LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso prodotto da Reali
 Giovanni,  residente  a  Pieve  Vergonte  avverso  l'ufficio  imposte
 dirette  di  Verbania;  letti gli atti; sentiti il rappresentante del
 ricorrente e, per l'ufficio imposte dirette  di  Verbania,  il  dott.
 Giuseppe  Meli;  udito  il relatore Mario Piscitello; Reali Giovanni,
 residente a Pieve Vergonte in via Cicoletti, 32, in data  29  gennaio
 1987, proponeva ricorso contro l'avviso di accertamento notificatogli
 in data 1º dicembre 1986 - con il quale l'ufficio imposte dirette  di
 Verbania  rettificava  per  l'anno  1984,  ai  fini  Irpef e Ilor, il
 reddito  dichiarato,  elevandolo,  in  relazione  ad   una   presunta
 operazione  speculativa  (art.  76,  terzo comma, n. 2, del d.P.R. n.
 597/1973), da L. 6.343.000 a L. 68.725.000.
    Il  ricorrente  eccepiva l'illegittimita' costituzionale dell'art.
 76, terzo comma, del d.P.R. n. 597/1973, nella parte in cui considera
 speculative,  con presunzione assoluta e quindi senza possibilita' di
 prova contraria, determinate operazioni, in relazione agli  artt.  2,
 n.  5,  della  legge  di  delega  9  ottobre 1971, n. 825, e 76 della
 Costituzione (eccesso di delega) ed anche in relazione agli artt. 3 e
 53   della  Costituzione,  in  quanto  per  i  redditi  derivanti  da
 operazioni speculative non e' prevista la  tassazione  separata,  pur
 trattandosi  in  molti  casi  di  redditi  derivanti  da un'attivita'
 protrattasi per anni.
    Nel   merito   il  ricorrente  chiedeva  una  sensibile  rettifica
 dell'accertamento impugnato.
    L'ufficio   imposte  dirette  di  Verbania  resisteva  al  ricorso
 ignorando, pero', l'eccezione sollevata dal ricorrente.
    Il  ricorrente  ha eccepito l'illegittimita' costituzionale, sotto
 diversi profili, dell'art. 76, terzo comma, del d.P.R. n. 597/1973.
    I  componenti il collegio giudicante, pero', obiettivamente, hanno
 un interesse personale a respingere la suddetta eccezione e quindi  a
 dichiararla  "manifestamente  infondata"  o "irrilevante", al fine di
 non sospendere il procedimento  e  cosi'  poter  decidere  subito  il
 ricorso in esame.
    Infatti,  ai componenti delle commissioni tributarie di primo e di
 secondo grado, in base all'art. 12, del  d.P.R.  n.  636/1972,  viene
 corrisposto  un  certo  compenso  per  ogni ricorso deciso (accolto o
 respinto),  ma,  se  e  quando  i  giudici  tributari  sollevano  una
 questione  di  legittimita'  costituzionale  non  percepiscono  alcun
 compenso.
    Questo trattamento economico, a prescindere dalla misura del lauto
 compenso (L. 5.000 circa per  ogni  ricorso³),  a  parere  di  questo
 collegio,   e'   incompatibile   con   l'esercizio  di  una  funzione
 giurisdizionale e nuoce alla credibilita' della giustizia.
    La "retribuzione a cottimo", infatti, non puo' non determinare nei
 giudici un interesse personale a decidere  e  a  decidere  subito  il
 maggior  numero  di ricorsi, con la conseguenza pero' che chi giudica
 puo' trovarsi spesso nella situazione di non poter essere (o,  se  si
 preferisce, di non poter apparire) obiettivo ed imparziale.
    Questa  commissione  tributaria  ha  gia'  sottoposto  alla  Corte
 costituzionale l'esame della normativa che per i giudici tributari di
 primo  e  di  secondo  grado  (ma  non  anche  per  i  giudici  della
 Commissione centrale³) prevede la "retribuzione  a  cottimo",  ma  la
 Corte  ha  ritenuto la questione "palesemente irrilevante" (ordinanza
 n. 326/1987).
    Questo  collegio  non  puo'  che prendere atto della decisione del
 giudice delle leggi e si astiene dal riproporre la stessa  questione,
 ma  ritiene  di dover evidenziare che, nella fattispecie in esame, il
 rigetto   dell'eccezione   sollevata   dal   ricorrente,   con    una
 dichiarazione   di   "manifesta  infondatezza"  o  di  "irrilevanza",
 potrebbe far sorgere nel  ricorrente  il  "fondato"  sospetto  che  i
 giudici  tributari  hanno  respinto  la sua domanda per conseguire un
 immediato e personale vantaggio economico.
    Per evitare questo sospetto, o comunque, malevoli interpretazioni,
 questo collegio ritiene di dover sollevare questione di  legittimita'
 costituzionale e trasmettere gli atti alla Corte costituzionale.