Ricorso  del  presidente  della giunta regionale del Friuli-Venezia
 Giulia, rappresentato e difeso dall'avv. Gaspare Pacia, con domicilio
 eletto  presso l'ufficio di Roma della regione Friuli-Venezia Giulia,
 in Roma, piazza Colonna n.  335,  come  da  mandato  a  margine,  nei
 confronti   del   Presidente   del  Consiglio  dei  Ministri  per  la
 dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art.  3,  secondo
 comma,  del  d.-l.  24  marzo 1989, n. 102, pubblicato nella Gazzetta
 Ufficiale n. 70 del 24 marzo 1989.
                                   I
    Nella  Gazzetta  Ufficiale  n.  70  del  24  marzo  1989, e' stato
 pubblicato il  d.-l.  24  marzo  1989,  n.  102,  avente  per  titolo
 "Disposizioni urgenti in materia di pubblico impiego".
    Interessa,  ai  fini della presente impugnativa, l'art. 3, secondo
 comma, che cosi' dispone: "Nell'ambito dell'esercizio dei  poteri  di
 indirizzo  e  di  coordinamento, previsti dall'art. 27 della legge 29
 marzo 1983, n.  93,  la  Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri  -
 Dipartimento della funzione pubblica, puo' effettuare, periodicamente
 ed a campione, la verifica  della  funzionalita',  dell'efficienza  e
 della   produttivita'   di   tutte   le   strutture   della  pubblica
 amministrazione".
    Dichiaratamente,   la   disposizione  si  riferisce  a  "tutte  le
 strutture  della  pubblica  amministrazione":  quindi,   anche   alle
 strutture  delle amministrazioni regionali, che costituiscono uno dei
 settori piu' importanti della "pubblica amministrazione".
    Nella   parte   in   cui   il  riferimento  coinvolge  la  regione
 Friuli-Venezia Giulia e gli enti da essa dipendenti, la  disposizione
 e'  costituzionalmente illegittima per violazione dell'art. 4, n. 1 e
 dell'art. 58 dello statuto speciale  di  autonomia  l.c.  31  gennaio
 1963, n. 1).
    All'esposizione  dei  profili  di  illegittimita'  costituzionale,
 giova premettere un breve  cenno  sugli  effetti  che  l'applicazione
 della   norma   puo'   produrre   e   sull'interesse   della  regione
 all'impugnativa.
    La  norma  prevede  l'attribuzione  di  un  indefinito  potere  di
 "verifica" ad un organo amministrativo dello Stato,  il  dipartimento
 della   funzione   pubblica,  costituito  presso  la  Presidenza  del
 Consiglio dei Ministri.
    Quale  che  sia  la  sua esatta portata, e' certo che il potere di
 "verifica" incide pesantemente sulla materia  dell'ordinamento  degli
 uffici  regionali e degli enti dipendenti dalla regione, essendo esso
 preordinato alla espressione di un giudizio di valore  sull'idoneita'
 di    codeste    strutture   (sotto   il   triplice   aspetto   della
 "funzionalita'",  della  "efficienza"  e  della  "produttivita'".  Un
 giudizio  negativo  avrebbe  ripercussioni  gravissime, sia sul piano
 amministrativo, sia sul piano politico, sia sul piano  istituzionale.
 Si pensi alle ipotesi estreme di una crisi dell'esecutivo regionale o
 dello scioglimento del consiglio o della revoca  della  giunta  quali
 possibili  effetti  di  una  valutazione  di  non  idoneita',  che il
 dipartimento della funzione pubblica  ritenesse  di  dover  esprimere
 sulle strutture che tali organi sono collegate.
                                   II
 Violazione dell'art. 4 n. 1 dello statuto speciale.
    L'ordinamento degli uffici regionali e degli enti dipendenti dalla
 regione e' materia di competenza esclusiva di quest'ultima.
    La  disposizione censurata interferisce in tale ordinamento, senza
 il supporto di una copertura costituzionale.
    L'affermazione  -  contenuta  nell'impugnato  art.  3 del d.-l. n.
 102/1989 -  che  il  potere  di  "verifica"  si  svolge  "nell'ambito
 dell'esercizio  dei  poteri di indirizzo e di coordinamento, previsti
 dall'art. 27 della legge 29 marzo 1983, n. 93", e'  una  precisazione
 ambigua  che sembrerebbe rivolta a ricondurre lo speciale potere (per
 legittimarne l'esercizio sul piano costituzionale) nell'orbita  della
 funzione  statale  di indirizzo e coordinamento delle attivita' delle
 regioni, cosi' come  tale  funzione  e'  venuta  a  delinearsi  nella
 giurisprudenza  di  codesta ecc.ma Corte (cfr. sentenze nn. 150/1982,
 340/1983, 195/1986, ecc.).
    Ma,  in  realta',  i poteri di indirizzo e coordinamento, previsti
 dall'art. 27 della legge 29 marzo 1983, n. 93,  non  si  identificano
 con  quelli rientranti nella suddetta funzione statale di indirizzo e
 coordinamento. L'art. 27 si limita, infatti, ad  elencare  i  compiti
 demandati  al  dipartimento  della  funzione pubblica, comprendendovi
 "l'attivita' di indirizzo e di coordinamento generale in  materia  di
 pubblico  impiego".  Non  v'e' alcun riferimento alle attivita' delle
 regioni ed ancor meno  alle  attivita'  delle  regioni  speciali.  Si
 tratta,   in  sostanza,  della  enunciazione  generica  di  una  mera
 competenza amministrativa, assegnata ad un ufficio  burocratico,  non
 gia'  della  previsione  di  un  potere  essenzialmente  di carattere
 politico, attribuito ad un organo di governo ed inteso ad indirizzare
 ed a coordinare attivita' regionali.
    Notisi  che la recente legge sulla Presidenza del Consiglio (legge
 23  agosto  1988,  n.  400),  significativamente,  include,   fra   i
 provvedimenti  da  sottoporre  alla  deliberazione  del Consiglio dei
 Ministri "gli atti di indirizzo  e  di  coordinamento  dell'attivita'
 amministrativa delle regioni": fermo restando quant'altro occorre per
 rendere legittima tale deliberazione  (osservanza  del  principio  di
 legalita', ecc.).
    Mancano,  in definitiva, nella disposizione impugnata, per potervi
 intravedere la prefigurazione di una funzione, in senso  proprio,  di
 indirizzo e coordinamento, tutti i requisiti che sarebbero richiesti,
 non ultimo il genere di attivita': che e' costituito da controllo  su
 comportamenti  pregressi,  non  gia'  da indirizzo e coordinamento di
 futuri comportamenti.
    Merita aggiungere che la riprova della carenza del supporto di una
 consimile prefigurazione e' data dallo stesso art.  3,  dove  non  e'
 contenuto   alcun   richiamo  alla  funzione  statale  d'indirizzo  e
 coordinamento, ma v'e'  soltanto  il  richiamo  ad  una  ben  diversa
 previsione (quella del piu' volte citato art. 27), costituzionalmente
 priva di significato, che  non  vale  a  giustificare  il  contestato
 potere  di  "verifica",  attribuito  al  dipartimento  della funzione
 pubblica.
                                  III
 Violazione dell'art. 58 dello statuto speciale.
    Il  potere  di  "verifica"  che  l'impugnato art. 3 attribuisce al
 dipartimento della funzione pubblica, e' nient'altro (se non si vuole
 indulgere agli eufemismi) che un potere di controllo.
    Trattandosi  di  un potere di controllo, la previsione relativa e'
 costituzionalmente illegittima per un molteplice ordine di motivi:
      1)  perche' il titolo quinto dello statuto speciale di autonomia
 (art.   58)   e'   esaustivo   di    ogni    forma    di    controllo
 sull'amministrazione regionale;
      2) perche' ulteriori controlli potrebbero essere introdotti solo
 con legge costituzionale, posto che "le regioni  sono  costituite  in
 enti autonomi con propri poteri e funzioni secondo i principi fissati
 dalla Costituzione (art. 115 della Costituzione";
      3)  perche'  il  controllo  ipotizzato e' un controllo di merito
 sull'ordinamento delle  strutture  regionali,  mentre  il  menzionato
 titolo  quinto  prevede  solo un controllo di legittimita' sugli atti
 amministrativi dell'amministrazione regionale;
      4)  perche'  il controllo sull'ordinamento degli enti dipendenti
 dalla regione si appartiene ad essa in via esclusiva, quale  che  sia
 la forma in cui si esprime.
    Per  le considerazioni suesposte, che si fa riserva di illustrare,
 di precisare e di integrare nel corso del giudizio,