ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 2, terzo comma,
 lettere d), e), h), p); dell'art. 5, secondo comma, lettere e) e  f);
 dell'art.  12,  quinto comma, lett. b) e settimo comma; dell'art. 13,
 primo comma, lettere b) e e) e secondo  comma;  dell'art.  19,  primo
 comma,  lett.  p);  dell'art.  23, sesto comma; e dell'art. 24, primo
 comma, lett. c), della legge  23  agosto  1988,  n.  400  (Disciplina
 dell'attivita'   di   Governo  e  ordinamento  della  Presidenza  del
 Consiglio dei Ministri),
 promossi  con  ricorsi  della  Provincia  di  Trento,  della  Regione
 Friuli-Venezia Giulia, della  Provincia  di  Bolzano,  della  Regione
 Sardegna,  della  Regione Veneto e della Regione Trentino-Alto Adige,
 notificati l'11 e il 12 ottobre 1988, depositati in cancelleria il 18
 e  il  19 ottobre 1988 ed iscritti rispettivamente ai nn. 29, 30, 31,
 32, 33 e 34 del registro ricorsi 1988;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 Ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'8  febbraio  1989  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  gli  Avv.ti  Valerio  Onida  per  la  Provincia autonoma di
 Trento, Gaspare Pacia per la Regione  Friuli-Venezia  Giulia,  Sergio
 Panunzio  e  Roland  Riz per la Provincia autonoma di Bolzano, Sergio
 Panunzio per la Regione Sardegna, Giorgio Berti per le Regioni Veneto
 e  Trentino-Alto  Adige e l'Avvocato dello Stato Franco Favara per il
 Presidente del Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.   -   Con  sei  distinti  ricorsi,  regolarmente  notificati  e
 depositati,   la   Provincia   autonoma   di   Trento,   la   Regione
 Friuli-Venezia  Giulia,  la Provincia autonoma di Bolzano, la Regione
 Sardegna, la Regione Veneto e la Regione  Trentino-Alto  Adige  hanno
 sollevato  questione  di legittimita' costituzionale nei confronti di
 varie disposizioni contenute nella  legge  23  agosto  1988,  n.  400
 (Disciplina  dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza
 del Consiglio dei Ministri).
    In  particolare,  con  il  primo  ricorso la Provincia autonoma di
 Trento ha impugnato l'art. 2, comma terzo, lettere d) e  p).  Con  il
 secondo,  la  Regione  Friuli-Venezia Giulia, oltre alle disposizioni
 gia' citate, ha impugnato la premessa dell'art. 2, terzo  comma.  Con
 il  terzo ricorso la Provincia autonoma di Bolzano, oltre alle stesse
 disposizioni contestate dalla Provincia di Trento, ha  impugnato  gli
 artt.  12,  quinto comma, lett. b), e settimo comma; 13, primo comma,
 lettere b) ed e), e secondo comma; 19, primo  comma,  lett.  p);  24,
 primo  comma, lett. c). Con il quarto ricorso, la Regione Sardegna ha
 impugnato gli artt. 2, terzo comma,  lettere  d)  e  p);  5,  secondo
 comma,  lett.  e)  ed  f);  12, quinto comma, lett. b). Con il quinto
 ricorso la Regione Veneto ha impugnato  gli  artt.  2,  terzo  comma,
 lettere  d),  h)  e  p);  24,  primo  comma,  lett. c).  Con il sesto
 ricorso, infine, la Regione  Trentino-Alto  Adige  ha  impugnato  gli
 artt. 2, terzo comma, lettere d), e), h) e p); 13, primo comma, lett.
 e), e secondo comma; 19, primo comma, lett. p); 23, sesto comma;  24,
 primo comma, lett. c).
    2.  - L'art. 2, terzo comma, lett. d), e' impugnato, innanzitutto,
 dalla Provincia autonoma di  Trento,  in  quanto,  sottoponendo  alla
 deliberazione  del Consiglio dei Ministri "gli atti di indirizzo e di
 coordinamento dell'attivita'  amministrativa  delle  regioni  e,  nel
 rispetto  delle  disposizioni  statutarie,  delle  regioni  a statuto
 speciale  e  delle  province  autonome  di  Trento  e  di   Bolzano",
 contrasterebbe  con gli artt. 5 e 116 della Costituzione, nonche' con
 gli artt. 3, terzo comma, 8, 9, 16, 40 u.c., 52 e 107  dello  Statuto
 del Trentino-Alto Adige (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670).
    La ricorrente osserva innanzitutto che, ove dovesse esser ritenuta
 fonte autonoma di un potere statale di indirizzo e di  coordinamento,
 la  disposizione impugnata sarebbe illegittima in quanto, come questa
 Corte ha piu' volte affermato, quella funzione puo' esser  esercitata
 in  via  amministrativa  solo sulla base di una previa norma di legge
 che indichi finalita' e  criteri  cui  si  deve  ispirare  l'atto  di
 indirizzo  e coordinamento nel settore interessato. In secondo luogo,
 benche' la  giurisprudenza  costituzionale  abbia  sottolineato  che,
 quando  si  applica  alle materie riservate alla competenza esclusiva
 delle regioni o delle province speciali, la funzione di  indirizzo  e
 coordinamento  puo'  essere  esercitata  soltanto  in  presenza di un
 interesse  insuscettibile  di  frazionamento  o   di   localizzazione
 territoriale  e  soltanto  se  supportata da qualche altro limite dei
 poteri di autonomia  costituzionalmente  stabilito,  la  disposizione
 impugnata,  ad  avviso  della ricorrente, metterebbe totalmente sullo
 stesso piano le regioni e  le  province  ad  autonomia  speciale  con
 quelle   ad  autonomia  ordinaria,  sia  sul  piano  sostanziale  (in
 contrasto col maggior rigore  richiesto  dalla  Corte  costituzionale
 quando  si  tratti  di autonomia speciale), sia sul piano procedurale
 (tanto che non e' prevista neppure la possibilita' di  partecipazione
 del Presidente della Giunta provinciale alle sedute del Consiglio dei
 ministri  nelle  quali  si  trattano  questioni  che  riguardano   le
 province, in contrasto con gli artt. 52 e 40 u.c. dello Statuto).
    Da  ultimo,  la  ricorrente osserva che la disposizione impugnata,
 essendo contenuta in una legge  ordinaria  non  preceduta  da  alcuna
 consultazione  con  la Provincia, contrasterebbe con il principio per
 il quale le forme, i modi e le garanzie  concernenti  gli  interventi
 statali  nei  confronti  della  Regione  Trentino-Alto  Adige e delle
 Province autonome devono essere previsti  da  disposizioni  di  rango
 costituzionale,   integrabili   soltanto   con  norme  di  attuazione
 stabilite sulla base di proposte formulate da  un  organo  paritetico
 (art.  107  Stat.  T.-A.A.)  o  modificabili sulla base di intese tra
 Stato, Regione e Province.
   Analoghe   osservazioni  sono  svolte,  in  relazione  alla  stessa
 disposizione, dalla Regione Friuli-Venezia  Giulia,  che  ne  lamenta
 l'illegittimita' in riferimento agli artt. 116 della Costituzione e 4
 del  proprio  Statuto,  e  dalla  Regione  Veneto,  che  la   ritiene
 contrastante con gli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione
 agli artt. 3, legge 22 luglio 1975, n. 382  e  4,  d.P.R.  24  luglio
 1977,  n.  616.  Quest'ultima  regione  aggiunge, in particolare, che
 l'art. 2, lett. d), configurerebbe l'indirizzo e  coordinamento  come
 una  funzione  libera  da  vincoli  sia  formali  che sostanziali. Su
 posizioni analoghe e' attestata anche la Regione Trentino-Alto Adige,
 che,  lamentando  la  lesione dell'art. 116 della Costituzione, degli
 artt. 4, 5, 16, 41, 44, 87 e 88 del proprio  Statuto,  nonche'  degli
 artt.  32  e  ss.  e  42  e  ss.  del d.P.R. 1› febbraio 1973, n. 49,
 aggiunge  alle  osservazioni  gia'  ricordate  il  rilievo   che   la
 collocazione  della  disposizione  impugnata  indurrebbe  a connotare
 illegittimamente  l'indirizzo  e  coordinamento  come  una   funzione
 politica interferente nell'andamento amministrativo della Regione.
    Piu'  particolari  sono,  invece,  i  dubbi  di  costituzionalita'
 sollevati sull'art. 2, lett. d), dalla Provincia autonoma di Bolzano,
 che prospetta la questione in riferimento agli artt. 5, 6, 116, 125 e
 134 della Costituzione, agli artt. 3, terzo comma, 4, 5,  8,  9,  11,
 12,  13, 14, 15, 16, primo comma, 19, 33, 49, 38, 61, 78, 87, 88, 90,
 91,  92,  98,  103,  104  e  107  dello  Statuto  speciale   per   il
 Trentino-Alto  Adige,  nonche'  all'Accordo  De Gasperi-Gru'ber del 5
 settembre  1946,  recepito  nel  Trattato  di  Pace  del  1947,  reso
 esecutivo con d. lgs. 28 settembre 1947, n. 1430.
    Premesso  che  la propria autonomia ha nel panorama costituzionale
 un carattere del tutto peculiare - in quanto trova la propria  ragion
 d'essere  nella  garanzia  delle  minoranze linguistiche, la quale e'
 definita dall'art. 4 dello Statuto come "interesse nazionale",  e  in
 quanto ha il proprio fondamento nell'Accordo di Parigi del 1946 (c.d.
 Accordo De Gasperi-Gru'ber) -, la ricorrente rileva che  la  funzione
 di   indirizzo   e   coordinamento   potrebbe  essere  legittimamente
 esercitata  nei  propri  confronti,  a  norma  dell'art.  116  Cost.,
 soltanto   ove   fosse   espressamente   prevista   da   disposizioni
 costituzionali o  dalle  norme  di  attuazione.  Ma  poiche'  ne'  lo
 Statuto,  ne'  le  norme  di  attuazione  stabiliscono  un potere del
 genere, mentre prevedono altre forme di coordinamento paritetico  tra
 lo  Stato  e  le  province  autonome  (come  l'intesa, l'accordo o il
 parere) da utilizzare solo in  ipotesi  specifiche  e  tassative,  si
 dovrebbe  ritenere  che  la funzione di indirizzo e coordinamento non
 sia applicabile alla Provincia autonoma di Bolzano.
    Per  la  ricorrente, il problema e' di stretto diritto positivo e,
 pertanto, la soluzione indicata si dovrebbe imporre sulla base  delle
 norme vigenti, le quali, come escludono espressamente quella funzione
 per la  Valle  d'Aosta  e  come  la  limitano  alla  sola  competenza
 concorrente  per il Friuli-Venezia Giulia e la Sardegna, cosi' non la
 prevedono  per  la  Provincia  di  Bolzano.  La  ricorrente  ammette,
 peraltro,  che  per  la giurisprudenza di questa Corte la funzione di
 indirizzo e coordinamento  non  costituisce  un  limite  ulteriore  e
 rappresenta  lo  sviluppo dei principi fondamentali sul decentramento
 regionale - tanto da non richiedere una previsione costituzionale  ad
 hoc.   Ma,   a   suo   avviso,   questa   posizione  meriterebbe  una
 rimeditazione,  in   quanto   comporterebbe   l'appiattimento   delle
 autonomie  speciali  su  quelle di tipo comune, appiattimento che, in
 particolare, non puo' ammettersi in relazione  a  un'autonomia  cosi'
 particolare come quella della Provincia di Bolzano.
    Per tali ragioni, se il richiamo operato dall'art. 2, terzo comma,
 lett. d), al rispetto delle disposizioni degli Statuti speciali fosse
 una  clausola  di  stile  o,  comunque,  non  valesse  a sottrarre la
 Provincia di Bolzano all'applicazione della funzione di  indirizzo  e
 coordinamento,  la  disposizione  impugnata dovrebbe esser dichiarata
 incostituzionale, in quanto diretta a introdurre  un  potere  statale
 non  previsto  dallo  Statuto  e,  in  particolare, dalle norme sulle
 competenze legislative e amministrative della Provincia (artt. 8, 9 e
 16).  A  giudizio  della  ricorrente,  anzi,  un  potere, come quello
 contestato, comportante una posizione  di  generale  sovraordinazione
 del  Governo  rispetto alle attivita' amministrative della Provincia,
 sarebbe precluso dallo Statuto  in  relazione  a  qualsiasi  tipo  di
 competenza   e,   in   particolare,   in  relazione  alle  competenze
 amministrative di grado primario, le  quali  caratterizzano  in  modo
 peculiare la speciale autonomia riconosciuta alla Provincia.
    L'art.  2, terzo comma, lett. d), e' impugnato anche dalla Regione
 Sardegna, la quale,  muovendo  dalla  stessa  impostazione  enunciata
 dalla  Provincia  di  Bolzano  in  relazione al necessario fondamento
 dell'indirizzo e  coordinamento  nella  Costituzione  o,  quantomeno,
 nelle  norme  di attuazione e riconoscendo che queste ultime limitano
 la predetta funzione nei confronti della  Sardegna  alle  materie  di
 competenza  concorrente,  chiede  che,  a norma degli artt. 116 della
 Costituzione, 3 e 6 dello Statuto e 2 del d.P.R. 19 giugno  1979,  n.
 348,  la  disposizione  impugnata sia dichiarata incostituzionale ove
 dovesse intendersi, nonostante la clausola di  salvezza  relativa  al
 rispetto delle norme statutarie, come applicabile anche nei confronti
 delle competenze amministrative primarie della Regione. Gli argomenti
 addotti a sostegno di tale richiesta sono analoghi a quelli formulati
 dalla Provincia di Bolzano.
    3.  -  Alcune delle ricorrenti impugnano poi altre disposizioni in
 quanto disciplinano aspetti piu' particolari o  strumentali  rispetto
 alla norma generale sull'indirizzo e coordinamento, appena esaminata.
    In  particolare,  la  Regione  Friuli-Venezia  Giulia ha impugnato
 l'art. 2, limitatamente alla disposizione che dice  "sono  sottoposti
 alla  deliberazione  del  Consiglio  dei  Ministri",  contenuta nella
 premessa del terzo comma dello stesso articolo, in quanto non prevede
 l'intervento del Presidente della Regione alle riunioni del Consiglio
 dei Ministri relative alle delibere elencate  nello  stesso  articolo
 allorche'  si  riferiscano alle ipotesi previste dagli artt. 44 dello
 Statuto e 4 delle norme di attuazione contenute nel d.P.R. 15 gennaio
 1987,  n. 369. L'impugnazione, precisa la ricorrente, e' fatta in via
 prudenziale, nel senso che la censura  resterebbe  priva  di  oggetto
 "ove   si  ritenga  che  alla  omissione  anzidetta  non  corrisponda
 l'intento di immutare quanto stabilito  dall'art.  44  dello  Statuto
 speciale e dall'art. 4 del d.P.R. n. 469 del 1987".
    Considerazioni  analoghe  a  quelle svolte a proposito della norma
 sulla deliberazione degli atti  di  indirizzo  e  coordinamento  sono
 formulate  dalle  Regioni  Veneto  e Trentino-Alto Adige in relazione
 all'art. 2, lett. h), che esige la deliberazione  del  Consiglio  dei
 Ministri  sulle  linee  di  indirizzo in tema di politica comunitaria
 (norma che dalla Regione Veneto e' ritenuta lesiva anche degli  artt.
 1  e  5  della  legge 22 luglio 1975, n. 382 e 6 del d.P.R. 24 luglio
 1977, n. 616), e all'art. 24, primo comma, lett. c), che  prevede  la
 delega  al Governo per attribuire all'Istat compiti di indirizzo e di
 coordinamento, impugnati in riferimento ai parametri  gia'  indicati:
 nel primo caso, verrebbe diluita in generiche "linee di indirizzo" la
 disciplina  contenuta  nella  legge  16  aprile  1987,  n.  193,  che
 individua  per  le  regioni  una  posizione  sufficientemente netta e
 conforme alla loro collocazione nell'ordinamento  costituzionale  (v.
 sent.  n.  304  del 1987); nel secondo caso, verrebbe attribuito a un
 ente diverso dal Governo una funzione difficilmente distinguibile  da
 quella  deliberativa  e  che  riguarderebbe  tutti gli enti che hanno
 funzioni di informazione e di statistica.  Quest'ultima  disposizione
 (art. 24, primo comma, lett. c)) e' impugnata pure dalla Provincia di
 Bolzano, con riferimento ai numerosi parametri gia' indicati, sia per
 gli  stessi  motivi  esposti  dalle altre ricorrenti, sia perche' non
 potrebbe essere sottoposta a  un  potere  di  sovraordinazione,  come
 quello  di  indirizzo  e  coordinamento,  una  materia  che,  essendo
 strumentale a gran parte delle attribuzioni  amministrative  affidate
 alla  Provincia  dagli  artt. 8 e segg. dello Statuto e inerendo alle
 funzioni  statistiche  originariamente  esercitate  dalle  Camere  di
 commercio  e  ora  trasferite alla Provincia in base all'art. 3 delle
 norme di attuazione contenute nel d.P.R. 31  luglio  1978,  n.  1017,
 dovrebbe  esser  sottoposta,  come gia' previsto dalla legge 11 marzo
 1977, n. 118, soltanto a misure di coordinamento paritario.
    La  stessa  Provincia  di Bolzano e la Regione Sardegna impugnano,
 poi, in riferimento alle medesime  disposizioni  della  Costituzione,
 degli  Statuti e delle norme di attuazione gia' riportate, l'art. 12,
 quinto comma, lett. b), in quanto,  nell'attribuire  alla  Conferenza
 permanente  Stato-regioni,  ivi  prevista,  anche  il compito di dare
 pareri "sui criteri generali relativi  all'esercizio  delle  funzioni
 statali  di  indirizzo e di coordinamento inerenti ai rapporti tra lo
 Stato, le regioni, le province autonome e gli  enti  infraregionali",
 non  differenzierebbe minimamente la disciplina prevista in relazione
 alla specialita'  dell'autonomia  rispettivamente  riconosciuta  alle
 ricorrenti.
    La  Regione Sardegna contesta, infine, sempre con riferimento agli
 artt. 3 e 6 dello Statuto e 2 del d.P.R.  n.  348  del  1973,  alcune
 disposizioni   disciplinanti   le  attribuzioni  del  Presidente  del
 Consiglio dei Ministri e, in particolare, l'art.  5,  secondo  comma,
 lettere  e)  ed  f),  che affidano al predetto organo, in un caso, il
 compito di emanare direttive per assicurare l'imparzialita', il  buon
 andamento  e  l'efficienza degli uffici pubblici e, nel secondo caso,
 il compito di promuovere l'azione dei Ministri per assicurare che  le
 aziende  e  gli  enti pubblici svolgano la loro attivita' secondo gli
 obiettivi indicati dalle leggi che  ne  definiscono  l'autonomia.  La
 Regione,  pur  rilevando  che  il  riferimento  alle  norme impugnate
 all'art. 95 della Costituzione e  all'azione  dei  Ministri  potrebbe
 indurre  a  ritenere  che  gli  uffici  ivi menzionati siano soltanto
 quelli dello Stato e degli enti strumentali e ausiliari dello  Stato,
 osserva  che  la  formulazione  ambigua  contenuta nelle disposizioni
 impugnate potrebbe indurre a riferirle anche alla regione e agli enti
 pubblici  da  essa  dipendenti,  per  cui,  almeno  per  cautela,  la
 ricorrente intende impugnarle per violazione delle  norme  statutarie
 sull'autonomia  amministrativa (artt. 3 e 6), come attuate dal d.P.R.
 19 maggio 1949, n. 250 (spec. artt. 5 e ss., 9 e ss., 19) e dall'art.
 2 del d.P.R. n. 348 del 1979.
    4.   -  Un  ulteriore  gruppo  di  contestazioni  riguarda  alcune
 disposizioni della legge n. 400 del  1988  relative  a  funzioni  del
 Commissario del Governo.
    La  Provincia di Bolzano impugna, in riferimento ai parametri gia'
 indicati a proposito della funzione  di  indirizzo  e  coordinamento,
 l'art.  13, primo comma, lettere b) ed e), nonche' l'art. 13, secondo
 comma. La ricorrente osserva che, a dire  il  vero,  le  disposizioni
 contenute  nel  primo  comma,  prevedendo  in capo al Commissario del
 Governo poteri di coordinamento delle funzioni amministrative statali
 con  quelle  regionali,  da  esercitare  d'intesa  con  i  Presidenti
 regionali, oltreche' poteri  di  promovimento  di  conferenze  tra  i
 funzionari  statali e i rappresentanti regionali e poteri di proposta
 al Presidente del Consiglio dei Ministri in ordine  ai  rapporti  tra
 Stato  e  regioni,  sembrano  supporre  che  le  predette  norme  non
 riguardino la Provincia ricorrente, avendo il Commissario del Governo
 presso  la  provincia  competenze  limitate  all'ambito  provinciale.
 Tuttavia,  poiche'  il  secondo  comma  stabilisce  che  le  suddette
 disposizioni si applicano anche alle Province di Trento e di Bolzano,
 pur facendo salve le diversita' contenute nello  Statuto  trentino  e
 nelle  norme di attuazione, la stessa ricorrente ritiene che, ove non
 si  possa  dare   alla   disciplina   richiamata   un'interpretazione
 adeguatrice   che  ne  escluda  l'applicabilita'  alla  Provincia  di
 Bolzano, essa sia incostituzionale.  Secondo la ricorrente,  infatti,
 l'art.  87  St.  T.-A.A.  regola il Commissario del Governo presso le
 Province autonome in modo diverso dall'art. 124 Cost., negandogli, in
 particolare,    sia   poteri   di   coordinamento   delle   attivita'
 amministrative proprie della Provincia, sia poteri  di  proposta  per
 l'esercizio   da  parte  del  Governo  di  funzioni  incidenti  sulle
 attivita' proprie della Provincia, sia, men che meno, una funzione di
 indirizzo e coordinamento delle attivita' amministrative provinciali,
 come del resto gia' riconosciuto dalla Corte  costituzionale  con  le
 sentenze nn. 277 e 450 del 1988.
    Analoghe  considerazioni  sono  svolte  in  relazione all'art. 13,
 primo comma, lett. e), e secondo comma, dalla  Regione  Trentino-Alto
 Adige,  la  quale  tuttavia  aggiunge,  in  ordine all'art. 13, primo
 comma, lett. e), e, per connessione, all'art. 2, secondo comma, lett.
 e),  che tali disposizioni, nel riferirsi, rispettivamente, ai poteri
 di proposta del Commissario del Governo per l'adozione  di  direttive
 in  materie  delegate  e all'attivita' di trasmissione delle medesime
 direttive  da  parte  dello  stesso  Commissario,  si  porrebbero  in
 contrasto con tutte le altre disposizioni costituzionali e statutarie
 gia' indicate ed in particolare con  l'art.  41  dello  Statuto,  che
 affida al Presidente della Giunta regionale il compito di dirigere le
 funzioni amministrative delegate dallo Stato, e con l'art.  16  dello
 stesso  Statuto,  il  quale, prevedendo che la delega di funzioni sia
 disposta con legge, attribuirebbe alla stessa una certa rigidita'.
    5. - Tanto la Provincia di Bolzano quanto la Regione Trentino-Alto
 Adige impugnano, poi, in riferimento alle disposizioni costituzionali
 e  statutarie  rispettivamente  gia'  citate, l'art. 19, primo comma,
 lett. p), che affida al  Segretario  generale  della  Presidenza  del
 Consiglio dei ministri il compito di curare gli adempimenti relativi:
 "ai rapporti con le regioni e le province autonome  di  Trento  e  di
 Bolzano;  all'esame delle leggi regionali ai fini dell'art. 127 della
 Costituzione; al coordinamento tra legislazione statale e  regionale;
 all'attivita'  dei  commissari del Governo nelle regioni; ai problemi
 delle minoranze linguistiche e dei territori di confine". Secondo  la
 Provincia di Bolzano, ove l'insieme di tali compiti dovesse riferirsi
 anche ad essa, le relative  disposizioni  dovrebbero  esser  ritenute
 incostituzionali,  non solo per le stesse ragioni esposte a proposito
 della  previsione  sulla  funzione  statale   di   indirizzo   e   di
 coordinamento  e  dei limiti di competenza propri del Commissario del
 Governo presso  la  Provincia,  ma  soprattutto  perche'  attribuisce
 compiti  di rilevanza politica incidenti sull'autonomia provinciale a
 un organo ausiliario del Presidente  del  Consiglio,  anziche'  a  un
 organo di Governo o, piu' precisamente, al Consiglio dei ministri.
    Nel  contestare  le stesse disposizioni, cui aggiunge anche l'art.
 23, sesto comma, che prevede una delega per attribuire,  con  decreto
 del   Presidente  della  Repubblica,  all'"Ufficio  centrale  per  il
 coordinamento dell'iniziativa legislativa e dell'attivita'  normativa
 del  Governo"  il  potere di avvalersi di altri organi della pubblica
 amministrazione e di  promuovere  forme  di  collaborazione  con  gli
 uffici delle presidenze delle giunte regionali al fine di armonizzare
 i testi normativi statali e regionali, la Regione Trentino-Alto Adige
 adduce,    a    sostegno    della    richiesta    di    dichiarazione
 dell'incostituzionalita'   di    tali    disposizioni,    che    esse
 sottoporrebbero  la legislazione regionale a un potere statale basato
 su una  legge  ordinaria,  anziche'  su  una  costituzionale,  e  non
 terrebbero   conto   che  l'esercizio  della  competenza  legislativa
 esclusiva   va   armonizzata   solo   con   i    principi    generali
 dell'ordinamento, non gia' con le singole leggi ordinarie.
    6.  -  La  sola  Provincia  di  Bolzano  contesta  la legittimita'
 dell'art. 12, settimo comma, il quale prevede una delega  legislativa
 al   Governo   affinche'  provveda  "al  riordino  e  alla  eventuale
 soppressione degli altri organismi a composizione mista Stato-regioni
 previsti  sia da leggi che da provvedimenti amministrativi in modo da
 trasferire alla Conferenza le  attribuzioni  delle  commissioni,  con
 esclusione   di   quelle   che   operano  sulla  base  di  competenze
 tecnico-scientifiche  e  rivedere  la  pronuncia  di   pareri   nelle
 questioni  di  carattere  generale  per le quali debbano anche essere
 state sentite tutte le regioni e province autonome,  determinando  le
 modalita'  per  l'acquisizione  di tali pareri, per la cui formazione
 possono votare solo i  presidenti  delle  regioni  e  delle  province
 autonome".   La   ricorrente  ritiene  che,  ove  non  sia  possibile
 un'interpretazione adeguatrice, tali  disposizioni  contrasterebbero,
 oltre che con tutte le altre disposizioni costituzionali e statutarie
 in precedenza indicate, in particolare con l'art. 107 dello  Statuto,
 in  quanto sarebbero dirette a sopprimere la particolare "commissione
 paritetica" ivi prevista affinche' sia sentita in relazione  a  tutte
 le  norme  di attuazione dello Statuto e a trasferirne le competenze,
 peraltro costituzionalmente determinate,  alla  suddetta  Conferenza.
 Cosi'  interpretate,  le  stesse  disposizioni sarebbero in contrasto
 anche con la misura n. 137 del c.d. "Pacchetto delle norme  a  favore
 delle popolazioni alto-atesine", concordato nel novembre 1969 e, poi,
 approvato dal Parlamento  italiano  e  confermato  dai  piu'  recenti
 accordi  per  l'Alto  Adige  (v.  Atti Parlamentari, verbale 10 marzo
 1988, p. 77).
    Ove  venissero  estese a tutte le commissioni paritetiche previste
 dalle norme di attuazione  dello  Statuto,  le  disposizioni  ora  in
 esame,  ad  avviso  della  Provincia di Bolzano, sarebbero egualmente
 illegittime sotto il distinto profilo per cui le norme di  attuazione
 non possono venir derogate o abrogate da leggi ordinarie.
   7.  -  Infine,  tutte le Regioni e le Province ricorrenti impugnano
 l'art. 2,  lett.  p),  il  quale  sottopone  alla  deliberazione  del
 Consiglio  dei Ministri "le determinazioni concernenti l'annullamento
 straordinario, a  tutela  dell'unita'  dell'ordinamento,  degli  atti
 amministrativi  illegittimi,  previo parere del Consiglio di Stato e,
 nei soli casi di annullamento di atti amministrativi delle regioni  e
 delle  province autonome, anche della Commissione parlamentare per le
 questioni  regionali".  A  loro  avviso,   l'estensione   agli   atti
 amministrativi delle regioni e delle province autonome di tale potere
 straordinario, espressione della posizione di supremazia del  Governo
 nell'ambito   del  sistema  amministrativo  dipendente  dallo  Stato,
 sarebbe contraria ai principi di legalita' e di riserva di legge  che
 governano  i rapporti tra Stato e regioni e vanificherebbe il sistema
 dei controlli previsto dalla  Costituzione  (e  che  dovrebbe  essere
 basato  soltanto  su  norme  costituzionali e sulle relative norme di
 attuazione), compresa la  competenza  della  Corte  costituzionale  a
 giudicare  dei  conflitti  di  attribuzione e quella del Parlamento a
 valutare l'interesse politico, eventualmente contrastante con  quello
 regionale,  in  nome  del  quale  il  Governo  intenderebbe procedere
 all'annullamento.
    Per  quanto le questioni e i profili sollevati siano i medesimi in
 relazione a tutte le ricorrenti, queste,  tuttavia,  essendo  per  lo
 piu'  soggette a norme formalmente diverse, ancorche' sostanzialmente
 coincidenti, hanno prospettato la violazione di parametri di volta in
 volta diversi.
    Pertanto,  l'art. 2, lett. p), contrasterebbe, per la Provincia di
 Trento, con gli artt. 5, 116, 125, 126 e 134 della  Costituzione  (in
 relazione  anche  all'art.  39  della  legge  11  marzo 1953, n. 87),
 nonche' gli artt. 3, terzo comma, 8, 9, 16 e 98 dello Statuto  (anche
 in  relazione agli artt. 19 e 24 del d.P.R. 1› febbraio 1973, n. 49);
 per la Regione Friuli-Venezia Giulia, contrasterebbe con gli artt. 4,
 5  e  60  dello  Statuto; per la Provincia di Bolzano, violerebbe gli
 artt. 5, 6, 116, 125 e 134 della Costituzione, 3, terzo comma, 4,  5,
 8,  9,  11, 12, 13, 14, 15 e 16, primo comma, 19, 33, 49, 38, 61, 78,
 87, 88, 90, 91, 92, 98, 103, 104, 107  dello  Statuto,  in  relazione
 anche  alle  norme  di  attuazione contenute negli artt. 42 e ss. del
 d.P.R. n.  49  del  1973  e  all'Accordo  De  Gasperi-Gru'ber  del  5
 settembre  1946,  recepito  dall'art.  10 del Trattato di pace del 10
 febbraio 1947, reso esecutivo con d. lgs. 28 settembre 1947, n. 1430;
 per la Regione Sardegna, contrasterebbe con l'art. 134 Cost., nonche'
 con gli artt. 3 e 6 dello Statuto in relazione al d.P.R.  16  gennaio
 1978,  n.  21  e all'art. 2 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348; per la
 Regione Veneto sarebbe in contrasto con gli  artt.  117,  118  e  125
 della  Costituzione, in riferimento agli artt. 41 e 54 della legge 10
 febbraio 1953, n. 62; e, infine, per la Regione  Trentino-Alto  Adige
 violerebbe  gli  artt. 116 della Costituzione, 4, 5, 16, 41, 44, 87 e
 88 dello Statuto e le relative norme di attuazione (artt. 32 e ss.  e
 42 e ss. del d.P.R. 1› febbraio 1973, n. 49).
    Una  questione  di  costituzionalita'  diversa dalle precedenti e'
 stata sollevata in relazione all'art. 2, terzo comma, lett. p), dalla
 Regione  Friuli-Venezia  Giulia, per la quale la disposizione citata,
 nell'estendere l'annullamento  straordinario  agli  atti  degli  enti
 dipendenti dalla Regione e degli enti locali, violerebbe gli artt. 4,
 n.  1  (che  riserva  alla   competenza   esclusiva   della   Regione
 l'ordinamento   degli   enti   da  essa  dipendenti),  5  e  60  (che
 attribuiscono agli organi della Regione il controllo sugli atti degli
 enti locali e la disciplina legislativa degli stessi) contenuti nello
 Statuto di autonomia.
    8.  -  In  tutti  i  giudizi  introdotti  dai  ricorsi indicati in
 epigrafe si e' costituito il Presidente del Consiglio  dei  Ministri,
 chiedendo   che  le  questioni  vengano  dichiarate  inammissibili  o
 infondate.
    In relazione alla questione posta da tutte le ricorrenti sull'art.
 2, terzo comma, lett. d), l'Avvocatura dello Stato  osserva  che,  se
 non la si vuole dichiarare inammissibile perche' diretta a porre alla
 Corte  un  problema  di  mera  interpretazione,  andrebbe  dichiarata
 infondata   sulla  scorta  della  giurisprudenza  costituzionale  che
 ritiene applicabile la funzione di indirizzo  e  coordinamento  anche
 alle regioni a statuto speciale e alle province autonome. Quanto alla
 pretesa  violazione  dell'art.  107  St.  T.-A.A.,  lamentata   dalla
 Provincia  di  Trento,  la  difesa  del  Presidente del Consiglio dei
 Ministri rileva che il caso di specie si collocherebbe al di fuori di
 quella previsione statutaria.
    L'Avvocatura  ritiene,  altresi',  che  la  questione  posta dalla
 Provincia di Bolzano e dalle Regioni del Veneto e  del  Trentino-Alto
 Adige sull'art. 24, primo comma, lett. c) (attivita' di coordinamento
 dell'Istat) sia infondata, in quanto l'indirizzo e  il  coordinamento
 ivi   previsti  sarebbero  una  cosa  diversa  dall'omologa  funzione
 disciplinata dal precedente art. 2, terzo comma, lett. d).
    Parimente infondata sarebbe, poi, sempre ad avviso dell'Avvocatura
 dello Stato, la questione di costituzionalita' relativa  all'art.  2,
 terzo  comma,  lett.  e), posta dalla Regione Trentino-Alto Adige, in
 quanto  non  si  potrebbe  minimamente  dubitare  che   le   funzioni
 amministrative  delegate  dallo  Stato alle regioni debbano essere da
 queste esercitate secondo le direttive impartite dal Governo.
    Infine, quanto all'altra questione posta da tutte le ricorrenti in
 ordine al potere governativo di annullamento straordinario degli atti
 delle  regioni  e delle province autonome (art. 2, terzo comma, lett.
 p),  l'Avvocatura,  dopo  aver  premesso  che  l'ammissibilita'   del
 suddetto  potere  trova  fondamento nella sentenza n. 207 del 1971 di
 questa Corte, osserva tanto che la garanzia costituzionale  non  puo'
 tramutarsi  in  salvaguardia degli atti regionali illegittimi, quanto
 che il potere di annullamento straordinario non e'  riconducibile  ad
 una semplice modalita' di controllo.
    9.  - Nell'imminenza dell'udienza, tutte le parti hanno depositato
 ulteriori memorie insistendo nelle proprie richieste e ribadendo,  in
 gran   parte,   le  argomentazioni  gia'  svolte  nei  primi  scritti
 difensivi. Nuove considerazioni sono  svolte  soltanto  in  relazione
 all'art.  2,  terzo  comma,  lett.  d)  (funzione  di  indirizzo e di
 coordinamento) e lett. p) (annullamento straordinario).
    In  particolare,  la  Provincia  di Trento, dopo aver rilevato che
 l'eccezione d'inammissibilita' mossa dall'Avvocatura si dimostrerebbe
 ingiustificata  sol  che si consideri che cio' che si richiede e' una
 pronunzia di incostituzionalita', osserva che l'art. 2, terzo  comma,
 lett.   d)   puo'  essere  interpretato  tanto  come  norma  di  tipo
 procedurale,  quanto  come  norma  di  tipo  sostanziale.  Mentre  in
 quest'ultimo  caso, la disposizione impugnata violerebbe il principio
 di legalita', nell'altro caso sarebbe incostituzionale in quanto  non
 prevede   che   alla   deliberazione  prendano  parte  la  Conferenza
 Stato-regioni e i Presidenti delle Giunte  delle  Regioni  a  statuto
 speciale e delle Province autonome.
    Nell'insistere   nella   propria  richiesta  d'incostituzionalita'
 dell'art. 2, terzo comma, lett. d), la Regione Friuli-Venezia  Giulia
 precisa  che  l'illegittimita'  sarebbe  particolarmente  evidente in
 relazione alle materie  assegnate  alla  competenza  esclusiva  della
 Regione, poiche' sarebbe irragionevole che leggi, come quelle emanate
 nell'esercizio  di  tale  competenza,  che  possono   prevalere   nei
 confronti  di  altre leggi statali dirette persino a porre i principi
 di  determinate  materie,  possano   essere   subordinate   ad   atti
 amministrativi  dello Stato, pur se adottati sulla base di una legge.
    La Provincia di Bolzano, oltre a prender atto dell'interpretazione
 dell'Avvocatura  relativamente  all'art.  107   dello   Statuto   del
 Trentino-Alto  Adige,  osserva,  per  quanto riguarda l'art. 2, terzo
 comma, lett. d), che, se  e'  vero  che  la  funzione  d'indirizzo  e
 coordinamento  si  giustifica in virtu' di un interesse nazionale, e'
 altrettanto vero che gli artt. 4 e 8  St.  T.-A.A.  qualificano  come
 interesse  nazionale la tutela delle minoranze linguistiche locali. E
 poiche' e'  quest'ultimo  interesse  a  giustificare,  a  sua  volta,
 l'autonomia  della  Regione  Trentino-Alto  Adige  e  delle  Province
 autonome, la funzione di indirizzo  e  coordinamento  dovrebbe  esser
 limitata  in  relazione a tale interesse concorrente. Ma, dato che di
 cio' non v'e' traccia nell'art. 2,  terzo  comma,  lett.  d),  questo
 dovrebbe essere dichiarato incostituzionale.
    La  Regione  del  Veneto osserva, in generale, che la legge n. 400
 del  1988,  presentandosi  come  una  normativa  di   organizzazione,
 contiene  una  previsione  diffusa  della  funzione  di  indirizzo  e
 coordinamento,   vo'lta,   insieme   alle   norme   sull'annullamento
 straordinario,  ad  una  rinnovata supremazia politico-amministrativa
 dello Stato sulle regioni, comprese  quelle  ad  autonomia  speciale,
 ponendo queste ultime nella libera disponibilita' del Governo.
    10.  -  Riguardo  al potere di annullamento straordinario previsto
 dall'art. 2, terzo comma, lett. p), anche nei  confronti  degli  atti
 amministrativi  delle regioni e delle province autonome, la Provincia
 autonoma di Trento aggiunge ampie considerazioni sul predetto potere,
 ove  fosse concepito, come le sembrerebbe piu' corretto, quale potere
 di amministrazione attiva, e non gia'  di  controllo.  La  ricorrente
 ricorda  che tradizionalmente il potere di annullamento straordinario
 e' stato configurato come atto di  autotutela  disponibile  da  parte
 dell'organo  di  vertice dell'Esecutivo statale nei confronti di atti
 amministrativi posti in  essere  da  soggetti  pubblici  (autarchici)
 sottordinati,  i  quali  siano  attributari  di  funzioni  vo'lte  al
 perseguimento di fini dello Stato. Poiche',  osserva  la  ricorrente,
 nel  vigente  ordinamento  costituzionale  le  regioni  (o  province)
 perseguono  interessi  pubblici  loro  propri  e  poiche'  interventi
 statali   nelle   materie   primariamente   attribuite  all'autonomia
 regionale o provinciale sono ammessi soltanto in vista  di  specifici
 interessi  di  carattere nazionale o ultraregionale e solo sulla base
 di specifiche norme legislative le quali definiscano gli interessi, i
 presupposti  e  i  criteri per i quali la Costituzione autorizza quei
 poteri  di  intervento  statale,  non  si   potrebbe   ammettere   la
 legittimita' di un potere, come quello in esame, che e' assolutamente
 generale, innominato, suscettibile di esser esercitato  in  qualsiasi
 materia,  su  qualsiasi  oggetto,  in  qualsiasi tempo, per qualsiasi
 finalita' concreta di interesse pubblico e al di fuori  di  qualsiasi
 predeterminazione legislativa di presupposti e di criteri.
    Anche  la  Regione  Veneto  contesta la legittimita' del potere di
 annullamento straordinario, osservando che questo  rende  il  Governo
 arbitro   della  legalita',  mentre  in  realta'  ne  dovrebbe  esser
 vincolato, e presuppone una dipendenza delle regioni  dall'organo  di
 vertice  dell'amministrazione statale. Inoltre, la previsione di quel
 potere toglierebbe ogni rigore e  ogni  oggettivita'  al  sistema  di
 accertamento e di rimozione dell'illegittimita', il quale e' ispirato
 al principio di unita' di un ordinamento basato sulla legalita'.
    11.  -  Nella  memoria  presentata  per  conto  del Presidente del
 Consiglio dei Ministri, l'Avvocatura dello Stato contesta le  censure
 mosse  all'art.  2,  terzo  comma, lett. d), rilevando, innanzitutto,
 come  tale  disposizione  non  abbia  in  alcun   modo   innovato   o
 rideterminato  la  funzione  di  indirizzo  e  coordinamento,  ne'  i
 fondamenti costituzionali, l'ampiezza e le finalita' della stessa. La
 norma  impugnata, secondo l'Avvocatura, si e' limitata a ribadire che
 gli atti di  indirizzo  e  coordinamento  debbono  essere  deliberati
 collegialmente dal Consiglio dei ministri, senza modificare il regime
 della funzione, ne' abrogare l'art. 3 della legge n. 382 del  1975  o
 le  altre  leggi  particolari,  che  prevedono procedure e competenze
 differenti.
    In   secondo  luogo,  l'Avvocatura  osserva  che  la  funzione  di
 indirizzo  e  coordinamento  non  trova  la   propria   fonte   nella
 disposizione  di  legge  impugnata, ma nella Costituzione. Ne deriva,
 pertanto, che, mentre sembrerebbe impropria per difetto  la  clausola
 di  salvaguardia  contenuta nella disposizione impugnata, relativa al
 rispetto delle disposizioni statutarie, nello stesso tempo dovrebbero
 ritenersi infondate tutte le questioni che partono dalla supposizione
 che sia la legge impugnata la fonte di quella funzione.
    Tra  queste  ultime, tuttavia, mentre quelle poste dalla Provincia
 di  Trento  e  dalla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia   sembrerebbero
 chiedere  soltanto  un  chiarimento  interpretativo,  al contrario le
 questioni  poste  dalla  Provincia  di  Bolzano   e   dalla   Regione
 Trentino-Alto  Adige  sembrerebbero  supporre  che i loro ordinamenti
 siano sottratti all'applicazione della funzione statale di  indirizzo
 e  di  coordinamento.  Questo  ritaglio,  secondo  l'Avvocatura dello
 Stato, sarebbe inammissibile, non solo perche' e' contraddetto  dalla
 giurisprudenza  costituzionale  e  perche'  la funzione contestata e'
 radicata direttamente nell'art. 5 Cost., che e' richiamato  in  tutti
 gli   Statuti   di   autonomia,   ma   anche  perche'  l'indirizzo  e
 coordinamento,   spesso   legato   alla   programmazione   economica,
 costituisce  un contrappeso costituzionale al regionalismo in nome di
 interessi che esigono un'attuazione su tutto il territorio nazionale.
    Del  resto,  conclude  l'Avvocatura,  le autonomie speciali, lungi
 dall'esser degradate in conseguenza dell'esercizio di tale  funzione,
 manterrebbero  in  ogni  caso  una  loro  corposita', come e' provato
 dall'esperienza passata e presente,  nella  quale,  contrariamente  a
 quanto   sostengono   alcune  ricorrenti,  non  esisterebbero  esempi
 positivi  di  regioni  sottratte  alla  funzione   di   indirizzo   e
 coordinamento.  Questo,  infatti,  non  sarebbe  il  caso della Valle
 d'Aosta, dove l'esclusione di quella funzione, prevista come criterio
 direttivo  nella legge di delega per il trasferimento delle funzioni,
 non ha trovato  attuazione  nel  successivo  decreto  delegato  (come
 risulta positivamente confermato dal d.P.R. 22 febbraio 1982, n. 182,
 che ha esteso il d.P.R. n. 616 del 1977 alla Regione). Ne' sarebbe il
 caso della Sardegna, dove la previsione della funzione di indirizzo e
 coordinamento nelle  materie  di  competenza  concorrente,  sostenuta
 nell'art.  2  del  d.P.R.  n. 348 del 1979, non ne precluderebbe, per
 l'Avvocatura,  l'applicazione  anche  alle  materie  assegnate   alla
 competenza esclusiva.
 E,  in  ogni  caso,  se  cosi' non fosse, il ricordato art. 2 darebbe
 luogo, sempre per l'Avvocatura, a seri dubbi di costituzionalita'.
    12.  -  Riguardo  all'art.  2,  terzo  comma, lett. p) - dopo aver
 ricordato che tale disposizione accresce il  livello  delle  garanzie
 apprestate  alle  autonomie  sia sul piano procedurale (deliberazione
 collegiale del  Consiglio  dei  ministri,  parere  della  Commissione
 parlamentare   chiamata  a  valutare  l'interesse  nazionale  sotteso
 all'annullamento),  sia   sul   piano   sostanziale   (finalizzazione
 dell'annullamento  alla "tutela dell'unita' dell'ordinamento") e dopo
 aver sottolineato che l'istituto in questione non pregiudicherebbe la
 giurisdizione  di  questa Corte, essendo l'area possibilmente coperta
 dai conflitti di attribuzione piu' ristretta  di  quella  interessata
 dall'annullamento  straordinario - l'Avvocatura dello Stato individua
 il fondamento dell'annullamento straordinario nel principio di unita'
 della  Repubblica  (art. 5 Cost.) e in quello di legalita' (emergente
 dagli artt. 13 ss., 101, 113, 117  e  118  Cost.,  nonche'  da  varie
 pronunzie  di  questa  Corte).  Tale  principio,  la  cui osservanza,
 secondo l'Avvocatura, non e'  esclusivamente  demandata  agli  organi
 giurisdizionali,  non potrebbe non estendersi anche alle Regioni, non
 potendosi intendere la loro sottoposizione a uno strumento lineare  e
 preciso,   come   quello   contestato,   quale   espressione  di  una
 "superiorita'" del Governo rispetto ad esse,  sia  perche'  gli  atti
 illegittimi  si  collocherebbero  fuori  dalla  gerarchia  degli atti
 giuridici, sia perche' la consolidazione degli atti  illegittimi  non
 sarebbe   una   regola   generale.   Di  qui  discenderebbe,  secondo
 l'Avvocatura, la peculiarita'  dell'annullamento  straordinario,  che
 non  potrebbe  ricondursi  a  un potere di "sostituzione" del Governo
 (poiche' in essa l'esigenza di tutela di fronte  alle  illegittimita'
 farebbe  premio su quelle di amministrazione attiva), ne' a un potere
 di  controllo  (a  causa  del  rilievo  che  assumerebbe  l'interesse
 nazionale "attuale", il quale sarebbe comunque distinto e separato da
 quello regionale).
   Quanto  alle  contestazioni  sollevate dalla Regione Friuli-Venezia
 Giulia, secondo le quali l'art. 2, terzo comma, lett. p)  invaderebbe
 le   proprie   competenze  legislative  sull'ordinamento  degli  enti
 dipendenti dalla Regione  e  degli  altri  enti  locali  nonche'  sul
 controllo  dei  loro  atti,  l'Avvocatura  dello Stato, ribadendo che
 l'annullamento straordinario non potrebbe esser configurato come  una
 forma   di   controllo   sugli   atti   di  tali  enti,  non  esclude
 un'interpretazione della norma impugnata  diretta  a  riconoscere  la
 necessita'  del  parere  della  Commissione  parlamentare  anche  per
 l'annullamento degli atti degli "enti dipendenti".
                         Considerato in diritto
    1. - I sei ricorsi indicati in epigrafe pongono varie questioni di
 legittimita'   costituzionale,   le   quali    concernono    numerose
 disposizioni  o  norme della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina
 dell'attivita'  di  Governo  e  ordinamento  della   Presidenza   del
 Consiglio  dei  Ministri).  Poiche'  le  questioni  proposte hanno lo
 stesso oggetto o sono tra loro connesse, si rende opportuno riunire i
 relativi  giudizi  affinche'  siano  discussi  e  decisi con un'unica
 sentenza.
    2.   -   Preliminare   a  ogni  altro  e'  l'esame  dell'eccezione
 d'inammissibilita'  presentata   dall'Avvocatura   dello   Stato   in
 relazione  alla censura riguardante l'art. 2, terzo comma, lett.  d).
 Secondo l'Avvocatura, i ricorsi, anziche' vere e proprie questioni di
 legittimita'     costituzionale,     porrebbero     meri     problemi
 d'interpretazione delle disposizioni impugnate.
    L'eccezione va respinta.
    Non   v'e'   dubbio   che,  anche  nel  giudizio  di  legittimita'
 costituzionale instaurato in via principale, la Corte non puo' essere
 validamente  investita  di questioni palesemente astratte o del tutto
 pretestuose. Come giudice della costituzionalita' delle leggi  dotato
 di  poteri  vo'lti  a  dichiarare  la  cessazione  dell'efficacia  di
 determinate disposizioni legislative ritenute  effettivamente  lesive
 di  norme  costituzionali,  la  Corte  non  puo'  essere  validamente
 chiamata a interpretare in astratto le leggi  o  la  Costituzione  e,
 quindi,  a  risolvere  questioni  poste  in  modo  tale  che  il loro
 obiettivo primario sia costituito dall'interpretazione di determinate
 disposizioni,  ma  puo'  soltanto  essere  investita  di una puntuale
 richiesta di illegittimita'  costituzionale  sorretta  dalla  pretesa
 lesione   di   determinati  parametri  costituzionali.  Il  carattere
 non-astratto del giudizio di costituzionalita'  comporta  che,  anche
 nel  caso  in  cui  i  dubbi  di  legittimita'  investano particolari
 significati o particolari norme deducibili da  un  determinato  testo
 legislativo,  non  e'  ammissibile  prospettare  questioni involgenti
 interpretazioni totalmente al di fuori della gamma delle possibilita'
 applicative  plausibilmente  collegabili alle disposizioni impugnate,
 poiche', ove fosse vero  il  contrario,  il  giudizio  finirebbe  per
 riguardare  questioni  astratte  o  di  mera  interpretazione, se non
 proprio pretestuose. Nel  caso  di  specie,  i  ricordati  limiti  di
 ammissibilita'  non sono stati superati dalle parti ricorrenti. Anche
 in considerazione del fatto che si tratta di una legge complessa, che
 tocca uno dei punti nevralgici del sistema di Governo delineato dalla
 Costituzione e sulla quale non si sono ancora potute  formare  prassi
 interpretative in grado di modellare e di restringere il raggio delle
 astratte potenzialita' applicative, non e' possibile affermare che le
 interpretazioni  addotte  dalle  parti ricorrenti a sostegno dei loro
 dubbi di  costituzionalita'  siano  cosi'  poco  plausibili  e  cosi'
 irragionevolmente   scollegate   dalle   disposizioni  legittimamente
 impugnate da indurre questa Corte a considerare  le  questioni  poste
 come del tutto astratte o, addirittura, pretestuose.
    3.  -  Va  invece dichiarata l'inammissibilita' della questione di
 legittimita' costituzionale sollevata  dalla  Regione  Friuli-Venezia
 Giulia  nei confronti dell'art. 2, terzo comma, lett. p), nella parte
 in cui, riferendo l'annullamento straordinario ivi previsto agli atti
 amministrativi  degli  enti  dipendenti  dalla  regione  e degli enti
 locali, si porrebbe in contrasto tanto con  l'art.  4,  n.  1,  dello
 Statuto,  che  attribuisce  alla  ricorrente  la potesta' legislativa
 esclusiva in  materia  di  ordinamento  degli  uffici  e  degli  enti
 dipendenti  dalla  regione,  quanto con gli artt. 5 e 60 del medesimo
 Statuto,  che  conferiscono  alla  stessa   regione   la   competenza
 legislativa  concorrente  per  la disciplina del controllo sugli atti
 degli enti locali.
    Poiche'  la  ricorrente  non  adduce alcun motivo a sostegno della
 propria  censura,  la  relativa  questione  di  costituzionalita'  va
 dichiarata  inammissibile per vizio formale del ricorso in parte qua,
 per il fatto che, sulla base della costante giurisprudenza di  questa
 Corte,  l'assoluta  carenza  di  motivazione del ricorso impedisce al
 giudice costituzionale tanto l'inequivoca determinazione dell'oggetto
 sottoposto  al  proprio  giudizio,  quanto  la  completa ed effettiva
 verifica della sussistenza in concreto dell'interesse a  ricorrere  e
 dell'eventuale prospettazione di dubbi di costituzionalita' del tutto
 astratti, arbitrari o pretestuosi (v., da ultimo, sentt. nn. 517  del
 1987, 998 del 1988).
   Nel caso di specie, in particolare, la mancanza di una pur succinta
 motivazione  non  fa  minimamente   comprendere   se   l'attribuzione
 statutaria  alla  regione  di  competenze  legislative  in materia di
 ordinamento degli enti dipendenti dalla regione stessa e  in  materia
 di  controllo  sugli  atti  degli  enti locali e' invocata al fine di
 contestare in  radice  il  conferimento  al  governo  del  potere  di
 annullamento   straordinario   in   quanto   potere  per  sua  natura
 inconciliabile con l'autonomia riconosciuta alla regione o con quella
 degli  enti locali (nel qual caso, limitatamente agli enti regionali,
 si ricadrebbe nell'ipotesi decisa dalla sentenza  n.  229  del  1989)
 ovvero   se  e'  invocata  al  fine  di  contestare  la  disposizione
 legislativa impugnata perche' conferisce al governo  un  potere  che,
 pur essendo ritenuto per sua natura non incompatibile con l'autonomia
 riconosciuta a quegli enti, dovrebbe o potrebbe essere imputato  alla
 regione in virtu' delle norme statutarie richiamate (nel qual caso la
 questione si porrebbe in  modo  diverso  dalla  precedente  ipotesi).
 Poiche'   si   tratta  di  due  possibilita'  aventi  un  significato
 differente o, fors'anche, contrario e poiche' tutte  e  due  appaiono
 logicamente  riconducibili ai termini della questione ora considerata
 in mancanza di motivi diretti  a  specificarne  il  senso,  si  rende
 impossibile  per  questa  Corte  identificare  precisamente  il thema
 decidendum e comprendere quale sia con esattezza il  petitum  che  la
 ricorrente intendeva prospettare.
    4.  - Manifestamente inammissibili debbono, poi, essere dichiarate
 le questioni di legittimita'  costituzionale  concernenti  l'art.  2,
 terzo   comma,   lett.   p),   nella   parte   in  cui  si  riferisce
 all'annullamento degli atti  amministrativi  delle  regioni  e  delle
 province  ricorrenti.  Le  questioni  sono  state sollevate: a) dalla
 Regione Veneto in  riferimento  agli  artt.  117,  118  e  125  della
 Costituzione,  come attuati dagli artt. 41-54 della legge 10 febbraio
 1953, n. 62; b) dalla provincia autonoma  di  Trento  in  riferimento
 agli  artt.  5,  116,  125,  126  e  134 della Costituzione (anche in
 relazione all'art. 38 della legge 11 marzo 1953,  n.  87),  3,  terzo
 comma,  8, 9, 16, 52 e 98 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto
 Adige, nonche' agli artt. 19 e 24 del d.P.R. 1 febbraio 1973, n.  49;
 c)  dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, in riferimento agli artt. 4,
 5 e 60 del proprio Statuto speciale; d) dalla Provincia  autonoma  di
 Bolzano  in  riferimento  agli  artt.  5,  6,  116,  125  e 134 della
 Costituzione, e agli artt. 3, terzo comma, 4, 5, 8, 9,  11,  12,  13,
 14,  15, 16, primo comma, 19, 33, 49, 38, 81, 78, 87, 88, 90, 91, 92,
 98, 103, 104, 107 dello  Statuto  speciale  del  Trentino-Alto  Adige
 (d.P.R.  31 agosto 1972, n. 670), nonche' all'art. 10 del Trattato di
 Pace del 10 febbraio 1947 (reso esecutivo con d.  lgs.  28  settembre
 1947,  n.  1430);  e) dalla Regione Sardegna, in riferimento all'art.
 134 della Costituzione (anche in relazione all'art. 39 della legge 11
 marzo  1953,  n. 87) e agli artt. 3 e 6 del proprio Statuto speciale;
 f) dalla Regione Trentino-Alto Adige,  in  riferimento  all'art.  116
 della Costituzione e agli artt. 4, 5, 16, 41, 44, 87 e 88 del proprio
 Statuto speciale (d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670), anche in  relazione
 agli artt. 32 e ss. e 42 e ss. del d.P.R. 1 febbraio 1973, n. 49.
    Poiche'  con  sentenza  n.  229  del  1989  questa Corte s'e' gia'
 pronunziata  nel  senso  dell'illegittimita'   costituzionale   della
 disposizione   impugnata,  le  relative  questioni  vanno  dichiarate
 manifestamente inammissibili.
    5.  -  Venendo  al  merito  delle questioni, tutte le regioni e le
 province  ricorrenti  contestano   la   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  2,  terzo  comma,  lett.  d,  in  riferimento  agli stessi
 parametri indicati nel numero precedente, ad eccezione dell'art.  125
 della  Costituzione,  per  quanto  riguarda  il ricorso della Regione
 Veneto, e dell'art. 98 dello Statuto speciale  per  il  Trentino-Alto
 Adige,  per  quanto  riguarda  il ricorso della Provincia autonoma di
 Trento.
    Secondo  le  ricorrenti,  tale  disposizione,  nel sottoporre alla
 deliberazione del Consiglio dei Ministri "gli atti di indirizzo e  di
 coordinamento  dell'attivita'  amministrativa  delle  regioni  e, nel
 rispetto delle  disposizioni  statutarie,  delle  regioni  a  statuto
 speciale  e delle province autonome di Trento e di Bolzano", porrebbe
 una norma che, ove dovesse  essere  considerata  come  la  fonte  del
 potere  statale di indirizzo e di coordinamento, sarebbe in contrasto
 con le disposizioni statutarie  relative  alle  molteplici  forme  di
 raccordo fra Stato e regioni (partecipazione del Presidente regionale
 alle sedute del  Consiglio  dei  ministri,  commissioni  paritetiche,
 etc.),  nonche'  con  le disposizioni costituzionali che giustificano
 quel potere, come interpretate dalla giurisprudenza di questa  Corte,
 per la quale quel potere, quando e' esercitato in via amministrativa,
 deve basarsi su una previa  norma  di  legge  diretta  a  delimitarne
 l'oggetto, le finalita', i principi e i criteri direttivi.
    La questione non e' fondata.
   I  dubbi  di costituzionalita' sollevati dalle ricorrenti si basano
 su una premessa errata, vale a dire sulla convinzione che  l'art.  2,
 terzo  comma,  lett.  d,  della  legge n. 400 del 1988 costituisca la
 norma che attribuisce al Governo la competenza ad esercitare per  via
 amministrativa  la  funzione di indirizzo e coordinamento e che, come
 tale,  innovi  il  diritto   positivo   abrogando   le   preesistenti
 disposizioni  dirette  a  regolare l'attribuzione e l'esercizio della
 predetta funzione. In realta', la norma impugnata mira  semplicemente
 a  determinare,  all'interno della complessa istituzione del Governo,
 l'organo attributario in via diretta e immediata della  competenza  a
 deliberare  gli  atti  di  indirizzo  e di coordinamento governativi,
 individuandolo nel Consiglio dei ministri, nell'organo, cioe', che, a
 norma  degli  artt.  92  e 95 della Costituzione (come ribadito dallo
 stesso art.  2  della  legge  n.  400  del  1988),  e'  competente  a
 determinare,  ai  fini  dell'attuazione  della  politica generale del
 Governo, l'indirizzo generale dell'azione amministrativa.
    In  altri  termini,  nel  riordinare le competenze dei vari organi
 interni all'istituzione Governo, la legge n. 400 del  1988,  al  pari
 della  successiva legge 9 marzo 1989, n. 86 (art. 9, comma sesto), ha
 confermato, per l'aspetto ora considerato, la disposizione  contenuta
 nell'art. 3, primo comma, della legge 22 luglio 1975, n. 382, secondo
 la quale la funzione statale di indirizzo e di coordinamento per  via
 amministrativa  e'  esercitata  "mediante deliberazioni del Consiglio
 dei Ministri". Errano, dunque, le  ricorrenti  a  ipotizzare  che  la
 disposizione  impugnata  intenda regolare ex-novo la funzione statale
 di indirizzo e di coordinamento, ridisciplinandone l'attribuzione, il
 fondamento,  le  modalita'  di esercizio ed i limiti, poiche' e' vero
 esattamente il contrario, cioe'  che  la  disposizione  impugnata  ha
 lasciato intatta la disciplina preesistente e, in particolare, non ha
 inteso eliminare le previsioni normative vigenti al momento della sua
 entrata  in  vigore,  relative  alle  modalita'  di  esercizio  della
 predetta funzione (principio di legalita' "sostanziale", possibilita'
 di   delega  secondo  le  modalita'  previste  dalle  leggi  vigenti,
 partecipazione del Presidente  regionale  alle  relative  sedute  del
 Consiglio  dei  Ministri  nei casi in cui sia richiesta dagli Statuti
 speciali, etc.).
    6.  -  Per  ragioni  analoghe  va  pure  rigettata la questione di
 legittimita' costituzionale posta dalla Regione Friuli-Venezia Giulia
 in  relazione  all'art. 2, terzo comma, il quale violerebbe l'art. 44
 dello Statuto speciale friulano e l'art.  4  del  d.P.R.  25  gennaio
 1987,  n. 469 (Norme integrative di attuazione dello Statuto Speciale
 della Regione Friuli-Venezia Giulia), allorche', nel disporre che gli
 atti   elencati   nelle  lettere  successive  "sono  sottoposti  alla
 deliberazione del Consiglio dei ministri", omette  di  far  salva  la
 partecipazione  del Presidente della Giunta alle sedute del Consiglio
 dei ministri in tutte le ipotesi statutariamente previste.
    Oltre  alla considerazione concernente la natura procedurale della
 norma impugnata, concorre alla medesima conclusione il rilievo che il
 vincolo  costituzionale  relativo  alla partecipazione del Presidente
 regionale alle sedute del Consiglio dei ministri  si  impone  di  per
 se', senza bisogno di ulteriori specificazioni o di particolari forme
 attuative messe in opera dalla legislazione ordinaria.  Di  modo  che
 l'omissione  in quest'ultima della clausola di salvezza relativa alla
 menzionata partecipazione non  puo'  essere  minimamente  considerata
 come  un'ipotesi  di  contrasto con le norme statutarie che prevedono
 quel raccordo.
    7.  -  La natura procedurale dell'art. 2, terzo comma, lett. h, il
 quale sottopone alle deliberazioni del  Consiglio  dei  ministri  "le
 linee di indirizzo in tema di politica internazionale e comunitaria",
 conduce al rigetto, in base a considerazioni analoghe a  quelle  gia'
 svolte,  delle  relative  questioni  poste  dalle  Regioni  Veneto  e
 Trentino-Alto Adige, che lamentano,  rispettivamente,  la  violazione
 degli artt. 117 e 118 della Costituzione, in relazione agli artt. 1 e
 5 della legge 22 luglio 1975, n. 382 e 6 del d.P.R. 24  luglio  1977,
 n.  616,  e  quella degli artt. 116 della Costituzione, 4, 5, 16, 41,
 44, 87 e 88 dello Statuto.
    Anche in tal caso, peraltro, si tratta di una disposizione che non
 innova affatto la preesistente  disciplina,  limitandosi  soltanto  a
 confermare, per l'aspetto considerato, una competenza gia' spettante,
 in via diretta e immediata, al Consiglio dei Ministri.
    8.  - La disposizione contenuta nell'art. 2, terzo comma, lett. d,
 relativa alla sottoposizione alla  deliberazione  del  Consiglio  dei
 ministri  degli  atti di indirizzo e di coordinamento governativo, e'
 impugnata sotto un ulteriore  profilo  dalla  Provincia  autonoma  di
 Bolzano e dalla Regione Sardegna.
    Quest'ultima,  partendo dal presupposto che il proprio Statuto non
 fa esplicita menzione  della  funzione  statale  di  indirizzo  e  di
 coordinamento  e  ricordando che le norme di attuazione dello Statuto
 circoscrivono il campo di applicazione della predetta  funzione  alle
 materie assegnate alla competenza di tipo concorrente, ritiene che la
 disposizione impugnata, nel riferire la ricordata funzione anche alle
 regioni a statuto speciale, debba essere considerata contrastante con
 gli artt. 3 e 6 dello Statuto,  ove  dovesse  intendersi  applicabile
 anche alle materie assegnate alla competenza di tipo esclusivo.
    La Provincia autonoma di Bolzano, invece, contesta la disposizione
 impugnata per l'esplicito e diretto riferimento all'estensione  della
 funzione  statale  di  indirizzo  e  di  coordinamento alle attivita'
 amministrative della Provincia stessa, asserendo che il  silenzio  in
 proposito  dello  Statuto  e  delle  norme  di  attuazione, oltreche'
 l'assoluta peculiarita' dell'autonomia riconosciuta alla ricorrente -
 legata  sia  al suo fondamento in atti di diritto internazionale, sia
 alla propria specifica  ragion  d'essere,  consistente  nella  tutela
 delle  minoranze  linguistiche che vivono nella provincia (tutela che
 l'art.  4  dello  Statuto  definisce  di  "interesse  nazionale")   -
 renderebbero   inapplicabile   la   funzione   di   indirizzo   e  di
 coordinamento alle attivita'  amministrative  ad  essa  spettanti  o,
 quantomeno,  a  quelle ad essa assegnate in relazione a competenze di
 tipo esclusivo. In via subordinata, la stessa  Provincia  chiede  che
 sia  dichiarata  l'illegittimita'  costituzionale  della disposizione
 impugnata  in  quanto  non  prevede  la  concorrenza   dell'interesse
 nazionale  comportante  la tutela delle minoranze linguistiche locali
 (art. 4,  primo  comma,  dello  Statuto)  con  quello  posto  a  base
 dell'estensione   della   funzione   statale   di   indirizzo   e  di
 coordinamento alla Provincia di Bolzano.
    Le  questioni  proposte  dalla  Regione Sardegna e dalla Provincia
 autonoma di Bolzano non possono essere accolte.
    Secondo  la  costante  giurisprudenza di questa Corte, la funzione
 statale di indirizzo e di coordinamento, pur  se  viene  in  concreto
 delineata   da  leggi  ordinarie,  ha  un  diretto  fondamento  nella
 Costituzione, nel senso che, come  e'  stato  precisato  in  numerose
 pronunzie,   rappresenta   il  risvolto  in  termini  positivi  o  di
 articolazione programmatica degli interessi unitari - e,  come  tali,
 insuscettibili  di  frazionamento  e di localizzazione territoriale -
 sottostanti ai limiti  costituzionalmente  previsti  alle  competenze
 regionali  (v.  spec.  sentt.  nn. 39 del 1971, 138 del 1972, 191 del
 1976, 150 del 1982, 307 e 340 del 1983, 357 del 1985, 177 e  195  del
 1986,  107  del  1987,  177,  560  e  564  del  1988). Non si tratta,
 pertanto, di un limite "ulteriore" rispetto a  quelli  gia'  previsti
 direttamente  dalle  norme costituzionali sulle competenze regionali,
 ma  piuttosto  di  una  esplicazione  di  questi  stessi  limiti  nei
 confronti   delle  funzioni  amministrative  delle  regioni  e  delle
 province autonome, che, in ragione del suo stesso fondamento,  incide
 tanto   sulle   attivita'  amministrative  connesse  alle  competenze
 concorrenti, quanto su  quelle  attinenti  alle  competenze  di  tipo
 esclusivo  (v.  spec.  sentt. nn. 340 del 1983, 177 del 1986, 107 del
 1987, 177 e 564 del 1988).
    Cio'   non   significa,   tuttavia,  che,  rispetto  alla  precisa
 individuazione dei limiti  costituzionali  relativi  all'applicazione
 della  funzione  di  indirizzo  e  di coordinamento, non abbia alcuna
 rilevanza  la  distinzione  tra  competenze  di  tipo  concorrente  e
 competenze   di   tipo   esclusivo.  Al  contrario,  proprio  perche'
 manifestazione dei limiti costituzionalmente prefissati alle potesta'
 regionali  (o  provinciali),  la  funzione  statale di indirizzo e di
 coordinamento   riflette   l'ampiezza   prevista   per    i    limiti
 costituzionali  cui  e'  di  volta  in  volta collegata, di modo che,
 quando abbia di fronte a se' attivita'  amministrative  connesse  con
 competenze  esclusive,  non  puo' esser esercitata al di la' dei piu'
 ristretti confini costituzionalmente stabiliti per i  poteri  statali
 incidenti  sulle  predette  competenze  (v.  spec. sentt. nn. 340 del
 1983, 357 del 1985, 177 del 1986).
    Da  cio'  consegue  che,  contrariamente  a  quanto  suppongono le
 ricorrenti, nessun rilievo  puo'  esser  accordato  al  fatto  che  i
 rispettivi  Statuti  non facciano esplicito riferimento alla funzione
 statale  di  indirizzo  e  di  coordinamento  nei   confronti   delle
 competenze  assegnate  alla loro autonomia. Pertanto, le censure, per
 le quali l'art. 2, terzo  comma,  lett.  d,  sarebbe  illegittimo  in
 quanto  non  farebbe cenno a tali presunte deroghe, appaiono prive di
 fondamento, dal momento che  non  tengono  conto  del  fatto  che  la
 funzione  di  indirizzo  e  di coordinamento ha il suo riconoscimento
 costituzionale implicito, ma non percio' meno positivo,  proprio  nei
 limiti   costituzionalmente  posti  alle  competenze  concorrenti  ed
 esclusive delle Regioni (o delle Province autonome).
    8.1  - Oltre che sui motivi appena esaminati, la stessa censura di
 cui si e' ora parlato - vale a dire  la  pretesa  incostituzionalita'
 dell'art.  2,  terzo  comma,  lett. d, nella parte in cui non esclude
 l'applicazione della funzione statale di indirizzo e di coordinamento
 all'ordinamento  autonomo  della  ricorrente  -  e' argomentata dalla
 Provincia  di  Bolzano,  come  si  e'  prima  ricordato,  anche   sul
 particolare   fondamento   della  propria  autonomia  su  accordi  di
 carattere internazionale e sulla peculiare  ratio  della  stessa,  la
 quale  consisterebbe  nell'essere  l'ordinamento provinciale la forma
 giuridica della tutela delle minoranze linguistiche residenti in quel
 territorio.
    Anche  sotto  tali ulteriori profili, la censura prospettata dalla
 Provincia  di  Bolzano  non  appare  fondata  nei  termini   appresso
 indicati.
    Non  vi puo' esser dubbio alcuno che l'autonomia riconosciuta alla
 Regione Trentino-Alto Adige e, in particolare, quella  concessa  alla
 Provincia  di  Bolzano  si  ricolleghino  storicamente  alle  vicende
 internazionali intercorse in conseguenza delle due guerre mondiali e,
 piu'  precisamente, all'obbligo internazionale, che lo Stato italiano
 ha  contratto   con   l'Austria   mediante   il   c.d.   Accordo   De
 Gasperi-Gru'ber  del  5  settembre  1946  (reso  esecutivo con d. lg.
 C.p.S. 28 novembre 1947, n. 1430), di concedere alle  popolazioni  di
 lingua  tedesca residenti nelle zone della Provincia di Bolzano e dei
 vicini comuni bilingui della Provincia di Trento "l'esercizio  di  un
 potere  legislativo  ed  esecutivo  autonomo,  nell'ambito delle zone
 stesse". Ne' si puo', del pari, dubitare che l'Assemblea Costituente,
 allorche'  ha  definito  i  caratteri della specialita' della Regione
 Trentino- Alto Adige, abbia  tenuto  nel  debito  conto  quel  patto.
 Tuttavia,  appare  altrettanto  indubbio  che, dal punto di vista del
 diritto interno, l'autonomia riconosciuta alla Provincia  di  Bolzano
 ha il proprio diretto fondamento giuridico nello Statuto speciale per
 il  Trentino-Alto  Adige  (l.  cost.  26   febbraio   1948,   n.   5,
 successivamente  modificata  con la l. cost. 23 novembre 1971, n. 1),
 il quale e' stato votato dall'Assemblea Costituente, come si addice a
 ogni  deliberazione  di  natura  legislativa,  quale  espressione  di
 un'autonoma e libera determinazione.
    Considerata  sotto un profilo squisitamente giuridico, l'autonomia
 della  Provincia  di  Bolzano   non   ha,   dunque,   un   fondamento
 costituzionale  di  natura  diversa  da  quello  proprio  delle altre
 regioni (o province) a statuto speciale, ne'  e'  soggetta  a  limiti
 costituzionali  concettualmente  e qualitativamente diversi da quelli
 cui sono sottoposte  le  altre  regioni  (o  province)  ad  autonomia
 differenziata.  Sotto  tale  aspetto,  pertanto,  sussistono  tutti i
 presupposti perche' anche nei confronti della  Provincia  di  Bolzano
 valgano quelle esigenze unitarie insuscettibili di frazionamento o di
 localizzazione    territoriale,    che    sottostanno    ai    limiti
 costituzionalmente   previsti   verso   le  competenze  regionali  (o
 provinciali) e che autorizzano lo Stato a  esercitare  nei  confronti
 delle autonomie regionali (o provinciali) una funzione di indirizzo e
 di coordinamento.
    8.2  -  Cio'  non toglie, tuttavia, che nel panorama autonomistico
 nazionale la  Regione  Trentino-Alto  Adige  e,  in  particolare,  la
 Provincia  di  Bolzano  posseggano caratteri del tutto peculiari, che
 concernono essenzialmente la natura e l'ampiezza delle materie  sulle
 quali  sono  attribuiti  i  poteri  di  autonomia,  la strutturazione
 dell'organizzazione regionale e provinciale e, soprattutto, il valore
 riconosciuto  alla  tutela delle minoranze linguistiche locali e alla
 salvaguardia dell'eguaglianza dei cittadini e dei gruppi linguistici,
 valore che costituisce il punto di riferimento primario del complesso
 delle disposizioni dello Statuto  speciale  per  il  Trentino-  Altro
 Adige.  Non  v'e'  dubbio che, in relazione a tali caratteri, il gia'
 ricordato accordo italo- austriaco del 1946, il quale e'  stato  reso
 esecutivo  in  Italia  con  un atto avente valore di legge ordinaria,
 esercita una notevole influenza, dal momento  che  costituisce,  come
 pure  si  ritiene  in dottrina, la migliore chiave interpretativa per
 comprendere la specialita' dell'ordinamento autonomistico  realizzato
 nel Trentino-Alto Adige.
    La   peculiarita'   di   tale   ordinamento   e,  in  particolare,
 l'essenziale valore riconosciuto in esso alla tutela delle  minoranze
 linguistiche  locali  e alla pacifica convivenza tra i diversi gruppi
 etnici,  se,  come  si  e'  prima  precisato,  non  possono  comunque
 comportare  una  differenziazione della Regione Trentino-Alto Adige e
 della Provincia di Bolzano, rispetto agli ordinamenti omologhi, sotto
 il  profilo  della  loro  sottoponibilita' ai tipi di limiti cui sono
 comunemente  assoggettate  le  autonomie  speciali,  tuttavia   hanno
 l'effetto di produrre una differenziazione relativa all'ampiezza e al
 contenuto dei  limiti  statali  cui  sono  sottoposte  le  competenze
 riconosciute  alla  Regione Trentino-Alto Adige e, ed e' quel che qui
 interessa, alla Provincia di Bolzano.
    Cio'  si  deduce  chiaramente  dagli artt. 4, 8 e 16 dello Statuto
 regionale,  i  quali,  nel  ribadire  la  presenza  degli   interessi
 nazionali  tra  i limiti costituzionali alle competenze legislative e
 amministrative della Regione e delle Province autonome, precisano che
 fra  essi  va ricompreso anche l'interesse relativo alla tutela delle
 minoranze  linguistiche   locali.   Si   tratta   di   un   principio
 costituzionale  che,  affermato  in  via  generale  dall'art. 6 della
 Costituzione, ha nello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige un
 significato  particolarmente  pregnante,  dal  momento che concorre a
 qualificare l'interesse nazionale in tutte le sue esplicazioni  verso
 la Regione Trentino-Alto Adige e le Provincie autonome e, quindi, per
 la parte che lo concerne, anche in relazione all'esercizio dei poteri
 statali  di  indirizzo  e  di  coordinamento.  Sotto  questo profilo,
 pertanto, tali poteri, nei loro concreti  svolgimenti  nei  confronti
 degli ordinamenti considerati, non possono non subi're attenuazioni e
 non assumere contenuti tali che ne risulti soddisfatto  il  principio
 statutario per il quale la tutela delle minoranze linguistiche locali
 costituisce, ad un  tempo,  un  aspetto  fondamentale  dell'interesse
 nazionale   e   il  valore  primario  di  riferimento  dell'autonomia
 differenziata riconosciuta alla Regione Trentino-Alto  Adige  e  alle
 Province di Trento e di Bolzano.
    Queste  considerazioni  non  possono  condurre,  tuttavia,  a  una
 dichiarazione  d'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  2,  terzo
 comma,  lett.  d,  per  la  parte in cui questo non prevede la tutela
 delle minoranze linguistiche come interesse  concorrente  con  quello
 nazionale  posto  a  base  dell'esercizio  della  funzione statale di
 indirizzo e di coordinamento. Infatti, come si e' gia'  precisato  ad
 altro  proposito  (v. sopra n. 6), il principio costituzionale appena
 ricordato, secondo la propria natura, si impone  di  per  se'  e  non
 esige  che  debba  essere richiamato dalle leggi ordinarie ogni volta
 che queste, implicitamente o esplicitamente, vi si  riferiscano.  Per
 tali  ragioni,  il silenzio in proposito della disposizione impugnata
 non  puo'  essere  interpretato  come  un  contrasto  con  le   norme
 statutarie  invocate dalla ricorrente. E tantomeno lo puo' essere, se
 si  considera  che  la  disposizione  impugnata,  come  si  e'  prima
 precisato,  e' semplicemente diretta a ribadire la competenza, in via
 diretta e immediata, del Consiglio dei ministri a deliberare gli atti
 di indirizzo e di coordinamento governativo.
    9.  -  Per motivi in parte analoghi a quelli da ultimo ricordati e
 in parte  diversi,  va  pure  respinta  la  richiesta  di  dichiarare
 l'illegittimita'  costituzionale dell'art. 12, quinto comma, lett. b,
 avanzata tanto dalla  Provincia  di  Bolzano,  quanto  dalla  Regione
 Sardegna  per  violazione  degli  stessi  parametri  invocati  per la
 questione di cui al precedente punto 5.
    Le  ricorrenti  basano  la loro richiesta sulla convinzione che le
 norme costituzionali che definiscono  la  specialita'  dell'autonomia
 loro  concessa - rispettivamente gli artt. 116 della Costituzione, 8,
 9 e 16 dello Statuto del Trentino-Alto Adige e gli  artt.  116  della
 Costituzione,  3 e 6 dello Statuto della Sardegna - risultino violate
 da una disposizione, come quella  impugnata,  che,  attribuendo  alla
 Conferenza  permanente  per  i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
 province autonome il compito di dare  pareri  "sui  criteri  generali
 relativi  all'esercizio  delle  funzioni  statali  di  indirizzo e di
 coordinamento" inerenti  ai  rapporti  fra  gli  enti  predetti,  non
 stabilisce  alcuna differenza di disciplina in relazione alle ipotesi
 in  cui  sia  coinvolta   l'autonomia   speciale   costituzionalmente
 riconosciuta alle ricorrenti.
    La  censura ora esaminata e' infondata, innanzitutto, in base alla
 considerazione che  la  disposizione  impugnata  contiene  una  norma
 procedurale,  la  quale, come si e' precedentemente sottolineato, per
 sua stessa natura, non e' diretta a modificare  il  fondamento  e  il
 regime  dei  poteri  disciplinati  e,  pertanto,  non comporta alcuna
 incisione sui limiti costituzionalmente imposti alla funzione statale
 di  indirizzo  e  di coordinamento. In secondo luogo appare del tutto
 inappropriato  invocare  un  pretesa  diversita'  di  disciplina   in
 relazione a un potere, come quello riconosciuto dalla norma impugnata
 alla  Conferenza  Stato-Regioni,  il  quale  consiste  in  un  parere
 afferente  ai  criteri generali relativi all'esercizio della predetta
 funzione. Quest'ultimo, infatti, dev'esser prestato tanto nel caso in
 cui l'indirizzo e coordinamento riguardi regioni a statuto ordinario,
 quanto nel caso in cui  concerna  regioni  o  province  ad  autonomia
 differenziata,  supponendo,  semmai,  in  relazione alle due distinte
 ipotesi, una differenza nei contenuti, e non gia' una  diversita'  di
 disciplina.
    10.  -  Infondata  e',  pure,  la  censura sollevata dalla Regione
 Sardegna, per la quale l'art. 6 del  proprio  Statuto  (che  assicura
 alla  stessa  regione  autonomia  amministrativa  nelle materie nelle
 quali ha potesta'  legislativa)  risulterebbe  violato  dall'art.  5,
 secondo  comma,  lett.  e  ed  f,  della  legge  n. 400 del 1988, che
 attribuisce al Presidente del Consiglio dei  Ministri  il  potere  di
 adottare,  ai sensi dell'art. 95, primo comma, della Costituzione "le
 direttive  per  assicurare  l'imparzialita',  il  buon  andamento   e
 l'efficienza  degli  uffici  pubblici"  e di promuovere "l'azione dei
 ministri per assicurare che le aziende e gli enti  pubblici  svolgano
 la  loro  attivita' secondo gli obiettivi indicati dalle leggi che ne
 definiscono l'autonomia e in coerenza  con  i  conseguenti  indirizzi
 politici e amministrativi del Governo".
    La censura e' palesemente infondata sol che si consideri, come pur
 ammette la stessa ricorrente, che l'esplicito riferimento all'art. 95
 della  Costituzione, il quale attribuisce al Presidente del Consiglio
 dei ministri il compito di mantenere l'unita' di indirizzo politico e
 amministrativo degli organi e degli enti dipendenti dai ministeri, fa
 chiaramente intendere che la norma impugnata  si  riferisce  soltanto
 alla amministrazione statale, non gia' a quella delle regioni.
   11. - Oggetto di ulteriori censure e' l'art. 24, primo comma, lett.
 c, il quale, nel delegare il Governo ad adottare decreti  legislativi
 per  la  riforma  degli  enti  pubblici  di  informazione statistica,
 stabilisce,  tra  i  principi  e  i  criteri  direttivi,  "che  siano
 attribuiti  all'ISTAT  compiti  di  indirizzo e di coordinamento". La
 Regione Veneto e la Regione Trentino-Alto Adige  ritengono  che  tale
 disposizione   violi   la  sfera  di  autonomia  costituzionale  loro
 assicurata, in quanto, secondo l'interpretazione delle ricorrenti, la
 norma  impugnata attribuirebbe a un ente pubblico diverso dal Governo
 poteri di indirizzo e di coordinamento nei  confronti  di  tutti  gli
 enti  aventi  funzioni  statistiche, e quindi anche nei confronti dei
 relativi uffici regionali.
    Oltre  che  per  i  motivi appena detti, la stessa disposizione e'
 impugnata dalla Provincia di Bolzano, in  quanto  prevede  poteri  di
 sovraordinazione, anziche' di coordinamento paritario, in relazione a
 materie strettamente strumentali ad attribuzioni amministrative della
 Provincia  o inerenti a funzioni statistiche originariamente affidate
 alle Camere di commercio e spettanti  ora  alla  Provincia  (in  base
 all'art.  3,  d.P.R.  31  luglio  1978,  n. 1017, contenente norme di
 attuazione dello Statuto).
    Nei termini appresso indicati, le questioni non sono fondate.
    Come correttamente suppongono le ricorrenti, l'art. 24 della legge
 n. 400 del 1988, nel determinare i principi e i criteri direttivi per
 il  legislatore  delegato, stabilisce una serie di disposizioni volte
 all'instaurazione di un sistema interconnesso di  uffici  statistici,
 composto  da  "tutte le fonti pubbliche preposte alla raccolta e alla
 elaborazione dei dati statistici a livello centrale e locale"  (primo
 comma,   lett.  a).  L'istituzione  di  un  sistema  formato  da  una
 pluralita' di fonti statistiche e' direttamente  consequenziale  alla
 previsione  costituzionale  di  una pluralita' di centri di indirizzo
 politico e amministrativo - connaturata  all'articolazione  regionale
 o,  piu'  in  generale,  autonomistica del nostro ordinamento (art. 5
 della Costituzione) -,  dal  momento  che  l'informazione  statistica
 costituisce  un  potere implicito nelle competenze materiali affidate
 ai  vari  soggetti  e  organi  pubblici.  Tuttavia,  tale  pluralita'
 potrebbe  portare  a  risultati  di  grave  inefficienza  ove  non si
 prevedesse un'istituzione statistica centrale volta ad armonizzare le
 definizioni,   le   classificazioni,   i   metodi  di  analisi  e  di
 elaborazione, le modalita' di diffusione dei dati e a  far  si',  per
 tal  via, che i vari fruitori delle statistiche pubbliche siano messi
 in condizione di operare raffronti e integrazioni dei  dati  ottenuti
 dai molteplici centri pubblici di informazione statistica.
    Secondo  il citato art. 24, questa funzione, volta a stabilire gli
 indirizzi tecnici  e  le  misure  di  coordinamento  che  si  rendano
 necessari  al  fine  di  omogeneizzare le metodologie statistiche, e'
 attribuita all'ISTAT,  che  la  esercita  in  un  duplice  modo.  Nei
 confronti  degli  uffici  statistici incardinati nell'amministrazione
 centrale dello Stato e nelle  aziende  autonome,  l'ISTAT  svolge  il
 predetto   ruolo   mediante   l'esercizio  dei  poteri  di  direzione
 conseguenti alla posizione di quegli uffici alle  proprie  dipendenze
 funzionali  (art.  24,  primo  comma,  lett.  b). Nei confronti degli
 uffici statistici regionali e, in genere, di quelli inseriti in  enti
 dotati  di  autonomia  costituzionale,  l'ISTAT  esercita la medesima
 funzione  grazie  all'attribuzione  allo  stesso  dei   "compiti   di
 indirizzo  e di coordinamento", stabilita, per l'appunto, dalla norma
 impugnata (art. 24, primo comma, lett. c).
    Appare  evidente  che  i poteri da ultimo menzionati non rientrano
 concettualmente nella funzione di indirizzo e di coordinamento che lo
 Stato  esercita  nei confronti delle regioni al fine di salvaguardare
 l'essenziale unitarieta' della pluralita' degli indirizzi politici  e
 amministrativi   connaturata   a  un  ordinamento  autonomistico,  ma
 rappresentano, piuttosto, una forma di coordinamento tecnico, che  ha
 il  solo  scopo  di  unificare  o  di rendere omogenee le metodologie
 statistiche utilizzate  dai  vari  centri  pubblici  di  informazione
 statistica  e  che, come tale, non incide sul potere - spettante alle
 regioni e alle province di Trento e di  Bolzano  entro  i  limiti  di
 autonomia   loro   imposti  -  di  programmare,  dirigere  e  gestire
 l'attivita' dei propri uffici statistici secondo i propri bisogni.
    Cosi'  interpretato,  l'art.  24,  primo  comma, lett. c, non puo'
 cadere sotto le censure delle ricorrenti, poiche', come questa  Corte
 ha  avuto  gia'  modo  di precisare (v. spec. sent. n. 924 del 1988),
 forme di coordinamento tecnico possono essere esercitate verso uffici
 regionali anche da enti pubblici statali, non applicandosi ad esse le
 regole  valide  per  l'esercizio  della  funzione  di   indirizzo   e
 coordinamento  governativo.  E  cio' vale in particolar modo, quando,
 come  nel  caso  di  specie,  l'ente  pubblico  cui  e'  affidato  il
 coordinamento  tecnico  e'  riconosciuto  dalla legge come portatore,
 nello specifico campo considerato,  di  conoscenze  e  di  competenze
 tecniche  e  scientifiche  dotate  di  un particolare valore e di una
 particolare ufficialita'.
    12.  -  Oggetto  di  impugnazione  sono  anche  varie disposizioni
 dell'art. 13, che concernono poteri di promozione e di  proposta  del
 Commissario del Governo.
    La    Provincia   autonoma   di   Bolzano   prospetta   dubbi   di
 costituzionalita' nei confronti del primo comma, lett. b ed e, e  del
 secondo comma dell'art. 13, i quali, nel prevedere che il Commissario
 del Governo "promuove tra i rappresentanti regionali e  i  funzionari
 delle amministrazioni statali decentrate riunioni periodiche che sono
 presiedute dal presidente della regione" (lett. b, seconda  parte)  e
 "propone  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri iniziative in
 ordine ai rapporti tra Stato e regione, anche per quanto concerne  le
 funzioni  statali  di  indirizzo  e  coordinamento  e  l'adozione  di
 direttive per le attivita' delegate" (lett. e), prevedrebbero  poteri
 di   coordinamento  riguardanti  anche  le  attivita'  amministrative
 regionali. Secondo la ricorrente, ove  tali  poteri  dovessero  esser
 ritenuti  applicabili alle province autonome (come afferma il secondo
 comma dell'art. 13, che, peraltro, fa "salva  la  diversa  disciplina
 prevista  dai rispettivi Statuti e relative norme di attuazione'), si
 porrebbero in contrasto con l'art. 87 dello Statuto del Trentino-Alto
 Adige,  il quale, nel delineare la figura del Commissario del Governo
 presso la Provincia di Bolzano, conferirebbe a quest'ultimo poteri di
 coordinamento  sulle  attivita' amministrative statali piu' ristretti
 di quelli previsti dall'art. 124 della Costituzione. Analoghe censure
 sono  prospettate  dalla  Regione Trentino- Alto Adige, per la quale,
 inoltre, la previsione  di  poteri  di  proposta  per  l'adozione  di
 direttive  alle attivita' delegate (art. 13, primo comma, lett. e) si
 porrebbe in contrasto con l'art. 41  dello  Statuto,  che  affida  al
 Presidente  della Giunta regionale il compito di dirigere le funzioni
 amministrative delegate dallo Stato, e con  l'art.  16  dello  stesso
 Statuto,  il  quale  stabilirebbe  una certa rigidita' del meccanismo
 della delega attraverso la previsione che  questa  sia  disposta  con
 legge.  Infine,  sempre  secondo la regione, si porrebbe in contrasto
 con tali principi anche l'art. 2, secondo comma, lett.  e,  il  quale
 stabilisce che le direttive per le attivita' delegate siano impartite
 "tramite il Commissario del Governo".
    Le questioni non sono fondate.
    Va  preliminarmente  disattesa l'interpretazione delle ricorrenti,
 secondo la quale le  disposizioni  impugnate  non  dovrebbero  essere
 applicate  nell'ambito della Provincia di Bolzano e della Regione del
 Trentino-Alto Adige, dal momento che tale interpretazione si pone  in
 diametrale contrasto con l'esplicita formulazione contenuta nell'art.
 13, secondo comma, in base alla quale le norme previste dall'articolo
 considerato  si  applicano  anche  alla Regione Trentino-Alto Adige e
 alle Province di Trento e di Bolzano,  salva  la  diversa  disciplina
 prevista  dalle  disposizioni  statutarie  e  da quelle di attuazione
 delle stesse. Tale clausola di salvezza, che  peraltro  ha  un  senso
 soltanto  sul  presupposto  dell'applicazione  alle  ricorrenti delle
 disposizioni impugnate,  e'  espressamente  diretta  a  garantire  le
 stesse   ricorrenti   da   illegittime   interferenze  nell'autonomia
 costituzionalmente riconosciuta ad esse, interferenze che  potrebbero
 verificarsi  in  seguito allo scorretto esercizio dei poteri affidati
 al Commissario del Governo dalle disposizioni impugnate.
    Su  tali  basi  interpretative, va dichiarata l'infondatezza della
 questione che la Regione Trentino-Alto  Adige  propone  in  relazione
 all'art.  2, secondo comma, lett. e, secondo la quale la trasmissione
 delle direttive governative da  parte  del  Commissario  del  Governo
 inciderebbe   sui   poteri  di  direzione,  spettanti  al  Presidente
 regionale, relativi alle attivita' delegate,  nonche'  sullo  statuto
 interno  dei  rapporti  fra  delegante  e  delegato, il quale sarebbe
 codificato con una certa  rigidita'  dalla  legge.  Pur  se  andrebbe
 rilevato  che,  a  norma  dell'art.  41  dello  Statuto, il potere di
 direzione delle funzioni delegate, di cui e' titolare  il  Presidente
 regionale, riconosce a monte il potere governativo di dare istruzioni
 e il  dovere  dello  stesso  Presidente  della  Giunta  regionale  di
 conformare  a  queste ultime le proprie direttive, appare decisivo il
 rilievo che il potere di trasmissione attribuito al  Commissario  del
 governo  riguardo  alle istruzioni governative e' un potere meramente
 formale, nel senso che il  Commissario  funge  da  semplice  supporto
 organizzativo   diretto  a  comunicare  ufficialmente  al  Presidente
 regionale le istruzioni deliberate dal  Governo.  Essendo  questa  la
 natura del potere contestato, non si puo' inferire dalla disposizione
 impugnata nessuna illegittima interferenza nei confronti  dei  poteri
 costituzionalmente  riconosciuti  all'amministrazione  regionale e al
 suo vertice nell'ambito delle attivita' delegate dallo Stato.
    Del   pari   insussistente   e'   la   lesione   della   autonomia
 amministrativa lamentata dalle  ricorrenti  per  effetto  dei  poteri
 riconosciuti  al Commissario del Governo dall'art. 13, secondo comma,
 lett. b, seconda parte, ed e. Ove siano correttamente interpretati, i
 poteri  contestati  non  si  pongono  in  contrasto  con alcuna norma
 statutaria, per il semplice fatto che, mentre in un caso (lett. b) e'
 semplicemente  previsto  un  potere  di promozione di conferenze o di
 riunioni tra i funzionari delle amministrazioni statali decentrate  e
 i  rappresentanti  regionali  (o  provinciali)  al fine di coordinare
 paritariamente le rispettive attivita', nell'altro  caso  (lett.  e),
 invece,  e'  stabilito  un potere di proposta verso il Presidente del
 Consiglio  dei  ministri  in  ordine   all'adozione   di   iniziative
 relativamente  a  competenze  spettanti  a quest'ultimo nel campo dei
 rapporti fra Stato e regioni e, in particolare, per  quanto  concerne
 le  funzioni  statali  di  indirizzo  e  di coordinamento e quelle di
 direttiva o di istruzione per le attivita' delegate. In altre parole,
 mentre  in  un caso si versa in ipotesi di cooperazione paritaria fra
 Stato e regioni  (e  province  autonome),  la  cui  attivazione  puo'
 avvenire  e  i  cui risultati possono essere accettati soltanto sulla
 base di una libera e mai vincolabile decisione dei  singoli  soggetti
 che  vi  partecipano, nell'altro caso, invece, si tratta di poteri di
 semplice proposta, i cui limiti coincidono con quelli  relativi  alle
 competenze  del  Presidente del Consiglio dei ministri in ordine alle
 quali quelle proposte vengono formulate, limiti che,  come  ribadisce
 l'art.  13,  secondo  comma,  vanno  desunti,  per quanto riguarda le
 ricorrenti,  dai  rispettivi  Statuti  e  dalle  relative  norme   di
 attuazione.
    In  definitiva,  per  le  cautele  da  esse  predisposte, le norme
 impugnate  appaiono  particolarmente   rispettose   delle   autonomie
 regionali  (e  provinciali),  incluse quelle specificamente garantite
 alle  ricorrenti.  Ne'  la   Corte   potrebbe   trovare   motivi   di
 illegittimita'  nella  previsione  di  poteri che - essendo ispirati,
 l'uno, al principio di cooperazione nella sua forma piu' autentica  e
 originaria (quella paritaria) e, l'altro, all'esigenza di un adeguato
 coordinamento fra Commissario del Governo e Presidente del  Consiglio
 dei ministri nella fase ascendente dei loro rapporti (dalla periferia
 al centro) - rappresentano una significativa attuazione di  esigenze,
 di  finalita'  e  di  principi  costituzionali costantemente ritenuti
 dalla giurisprudenza costituzionale  di  fondamentale  importanza  al
 fine    dell'instaurazione    di   piu'   efficienti   raccordi   tra
 l'amministrazione dello Stato e quella regionale (o provinciale)  (v.
 spec.  sentt.  nn.  94 del 1985, 151 e 153 del 1986, 302, 1031 e 1112
 del 1988).
    13.  -  Ancora  la Provincia di Bolzano e la Regione Trentino-Alto
 Adige contestano la legittimita' costituzionale dell'art.  19,  primo
 comma,  lett.  p,  che affida al Segretario generale della Presidenza
 del Consiglio dei ministri il  compito  di  "curare  gli  adempimenti
 relativi  ai rapporti con le regioni e le province autonome di Trento
 e di Bolzano; all'esame delle leggi regionali ai fini  dell'art.  127
 della  Costituzione;  al  coordinamento  tra  legislazione  statale e
 regionale; all'attivita' dei commissari del Governo nelle regioni; ai
 problemi delle minoranze linguistiche e dei territori di confine.".
    Oltreche'   per   le   ragioni   gia'   addotte   per   contestare
 l'applicazione  della  funzione  di  indirizzo  e  coordinamento  nel
 proprio  ambito  territoriale,  la  Provincia  di  Bolzano ritiene le
 suddette  disposizioni  contrarie   alla   Costituzione   in   quanto
 attribuirebbero  compiti  di  rilevanza  politica  esterna, incidenti
 nella  sfera   di   autonomia   costituzionalmente   garantita   alla
 ricorrente,  ad  un  organo  ausiliario del Presidente del Consiglio,
 anziche' al Governo. La Regione Trentino-Alto Adige, invece, contesta
 la  legittimita'  delle stesse disposizioni in quanto sottoporrebbero
 le competenze legislative regionali,  e  in  particolar  modo  quella
 esclusiva,  a  un  potere  non previsto in Costituzione, ma basato su
 norme di legge ordinaria.
    Analoga  censura  e'  formulata dalla stessa Regione nei confronti
 dell'art. 23, sesto comma, in quanto prevede una  delega  legislativa
 vo'lta  ad  attribuire  allo  "Ufficio  centrale per il coordinamento
 dell'iniziativa legislativa e dell'attivita' normativa  del  Governo"
 il potere di avvalersi di altri organi della pubblica amministrazione
 e  di  promuovere  forme  di  collaborazione  con  gli  uffici  delle
 presidenze  delle  giunte  regionali  al  fine di armonizzare i testi
 normativi statali e regionali.
    L'una e l'altra questione sono prive di fondamento.
    Tanto  le  censure  formulate  dalla  Regione Trentino-Alto Adige,
 quanto quelle prospettate dalla Provincia di  Bolzano  nei  confronti
 dell'art.  19, primo comma, lett. p, partono dall'erroneo presupposto
 di ritenere le funzioni delineate dalle disposizioni  impugnate  come
 dotate di rilevanza esterna ed incidenti, in quanto tali, nella sfera
 di autonomia costituzionalmente garantita alle ricorrenti. In realta'
 cosi'  non  e', poiche' gli adempimenti posti a carico del Segretario
 generale concernono attivita' interne alla Presidenza  del  Consiglio
 che,  nella  loro  proiezione  esterna,  non  possono non riferirsi a
 funzioni e  competenze  proprie  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri.  Questa  caratterizzazione  degli  adempimenti  considerati
 deriva tanto dalla  natura  evidentemente  similare  delle  attivita'
 previste   in   altre   lettere  dello  stesso  comma,  quanto  dalla
 configurazione giuridica da riconoscere al Segretario generale  della
 Presidenza  del  Consiglio  dei ministri, che e' quella propria di un
 organo posto al  vertice  dell'amministrazione  interna  alla  stessa
 Presidenza,  al  quale non sono mai imputati poteri o rapporti aventi
 una valenza politica esterna.
    Le  considerazioni  appena  svolte  valgono  a  maggior ragione in
 riferimento alle analoghe censure mosse dalla  Regione  Trentino-Alto
 Adige nei confronti dell'art. 23, sesto comma, il quale attribuisce a
 un ufficio interno al  Segretariato  generale,  e  cioe'  all'Ufficio
 centrale   per   il   coordinamento   dell'iniziativa  legislativa  e
 dell'attivita' normativa del Governo sia  poteri  di  avvalimento  di
 altri  organi  della  pubblica  amministrazione, sia la promozione di
 forme di collaborazione con gli uffici delle presidenze delle  giunte
 regionali.  Anche  in  tal  caso,  infatti,  si  tratta  di attivita'
 meramente preparatorie e istruttorie rispetto a  quelle  decisionali,
 che,   oltretutto,   quando   riguardano  uffici  regionali,  possono
 svolgersi soltanto ove vi consentano i  presidenti  delle  rispettive
 giunte.
    14.  -  La  Provincia di Bolzano contesta, infine, la legittimita'
 costituzionale dell'art. 12, settimo comma, il quale -  nel  delegare
 al  Governo  l'adozione  di  provvedimenti  legislativi  relativi  al
 riordino e alla eventuale soppressione di  organismi  a  composizione
 mista   Stato-regioni   in   modo  da  accentrare  le  corrispondenti
 competenze  (salvo  quelle  tecnico-scientifiche)  nella   Conferenza
 Stato-regioni   prevista   dallo   stesso   art.  12  e  in  modo  da
 ridisciplinare la prestazione dei pareri, gia'  di  competenza  delle
 predette  commissioni,  riguardo alle questioni di carattere generale
 per le quali debbano anche essere  sentite  tutte  le  regioni  e  le
 province  autonome  -  si  porrebbe  in contrasto con le disposizioni
 indicate al precedente punto 4, ed  in  particolare  con  l'art.  107
 dello Statuto, con la misura n. 137 del c.d. "Pacchetto delle norme a
 favore delle popolazioni alto-atesine" (approvato dal Parlamento  con
 o.d.g.  nelle sedute del 4 e 5 dicembre 1969) e con le altre norme di
 attuazione che prevedono l'istituzione di commissioni paritetiche per
 l'attuazione dello Statuto.
    La  questione  e'  priva  di fondamento, in quanto le disposizioni
 censurate  non  si  riferiscono,  certo,   alle   varie   commissioni
 paritetiche,  formate  da  rappresentanti  dello  Stato e da delegati
 della Regione Trentino-Alto Adige o delle Province autonome di Trento
 e  di Bolzano, che operano in connessione con i compiti di attuazione
 dello Statuto della predetta Regione. L'art. 12,  settimo  comma,  si
 riferisce,  invece,  alle  molteplici  commissioni  miste previste da
 varie leggi al fine di svolgere, settore per settore,  attivita'  del
 tipo  di  quelle  che  lo  stesso  art.  12 tende ad accentrare nella
 "Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni  e  le
 province autonome" (art. 12, comma quinto).
    In  altre  parole, le disposizioni impugnate compiono un'opportuna
 opera di razionalizzazione e di semplificazione  delle  procedure  di
 raccordo   previste   in   relazione  all'adozione  di  atti  statali
 interessanti direttamente le regioni, procedure  che,  non  incidendo
 affatto nel campo dell'attuazione degli Statuti speciali, non possono
 minimamente  porsi  in  contrasto  con  i  parametri  invocati  dalla
 Provincia di Bolzano.