4098). L'autorita' massima delle sezioni unite impone di considerare diritto vivente la lettura da esse data della norma in esame e per la quale, nell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti (salvo che i braccianti agricoli pur essi compresi esplicitamente nella disposizione successiva) non ha rilievo ai fini dell'acquisizione del diritto alle prestazioni assicurative di vecchiaia e di invalidita' il perfezionamento dei requisiti contributivi dopo che sia stata presentata la domanda di pensione, la quale quindi non puo' che essere accolta o respinta senza alcun riguardo ad ulteriori versamenti contributivi, siano essi obbligatori o volontari. E' pertanto rilevante la questione di legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa attrice per violazione del principio di uguaglianza dettato dall'art. 3 della Costituzione. La questione, oltre che rilevante, si appalesa non manifestamente infondata. Agli effetti del giudizio di non manifesta infondatezza va considerato il ben diverso trattamento, secondo l'orientamento giurisprudenziale al quale hanno di recente aderito le sezioni unite della Corte suprema con la opposta ed inconciliabile lettura da essa data delle due norme poste a raffronto, riservato dal legislatore ai lavoratori autonomi (agricoltori, artigiani e commercianti) ed ad alcuni lavoratori dipendenti (i braccianti agricoli). A tutti costoro il terzo dei tre commi di cui all'art. 18 del 1968 permette l'utilizzazione di contributi posteriori alla domanda di pensione al fine dell'acquisizione del diritto alla prestazione assicurativa di cui sia stata sollecitata l'assegnazione, prestazione che deve essere pertanto attribuita, ovviamente con decorrenza riferita alla data di perfezionamento dei requisiti contributivi di legge, senza necessita' di una nuova domanda, alla sola condizione che il perfezionamento avvenga entro e non oltre la conclusione del procedimento amministrativo e quindi prima della decisione dell'ultimo ricorso. La rilevata diversita' di trattamento si risolve in una vera discriminazione, non razionalmente giustificabile e che appare in contrasto con il principio costituzionale di uguaglianza. Essa deriva infatti unicamente dalla diversita' di condizione personale e sociale dei lavoratori dipendenti e di alcuni di loro soltanto, rispetto ai lavoratori autonomi ed ad altri lavoratori dipendenti (i braccianti agricoli) irragionevolmente privilegiati. La omogeneita' di disciplina legislativa delle varie gestioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti (art. 1 della legge 26 ottobre 1957, n. 1047, di estensione dell'assicurazione ai coltivatori diretti, mezzadri e coloni; art. 1 della legge 4 luglio 1959, n. 463, di estensione dell'assicurazione agli artigiani; art. 1 della legge 22 luglio 1966, n. 613, di estensione dell'assicurazione agli esercenti attivita' commerciali) non consente una differenziazione delle rispettive normative in un punto di tale rilevanza, differenziazione comportante una disparita' di regolamentazione legale di situazioni assolutamente identiche. Meno che mai e' poi concepibile sul piano razionale e giustificabile ai sensi dell'art. 3, primo comma, della costituzione l'introduzione di una differenza tra i braccianti agricoli e tutti gli altri meno favoriti prestatori di lavoro subordinato. Ben sa questo giudice che di diverso avviso e' stata la Corte costituzionale la quale, con ordinanza 11-24 marzo 1988, n. 349, ha dichiarato manifestamente infondate identica questione di legittimita' costituzionale dell'art. 18, ultimo comma, del d.P.R. n. 488/1968, sollevata dal pretore di Genova con ordinanza 28 maggio 1984, avendo ritenuto giustificata dalle peculiarita' dei rispettivi ordinamenti previdenziali, collegate alle specifiche modalita' di prestazione del lavoro, la limitazione alle sole categorie di lavoratori indicati nella norma denunciata della possibilita' che il requisito contributivo si perfezioni dopo la presentazione della domanda di pensione e nel corso del susseguente procedimento. Non si ritiene tuttavia persuasiva ed esaustiva tale argomentazione, mentre si reputa la questione meritevole di una nuova piu' approfondita disamina e percio' degna di essere rimessa nuovamente al giudice della legittimita' costituzionale della legge, perche' questa, nel procedimento al suo riesame, possa tener conto delle seguenti ulteriori considerazioni. La disciplina delle gestioni speciali dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti delle tre categorie di lavoratori autonomi (agricoltori, artigiani, commercianti), alle quali e' stata estesa l'assicurazione obbligatoria in un primo tempo apprestata in favore esclusivamente dei prestatori di lavoro subordinato, non differiva in origine in alcun modo dalla disciplina di quest'ultima, della quale e' stato fatto generale richiamo con le norme di rinvio sopra specificate, nella parte concernente la decorrenza delle prestazioni (in particolare delle pensioni di vecchiaia e di invalidita') in relazione alla data di presentazione della domanda ed alla necessita' dell'esistenza a quella data degli indispensabili requisiti minimi di anzianita' assicurativa e di contribuzione, uguali per tutti, salvo per quanto diversamente disposto da norme di evidente carattere transitorio. La differenziazione, consistente in un ingiustificato privilegio, e' stata introdotta con il terzo comma dell'art. 18, cioe' proprio con la norma da porsi a raffronto con quella immediatamente precedente e della cui legittimita' costituzionale si dubita. Non appare dunque pertinente il riferimento alle peculiarita' degli ordinamenti previdenzali particolari dei lavoratori autonomi, giacche' detti ordinamenti in nulla differiscono da quello generale stabilito per i lavoratori dipendenti e poi via via esteso ai lavoratori autonomi, se non per la disparita' di trattamento censurata di incostituzionalita' perche' istituita in violazione del fondamentale principio di uguagliana. Inoltre con l'ordinanza n. 349/1988 la Corte costituzionale e' pervenuta alla decisione di manifesta infondatezza della questione avendo valutato e comparato con il trattamento proprio delle generalita' dei lavoratori dipendenti il solo diverso e migliore trattamento riservato dal legislatore ordinario ai lavoratori autonomi (coltivatori diretti, mezzadri e coloni, artigiani ed esercenti attivita' commerciali) senza considerare che il discriminatorio privilegio della perfezionabilita' del requisito contributivo dopo la presentazione della domanda di pensione, nei limiti temporali piu' volte indicati, e' stato esteso nel 1968 anche ai braccianti agricoli, prestatori di lavoro subordinato come tutti gli altri, per i quali vale la disciplina generale dell'assicurazione obbligatoria. Con riguardo ad essi non hanno dunque rilievo, perche' inesistenti, le peculiarita' degli ordinamenti previdenziali delle categorie favorite alle quali e' stato dato rilievo determinante ai fini del giudizio di infondatezza della questione. Va infine ulteriormente considerato che e' data facolta' ai lavoratori autonomi (agricoltori, artigiani e commercianti), non diversamente dai lavoratori dipendenti e dagli stessi braccianti agricoli, di raggiungere i requisiti richiesti per conseguire il diritto alle prestazioni assicurative (art. 1 del d.P.R. n. 1432/1971) mediante la prosecuzione volontaria dell'assicurazione (e' illuminante al riguardo l'art. 5, terzo comma, del d.P.R. n. 1432/1971, cosicche' il perfezionamento del requisito contributivo puo' essere da essi ottenuto non soltanto dopo la presentazione della domanda di pensione, ma anche dopo aver cessato l'attivita' lavorativa. Nessuna distinzione o limitazione e' infatti contenuta nell'art. 18, terzo comma, con la quale si attribuisce piena efficacia a tutti indistintamente i contributi relativi a periodi successivi alla data di presentazione della domanda. I contributi volontari d'altra parte sono attualmente parificati ai contributi obbligatori ai fini dell'acquisizione del diritto alle prestazioni, ai fini dell'anzianita' assicurativa ed ai fini della determinazione della retribuzione minima pensionabile (art. 9, primo comma, del d.P.R. n. 1432/1971), mentre in precedenza la parificazione era stata piu' sinteticamente disposta a tutti gli effetti, nessuno escluso (art. 6, ultimo comma, della legge 4 aprile 1952, n. 218). Per effetto di tale ultima considerazione appare affatto decisivo il riferimento fatto dalla Corte costituzionale alle specifiche modalita' di prestazione del lavoro delle categorie favorite, potendo esse ottenere il perfezionamento del requisito contributivo che loro difetti con contributi versati dopo aver cessato l'attivita' lavorativa e quindi senza alcuna relazione con le modalita', ormai irrilevanti, della stessa. Tale e' il risultato che, in base alla normativa vigente come interpretata dalla Corte suprema, ha vanamente cercato di ottenere la ricorrente. I contributi volontari da essa versati il 31 luglio 1987 sarebbero risultati perfettamente utili e determinanti ai fini del raggiungimento del requisito contributivo se l'attrice fosse stata in un passato anche lontano un agricoltore, un artigiano, un commerciante, un bracciante agricolo, mentre (suprema iniquita' ed a dispregio dell'uguaglianza di tutti i cittadini tanto solennemente proclamata dalla Costituzione) sono del tutto inutili per avere ella svolto una attivita' lavorativa subordinata diversa dal lavoro manuale nel settore dell'agricoltura. Sebbene oggetto del giudizio non sia l'accertamento del diritto alla pensione di invalidita' di cui all'art. 10 del regio decreto-legge n. 636/1939, ma all'assegno ordinario di invalidita' istituito con l'art. 1 della legge n. 222/1984, nondimeno la questione esaminata attiene alla seconda delle tre disposizioni introdotte con l'art. 18 del d'P.R. n. 488/1968, atteso il disposto dell'art. 12, 2 comma, della legge di revisione dell'invalidita' pensionabile contenente un rinvio alle disposizioni anteriori e per il quale, per quanto non espressamente pevisto, ai fini delle prestazioni liquidate ai sensi della nuova legge valgono le norme gia' in vigore nelle varie gestioni cui le prestazioni fanno carico. Valgono pertanto, tra le altre, le disposizioni del 1968. La rilevanza della questione e' evidente giacche' solo se essa questa volta fosse ritenuta fondata ed accolta dalla Corte costituzionale diverrebbe superato e quindi non piu pertinente l'insegnamento delle sezioni unite, che dispiega invece allo stato tutta la determinante efficacia derivante dalla sua autorevolezza. La questione preliminare di merito sollevata dall'I.N.P.S. risulterebbe in tal caso infondata ed andrebbe respinta e potrebbe quindi procedersi all'accertamento dell'ulteriore controverso requisito (la ricorrenza alla data del 31 dicembre 1984 degli estremi invalidanti richiesti dalla legge, ovvero la loro realizzazione in epoca successiva) cui e' del pari riconnesso il sorgere del diritto alla prestazione di invalita' pretesa dalla ricorrente. Va dunque promosso il giudizio incidentale di costituzionalita' mediante rimessione degli atti alla Corte costituzionale, con contestuale sospensione del processo.