ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  46, comma
 primo, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (Disposizioni  comuni  in
 materia  di  accertamento  delle  imposte  sui redditi), promosso con
 ordinanza emessa il 1› dicembre 1987 dalla Commissione Tributaria  di
 primo grado di Lecce sul ricorso proposto da Schito Benito - curatore
 del fallimento Mercurio Pasquale contro l'Ufficio II.DD. di Casarano,
 iscritta  al  n.  620  del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  46,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1988;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  dell'8  marzo 1989 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Ritenuto  che,  durante  il  processo  tributario  instaurato  dal
 ricorso del curatore  del  fallimento  Mercurio  Pasquale  contro  il
 provvedimento  dell'Ufficio delle imposte dirette di Casarano che gli
 ha irrogato la pena pecuniaria prevista dall'art.  46,  primo  comma,
 del  d.P.R.  29  settembre  1973,  n.  600,  per omessa dichiarazione
 iniziale dei redditi del fallito ai sensi dell'art. 10, quarto comma,
 del  medesimo  decreto,  la  Commissione tributaria di primo grado di
 Lecce, con ordinanza del 1› dicembre 1987, pervenuta alla Corte il 18
 ottobre  1988,  ha sollevato questione di legittimita' costituzionale
 del citato art. 46, primo comma, "nella parte  in  cui  sanziona  con
 identica  pena  pecuniaria,  pari  nel  minimo  a due volte l'imposta
 evasa, sia l'omessa dichiarazione di cui all'art. 10  del  d.P.R.  n.
 600  del  1973  a  carico  del  curatore  fallimentare,  sia l'omessa
 dichiarazione da parte del contribuente ai sensi degli artt. da  1  a
 6";
      che, ad avviso del giudice remittente, la norma denunziata viola
 il principio di cui all'art. 3 della Costituzione, il quale vieta  di
 applicare  un  trattamento uguale a situazioni disuguali, considerato
 che il curatore non e' soggetto passivo d'imposta e l'omissione della
 dichiarazione,  da  parte  sua,  "certamente non e' finalizzata a una
 evasione d'imposta";
      che  nel  giudizio  davanti  alla  Corte non si e' costituito il
 ricorrente, mentre e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la
 questione sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata;
      che  in  una  memoria successiva l'Avvocatura ha insistito nella
 domanda di infondatezza, sul riflesso che "non esiste un principio di
 livello   costituzionale   per  cui  responsabile  per  gli  illeciti
 tributari  dovrebbe  essere  solamente  il  soggetto   assunto   come
 'contribuente',  e  non anche la persona fisica che nell'interesse di
 detto soggetto concretamente opera e trasgredisce";
    Considerato che l'obbligo, autonomo ed esclusivo, di presentare la
 dichiarazione dei redditi relativa al periodo  di  imposta  anteriore
 alla  data  del  fallimento  e la dichiarazione relativa al risultato
 finale della liquidazione e' una  funzione  sostitutiva  del  fallito
 attribuita  dalla  legge tributaria al curatore nella sua qualita' di
 organo di giustizia nell'interesse della massa dei creditori;
      che,  pertanto,  dell'inadempimento  di  tale obbligo, in quanto
 produce    all'Amministrazione     finanziaria     le     conseguenze
 pregiudizievoli  in  generale derivanti dall'omessa dichiarazione, il
 curatore fallimentare risponde personalmente  alla  medesima  stregua
 del  debitore  d'imposta,  onde  non  puo' certo dirsi irrazionale la
 previsione normativa, nei due casi, della medesima sanzione;
    Visti  gli  artt.  26  della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle
 Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte;