ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 41- bis del
 codice di procedura penale, introdotto con la legge 22 dicembre 1980,
 n.  879  (Norme sulla connessione e sulla competenza nei procedimenti
 relativi a  magistrati  e  nei  casi  di  rimessione),  promosso  con
 ordinanza  emessa  il  5  aprile  1988  dal  Pretore  di  Trieste nel
 procedimento penale a carico di Rosario Gianni, iscritta  al  n.  449
 del  registro  ordinanze  1988  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1988;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice
 relatore Francesco Greco;
    Ritenuto  che  il Pretore di Trieste, nel corso di un procedimento
 penale  a  carico  del  Procuratore  della  Repubblica  presso   quel
 Tribunale dei minorenni, con ordinanza del 5 aprile 1988 (R.O. n. 449
 del 1988), ha sollevato questione di legittimita' costituzionale,  in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  dell'art. 41- bis del
 codice di procedura penale, nella parte in cui - secondo la  costante
 interpretazione  rigorosamente  letterale della Corte di cassazione -
 dispone  lo  spostamento   di   competenza   solo   nell'ipotesi   di
 appartenenza  del magistrato imputato od offeso dal reato all'ufficio
 giudiziario che sarebbe competente a decidere in primo o  in  secondo
 grado,  con  esclusione,  quindi, delle situazioni di appartenenza ad
 altro ufficio giudiziario della medesima sede,  o  circoscrizione,  o
 distretto;
      che,  secondo  il  giudice a quo, tale esclusione contrasterebbe
 con il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione,
 in quanto, essendo la ratio della norma censurata, da un lato, quella
 di tutelare il diritto di difesa del magistrato imputato,  dall'altro
 quella  di  fornire  l'immagine  verso  l'esterno  di  terzieta'  del
 giudicante, i limiti di  applicazione  della  norma  stessa  appaiono
 irrazionalmente ristretti;
      che,  il  Pretore  si  e' fatto carico della sentenza n. 232 del
 1984, con la quale questa Corte ha gia' dichiarato  inammissibile  la
 questione  (prospettata, allora, con riferimento all'ipotesi di reato
 commesso dal pretore o vicepretore onorario  -  od  in  suo  danno  -
 allorche'  tale  reato  sia  di  competenza  del  tribunale nella cui
 circoscrizione si trovi il mandamento cui il magistrato appartiene);
      che,  peraltro,  egli  ha  ritenuto  di sottoporre alla Corte un
 nuovo  elemento  di  valutazione,  costituito  dal  nuovo  codice  di
 procedura  penale  -  all'epoca  dell'ordinanza  di rimessione ancora
 bozza di progetto governativo -,  che  e'  nel  senso  (art.  11)  di
 trasferire  la  competenza in relazione a tutti i procedimenti in cui
 un magistrato assume la qualita' di imputato  o  persona  offesa  dal
 reato solo che svolga le sue funzioni - o le svolgesse al momento del
 fatto - nel distretto di  cui  fa  parte  l'ufficio  giudiziario  cui
 sarebbe  attribuita,  secondo  le  regole  generali,  la competenza a
 conoscere del reato;
    Considerato che, come la Corte ha gia' osservato nella sentenza n.
 232 del 1984 e nelle successive ordinanze nn. 164  e  165  del  1987,
 rientra nella esclusiva competenza del legislatore stabilire se ed in
 quale  misura  i  rapporti   che   si   creano,   nell'ambito   della
 organizzazione  giudiziaria,  tra  organi e singoli, debbano influire
 sulla determinazione della competenza, e  quali  siano  le  soluzioni
 piu'  idonee  a garantire l'indipendenza del giudizio ed il prestigio
 della magistratura;
      che,  pertanto,  anche  la  predisposizione  di  una nuova norma
 (nella specie  l'art.  11  del  nuovo  codice  di  procedura  penale,
 approvato  con d.P.R. 22 settembre 1988, n. 447), che risolve in modo
 diverso il problema della competenza per i  procedimenti  riguardanti
 magistrati,  e'  espressione  della discrezionalita' del legislatore,
 cui soltanto spetta la valutazione sulla opportunita' di  effettuare,
 attraverso il tempo, scelte diverse;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi
 alla Corte costituzionale;