IL PRETORE Esaminati gli atti, osserva quanto segue. L'avv. Corrado Napolitani, con ricorso depositato il 20 ottobre 1988, ha chiesto dichiararsi prescritto il credito contributivo vantato nei suoi confronti dalla Cassa nazionale di previdenza e di assistenza a favore degli avvocati e procuratori per gli anni 1975-77; in caso contrario, rimettersi gli atti alla Corte costituzionale per contrasto dell'art. 19 della legge 20 settembre 1980, n. 576, con gli artt. 3 e 23 della Costituzione. La questione di incostituzionalita', anche se apparentemente proposta in via subordinata, deve considerarsi in effetti pregiudiziale rispetto all'accertamento dell'eventuale estinzione del credito per prescrizione. Il secondo comma dell'art. 19 citato prescrive, infatti, che il termine di prescrizione (decennale) "decorre dalla data di trasmissione alla Cassa da parte dell'obbligato della dichiarazione di cui agli artt. 17 e 23". L'art. 23 si riferisce all'obbligo di comunicare alla Cassa l'ammontare dei redditi prodotti negli anni dal 1975 al 1979, con comunicazione da effettuare entro il 30 giugno 1981. Poiche' e' documentato in atti che l'avv. Napolitani invio' la comunicazione il 29 giugno 1981, il termine prescrizionale verrebbe a scadere il 29 giugno 1991. E' evidente, dunque, che solo l'abrogazione per incostituzionalita' del secondo comma dell'art. 19 potrebbe consentire di ritenere prescritta l'obbligazione contributiva relativa agli anni 1975-77, rendendo applicabile la disposizione generale dell'art. 2935 del Codice civile per la quale "prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto puo' essere fatto valere". Accertata in tal modo la rilevanza della questione proposta, puo' passarsi ad esaminarne il contenuto sotto il profilo della fondatezza. E' innegabile che la disposizione impugnata introduce una grave discrasia nella disciplina generale della prescrizione vigente nel nostro ordinamento di cui costituiscono principi importanti la previsione di un termine massimo prescrizionale di dieci anni (art. 2946 del Codice civile) e la decorrenza del termine dal momento in cui il diritto puo' essere validamente esercitato (art. 2935 citato). L'art. 19 della legge n. 576/1980, stabilendo che i crediti della Cassa si prescrivono in dieci anni e prevedendo poi che per i contributi relativi agli anni 1975-79 il termine di prescrizione inizia a decorrere dalla data di trasmissione da parte dell'obbligato della dichiarazione di cui all'art. 23 (da inviarsi entro il 30 giugno 1981) ha di fatto prolungato il termine della prescrizione a 15 anni e mezzo per i contributi relativi al 1975, a quattordici anni e mezzo per i contributi relativi al 1976, e cosi' via, fino ad undici anni e mezzo per i contributi relativi al 1979. L'intervento del legislatore appare tanto piu' irrazionale, ove si consideri, da una parte, che la norma impugnata ha spostato ad una data successiva alla entrata in vigore della legge l'inizio decorrenza di un termine che, in realta' era gia' iniziato a decorrere; dall'altra, che un simile espediente non appare neppure giustificato dalla necessita' di evitare che la introduzione del nuovo sistema di accertamento dei contributi favorisse l'estinzione di crediti contributivi pregressi, giacche' al momento di entrata in vigore della legge n. 576/1980 mancavano oltre cinque anni per la prescrizione decennale dei crediti piu' anziani fra quelli presi in considerazione dall'art. 23 (cioe' i contributi relativi al 1975). Ne' puo' ritenersi che l'individuazione della data di trasmissione alla Cassa dell'autodenunzia dell'iscritto come momento iniziale di decorrenza della prescrizione sia coerente con la disposizione generale dell'art. 2935 del Codice civile. Come ha esattamente rilevato il ricorrente, non puo' confondersi la possibilita' giuridica di far valere un diritto (presupposto cui si riferisce l'art. 2935) con la conoscenza di fatto dell'esistenza e dell'ammontare del credito (scopo cui e' diretta la comunicazione prevista dal secondo comma dell'art. 19). Di modo che puo' convenirsi con il ricorrente che la norma impugnata introduce, in modo irragionevole ed ingiustificato, un elemento di notevole squilibrio e di manifesta iniquita' nel sistema. Essa reca, oltretutto, grave pregiudizio al generale principio della certezza dei rapporti giuridici, esponendo il contribuente alla possibilita' che l'ente previdenziale compia il primo atto di accertamento del debito contributivo a distanza di quindici anni dal sorgere dello stesso. L'irrazionalita' di tale disciplina non consente di ritenere giustificata la disparita' di trattamento che si determina fra l'iscritto alla Cassa, debitore di contributi per gli anni dal 1975 al 1979 (per i quali vigono i termini di prescrizione variabili dagli undici anni e mezzo ai quindici anni e mezzo), ed il professionista tenuto al versamento di contributi relativi agli anni successivi (soggetti a prescrizione di dieci anni) o, ancor piu' agli anni precedenti (soggetti, secondo l'orientamento della Corte di cassazione, a prescrizione quinquennale). Deve pertanto concludersi che non e' manifestamente infondata la questione di illegittimita' dell'art. 19, secondo comma, della legge 20 settembre 1980, n. 576, nella parte in cui stabilisce che la prescrizione dei contributi relativi agli anni dal 1975 al 1979 decorre dalla data di trasmissione alla Cassa della dichiarazione di cui all'art. 23 della stessa legge.