IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nel procedimento penale contro Zeppegno Nella, nato a S. Secondo di Pinerolo il 2 febbbraio 1935, residente in Airasca, via Roma n. 205/E; Premesso che l'imputato e' accusato del reato previsto dall'art. 4, primo comma, del d.-l. 10 luglio 1982, n. 429, convertito in legge 7 agosto 1982, n. 516, per aver dissimulato nelle proprie scritture contabili obbligatorie e nella dichiarazione annuale dei redditi componenti positivi del reddito tali da alterare in misura rilevante il risultato della dichiarazione; Atteso che la citata norma incriminatrice non enuncia alcun criterio per stabilire alterazioni del risultato della dichiarazione debbano considerarsi "rilevanti" e come tali penalmente sanzionate, di modo che la giurisprudenza di merito ha fatto ricorso a diversi criteri fondati ora sul valore assoluto dell'evasione ed ora sul rapporto tra il reddito dissimulato e quello effettivo o dichiarato, criteri che sono di per se' opinabili e - soprattutto - vengono stabiliti di volta in volta dall'interprete senza alcuna efficacia vincolante sia per i contribuenti che per il giudice stesso, il che contrasta con il principio della tassativa predeterminazione del fatto-reato che dovrebbe caratterizzare ogni norma incriminatrice onde soddisfare l'imprescindibile esigenza della certezza del diritto penale; Atteso che la Corte di cassazione con ordinanza del 12 febbraio 1988 ha ritenuto non manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita' costituzionale della norma in questione; Richiamate le ragioni addotte dalla s.C. a sostegno dell'ordinanza con cui ha disposto la rimessione degli atti alla Corte cosituzionale ed atteso - in particolare - che la norma in questione appare in contrasto con il disposto degli artt. 3 e 25, secondo comma, della Costituzione in quanto l'assoluta discrezionalita' attribuita al giudice nella determinazione della "rilevanza" dell'evasione fiscale" - e quindi dell'evento stesso del reato - determina ingiustificate disparita' di trattamento tra i cittadini-contribuenti e non consente a questi ultimi di avere preventiva conoscenza di quali loro comportamenti sono penalmente sanzionati, in contrasto con il principio costituzionalmente garantito della tassativita' della norma penale; Atteso ancora che la stessa Corte costituzionale con sentenza 24 marzo 1988, n. 364, ha sottolineato come per l'applicazione delle sanzioni penali la Costituzione intenda particolarmente garantire i soggetti attraverso la praevia lex scripta e che "i principi di tassativita' e d'irretroattivita' delle norme penali incriminatrici... evidenziano che il legislatore costituzionale intende garantire ai cittadini, attraverso la possibilita' di conoscenza delle stesse norme, la sicurezza giuridica delle consentite, libere scelte d'azione", finalita' questa non realizzabile se - nel caso in esame - non viene legislativamente enunciato alcun criterio onde stabilire in cosa consista la rilevanza dell'evasione fiscale; Sentito il difensore, che in via pregiudiziale ha eccepito l'illegittimita' dell'art. 4, n. 7, della legge citata ed il pubblico ministero, che si e' rimesso;