ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 236, secondo comma, n. 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa l'11 aprile 1988 dal Tribunale di Macerata nel procedimento penale a carico di Monti Lorenzo ed altra, iscritta al n. 560 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44/1 serie speciale dell'anno 1988. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio dell'8 marzo 1989 il Giudice relatore Aldo Corasaniti. Ritenuto che nel corso di un giudizio penale promosso nei confronti di Lorenzo Monti e Giuliana Pasquarella, unici soci di una societa' in nome collettivo - per la quale era stata disposta l'amministrazione controllata, successivamente cessata ex art. 143 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell'amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) - per il concorso nel reato previsto dall'art. 236, secondo comma, n. 1, dello stesso decreto n. 267 del 1942, per aver distratto beni e somme di denaro dal patrimonio della societa', il Tribunale di Macerata, con ordinanza emessa l'11 aprile 1988, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 3 Cost., della norma incriminatrice; che ad avviso del giudice a quo la norma denunciata - che estende al concordato preventivo ed all'amministrazione controllata a carico di amministratori, direttori generali, sindaci e liquidatori di societa' le disposizioni degli artt. 223 e 224 del regio decreto n. 267 del 1942 -, "limitatamente all'ipotesi di bancarotta patrimoniale commessa in caso di amministrazione controllata cui non abbia fatto seguito la declaratoria di stato di insolvenza", violerebbe il princi'pio di eguaglianza in quanto, a differenza dalle fattispecie connotate da insolvenza e liquidazione concorsuale dei creditori, la previsione penale appare razionalmente incongrua e priva di ogni giustificazione plausibile, essendo definitivamente scongiurato il pregiudizio patrimoniale al bene tutelato; che nel giudizio e' intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato chiedendo che la questione sia dichiarata infondata; Considerato che l'estensione - disposta dall'art. 236, secondo comma, n. 1, della legge fallimentare - delle ipotesi di reato degli artt. 223 e 224 ai fatti commessi anteriormente e posteriormente all'ammissione alla procedura di amministrazione controllata e' preordinata alla conservazione dell'integrita' del patrimonio dell'impresa, costituente la garanzia per i creditori della medesima, in vista della mera eventualita' del loro non pieno soddisfacimento; che tale essendo l'oggetto dell'incriminazione, ragionevolmente questa prescinde dall'effettivo avveramento, accertabile ex post, di un danno patrimoniale a carico dei creditori suddetti nel senso prospettato dall'ordinanza di rimessione; che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.