IL TRIBUNALE
    Ha pronunciato la seguente ordinanza. Conclusioni per il comune di
 Arenzano, attore.
    Piaccia  al  tribunale ill.mo, contrariis reiectis, ritenuto tutto
 quanto esposto in atti, previa  nuova  rimessione  degli  atti,  alla
 Corte  costituzionale  della  questione  di incostituzionalita' degli
 artt. 278, terzo comma, 283, secondo comma, t.u. f.l.  per  contrasto
 con  gli  artt.  101,  secondo  comma,  e  108,  secondo comma, della
 Costituzione in quanto non preclusiva  dell'ordinanza  22  ottobre-14
 ottobre  1987,  n.  332,  della  Corte  costituzionale, anche perche'
 affetta dal vizio di cui all'art. 395, n. 4,  del  c.p.c.  dichiarare
 che  il  comune  di  Arenzano ha legittimamente notificato in data 1›
 luglio  1975-11  dicembre  1975  gli  avvisi  di  accertamento   come
 precisato  in  premessa per l'imposta decennale sul valore delle aree
 fabbricabili relativa al periodo 1› gennaio 1961-31 dicembre  1970  e
 pertanto,  ritenuta  la legittimita' di tale accertamenti, dichiarare
 che il comune ha conseguentemente diritto a pretendere le  imposte  a
 tale  titolo  dovute  da  De  Filippi  Enrico,  De Filippi Francesco,
 Boggiano Pia, De Filippi Giuseppe e per esso deceduto dai suoi  eredi
 De  Filippi  Ermanno  e  De  Filippi  Francesco,  con la declaratoria
 inoltre e per quanto di ragione dell'illegittimita'  della  decisione
 31 gennaio 1980 della g.p.a., sezione speciale per i tributi speciali
 di Genova in punto e legittimita' composta e  perche'  in  ogni  caso
 erroneamente  dichiarativa  dell'intempestivita'  per decadenza degli
 accertamenti notificati, con ogni altra  conseguenziale  pronuncia  e
 provvedimento e con vittoria delle spese e degli onorari di ogni fase
 e grado.
    Conclusioni per De Filippi Enrico e altri convenuti.
    Piaccia  al  tribunale ill.mo, disattesa e respinta ogni contraria
 istanza ed eccezione:
      1)  in  linea  pregiudiziale,  dichiarare  non  manifestatamente
 infondate le eccezioni di illegittimita' costituzionale:
       1-1)  dell'art.  28S del t.u.f.l. 14 settembre 1931 n. 1175, se
 interpretato nel senso che  il  termine  per  l'impugnazione  decorre
 anche  per  il  comune  dalla  data  di  notifica  della decisione al
 contribuente, e non dalla data di comunicazione della stessa da parte
 della  g.p.a., per violazione dell'art. 3 della Costituzione, sotto i
 profili esposti;
       1-2) degli artt. 2, 4, 21, 23 e 26 della legge 5 marzo 1963, n.
 246, per contrasto con gli artt. 3, 42, 47 e  53  della  Costituzione
 nella  parte  in  cui  non prevedono la detrazione dall'incremento di
 valore imponibile della percentuale corrispondente alla  svalutazione
 monetaria determinatasi nel periodo di riferimento e comunque, in cui
 determinano ingiustificata disparita' di trattamento fra  i  soggetti
 passivi   del  tributo,  segnatamente  in  relazione  al  periodo  di
 formazione  dell'incremento  imponibile,  e  pertanto  sospendere  il
 giudizio,   disponendo   la   trasmissione   degli  atti  alla  Corte
 costituzionale per l'esame  delle  questioni  medesime,  previo  ogni
 adempimento di rito;
      2) nel merito:
       2-1)   in   linea   principale   dichiarare  improponibile  e/o
 improcedibile e comunque privo di fondamento il ricorso del comune di
 Arenzano contro la decisione della g.p.a. di Genova, sezione speciale
 per i tributi locali 31 gennaio 1980, n. 2749/S, da esso impugnata  e
 pertanto  confermare  la  decisione  medesima  in  quanto ha ritenuto
 decaduto il comune stesso dal diritto di procedere agli  accertamenti
 in contestazione;
       2-2)  in linea progressivamente subordinata, per la non creduta
 e contestata ipotesi in cui la decisione predetta non fosse condivisa
 dal tribunale ill.mo:
         a)  confermare  la decisione stessa nel dispositivo, sotto il
 diverso profilo dell'avvenuta decadenza dal  comune  dal  diritto  di
 procedere  all'accertamento  per il combinato disposto degli artt. 32
 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 643, 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n.
 638, e 290 del citato t.u. n. 1175/1931;
         b)  in riforma della decisione della commissione comunale per
 i tributi locali  di  Arenzano,  annullare  siccome  illegittimi  per
 violazione ed errata applicazione di legge e, in subordine, infondati
 sotto i profili esposti gli avvisi di accertamento in  contestazione,
 riconoscendo  la  non  assoggettabilita' dei convenuti all'imposta in
 questione; ovvero, in ulteriore subordine,  accogliere  le  eccezioni
 dei  convenuti  medesimi  per  quanto concerne sia l'esclusione delle
 superfici nei confronti delle quali non ricorrono i  presupposti  per
 l'assoggettabilita' all'imposizione, sia la determinazione del valore
 al  5  aprile  1963  e  del  valore  finale  sulla  base  di  criteri
 rispondenti  a leggi ed uniformi, tenuto conto delle risultanze degli
 atti, e conseguentemente riconoscere l'inesistenza di  incremento  di
 valore   imponibile   ovvero,  in  estremo  subordine,  la  loro  non
 assoggettabilita' al  tributo,  in  accoglimento  delle  eccezioni  e
 difese  dei  convenuti  medesimi,  riconoscendo  inapplicabili  o, in
 subordine,  applicabili   in   misura   inferiore   le   sanzioni   e
 l'addizionale;
      3)  in ogni ipotesi, dichiarare conseguentemente non dovute - in
 toto o in subordine, in parte - le imposte accertate e/o iscritte  al
 ruolo  e condannare il comune di Arenzano, in persona del Sindaco pro
 tempore, a rimborsare ai convenuti quanto avessero dovuto o dovessero
 pagare,  oltre  gli  interessi  di  legge,  e - in accoglimento della
 domanda riconvenzionale a tal fine proposta -  a  risarcire  ad  essi
 tutti   i  danni  patiti  e  patiendi  sia  per  il  mancato  sgravio
 dell'iscrizione provvisoria a ruolo a seguito della  decisione  della
 g.p.a.,  sia  per  maggiori  interessi  rispetto  al  tasso  bancario
 corrente, nella misura del 13%  annuo  o  in  quella  diversa  misura
 meglio   vista,   e   per  rivalutazione  monetaria  nell'importo  da
 determinarsi,  con  gli  interessi   sino   al   pagamento.   Previi,
 occorrendo:
        a)  accertamento  della  data di ricezione da parte del comune
 della decisione della g.p.a. ad esso trasmesso dalla stessa;
        b)  accertamento  della legittimita' della delibera istitutiva
 del tributo che si contesta, e della  legittimazione  del  comune  al
 presente giudizio;
        c)  disposizione  di  ispezione  dei  luoghi, ed ammissione di
 consulenza tecnica sul capitolo di seguito dedotto;
        d  richiesta di relazione tecnica all'ufficio tecnico erariale
 sulle circostanze nel capitolo stesso evidenziate o, comunque, meglio
 viste.
    Con  ogni  altra inerente, accessoria preliminare o conseguenziale
 declaratoria o pronuncia, e con vittoria delle spese  ed  onorari  di
 giudizio,  compresa  l'i.v.a.  sulle  prestazioni  professionali  dei
 difensori.
    Capitolo  di  prova  per consulenza tecnica: accerti il consulente
 tecnico  elegendo,  previa  ispezione  dei  luoghi  ed   ogni   altro
 accertamento  meglio visto, la situazione delle aree di cui si tratta
 alle date di riferimento iniziale e finale e  al  5  aprile  1963  in
 relazione:
       a) alla conformazione fisica e superficie;
       b) alle norme urbanistiche vigenti alle date di riferimento sia
 del valore iniziale che del valore iniziale  ed  al  5  aprile  1963,
 nell'applicazione  fattane in concreto dal comune di Arenzano, tenuto
 anche conto della situazione esistente alle varie date suddette;
       c)  alla  perimetrazione del centro urbano ed alla esistenza di
 opere di urbanizzazione primaria e secondaria;
       d)  alla  superficie  delle  aree  coperte  da  costruzioni,  o
 costituenti distanze di rispetto dalle  stesse,  nonche'  delle  aree
 attraversate  da  linee  aeree  ad  alta  tensione, ovvero soggette a
 servitu' di elettrodotto o ad esproprio,  delle  aree  vendute  e  di
 quelle donate al comune o da esso occupate, ed al valore attribuibile
 alle  aree  sia   interne   che   esterne   all'abitato,   anche   in
 considerazione  dell'esistenza  di  servitu' o di attuandi esproprii,
 ogni opportuno criterio o raffronto considerato;
       f)  in  particolare per le aree esterne al perimetro urbano, il
 valore risultante  dalla  applicazione  alla  rendita  catastale  dei
 coefficienti di cui all'art. 1 della legge n. 246/1963".
                        SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    Con  avviso  13  giugno  1975, notificato il successivo 1› luglio,
 veniva  notificato  ai  fratelli  De  Filippi  Enrico  e   Francesco,
 comproprietari  per  meta' ciascuno di terreni in Arenzano, avviso di
 accertamento ai fini dell' imposta decennale sugli  incrementi  delle
 aree  fabbricabili  prevista  dalla legge 5 marzo 1962, n. 246 per il
 periodo 1› gennaio 1961-31 dicembre 1970 per un imponibile pari a  L.
 181.222.500 cui corrispondeva una imposta di L. 24.646.260 oltre alla
 sopratassa, penalita' ed accessori.
    Con successivo avviso 2 dicembre 1975, notificato l'11 successivo,
 veniva notificato ai fratelli De Filippi Enrico e  Francesco  nonche'
 Boggiano  Pia,  comproprietari per un terzo ciascuno di altri terreni
 in Arenzano, avviso di accertamento relativo all' imposta anzidetta e
 per  il  medesimo periodo per un imponibile pari a L. 283.000.000 per
 una imposta di L. 38.488.000, sopratassa, penalita' ed accessori.
    Con  un  terzo  avviso  in  data  3  dicembre  1975, notificato ai
 fratelli De Filippi Enrico e Francesco, quali  eredi  di  De  Filippi
 Giuseppe, proprietario di terreni in Arenzano, avviso di accertamento
 relativo alla medesima imposta e riferito al medesimo periodo per  un
 imponibile   pari  a  L.  225.000.000  per  una  imposta  pari  a  L.
 30.600.000, sopratassa, penalita' ed accessori.
    Avverso  detti  avvisi di accertamento i contribuenti presentavano
 separati ricorsi alla commissione comunale per i  tributi  locali  di
 Arenzano  la  quale,  dopo  averli  riuniti,  li  accoglieva in parte
 riducendo l'imponibile accertato.
    Avverso  detta  decisione i contribuenti adivano la G.P.A. Sezione
 speciale tributi locali di  Genova  la  quale,  in  accoglimento  del
 proposto  ricorso,  dichiarava che il comune era decaduto dal diritto
 di procedere agli  accertamenti  in  questione  perche'  tardivamente
 notificati.
    Avverso  detta  decisione  il  Comune  di Arenzano, in persona del
 Sindaco pro-tempore, evocava in giudizio dinanzi a  questo  tribunale
 De  Filippi  Enrico,  De  Filippi  Francesco  e Boggiano Pia instando
 perche' fossero dichiarati legittimi gli avvisi  di  accertamento  di
 che  trattasi  sollevando,  nel  contempo,  questione di legittimita'
 costituzionale  al   riguardo   della   composizione   della   giunta
 provinciale Amministrativa anzidetta.
    Nel    costituirsi   in   giudizio   i   contribuenti   eccepivano
 preliminarmente l'improponibilita' dell'azione  ex  adverso  proposta
 con   la   conferma   della   decisione   della   giunta  provinciale
 amministrativa  impugnata  svolgendo,  in  via   subordinata,   varie
 questioni  di  legittimita'  costituzionale ed instando, in ogni caso
 perche' fosse dichiarata non dovuta l'imposta di che trattasi.
    Con  ordinanza  in data 3 giugno 1985, depositata il 9 successivo,
 questo  tribunale,  ritenuta  tra  l'altro  la  rilevanza  e  la  non
 manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale
 degli artt. 278 terzo  comma  -  nella  parte  in  cui  determina  la
 composizione  della  commissione  comunale  tributi  locali  - e 283,
 secondo comma, del t.u.f.l. approvato con r.d. 14 settembre 1931,  n.
 1175 e successive modificazioni, in relazione agli artt. 101, secondo
 comma,  e  108,  secondo  comma  della  Costituzione,  sospendeva  il
 giudizio  in  corso  ordinando  la trasmissione degli atti alla Corte
 costituzionale.
    Con  ordinanza  14  ottobre-22  ottobre  1987,  n.  332,  la Corte
 costituzionale  adita  dichiarava  manifestamente  inammissibile   le
 questioni   di   legittimita'  costituzionale  come  sopra  sollevate
 restituendo a questo tribunale gli atti per il seguito di competenza.
    Osservava  la  Corte, sulla scia di un principio giurisprudenziale
 piu' volte affermato dalla  Corte  di  cassazione  dalla  commissione
 tributaria  centrale, che gli atti di una fase del processo, giunta a
 compimento, non sono resi inefficaci dalla  successiva  dichiarazione
 di  incostituzionalita'  del giudice che li ha posti in essere, salvo
 che la questione sia stata sollevata prima del compimento della  fase
 medesima;  ipotesi  che,  nella  specie,  non si era verificata e che
 pertanto rendeva irrilevante nel giudizio a quo l'eventuale decisione
 in senso positivo delle questioni sollevate.
    Con  ricorso  depositato  in  data  22  febbraio 1988 il comune di
 Arenzano riassumeva il giudizio ai sensi  dell'art.  297  del  c.p.c.
 rilevando   che,   contrariamente   a  quanto  ritenuto  dalla  Corte
 costituzionale, la questione  di  legittimita'  costituzionale  della
 composizione della g.p.a. - sezione speciale tributi locali, era gia'
 stata sollevata dinanzi a tale organo prima che davanti  ad  esso  si
 compisse   il   relativo  procedimento;  concludendo,  pertanto,  per
 l'accoglimento delle conclusioni di cui in epigrafe, con  particolare
 riferimento  alla  necessita' di una nuova rimessione degli atti alla
 Corte  di  legittimita'  per  la  risoluzione  della   questione   di
 legittimita' costituzionale in precedenza sollevata senza successo.
    Fissata,  per  la  prosecuzione  del giudizio dinanzi al Collegio,
 udienza di discussione,  i  convenuti  reiteravano  nelle  precedenti
 eccezioni  sollevando,  tra  l'altro,  essi  pure  altre questioni di
 legittimita' costituzionale relative all'art. 278 del  t.u.f.l.  (per
 constrasto  con  l'art. 3 della Costituzione) ed agli artt. 2, 4, 21,
 23 e 26 della legge 5 marzo 1963, n. 246 (per contrasto con gli artt.
 2,  42,  47  e  53  della  Costituzione),  formulando  alcune istanze
 istruttorie (accertamento della data di ricezione da parte del comune
 delle   copie   della  decisione  della  g.p.a.;  accertamento  della
 legittimita'  della  delibera  istitutiva   del   tributo   e   della
 legittimazione,  del  comune,  al  presente  giudizio;  ispezione dei
 luoghi ed ammissione di consulenza tecnica di ufficio;  richiesta  di
 relazione tecnica all'U.T.E.).
    E  la  causa,  sulle  conclusioni  come sopra trascritte, e' stata
 trattenuta in decisione all'ordierna udienza collegiale.
                         MOTlVl DELLA DECISIONE
    1.  -  Questo  tribunale, mediante l'ordinanza di rimessione sopra
 r/chiamata in data 3 giugno 1985 risolveva, sia pure senza valore  di
 giudicato,  due  questioni  preliminari sollevate dai contribuenti le
 quali, nell'ordine  logico  delle  questioni  sottoposte  al  proprio
 esame,   precedevano   e  precludevano,  se  fondate,  l'esame  delle
 questioni di legittimita' costituzionale  poi  devolute  al  giudizio
 della  Corte  costituzionale; e cioe' la pretesa inammissibilita' e/o
 improponibilita' del ricorso da parte del comune a  questo  tribunale
 avverso la decisione della giunta provinciale amministrativa, sezione
 speciale tributi locali  e  l'asserita  intempestivita'  del  ricorso
 stesso.
    Non  vi  sarebbe, in questa sede, motivo alcuno per riesaminare le
 anzidette questioni gia' rigettate con quell'ordinanza se i convenuti
 non  ne  avessero,  quanto  meno della seconda, sollecitato una nuova
 riflessione sulla base di alcune nuove considerazioni sviluppate  per
 la  prima volta dopo la restituzione degli atti a questo tribunale da
 parte della Corte costituzionale.
    Si  rende, pertanto, opportuno provvedere ad una nuova delibazione
 delle eccezioni come sopra dedotte sia pure, ancora una volta,  senza
 autorita'  di  giudicato perche', per quanto in appresso, il Collegio
 e'  orientato  a  riproporre   nuovamente   all'esame   della   Corte
 costituzionale   le   questioni   di   legittimita'   a   suo   tempo
 infruttuosamente sollevate.
    2.  -  Inammissibile  e/o  improponibile, secondo in contribuenti,
 sarebbe il ricorso del comune di Arenzano avverso la decisione  della
 giunta  provinciale  amministrativa, sezione speciale tributi locali,
 in quanto:
       a)  l'art.  10  della  legge 19 ottobre 1981, n. 825, limitando
 l'esperibilita' dell'azione giudiziaria in  materia  tributaria  alla
 corte  di  appello  -  previsione  attuata  nelle leggi delegate - ha
 implicitamente escluso l'azione giudiziaria dinanzi al tribunale;
       b) l'art. 19 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 638, disponendo che
 le "commissioni comunali, le sezioni speciali delle  gg.pp.aa.  e  le
 sezioni per i tributi locali della commissione centrale delle imposte
 continueranno, con la osservanza delle norme attualmente in vigore, a
 decidere  le  controversie di cui al comma precedente" non reca alcun
 accenno  circa  l'esperibilita'  dell'azione  giudiziaria,  donde  la
 carenza di giurisdizione del tribunale adito;
       c)  quand'anche volessero ritenersi ancora applicabili le norme
 del t.u.f.l. approvato con  r.d.  19  settembre  1931,  n.  1175,  il
 mancato,  previo  esperimento  del  ricorso  da parte del comune alla
 commissione  centrale  delle  imposte  previsto  dall'art.  284-  bis
 renderebbe improcedibile il ricorso al tribunale.
    Tutti  i  profili  del  motivo  sono,  peraltro, infondati e vanno
 disattesi; ne' sono stati  evidenziati  nuovi  aspetti  del  problema
 suscettibili di modificare il proprio precedente orientamento.
    Ed    invero,   l'improponibilita'   del   ricorso   all'Autorita'
 giudiziaria  ordinaria   si   riferisce   esclusivamente   al   nuovo
 contenzioso  tributario di cui al d.P.R. n. 636/1972 attributivo alle
 riordinate  commissioni  tributarie  della  competenza  esclusiva  in
 ordine  all'impugnativa  degli  atti di imposizione o di esazione con
 riferimento alle imposte tassativamente indicate (con la possibilita'
 di  ricorrere  alla  corte  di  appello  avverso  la  decisione della
 commissione tributaria di secondo grado),  ma  non  si  riferisce  al
 contenzioso relativo ai tributi comunali soppressi, tra cui quello in
 esame, le cui controversie  continuano  ad  essere  conosciute  dalla
 commissione  comunale  per  i  tributi  locali  in primo grado, dalla
 g.p.a., sezione speciale tributi locali, in seconda istanza  e  dalla
 commissione  tributaria centrale (nella sua attuale conformazione) in
 terzo grado (art. 19  del  d.P.R.  n.  638/1972)  ferma  restando  la
 possibilita'  di  adire l'autorita' giudiziaria ordinaria nel termine
 di sei mesi una volta esauriti detti ricorsi (art. 289 del t.u.f.l.).
    I  principi  anzidetti  sono,  del  resto,.gia' stati affermati da
 questo tribunale in altre occasioni  (cfr.  tribunale  di  Genova,  2
 maggio  1977,  n.  1343)  talche'  non  si  ravvisa motivo alcuno per
 dissentire da tale proprio precedente.
    Ne'  vale  il rilievo che il comune non abbia adito la Commissione
 tributaria centrale prima di proporre l'azione giudiziaria  esaurendo
 l'iter del giudizio dinanzi alle commissioni; la giurisprudenza della
 s.c. ha, infatti, avuto  occasione  di  precisare  che  l'espressione
 "esauriti i ricorsi" che figura nel, t.u.f.l. non va interpretata nel
 senso che presupposto indispensabile per la proposizione  dell'azione
 giudiziaria  sia  il  completo  esaurimento  di  tutti  i  gradi  del
 contenzioso previsti dagli artt. 282,  284  e  284-  bis  del  citato
 t.u.f.l.  bensi'  nel senso che si richiede soltanto la definitivita'
 della decisione di una delle commissioni, anche di primo  grado,  per
 essere  decorso  inutilmente  il  termine  perentorio stabilito dalla
 legge per proporre l'ulteriore gravame (cfr. Cass. 20 aprile 1966, n.
 1292; Cass. 4 gennaio 1975, n. 6); e nella specie la decisione della,
 g.p.a, sezione speciale tributi locali, venne notificata il 30 giugno
 1980  mentre  l'azione  giudiziaria  fu  proposta in data 24 dicembre
 1980, ben oltre il termine di trenta giorni previsto dall'art. 284bis
 per adire la commissione centrale.
    Eccepiscono,  ancora,  i contribuenti che il comune avrebbe dovuto
 dar loro notizia  del  ricorso  proposto  alla  commissione  centrale
 contemporaneamente  alla  notificazione  della decisione della g.p.a.
 comportando,  tale  omissione,  l'inammissibilita'  dell'impugnativa,
 rilevabile di ufficio.
    Ma  l'eccezione  e' manifestamente infondata; non avendo il comune
 proposto ricorso alla commissione centrale non era, conseguentemente,
 tenuto a provvedere in tal senso.
    3.  -  Sempre  in  via  pregiudiziale  i  convenuti hanno eccepito
 l'intempestivita' del ricorso del comune e cio' alternativamente  sia
 perche'  proposto  oltre  i termini di cui all' art. 40 del d.P.R. 26
 ottobre 1972, n. 636, sia perche' proposto oltre  i  termini  di  cui
 all'art. 285 del t.u.f.l.
    Ora  il  primo  rilievo  e'  assolutamente  infondato  in quanto i
 termini di cui al d.P.R. 636/1972 si riferiscono esclusivamente  alle
 controversie  devolute  alla  competenza  esclusiva delle commissioni
 tributarie e non gia' alle controversie reIative ai tributi soppressi
 -  tra i quali quello in esame - per i quali si applica la disciplina
 del t.u.f.l.
    Orbene,   l'art.  285  del  t.u.f.l.  stabilisce  che  il  ricorso
 all'autorita' giudiziaria non puo' essere proposto dopo trascorsi sei
 mesi  dalla  data  di  notifica  dell'ultima  delle  decisioni  delle
 Commissioni, se questa interviene in  epoca  posteriore  al  ruolo  o
 dalla  data  di  pubblicazione  del  ruolo  in  cui  fu  compreso  il
 contribuente.
    Risulta,  al  riguardo,  che  la  decisione  della g.p.a., sezione
 speciale tributi locali, fu notificata ai  contribuenti  in  data  30
 giugno  1980,  mentre  l'atto  introduttivo del comune d/ Arenzano fu
 notificato in data 24 dicembre 1980 e, pertanto, nel termine  di  sei
 mesi  (mancando  agli  atti  ogni  notizia  circa  il ruolo nel quale
 eventualmente furono compresi i contribuenti) previsto dalla legge.
    I  convenuti  hanno  obiettato  che,  dalle  cartelle  esattoriali
 prodotte in fotocopia, era comunque possibile desumere il  ruolo  nel
 quale  erano  stati  ricompresi, e cioe' quello di aprile 1979; ma il
 rilievo non e' esatto perche' l'indicazione "aprile  1979",  inserita
 nel  riquadro  "emissione"  e "anno" delle cartelle o, in mancanza di
 altra piu' sicura indicazione, sembra riferirsi piu' alla data in cui
 le  cartelle  stesse sono state emesse che al ruolo di imposta cui le
 stesse si riferiscono.
    I  convenuti  hanno,  allora,  obiettato  che  la decorrenza della
 notifica  dovrebbe  ritenersi  il  termine   per   il   ricorso   del
 contribuente,  mentre  per  il  ricorso  del  comune il detto termine
 dovrebbe decorre dalla comunicazione della decisione da  parte  della
 g.p.a.  ricevuta,  pertanto,  ben  prima  della  notificazione  della
 decisione ai contribuenti.
    Ma il rilievo e' doppiamente infondato dal momento che i convenuti
 non hanno comunque indicato la data in cui le copie  della  decisione
 della  giunta  pervennero  al comune per la notifica; e d'altro canto
 l'art.  285,  facendo  espresso  riferimento  alla  "notifica"  della
 decisione, non sembra autorizzare una distinzione siffatta.
    Ancora  l'abile  difesa  dei  convenuti  ha  obiettato, come nuovo
 profilo, che la soluzione adottata da questo tribunale confliggerebbe
 con  il  principio  di  eguaglianza  stabilito  dall'  art.  3  della
 Costituzione; e cio' in  quanto,  se  il  termine  per  l'impugnativa
 decorresse  per  tutte  le  parti  dalla  data  della  notifica della
 decisione - che per l'art. 281 del t.u.f.l. deve avvenire a cura  del
 sindaco  -  il  contribuente avrebbe a disposizione soltanto sei mesi
 mentre il comune - avendo necessariamente ricevuto la decisione della
 giunta prima di notificarla - disporrebbe di un termine piu' lungo.
    Ne'  varrebbe argomentare la mancata indicazione della data in cui
 le copie della decisione pervennero al comune per la notifica perche'
 trattasi  di  atto  interno  della p.a. che il contribuente non ha la
 possibilita' di conoscere e che solo il  giudice  potrebbe  accertare
 richiedendolo alla parte.
    In  caso contrario, proseguono i convenuti, risulterebbe manifesta
 l'incostituzionalita' dell' art. 285 del  t.u.f.l.-  se  interpretato
 nel senso di cui alla precedente ordinanza collegiale - per contrasto
 con l'art. 3 della Costituzione sotto il profilo della disparita'  di
 trattamento che si verrebbe a determinare se per l'impugnazione della
 decisione dinanzi all'a.g.o. il contribuente avesse il  solo  termine
 di  sei mesi dalla notifica ed il comune invece un termine superiore,
 non dovendosi tener conto del periodo intercorrente tra  la  data  in
 cui riceve la decisione e quella in cui ne effettua la notifica.
    L'eccezione,  quantunque  suggestiva e sottilmente sviluppata, non
 ha fondamento.
    Va  subito  rilevato  che il principio di eguaglianza invocato dai
 convenuti non va inteso nel senso che il legislatore sia obbligato  a
 disporre   per   tutti   una  identica  disciplina,  essendogli  anzi
 consentito di adeguare la norma giuridica ai vari aspetti della  vita
 sociale   dettando   norme   differenziate   riguardo   a  situazioni
 obiettivamente diverse, purche' queste norme rispondano  all'esigenza
 che la disparita' di trattamento sia fondata su presupposti logici ed
 obiettivi i quali razionalmente ne giustifichino l'adozione.
    In  particolare,  per  quanto  attiene  le controversie tra p.a. e
 privati,  sono  state  riconosciute  piu'  volte   costituzionalmente
 legittime le norme le quali prevedono il previo esperimento di rimedi
 amministrativi   prima   di   consentire   l'adizione    delle    vie
 giurisdizionali,  consentendo cosi' alla p.a. uno spatium deliberandi
 per la eventuale correzione dei propri errori non concesso invece  al
 privato.
    Nel  caso di specie nessun danno deriverebbe al contribuente dall'
 attribuzione  di  un  termine  maggiore  al  comune  impositore   per
 approntare  la  propria difesa dinanzi agli organi giurisdizionali in
 quanto, ai sensi dell'art. 285; del t.u.f.l. al privato e'  riservato
 un termine di ben sei mesi per approntare le proprie difese; e non si
 vede quale  migliore  difesa  potrebbe  approntare  l'amministrazione
 comunale utilizzando un termine piu' lungo di soli dieci giorni, come
 previsto  dall'  art.  283,  ultimo  comma  (che,  pur  se  meramente
 ordinatorio, non puo' certo essere amplificato in una misura di molto
 piu' elevata, atteso il controllo, anche sostitutivo, che l'autorita'
 sovraordinata  potrebbe  svolgere  sul  comune che maliziosamente non
 notificasse  in  un  termine  ragionevolmente  congruo  la  decisione
 dell'autorita' adita).
    Comunque  ogni dubbio e' destinato a cadere se si considera che ai
 sensi dell' art. 283 ultimo comma, del t.u.f.l.  le  decisioni  della
 giunta  trasmesse  al  sindaco  che  ne  cura  la  notificazione agli
 interessati entro dieci giorni dal ricevimento" e poiche' non  vi  e'
 dubbio  che  in  questa  attivita'  il  sindaco  esplica  funzioni di
 ufficiale  di  Governo  e  non  gia'  di  capo   dell'amministrazione
 comunale,  ne  consegue che nessuna disparita' di trattamento puo' in
 concreto verificarsi tra il comune impositore ed il contribuente.
    L'obiezione  che la stessa persona del sindaco svolga due funzioni
 diverse non puo' determinare  una  confusione  di  ruoli  che  invece
 debbono  rimanere distinti ed autonomi anche per i diversi profili di
 responsabilita' che possono derivare da  una  violazione  dei  doveri
 quale capo dell'amministrazione comunale.
    4.  -  Cosi'  risolte  le  questioni  pregiudiziali  sollevate dai
 contribuenti va ora nuovamente affrontata l'eccezione sollevata dalla
 difesa  del  comune  di  Arenzano, relativa alla illegittimita' della
 decisione della g.p.a.,  sezione  speciale  tributi  locali,  perche'
 composta  da  membri  privi  dei  requisiti di indipendenza richiesti
 dall' art.  108  della  Costituzione,  nonche'  l'analogo  rilievo  -
 formulato dai convenuti nell'ipotesi di non ritenuta irrilevanza e di
 non manifesta infondatezza dell'eccezione attrice  -  attinente  alla
 composizione della commissione comunale tributi locali.
    Questo  tribunale,  con ordinanza 3 giugno 1985, riteneva, come e'
 noto, rilevanti le questioni di incostituzionalita' denunciate  dalle
 parti  in  quanto,  ove  accolte, avrebbero comportato la caducazione
 delle decisioni delle due commissioni e la reviviscenza degli  avvisi
 di  accertamento  del comune; ritenendole altresi' non manifestamente
 infondate per i motivi in allora espressi che e' opportuno riassumere
 anche in questa sede come in appresso.
    Va,  al riguardo, premesso che sia la commissione comunale tributi
 locali  che  la  g.p.a.,  sezione  speciale  tributi  locali,  devono
 ritenersi organi giurisdizionali e non amministrativi.
    Il  dubbio  circa  la natura delle commissioni tributarie, che per
 anni ha diviso la giurisprudenza della Corte costituzionale  e  della
 Corte  di cassazione, deve ritenersi definitivamente risolto a favore
 della tesi della natura giurisdizionale delle  commissioni  stesse  a
 seguito  della decisione della Corte costituzionale 27 dicembre 1974,
 n. 287, che, tra l'altro, ha dichiarato non fondata la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell' art. 285, primo comma, del t.u.f.l.
 preclusivo della cognizione delle questioni di  estimazione  semplice
 da  parte  dell'a.g.o.  proprio  in  considerazione del fatto che gli
 organi del contenzioso  hanno  natura  giurisdizionale  ed  anche  le
 questioni di estimazione semplice trovano in essi il loro giudice.
    Tanto  premesso  e limitando, al momento, il tema di indagine alla
 composizione della g.p.a., sezione  speciale  tributi  locali,  quale
 risulta  dall'art.  283  del  t.u.f.l.,  osserva  il colIegio che dei
 membri di tale organo cinque, e cioe' il prefetto, il  vice  prefetto
 ispettore,  l'intendente  di  finanza,  il  funzionario di prefettura
 designato dal prefetto ed il funzionario dell'intendenza  di  finanza
 designato  dall'intendente,  per  la  loro  subordinazione gerarchica
 appaiono senz'altro affetti dal  vizio  di  dipendenza  e  potenziale
 parzialita'  che  la  Corte  costituzionale ha gia' denunciato per la
 maggioranza   dei   membri   costituenti   la   giunta    provinciale
 amministrativa in sede giurisdizionale.
    Infatti tanto il prefetto ed il suo vicario quanto i funzionari di
 prefettura si trovano  in  posizione  di  dipendenza  gerarchica  dal
 potere  esecutivo  il  quale e' anche competente ad adottare nei loro
 confronti  i  provvedimenti  relativi  alla  carriera,   allo   stato
 giuridico, ai trasferimenti; ed inoltre il vice prefetto ispettore (o
 il ragioniere capo di prefettura  ispettore)  ed  il  consigliere  di
 prefettura  si trovano in rapporto di stretta subordinazione rispetto
 al prefetto-presidente, il  quale  cura  la  redazione  dei  rapporti
 informativi  su  di  essi,  mentre  il funzionario dell'intendenza di
 finanza e'  subordinato  dell'intendente,  che  e'  pure  membro  del
 collegio.
    Altri  due  membri  (un  rappresentante  dei  comuni  nominato dal
 Prefetto   ed   un   rappresentante    del    lavoratore    designato
 dall'ispettorato  provinciale del lavoro) sono portatori di interessi
 di parte; ed e' evidente il pericolo che questa rappresentativita' di
 interessi  possa  degenerare in mancanza di imparzialita' dal momento
 che la g.p.a., sezione speciale tributi locali, e' giudice di appello
 in   controversie  nelle  quali  si  contrappongono  i  comuni  ed  i
 contribuenti.
    Analogo  ragionamento  vale anche per i tre membri effettivi e tre
 supplenti  scelti  tra   persone   esperte   in   materia   giuridica
 amministrativa  e  tecnica  e nominati con deliberazione della Giunta
 provinciale approvata dal prefetto, sol se si pensi che la  provincia
 puo'  essere  parte  in  controversie  tributarie  di  competenza del
 consesso anzidetto.
    I  medesimi rilievi formulati con riguardo alla composizione della
 giunta valgono anche  per  quanto  attiene  alla  composizione  della
 Commissione comunale quale risulta dall'art. 278 del t.u.f.l.
    Essa  e'  infatti  costituita  con  provvedimento del sindaco; due
 terzi dei componenti sono nominati dal consiglio comunale ed un terzo
 dal prefetto tra i contribuenti del comune.
    Evidente  e',  anche in questo caso, il sospetto circa la mancanza
 di imparzialita'  di  un  organo  chiamato  a  giudicare  su  tributi
 comunali per i quali il comune e' parte.
    Questi,  pertanto,  i  motivi  che  avevano  indotto il Collegio a
 sospettare di incostituzionalita' le norme anzidette ed  a  rimettere
 gli  atti  alla Corte costituzionale per il controllo di legittimita'
 costituzionale.
    Senonche',  come  riferito  in  premessa,  la  Corte ha dichiarato
 manifestamente inammissibili le  questioni  sollevate  difettando  il
 requisito  della  rilevanza;  e cio' in applicazione del principio in
 base  al  quale  "gli  atti  di  una  fase  del  processo,  giunta  a
 compimento,  non  sono resi inefficaci dalla successiva dichiarazione
 di incostituzionalita' del giudice che li ha posti in  essere,  salvo
 che  la questione sia stata sollevata prima del compimento della fase
 medesima (cio' che,  come  risulta  dalla  parte  narrativa,  non  e'
 avvenuto nel caso di specie)".
    Ora  l'affermazione  in  fatto  della  Corte  risulta parzialmente
 contraddetta dall'esame degli atti di causa dai quali si trae:
       a)  che  la  questione  relativa  alla illegittima composizione
 della giunta provinciale, amministrativa era stata  invece  sollevata
 in quella sede dal comune di Arenzano (v. deduzioni 9 ottobre 1978);
       b)  che  la stessa giunta aveva provveduto a prenderla in esame
 ed  a  confutarla   nella   decisione   impugnata   a   dimostrazione
 dell'avvenuta  proposizione  -  in  quell'occasione - della questione
 anzidetta.
    Effettivamente,  peraltro,  la  stessa questione non risulta esser
 stata sollevata dinanzi  alla  commissione  comunale  tributi  locali
 adita  per  prima  dei  contribuenti  per cui, esauritasi quella fase
 processuale,  la  stessa  non  potrebbe  piu'  essere  sollevata  nel
 successivo corso del giudizio.
    Cio'   precisato,   e   ritenuto  che  la  decisione  della  Corte
 costituzionale risulta affetta da un errore di fatto risultante dagli
 atti  di  causa, fondato sulla supposizione di una circastanza la cui
 verita' e' incontrastabilmente esclusa, va esaminata quale rimedio in
 concreto si offra alla Corte e al giudice remittente per eliminare le
 conseguenze  pregiudizievoli  e  consentire  il  pieno  esame   della
 questione di legittimita' costituzionale in precedenza denunciata.
    Non  pare che le decisioni di manifesta infondatezza possano avere
 un effetto preclusivo per la stessa Corte costituzionale  che  le  ha
 adottate, tale da ostacolare il riesame della questione.
    La  norma  di apparente sbarramento costituita dall'art. 137 della
 Costituzione   che   esclude   qualunque   forma   di    impugnazione
 relativamente  alle  decisioni  della  Corte sembra riferirsi infatti
 alla sola impugnazione tecnica,  prevista  nei  procedimenti  penali,
 civili  ed  amministrativi,  intesa come controllo da parte di una di
 versa autorita' giurisdizionale sulle  decisioni  adottate  da  altra
 autorita' giurisdizionale; ma non sembra escludere il potere da parte
 della stessa Corte, stimolata dal giudice a quo, di  un  riesame  dei
 propri provvedimenti mediante loro correzione o modifica.
    Lo  stesso  ordinamento costituzionale, del resto, gia' prevede la
 possibilita' che le decisioni della Corte possano  essere  "corrette"
 (art.  21  delle  norme  integrative per i giudizi dinanzi alla Corte
 costituzionale approvate con  Corte  costituzionale  16  marzo  1956)
 ovvero  "revisionate"  (art.  29  della legge 25 gennaio 1962, n. 20)
 cosicche'   non   sembra   concettualmente    scorretto    ipotizzare
 l'applicabilita'  di  istituti  del  tipo  di  quello, conosciuto dal
 codice di procedura civile, della "revocazione" (nel caso  di  specie
 art.   395,   n.   4   del  c.p.c.)  dal  quale  sia  eliminata  ogni
 caratteristica impugnatoria e che,.funzioni da solo stimolo/occasione
 per  la  Corte  di  rivedere il proprio operato ed eliminare i propri
 errori (la "revocazione" sembra, per vero, entrata a  far  parte  del
 processo costituzionale per effetto del rinvio compiuto dall' art. 22
 della legge 11 marzo 1953, n. 87,  alle  "norme  per  il  regolamento
 della  procedura  innanzi  al Consiglio di Stato" - seppur "in quanto
 applicabili" - le quali, mediante l'art. 46 del  t.u.  n.  1054/1924,
 rinviano alle norme del codice di procedura civile.
    Qualche  perplessita'  puo'  invece  sorgere  per  quanto riguarda
 l'efficacia che  la  pronuncia  di  manifesta  inammissibilita'  puo'
 spiegare  nel  giudizio  a  quo,  se  tale  o  meno  da  impedire  la
 riproponibilita'   alla   Corte    della    stessa    questione    di
 costituzionalita'  da  parte  dello  stesso giudice remittente che in
 passato ebbe a sollevarla nello stesso giudizio.
    Come  e' noto dottrina e giurisprudenza concordano sostanzialmente
 nel  ritenere  che,  per  quanto  attiene  le   decisioni   meramente
 processuali  della  Corte  l'effetto  preclusivo  si produce soltanto
 qualora l'inammissibilita' sia determinata  da  presupposti  che  non
 possono  essere  rimossi  dal  giudice  (come  ad  esempio quando sia
 affermato che l'atto impugnato e' privo di forza  di  legge)  ma  non
 gia'  quando  essa  sia determinata da presupposti che possono essere
 rimossi (come ad esempio nell'ipotesi di jus superveniens allorquando
 la  stessa  Corte  invita  il  giudice  a quo ad un nuovo esame della
 rilevanza).
   La  singolarita' del caso di specie consiste nel fatto che l'errore
 revocatorio riscontrato, non rientra,  a  ben  guardare,  in  nessuna
 delle  due  ipotesi  poiche',  trattandosi di un presupposto che deve
 essere rimosso, tale operazione non puo' essere eseguita dal  giudice
 remittente  bensi'  dallo.stesso  organo  che  l'ha  posto in essere;
 senonche' tale rimozione in tanto e' possibile in quanto allo  stesso
 giudice   a   quo  sia  consentito  segnalare  alla  Corte  il  vizio
 restituendole gli atti per un riesame della questione.
    Non  si  vede,  pertanto,  quale  ostacolo  possa  frapporsi  alla
 equiparabilita' della ordinanza di manifesta inammissibilita' di  che
 trattasi  alla  categoria delle ordinanze meramente processuali prive
 di effetto preclusivo dianzi accennate;  e,  conseguentemente,  quale
 impedimento  possa  sussistere  alla  riproposizione  della  medesima
 questione dinanzi esaminata alla Corte costituzionale anzidetta.
    Ove,  invece, non si convenisse col collegio nei sensi suespressi,
 occorrerebbe rilevare che  la  riproponibilita'  delle  questioni  da
 parte  di questo Tribunale trova un serio ostacolo nell'art. 24 della
 legge 11 marzo 1953, n. 87 il quale  nell'ipotesi  di  ordinanza  che
 respinga  l'eccezione  di illegittimita' costituzionale per manifesta
 irrilevanza   o   infondatezza,    consente    la    riproponibilita'
 dell'eccezione  solo all'inizio di ogni grado ulteriore del processo,
 ma non gia' nel corso dello stesso grado nel quale  la  questione  e'
 stata senza fortuna sollevata.
    Senonche'    lecito   sarebbe   in   tal   caso   dubitare   della
 costituzionalita' di tale disposizione perche', se si ritenesse ormai
 preclusa  al giudice di prime cure ogni possibilita' di riproporre la
 questione,  consentita  invece  al  giudice  sovraordinato,   sarebbe
 evidente  la  violazione  del  diritto alla tutela giurisdizionale ed
 alla  difesa  consentiti  a  tutti  "in  ogni  stato  e   grado   del
 procedimento" dall'art. 24 della Costituzione.
    La   questione,   subordinatamente   sollevata   in   ipotesi   di
 riconosciuto totale effetto preclusivo della ordinanza  di  manifesta
 inammissibilita'  in  esame, si appalesa rilevante (la legge 11 marzo
 1953, n. 87 cui appartiene la norma denunciata e'  assoggettabile  al
 controllo  di  legittimita'  costituzionale  non  avendo alcuna forza
 particolare  rispetto  alle  altre  leggi   ordinarie;   cfr.   Corte
 costituzionale  29  dicembre  1966, n. 127) poiche' tale disposizione
 costituirebbe l'unico ostacolo alla riproposizione della questione di
 legittimita'  costituzionale della composizione della g.p.a., sezione
 speciale tributi locali (a sua volta rilevante nel giudizio in  corso
 per  i  motivi  sopraenunciati);  ne' appare manifestamente infondata
 perche' varrebbe a precludere una parte della tutela giurisdizionale,
 attuabile  anche nel giudizio di costituzionalita', quanto meno in un
 grado del giudizio.
    Dalle  suesposte  considerazioni,  pertanto,  deriva ad avviso del
 collegio la necessita' che  la  Corte  costituzionale  sia  investita
 nuovamente  dell'esame  della  questione  relativa  alla composizione
 della g.p.a., sezione speciale tributi locali,  anzidetta;  valutera'
 la  Corte  stessa, poi, se estendere o meno l'indagine costituzionale
 anche alla composizione della  commissione  comunale  tributi  locali
 valendosi dei poteri di cui all'art. 27 della citata legge n. 87/1953
 attesa la indubbia preclusione della riproponibilita' di detta ultima
 questione  per effetto del principio di diritto enunciato dalla Corte
 costituzionale stessa; fermo restando che, in caso di  non  condivisa
 opinione  circa la possibilita' di nuova rimessione degli atti, viene
 sollevata di ufficio questione di legittimita'  costituzionale  dell'
 art.  24 della legge 11 marzo 1953, n. 87 per contrasto con l'art. 24
 della Costituzione.