ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della
 legge 14 ottobre  1957,  n.  1203,  di  ratifica  ed  esecuzione  del
 Trattato  di Roma del 25 marzo 1957, promosso con ordinanza emessa il
 29 gennaio 1987 dal Tribunale  di  Venezia  nel  procedimento  civile
 vertente  tra  S.p.A.  Fragd  e l'Amministrazione delle Finanze dello
 Stato, iscritta al n. 93 del registro  ordinanze  1988  e  pubblicata
 nella   Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  13,  prima  serie
 speciale, dell'anno 1988;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  10  gennaio  1989  il  Giudice
 relatore Mauro Ferri;
    Udito  l'Avvocato  dello  Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente
 del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  La  S.p.A.  FRAGD, dedita ad attivita' di trasformazione di
 prodotti agricoli in prodotti industriali destinati all'esportazione,
 adiva  con atto del 13 maggio 1982 il Tribunale di Venezia, esponendo
 di aver effettuato nel periodo compreso tra il 7 e l'11  luglio  1980
 quattro  distinte  esportazioni  di  glucosio  in polvere (destrosio)
 ottenuto dalla trasformazione di mais  e  di  aver  corrisposto  alla
 dogana  di  Rovigo importi compensativi monetari per complessive lire
 2.878.280, ai sensi del regolamento CEE n. 1541/80 della  Commissione
 del 19 giugno 1980.
    L'attrice  deduceva la illegittimita' dei criteri di calcolo degli
 ICM fissati in detto regolamento, in quanto si faceva riferimento  al
 prezzo  di  intervento  del mais senza tener conto della restituzione
 alla produzione dell'amido di mais; chiedeva, pertanto,  la  condanna
 dell'Amministrazione  finanziaria  al  rimborso  di quanto versato in
 piu' del dovuto, che quantificava in lire 396.673.
    L'Amministrazione  convenuta  riconosceva  che  effettivamente  il
 criterio  di  calcolo  degli  ICM  in  questione   era   gia'   stato
 riconosciuto  illegittimo,  con riferimento al regolamento n. 652/76,
 con sentenza della  Corte  di  Giustizia  del  15/10/1980,  in  causa
 145/79; negava tuttavia il diritto al rimborso per altri motivi.
    Il  Tribunale  adito,  rilevato  che  i  criteri di determinazione
 dell'ammontare degli ICM di cui  al  regolamento  1541/80  apparivano
 tali da far sembrare non privi di fondamento i rilievi della societa'
 attrice circa la loro illegittimita', con ordinanza del  24  novembre
 1983  richiedeva  in  via  pregiudiziale,  ai sensi dell'art. 177 del
 Trattato CEE, la pronuncia della  Corte  di  Giustizia  sul  seguente
 questito:  "Se  il  Regolamento  della Commissione CEE n. 1541/80 del
 19/6/1980  sia  valido  per  la  parte  in  cui  fissa  gli   importi
 compensativi monetari (ICM) per i prodotti oggetto delle esportazioni
 per cui e' causa (glucosio in polvere o  destrosio),  contraddistinti
 sotto  la voce doganale 17.02 B II a), in lire 29.612 per tonnellata,
 dato che nel calcolo  di  tali  ICM  si  e'  fatto  riferimento  alla
 produzione  dell'amido  di mais, seguendo un criterio gia' oggetto di
 censura della Corte con sentenza 15/10/1980 resa nella causa 145/79".
    La  Corte  di  Giustizia,  con  sentenza del 22 maggio 1985, cosi'
 dichiarava in dispositivo:
      "Occorre constatare, analogamente a quanto gia' dichiarato dalla
 Corte nella sentenza 15/10/1980, che le norme del  regolamento  della
 Commissione   n.  2140/79,  come  modificato  dal  regolamento  della
 Commissione n. 1541/80, sono invalide nella parte in cui fissano  gli
 importi  compensativi  monetari  da  applicarsi  all'esportazione  di
 glucosio in polvere  (sottovoce  n.  17.02  B  II  a)  della  tariffa
 doganale   comune).   La   constatata  invalidita'  delle  norme  del
 regolamento  della  Commissione  n.  2140/79,  come  modificato   dal
 regolamento  della  Commissione n. 1541/80, non consente di rimettere
 in  discussione  la  riscossione  o  il   pagamento   degli   importi
 compensativi monetari effettuati dalle autorita' nazionali sulla base
 di tali norme per il periodo anteriore alla data della  sentenza  che
 accerta l'invalidita', ossia il 15/10/1980".
    Riassunto  il giudizio da parte della Societa' FRAGD, il Tribunale
 di Venezia ha sollevato, con ordinanza del 29 gennaio 1987 (pervenuta
 alla   Corte   il   4   marzo   1988),   questione   di  legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  agli  artt.  23,  24  e  41   della
 Costituzione,  degli  artt.  1 e 2 della legge 14/10/1957 n. 1203 (di
 ratifica ed esecuzione del Trattato di  Roma  del  25/3/1957),  nella
 parte  in  cui,  recependo  nell'ordinamento  interno  l'art. 177 del
 Trattato  -  come  interpretato   dalla   Corte   di   Giustizia   -,
 attribuiscono  a  quest'ultima  il  potere  di limitare nel tempo gli
 effetti  delle  pronunce  pregiudiziali  rese  sulla   validita'   di
 disposizioni  regolamentari  impositive  di prestazioni patrimoniali,
 escludendo dagli effetti della dichiarazione di invalidita' gli  atti
 di  esecuzione  compiuti  in  epoca anteriore alla pronuncia anche se
 oggetto della stessa controversia del procedimento incidentato che ha
 dato origine al deferimento della questione pregiudiziale.
    Premette il Tribunale remittente che alla pronuncia della Corte di
 Giustizia deve essere riconosciuta  efficacia  vincolante  anche  per
 quanto    concerne    la    limitazione   temporale   degli   effetti
 dell'invalidita', che non e' scindibile dal contenuto della decisione
 poiche'  ne  delimita  espressamente  l'ambito  di  operativita':  il
 giudice  nazionale  non   potrebbe   considerare   non   apposta   la
 limitazione,   perche'  cosi'  operando  verrebbe  arbitrariamente  a
 modificare la portata della statuizione invadendo l'ambito proprio di
 competenza riconosciuto alla Corte dal Trattato.
    Anche   il  riferimento  analogico  effettuato  dalla  Corte,  per
 motivare la propria decisione, ai poteri riconosciuti dall'art.  174,
 secondo  comma, del Trattato, con riguardo ai procedimenti diretti ex
 art. 173,  appare  al  giudice  a  quo  rientrare  nell'ambito  delle
 attribuzioni della Corte.
    Cio'  premesso,  afferma  tuttavia  il Tribunale remittente che la
 posizione   soggettiva   dell'operatore   economico   nei   confronti
 dell'imposizione  di  una  prestazione  patrimoniale  fondata  su  un
 regolamento     comunitario     illegittimo     trova     nell'ambito
 dell'ordinamento  interno  tutela nelle forme generali dell'azione di
 ripetizione di cui all'art. 2033 c.c.,  con  la  radicazione  di  una
 controversia  che  postula  la  questione  pregiudiziale di validita'
 dell'atto comunitario: pertanto, il concreto esercizio  della  difesa
 della  sfera  soggettiva  del privato trova normativamente attuazione
 nel giudizio incidentale di cui al citato  art.  177,  lett.  b,  del
 Trattato    CEE.   Senonche',   la   disposizione,   desumibile   dal
 coordinamento degli artt. 174 e 177, che consente, secondo  la  Corte
 di Giustizia, di limitare con apprezzamento discrezionale gli effetti
 nel tempo della pronuncia dichiarativa  della  invalidita'  anche  in
 danno  degli operatori che alla questione abbiano dato impulso con la
 radicazione  del  processo  incidentato,  comporta  in  concreto   la
 negazione  della  tutela  giurisdizionale  del  singolo  contro  atti
 normativi di fonte comunitaria impositivi di prestazioni patrimoniali
 riconosciuti illegittimi.
    Si  privano  cosi'  gli  operatori  della  possibilita'  di  agire
 utilmente in via giudiziaria nei riguardi di imposizioni illegittime,
 in  contrasto  con  il  precetto  degli  artt.  24  e  23  Cost., con
 ingiustificato ed irrazionale  sacrificio  anche  della  liberta'  di
 iniziativa economica privata.
    2.  -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato,   concludendo   per   l'inammissibilita'   o,   in  subordine,
 l'infondatezza della questione.
    Richiamate  le sentenze di questa Corte nn. 183/73 e 170/84, nella
 parte in cui affermano che la legge di esecuzione del Trattato  possa
 sempre  andar soggetta al sindacato della Corte stessa in riferimento
 ai principi fondamentali del nostro ordinamento costituzionale  e  ai
 diritti inalienabili della persona umana, l'Avvocatura afferma che e'
 da escludere che le violazioni sospettate dal giudice a  quo  possano
 comportare  anche  in  astratto  degli  attentati  a detti principi e
 diritti. La  limitazione  degli  effetti  dell'invalidita'  e'  stata
 infatti  espressamente motivata in relazione ad esigenze fondamentali
 dell'ordinamento  comunitario  (applicazione  uniforme  del   diritto
 comunitario  nella intera Comunita') o comuni a detto ordinamento e a
 quelli  nazionali  (certezza  del  diritto).  Inoltre,   secondo   la
 giurisprudenza  della  Corte  di Giustizia i diritti fondamentali e i
 diritti inalienabili della  persona  umana  costituiscono  patrimonio
 irrinunciabile anche dell'ordinamento comunitario ed e', pertanto, ad
 avviso della Avvocatura, assai arduo ipotizzare che proprio la  Corte
 interpreti il Trattato in modo da attentare a tali diritti.
    La  questione  sarebbe,  quindi,  per  tali  motivi,  innanzitutto
 inammissibile.
    In  subordine,  essa, ad avviso dell'Avvocatura, si presenta priva
 di fondamento.
    Cio' in primo luogo perche' i due sistemi (ordinamento comunitario
 e ordinamento interno) sono configurati dalla  stessa  giurisprudenza
 della  Corte  costituzionale  come  autonomi  e  distinti,  ancorche'
 coordinati, con la conseguenza che le norme  costituzionali  invocate
 non  sono  applicabili  all'attivita' degli organi comunitari (sentt.
 nn. 98/65 e 183/73).
    In   secondo  luogo,  il  Trattato  CEE  consente,  attraverso  la
 disposizione  di  cui  all'art.  174,  secondo  comma,   che   l'atto
 regolamentare  invalido  sia ugualmente idoneo a produrre determinati
 effetti quando la Corte di Giustizia, sulla base di  una  valutazione
 comparativa  dei  vari  interessi in gioco, statuisca eccezionalmente
 nel senso che  il  regolamento  medesimo  produca  in  parte  i  suoi
 effetti. La pronuncia della Corte di Giustizia che applica, anche nel
 giudizio ex art. 177, l'art. 174,  secondo  comma,  pone  quindi  una
 disciplina  sostanziale  della  fattispecie  oggetto  del regolamento
 dichiarato invalido: cio'  in  virtu'  dei  poteri  che  il  Trattato
 attribuisce  alla Corte medesima e in conseguenza anche del carattere
 lato sensu normativo delle sue sentenze.
    Ne   consegue   che,   per  costante  giurisprudenza  della  Corte
 costituzionale, il riferimento all'art. 24 non e' pertinente, neanche
 nei confronti di coloro che hanno promosso il processo incidentato.
    Quanto    alla   denunciata   violazione   dell'art.   23   Cost.,
 l'Avvocatura, ricordata la gia' citata sentenza di  questa  Corte  n.
 183/73   (secondo  cui  detta  disposizione  costituzionale  "non  e'
 formalmente applicabile alle norme  comunitarie'),  rileva  che  tale
 giurisprudenza  e'  applicabile  anche nella specie, tenuto conto del
 contenuto normativo delle sentenze della Corte di Giustizia  rese  in
 base  al combinato disposto degli artt. 174, secondo comma, e 177 del
 Trattato. Comunque, non potrebbe mai parlarsi di prestazioni  imposte
 al  di  fuori  della  legge,  visto che la legge e' qui rappresentata
 dalle citate norme del  Trattato  che  attribuiscono  alla  Corte  il
 determinato potere in esame.
    Circa,  poi,  l'invocato  art.  41  Cost.,  la  questione  sarebbe
 inammissibile per insufficiente motivazione e comunque infondata,  in
 quanto  la  sentenza  della Corte di Giustizia mira a contemperare un
 conflitto di interessi, in vista di esigenze superiori.
    Infine,  l'Avvocatura  rileva,  in  relazione  a tutti i parametri
 invocati, che gli effetti pregiudizievoli denunciati  dal  giudice  a
 quo  derivano semmai dalla disposizione dell'art. 174, secondo comma,
 del Trattato, avverso la quale pero' l'ordinanza  di  rimessione  non
 muove  alcuna  censura:  ne  deriverebbe  un  ulteriore ed assorbente
 motivo di inammissibilita' della questione.
                         Considerato in diritto
    1.   -   Il   Tribunale  di  Venezia  ha  sollevato  questione  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 14  ottobre
 1957  n. 1203, di esecuzione del Trattato di Roma, "per contrasto con
 gli artt. 23, 24  e  41  della  Costituzione,  nella  parte  in  cui,
 recependo   nell'ordinamento   interno   l'art.   177  del  Trattato,
 attribuiscono alla Corte di  Giustizia  della  C.E.E.  il  potere  di
 limitare  nel  tempo  gli  effetti delle pronunce pregiudiziali, rese
 sulla  validita'  di   disposizioni   regolamentari   impositive   di
 prestazioni    patrimoniali,    escludendo    dagli   effetti   della
 dichiarazione di invalidita' gli atti di esecuzione compiuti in epoca
 anteriore  alla pronuncia, anche se oggetto della stessa controversia
 che ha dato origine al deferimento della questione pregiudiziale".
    2.  -  L'art.  174, secondo comma, del Trattato C.E.E. dispone che
 quando, accogliendo un ricorso proposto ai sensi del precedente  art.
 173,  "dichiara  nullo  e non avvenuto l'atto impugnato", "per quanto
 concerne  i  regolamenti,  la  Corte  di  Giustizia  ove  lo   reputi
 necessario  precisa  gli effetti del regolamento annullato che devono
 essere considerati come definitivi".
   La  Corte  stessa, qualificata interprete del Trattato, ha ritenuto
 con giurisprudenza consolidata di avvalersi del  potere  attribuitole
 dal  citato  art. 174, secondo comma, anche quando, pronunciandosi in
 via pregiudiziale ai sensi dell'art.  177,  primo  comma,  lett.  b),
 dichiara   l'invalidita'  di  un  regolamento  su  richiesta  di  una
 giurisdizione nazionale davanti alla quale  sia  stata  sollevata  la
 questione.
    Tale  applicazione  si  collega del resto all'effetto ultra partes
 che la Corte di Giustizia ha sostanzialmente  riconosciuto  scaturire
 da  dette pronunce, di guisa che le sentenze vertenti sulla validita'
 ex  art.  177  vengono  in  pratica  equiparate  alle   sentenze   di
 annullamento ex art. 173 del Trattato C.E.E.
    Questa  Corte  e'  pertanto  chiamata a decidere se l'art. 177 del
 Trattato C.E.E., in  quanto  consente  alla  Corte  di  Giustizia  di
 limitare  la  efficacia ex tunc della dichiarazione di invalidita' di
 un regolamento comunitario fino al punto di renderla  inoperante  nel
 giudizio  principale  che  ha provocato la pronuncia incidentale, non
 vulneri la garanzia del poter agire in giudizio  per  la  tutela  dei
 propri  diritti  e  interessi legittimi assicurata dall'art. 24 della
 Costituzione.
    Il  giudice  a  quo  ha  fatto  anche  riferimento ad un possibile
 contrasto dell'art. 177 nei sensi sopra enunciati con gli artt. 23  e
 41  della  Costituzione; ma in ordine a tali parametri la motivazione
 e' carente, e comunque il riferimento all'art. 24, che rappresenta il
 fulcro della censura, deve essere esaminato per primo.
    3.   -   L'Avvocatura   dello   Stato  prospetta  un'eccezione  di
 inammissibilita': a suo avviso, - fermo  restando  il  permanere  del
 sindacato  di  questa  Corte  ove una norma del Trattato C.E.E. venga
 sospettata di essere in contrasto con  i  principi  fondamentali  del
 nostro   ordinamento   costituzionale   o  di  attentare  ai  diritti
 inalienabili della persona umana (cfr. sentenze n. 183 del 1973 e  n.
 170  del 1984), - sarebbe assai arduo ipotizzare che proprio la Corte
 di Giustizia possa interpretare ed  applicare  il  Trattato  in  modo
 lesivo  di  detti principi e diritti, e comunque sarebbe da escludere
 "anche  in  astratto"  che  le  violazioni  denunciate  dal   giudice
 remittente possano comportare una lesione siffatta.
    L'eccezione non puo' essere accolta.
    3.1.  -  Vero e' che l'ordinamento comunitario - come questa Corte
 ha riconosciuto nelle sentenze sopra ricordate ed in altre numerose -
 prevede  un  ampio  ed efficace sistema di tutela giurisdizionale dei
 diritti e degli interessi dei singoli, di cui il ricorso  incidentale
 alla  Corte  di Giustizia ex art. 177 del Trattato C.E.E. costituisce
 lo strumento piu' importante; ed e'  non  meno  vero  che  i  diritti
 fondamentali  desumibili  dai  principi comuni agli ordinamenti degli
 Stati membri costituiscono, secondo  la  giurisprudenza  della  Corte
 delle    Comunita'    europee,   parte   integrante   ed   essenziale
 dell'ordinamento comunitario. Ma cio' non significa che  possa  venir
 meno  la  competenza  di  questa  Corte  a  verificare, attraverso il
 controllo di costituzionalita' della  legge  di  esecuzione,  se  una
 qualsiasi  norma  del  Trattato,  cosi'  come essa e' interpretata ed
 applicata dalle istituzioni e dagli organi comunitari, non  venga  in
 contrasto   con   i  principi  fondamentali  del  nostro  ordinamento
 costituzionale o non attenti ai diritti  inalienabili  della  persona
 umana.  In  buona sostanza, quel che e' sommamente improbabile e' pur
 sempre possibile; inoltre,  va  tenuto  conto  che  almeno  in  linea
 teorica  generale  non  potrebbe  affermarsi con certezza che tutti i
 principi  fondamentali  del  nostro  ordinamento  costituzionale   si
 ritrovino fra i principi comuni agli ordinamenti degli Stati membri e
 quindi siano compresi nell'ordinamento comunitario.
    3.2.  -  Alla  stregua  della consolidata giurisprudenza di questa
 Corte non vi e' poi dubbio che l'art. 24 della Costituzione enunci un
 principio  fondamentale  del  nostro  ordinamento.  Valga  per  tutte
 richiamare la sentenza n. 18 del 1982, nella  quale  e'  testualmente
 affermato che il diritto alla tutela giurisdizionale, gia' annoverato
 fra quelli inviolabili dell'uomo, va ascritto "tra i principi supremi
 del nostro ordinamento costituzionale, in cui e' intimamente connesso
 con lo stesso principio di democrazia l'assicurare a tutti e  sempre,
 per qualsiasi controversia, un giudice e un giudizio". Ed ancora: "Il
 diritto di agire e resistere in giudizio a difesa dei propri  diritti
 -  strettamente  connesso ed in parte coincidente con il diritto alla
 tutela giurisdizionale cui si e' fatto dianzi riferimento - trova  la
 sua base soprattutto nell'art. 24 della Costituzione".
    3.3.  -  Ma  l'eccezione  non puo' essere accolta neppure sotto l'
 altro profilo prospettato dall'Avvocatura, vale a dire che il giudice
 remittente  avrebbe  dovuto  impugnare gli artt. 1 e 2 della legge di
 esecuzione del Trattato C.E.E. in  relazione  all'art.  174,  secondo
 comma, anziche' all'art. 177 del Trattato stesso.
    In  realta', e' l'art. 174 che attribuisce alla Corte di Giustizia
 il potere di limitare  gli  effetti  per  il  passato  delle  proprie
 decisioni   di   annullamento   di   regolamenti;  ma  il  dubbio  di
 costituzionalita' riguarda l'esercizio di  tale  potere  in  sede  di
 pronuncia  in  via  pregiudiziale  sulla  validita' di regolamenti ai
 sensi dell'art. 177, in quanto, come si e' detto, la Corte stessa  ha
 ritenuto  applicabile  anche  in  quella  sede la citata disposizione
 dell'art. 174, secondo comma. Esattamente quindi il giudice a quo  ha
 rivolto   la   propria  censura  all'art.  177  cosi'  come  esso  e'
 interpretato ed applicato dalla Corte di Giustizia.
    4.  -  Devesi a questo punto valutare se l'ipotesi configurata dal
 giudice remittente  possa  effettivamente  integrare  una  violazione
 dell'art.  24 della Costituzione, in quanto venga ad incidere su quel
 principio supremo del nostro ordinamento costituzionale  consistente,
 -  come  e' affermato nella sentenza n. 18 del 1982 innanzi citata -,
 nell'assicurare a tutti e  sempre,  per  qualsiasi  controversia,  un
 giudice e un giudizio.
    Si e' gia' detto che il sistema di tutela giurisdizionale previsto
 dall'ordinamento  comunitario  e'  pienamente  valido  ed   adeguato.
 Infatti, oltre alle disposizioni contenute negli artt. 173 e seguenti
 in ordine ai ricorsi diretti alla Corte di Giustizia, proponibili non
 soltanto  da  uno Stato membro, dal Consiglio o dalla Commissione, ma
 anche da qualsiasi persona fisica o giuridica  "contro  le  decisioni
 prese  nei  suoi  confronti  e contro le decisioni che, pur apparendo
 come un regolamento o una decisione  presa  nei  confronti  di  altre
 persone,  la  riguardano  direttamente e individualmente", e' proprio
 l'art. 177 del  Trattato  che  garantisce  al  singolo  una  piena  e
 completa  tutela  giurisdizionale.  Esso, come e' noto, consente alle
 giurisdizioni nazionali, o impone,  se  si  tratta  di  giurisdizioni
 nazionali  nella  istanza  piu'  elevata,  di  rivolgersi  alla Corte
 perche' si pronunci in  via  pregiudiziale  sull'interpretazione  del
 Trattato  o  sulla  validita' e l'interpretazione degli atti compiuti
 dalle istituzioni  della  Comunita',  quando  tale  pronuncia  appaia
 necessaria   per   la   decisione   della   controversia  di  cui  la
 giurisdizione nazionale e' investita.
   4.1.  -  Ma,  -  e  qui sta l'essenza della questione sollevata dal
 giudice a quo -, la Corte di  Giustizia  ritiene  con  giurisprudenza
 costante  che,  anche quando dichiara in via pregiudiziale ex art 177
 l'invalidita' di un atto comunitario (generalmente  un  regolamento),
 essa  possa,  in  forza  della  disposizione  contenuta nell'art 174,
 secondo comma, precisare quali effetti della norma invalidata debbano
 essere  considerati come definitivi. Tale interpretazione non suscita
 di per se' alcuna obiezione: essa puo' anzi essere ritenuta,  -  come
 e'   stato   detto   precedentemente   -,   la   logica   conseguenza
 dell'efficacia  generale  che  la  giurisprudenza  della   Corte   e'
 pervenuta  sostanzialmente  ad  attribuire alle pronunce ex art. 177,
 quando esse dichiarano l'invalidita' di un regolamento. Ove pero'  la
 sentenza  arrivi  ad escludere dalla efficacia della dichiarazione di
 invalidita' l'atto o gli atti stessi oggetto della  controversia  che
 ha provocato il ricorso pregiudiziale alla Corte da parte del giudice
 nazionale, non si puo' nascondere che sorgono gravi  perplessita'  in
 ordine  alla  compatibilita'  con il contenuto essenziale del diritto
 alla tutela giurisdizionale della norma che  consente  una  pronuncia
 siffatta.
    Invero,  una  volta  riconosciuta  l'importanza  del  procedimento
 previsto dall'art 177 del Trattato ai fini della realizzazione di  un
 compiuto sistema di tutela giurisdizionale a garanzia dei diritti dei
 singoli  nell'ordinamento  comunitario,  non  puo'  non  apparire  in
 contraddizione  con la natura stessa di una sentenza pregiudiziale, e
 con la relazione necessaria che intercorre fra giudizio incidentale e
 giudizio  principale,  l'ipotesi  in  cui  la  sentenza  emanata  nel
 giudizio incidentale non  possa  trovare  applicazione  nel  giudizio
 incidentato che l'ha provocata.
    4.2.  -  In  sostanza, il diritto di ognuno ad avere per qualsiasi
 controversia un giudice e un giudizio verrebbe a svuotarsi  dei  suoi
 contenuti   sostanziali   se   il  giudice,  il  quale  dubiti  della
 legittimita' di una norma che dovrebbe applicare, si veda  rispondere
 dalla  autorita'  giurisdizionale  cui  e'  tenuto  a rivolgersi, che
 effettivamente la norma non e' valida, ma che tale invalidita' non ha
 effetto  nella  controversia  oggetto  del  giudizio  principale, che
 dovrebbe  quindi  essere  deciso  con  l'applicazione  di  una  norma
 riconosciuta illegittima.
    Ne',  di  fronte  ad  una  possibile  violazione  di  un principio
 fondamentale, potrebbero  invocarsi,  -  come  sostiene  l'Avvocatura
 dello  Stato  -,  le esigenze primarie dell'applicazione uniforme del
 diritto  comunitario  e  della  certezza  del  diritto.  Una   simile
 valutazione  comparativa appare invero difficilmente configurabile, e
 si puo'  inoltre  rilevare  che  ambedue  le  esigenze  invocate  non
 risulterebbero  affatto  compromesse,  ove,  pur  facendo  salvi  gli
 effetti pregressi del regolamento invalidato, si lasciasse inalterata
 l'efficacia  della  pronuncia nella controversia oggetto del giudizio
 principale ed anche in tutti quei giudizi gia' iniziati dinanzi  alle
 giurisdizioni nazionali prima della data di emanazione della sentenza
 invalidante.
    5.  -  Alla  stregua  delle suesposte argomentazioni, la questione
 dovrebbe ritenersi ammissibile; prima pero'  di  procedere  oltre  ad
 esaminarne  l'eventuale  fondatezza  nei  limiti  e nei termini sopra
 precisati, questa Corte deve compiere due ulteriori verifiche,  dalle
 quali  emergono  risultanze  che  la  inducono  a pervenire a diverse
 conclusioni.
    In primo luogo occorre accertare se l'interpretazione dell'art 177
 del Trattato C.E.E., nei  sensi  che  danno  luogo  alle  conseguenze
 contro   cui   si   appuntano  le  censure  del  giudice  remittente,
 costituisca effettivamente una giurisprudenza consolidata della Corte
 di   Giustizia.   Ora,   non  puo'  essere  revocato  in  dubbio  che
 l'estensione dei poteri previsti dall'art 174,  secondo  comma,  alle
 pronunce  ex  art  177  sia  ormai ius receptum, nel senso che, ferma
 restando anche per le sentenze  declaratorie  di  invalidita'  di  un
 regolamento  ex art 177 la regola dell'efficacia ex tunc, la Corte di
 Giustizia ha ritenuto, in  via  eccezionale,  di  poter  disporre  la
 salvaguardia  degli effetti gia' verificatisi ove lo richiedano gravi
 ragioni relative all'ordinamento comunitario.
    Ne'  in  tali  casi  e'  sfuggito  alla  Corte  stessa - nella sua
 sensibilita' per la tutela dei  diritti  fondamentali  della  persona
 umana, - che sorgeva il problema di escludere da tale statuizione gli
 atti oggetto della controversia di  cui  al  giudizio  principale  ed
 anche  quelli  per  i  quali  fosse  gia'  stata  promossa  un'azione
 giudiziaria dinanzi ad un giudice nazionale secondo  le  disposizioni
 vigenti  negli  ordinamenti degli Stati membri. Ma su questo punto la
 Corte  e'  pervenuta  a  conclusioni  non  univoche,  sulla  base  di
 valutazioni di merito.
    Infatti, seppur la sentenza 15 ottobre 1980 in causa 145/79, - che
 costituisce il presupposto della sentenza 22  maggio  1985  in  causa
 33/84  relativa  alla  controversia  da  cui  e'  nata l'ordinanza di
 rimessione a questa Corte -, ha fatto salvi determinati effetti delle
 disposizioni  regolamentari  dichiarate  invalide  derivati  da  atti
 compiuti anteriormente, senza eccezioni per il giudizio principale  e
 per i giudizi gia' iniziati, in altre sentenze, come la 8 aprile 1976
 in causa 43/75, e  la  15  gennaio  1986  in  causa  41/84,  siffatte
 eccezioni sono state espressamente stabilite.
    Si  puo'  dunque  unicamente  dedurre  che  la  Corte di Giustizia
 riconosce la peculiare posizione  del  giudizio  principale  rispetto
 alla  pronuncia  incidentale,  ma  ammette  in linea di principio che
 anch'esso possa rimanere escluso dall'efficacia di  una  declaratoria
 di  invalidita' quando venga stabilito che essa non abbia effetto per
 gli atti pregressi.
    6. - In secondo luogo si deve verificare l'effettiva portata della
 pronuncia incidentale della Corte di Giustizia rispetto  al  giudizio
 principale  pendente  dinanzi  al  giudice  a  quo:  su  questo punto
 un'attenta  lettura  della  sentenza  22  maggio   1985   conduce   a
 conclusioni determinanti ai fini della decisione.
    Il  Tribunale  di  Venezia,  -  come  e' stato ampiamente detto in
 narrativa -, aveva sottoposto alla Corte  di  Giustizia  la  seguente
 questione  pregiudiziale: "Se il regolamento della Commissione C.E.E.
 n. 1541/80 del 19 giugno 1980 sia valido per la parte  in  cui  fissa
 gli  importi  compensativi  monetari  per  i  prodotti  oggetto delle
 esportazioni per cui e' causa... seguendo un criterio gia' oggetto di
 censura  della  Corte  con  sentenza 15 ottobre 1980 resa nella causa
 145/79".
    Dal  dispositivo  della  sentenza  emessa  dalla Corte risulta con
 assoluta chiarezza che l'invalidita' della parte del  regolamento  in
 contestazione era stata accertata gia' dalla sentenza 15 ottobre 1980
 nella causa 145/79, di guisa che la sentenza 22  maggio  1985  si  e'
 limitata a constatare l'invalidita' gia' dichiarata e a ribadire, per
 cio' che attiene  agli  effetti,  quanto  disposto  dalla  precedente
 sentenza.
    Queste  risultanze  sono  ulteriormente  confermate e chiarite dai
 punti 18 e 19 della motivazione. La Corte  ha  infatti  rilevato  che
 un'eventuale  eccezione  alla  limitazione dell'efficacia nel passato
 della declaratoria di invalidita'  in  favore  "della  parte  che  ha
 intentato  l'azione  dinanzi al giudice nazionale ovvero di qualunque
 altro operatore economico che abbia agito in  maniera  analoga  prima
 della  declaratoria  di invalidita'" sarebbe priva di interesse nella
 controversia. "Quest'ultima e' stata infatti  instaurata  dinanzi  al
 giudice  nazionale  il  13  maggio  1982, quindi successivamente alla
 dichiarazione implicita di invalidita' delle norme considerate  nella
 questione pregiudiziale".
    Considerazioni  sostanzialmente identiche valgono per la questione
 sottoposta  a  questa  Corte.  Infatti  ove  se  ne  riconoscesse  la
 fondatezza,    nel   senso   cioe'   di   ritenere   l'illegittimita'
 costituzionale per violazione dell'art 24  della  Costituzione  della
 legge  n.  1203  del 1957 nella parte in cui dando esecuzione all'art
 177 del Trattato C.E.E. consente alla Corte di Giustizia di escludere
 gli atti oggetto del giudizio principale dagli effetti di una propria
 sentenza incidentale che dichiara l'invalidita'  di  un  regolamento,
 una siffatta pronuncia non potrebbe trovare alcuna applicazione nella
 controversia che deve essere decisa dal  giudice  a  quo.  Invero  e'
 stata  una precedente sentenza (la 15 ottobre 1980 in causa 145/79) a
 dichiarare la invalidita' della parte del regolamento in discussione,
 mentre  la  sentenza  pronunciata  in seguito alla richiesta di detto
 giudice si e' limitata a constatare la  declaratoria  di  invalidita'
 gia' intervenuta.
    In  definitiva  emerge  che la controversia di cui e' investito il
 giudice a  quo  non  e'  quella  che  ha  provocato  la  declaratoria
 d'invalidita'  del regolamento contestato; non si pone, pertanto, con
 essa  nella  relazione  necessaria  che   intercorre   fra   giudizio
 principale  e giudizio incidentale. Per di piu' - come ha rilevato la
 Corte di Giustizia - la controversia e' stata instaurata  davanti  al
 giudice  nazionale oltre un anno dopo la pubblicazione della sentenza
 stessa.
    7.  -  La  questione  di legittimita' costituzionale sollevata dal
 Tribunale di Venezia deve pertanto  essere  dichiarata  inammissibile
 per  irrilevanza;  il  che  vale  ovviamente  in  relazione a tutti i
 parametri invocati.