ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 80 del d.P.R.
 30  giugno  1965,  n.  1124  (Testo  Unico  delle  disposizioni   per
 l'assicurazione  obbligatoria  contro  gli  infortuni sul lavoro e le
 malattie professionali), promosso con ordinanza emessa il 26 febbraio
 1988  dal  Tribunale di Vigevano nel procedimento civile vertente tra
 Pomponio Teodorico e l'I.N.A.I.L., iscritta al n.  672  del  registro
 ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 48 prima serie speciale dell'anno 1988;
    Visto  l'atto  di  costituzione dell'I.N.A.I.L., nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  dell'11  aprile  1989  il  Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
    Uditi  l'avvocato  Eurico  Ruffini  per  l'I.N.A.I.L. e l'Avvocato
 dello Stato Luigi Siconolfi  per  il  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
                           Ritenuto in fatto
   1.  - Il Tribunale di Vigevano, con ordinanza emessa il 26 febbraio
 1988 (R.O. n.  672/1988),  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale,   in   riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,
 dell'art.  80  del  d.P.R.  30  giugno  1965,  n.  1124  (T.U.  delle
 disposizioni  per  l'assicurazione  obbligatoria contro gli infortuni
 sul lavoro e le  malattie  professionali)  nella  parte  in  cui  non
 esclude  la  revisione  in peius della rendita, nel caso di ulteriori
 infortuni, diversamente da quanto prevede l'art. 83, per l'ipotesi di
 unico infortunio.
    Ad  avviso del giudice a quo sarebbe ravvisabile ingiustificata ed
 irrazionale disparita' di trattamento fra situazioni identiche, quali
 sono  quelle dell'infortunato che non incorra in altri infortuni, nei
 cui confronti opera il divieto di revisione in peius di cui  all'art.
 83  sopra  citato,  una  volta  decorsi dieci anni dall'infortunio, e
 quella  dell'infortunato  nei  cui  confronti  intervenga   ulteriore
 infortunio,  nel qual caso, ai sensi del denunciato art. 80, il grado
 di  riduzione  complessiva  dell'attitudine  al  lavoro  puo'  essere
 quantificato  anche in misura inferiore a quello gia' determinato per
 il primo infortunio, realizzandosi cosi' una revisione in peius oltre
 il termine di cui all'art. 83.
    2.  -  L'I.N.A.I.L.,  costituitosi  innanzi  a  questa  Corte,  ha
 concluso per l'inammissibilita' della questione.
    3.  -  Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, costituitosi a
 mezzo dell'Avvocatura dello  Stato,  ha  eccepito  l'inammissibilita'
 della questione, e, in subordine, ne ha contestato la fondatezza.
                         Considerato in diritto
    Il  giudice  a  quo  dubita  della legittimita' costituzionale, in
 riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 80, comma primo,
 del  d.P.R.  30  giugno  1965,  n.  1124 (T.U. delle disposizioni per
 l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni  sul  lavoro  e  le
 malattie  professionali), nella parte in cui non esclude la revisione
 in peius della rendita, nel caso di infortuni policroni  intervallati
 da  oltre  dieci  anni,  diversamente da quanto prevede il successivo
 art. 83 per l'ipotesi di unico infortunio.
    L'esame  della  questione  postula la ricognizione della normativa
 sopra richiamata, secondo l'interpretazione giurisprudenziale.
    Alla  stregua  dell'art.  83,  come costantemente interpretato, la
 misura  della  rendita  di  inabilita'  puo'  essere   sottoposta   a
 revisione,  su  domanda  del  titolare  o ad iniziativa dell'Istituto
 assicuratore,  nell'eventualita'  di   diminuzione   o   di   aumento
 dell'attitudine  al  lavoro,  solo  se le suindicate modificazioni si
 verificano entro dieci anni dalla costituzione  della  rendita  (art.
 83,  commi  sesto  e settimo). Decorso tale periodo, per converso, la
 rendita  resta  definitivamente   consolidata,   non   essendo   piu'
 suscettiva   di  riesame  la  determinazione  della  riduzione  della
 capacita' lavorativa (alla  quale  la  rendita  si  correla)  causata
 dall'unico infortunio che in tal caso viene in considerazione.
    Alla  diversa  ipotesi della pluralita' di infortuni si riferisce,
 invece, l'art. 80, secondo il quale, nel caso in cui il  titolare  di
 una  rendita  di  inabilita'  sia  colpito  da  un  nuovo  infortunio
 indennizzabile, si procede alla costituzione di un'unica  rendita  in
 base  al  grado  di  riduzione  complessiva dell'attitudine al lavoro
 causata dal precedente o dai precedenti infortuni  e  dal  nuovo.  Ad
 avviso  della  prevalente giurisprudenza di legittimita', non ponendo
 la norma in esame  limiti  temporali,  la  determinazione  dell'unica
 rendita  puo'  avvenire anche quando tra gli infortuni sia intercorso
 piu' di un decennio,  e  la  valutazione  del  grado  complessivo  di
 invalidita',  nel  cui  ambito  il  grado  di  inabilita'  originario
 costituisce  un  mero  fattore   concorrente,   ben   puo'   condurre
 all'attribuzione  di  una  rendita  quantificata  in  misura  pari  o
 addirittura  inferiore  alla  somma   aritmetica   della   originaria
 percentuale  di riduzione e di quella sopraggiunta. Nella valutazione
 globale, quindi, il grado  di  invalidita'  derivato  dal  precedente
 infortunio  e'  soggetto  a  revisione, quale componente del giudizio
 complessivo, anche se il nuovo infortunio  sia  intervenuto  dopo  il
 decorso  di  dieci  anni  dalla  costituzione della rendita correlata
 all'infortunio precedente.
    Ed e' proprio l'inoperativita' del princi'pio della consolidazione
 della rendita, per effetto del decorso di un  decennio,  nell'ipotesi
 di infortuni policroni, che appare al giudice a quo ingiustificata ed
 irrazionale,   con   conseguente   violazione   dell'art.   3   della
 Costituzione.
    Sotto tale aspetto la questione e' fondata.
    Invero,  nel caso dell'unico infortunio,la disposizione che regola
 la sopravvenienza riposa sul  presupposto  della  invariabilita'  del
 grado  di  invalidita',  sia  in melius che in peius, per effetto del
 decorso di un decennio. E tale presupposto e'  indubbiamente  valido,
 perche'  ancorato  al  criterio  del quod plerumque accidit e insieme
 rispondente  all'esigenza  di  tener   conto   dell'aspettativa   del
 lavoratore in relazione al consolidamento della situazione di fatto e
 del consolidamento stesso.
    L'assunzione  del  presupposto  della variabilita' in relazione al
 verificarsi di un nuovo infortunio,  pur  dopo  il  decennio,  appare
 invece non conforme a ragionevolezza oltre che elusiva della suddetta
 esigenza. Nell'ipotesi di infortuni policroni, intervallati da  oltre
 un  decennio  -  e  cioe'  in  un'ipotesi in cui vi e' addirittura da
 presumere il peggioramento dell'inabilita' del plurinfortunato -, non
 vi  e'  motivo  alcuno di discostarsi dal criterio del quod plerumque
 accidit nel senso della invariabilita'.
    Va dunque ritenuto costituzionalmente illegittimo l'art. 80, primo
 comma, del d.P.R. n. 1124 del 1965, nella parte in cui  non  prevede,
 nel caso di sopravvenienza di un ulteriore infortunio dopo il decorso
 di dieci anni dalla costituzione  della  rendita  per  un  precedente
 infortunio,  che al lavoratore sia assicurata quanto meno una rendita
 eguale a quella gia' erogatagli.