ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 74 del d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni: Codice postale e delle telecomunicazioni, promosso con ordinanza emessa il 24 maggio 1988 dal Pretore di Castelfranco Veneto nel procedimento civile vertente tra Azienda del Consorzio Trasporti "Muson" di Castelfranco Veneto e la Direzione provinciale delle poste e telecomunicazioni di Treviso, iscritta al n. 621 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1988; Visto l'atto di costituzione della Azienda del Consorzio Trasporti "Muson", nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 21 febbraio 1989 il Giudice relatore Aldo Corasaniti; Uditi gli avv.ti Mario Bertolissi, Alberto Borella per l'Azienda del Consorzio Trasporti "Muson" e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Davanti al Pretore di Castelfranco Veneto l'Azienda del Consorzio Trasporti "Muson" di quella citta' proponeva opposizione all'ingiunzione amministrativa ex art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689 nei confronti della Direzione provinciale delle poste e telecomunicazioni di Treviso. La sanzione ammontante a lire 100.000, era stata irrogata per il continuo rifiuto di trasportare effetti postali sulle autolinee, rifiuto previsto come illecito - originariamente contravvenzione - dall'art. 79 del Codice postale, approvato con d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156. Nel corso del giudizio, il Pretore, su eccezione del Consorzio Trasporti, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, dell'art. 74 del d.P.R. n. 156 del 1973. L'art. 74 del Codice postale prevede, al primo comma, che l'accettazione, il trasporto e la consegna degli effetti postali da parte dei concessionari dei servizi pubblici automobilistici sono disciplinati a mezzo di apposita cartella d'oneri da approvarsi con d.P.R., su proposta del Ministro per le poste e le telecomunicazioni, di concerto con il Ministro per i trasporti, sentito il Consiglio di Stato. Il secondo comma fissa la misura del canone da corrispondere per il trasporto degli effetti postali in lire 9.000 annue per chilometro di linea autorizzata per tale tipo di trasporto, mentre il terzo comma fissa in lire 18.000 il canone annuo chilometrico per due particolari ipotesi di utilizzazione di linee automobilistiche per il trasporto di effetti postali. Ad avviso del giudice a quo, l'art. 74 del d.P.R. n. 156 del 1973, mentre stabilisce la misura del canone che l'Amministrazione delle poste e' tenuta a corrispondere, omette di considerare i riflessi finanziari della disciplina: cio' vale ad escludere che tali disposizioni possano ritenersi "previsione sostanziale idonea a giustificare l'inserimento, nell'ambito del bilancio dell'Azienda, di uno stanziamento correlato ad hoc (correlato, cioe', al disavanzo creato dal servizio postale reso)". Le norme censurate, in altri termini, sono "improduttive di effetti in quanto non accompagnate da alcuna previsione sostanziale di spesa" e come tali si pongono in contrasto con l'art. 81, quarto comma, della Costituzione, che impone che ogni legge che importi nuove e maggiori spese debba indicare i mezzi per farvi fronte. L'autorita' remittente osserva, tra l'altro, che i servizi di trasporto locale sono finanziati, anche indirettamente, dallo Stato, con differenti meccanismi, tra cui il Fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto, da ripartire tra le varie Regioni, come previsto dagli artt. 2, lett. a ) e b), 5, 6 e 9 della legge 10 aprile 1981, n. 151. In sede di predisposizione del bilancio annuale lo Stato, a compensazione delle spese connesse al servizio postale assicurato mediante le Aziende locali di trasporto, dovrebbe trasferire ad esse somme a destinazione vincolata, "quantificabili a priori con sicurezza pressoche' assoluta: in difetto di tali adempimenti, ove si ritenga che l'art. 74 del d.P.R. n. 156 del 1973 imponga la prestazione di servizi comportanti spese - incidenti sull'azienda di trasporto ma, indirettamente, sul bilancio dello Stato -, si deve concludere che gli oneri relativi sono privi di copertura in quanto lo Stato non ne ha operato la quantificazione e non ha autorizzato con legge la spesa conseguente. "L'appartenenza statale" di ogni spesa relativa al trasporto pubblico locale e la parziale assenza di copertura di tali spese trovano conferma, ad avviso del giudice a quo, nell'art. 1 del decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 833, convertito nella legge 6 febbraio 1987, n. 18, che stabilisce che i disavanzi di esercizio delle Aziende di trasporto, tanto pubbliche che private, e dei servizi di trasporto in gestione diretta degli enti locali relativi agli esercizi dal 1982 al 1986 che non abbiano trovato copertura con i contributi di cui al citato art. 6 della legge 151 del 1981, sono assunti a carico delle Regioni (per l'80% e degli altri enti locali (per il 20%), e quindi dallo Stato, che finanzia gli uni e gli altri. La mancanza di copertura, osserva ancora l'autorita' remittente, va ascritta alla possibile lievitazione della spesa o alla diminuzione delle entrate conseguibili in un dato esercizio; le spese in esame vanno quindi considerate "per definizione non coperte": esse sono "certamente ripianabili ma, in quanto esattamente prevedibili, radicalmente collidenti" con il precetto costituzionale invocato. A conforto delle considerazioni svolte vengono richiamate due sentenze di questa Corte in tema di trasporti locali: la n. 307 del 1983 e la n. 245 del 1984. Il giudice a quo osserva ancora che una norma di principio contenuta nell'art. 6 della legge n. 151 del 1981, dispone che i contributi regionali, provenienti dal bilancio dello Stato, debbano essere erogati con l'obiettivo di conseguire l'equilibrio economico dei bilanci dei servizi di trasporto; cio' precluderebbe "ogni stanziamento finalizzato all'aggravamento delle finanze delle Aziende di trasporto". L'esistenza di un contrasto "fra differenti plessi normativi" e' testimoniato dal fatto che il regolamento di esecuzione del codice postale, dettato con il d.P.R. 29 maggio 1982, n. 655, prevede all'art. 209 che le relazioni fra l'Amministrazione postale e le Aziende di trasporto siano definite in una "convenzione" sostitutiva della preesistente "cartella d'oneri". 2. - Si e' costituita in giudizio l'A.C.T.M., Azienda del Consorzio Trasporti "Muson" di Castelfranco Veneto, sollecitando l'accoglimento della questione. 3. - Nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per l'inammissibilita' della questione o, in subordine per la sua infondatezza. Ad avviso dell'Avvocatura la questione sollevata e' irrilevante nel giudizio a quo, che ha per oggetto la legittimita' della sanzione irrogata per l'inosservanza dell'obbligo del trasporto degli effetti postali; in ogni caso non vi e' motivazione in punto di rilevanza. L'ordinanza di rimessione, osserva poi l'Avvocatura, fa acriticamente proprie le argomentazioni dell'opponente, di talche' non e' agevole comprendere quali spese, ed a carico di chi, sarebbero prive di copertura: quelle sostenute dall'Amministrazione postale a fronte del servizio gravano, in ogni caso, sul bilancio ordinario della stessa Amministrazione. Qualora ci si riferisse, invece, al finanziamento delle Aziende concessionarie, e quindi al ripiano dei disavanzi di esercizio, la relativa problematica risulterebbe estranea al censurato art. 74 del d.P.R. n. 156 del 1973. Il codice postale non e' infatti, una legge di spesa ed il riferimento all'art. 81, comma quarto, della Costituzione, e' ultroneo. Infine, le norme sui ripiani dei disavanzi ricordate dal giudice a quo hanno tutte le previsione di copertura Considerato in diritto 1. - E' sollevata in via incidentale questione di legittimita' costituzionale, in riferimento all'art. 81, quarto comma, della Costituzione, dell'art. 74 del Testo unico approvato con d.P.R. 29 marzo 1973, n. 156 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative in materia postale, di bancoposta e di telecomunicazioni: Codice postale e delle telecomunicazioni). Secondo l'ordinanza di rimessione la norma apparirebbe in contrasto con il cennato precetto costituzionale in quanto, nel prevedere un servizio postale (accettazione, trasporto e consegna degli effetti postali) a cura delle aziende concessionarie di autolinee, si limiterebbe a determinare lo strumento di regolamentazione del medesimo (cartella di oneri approvata con decreto del Presidente della Repubblica a seguito di un certo procedimento) e il criterio di determinazione dei canoni da corrispondere alle aziende, ma ometterebbe di indicare lre fonti di copertura degli oneri relativi, oneri da ritenere ricadenti su Enti pubblici e, alla fine, sullo Stato stesso. L'omissione sarebbe posta ulteriormente in evidenza dalla legislazione statale in tema di ripianamento dei disavanzi delle aziende di trasporto (legge 10 aprile 1981, n. 151; decreto-legge 9 dicembre 1986, n. 833 convertito, con modificazioni, nella legge 6 febbraio 1987, n. 18), legislazione diretta a porre a carico dello Stato e delle Regioni, ma in definitiva del primo - secondo meccanismi propri della "finanza derivata" -, le conseguenze derivanti dal sostenimento da parte delle aziende di trasporto pubbliche degli oneri, o dei maggiori oneri (dovuti a lievitazione della spesa, o a diminuzione delle entrate, in un dato esercizio) relativi al servizio postale suindicato. Conseguenze che, sebbene quantificabili, rimarrebbero cosi' non sorrette dalla previsione di adeguata copertura, previsione prescritta anche relativamente alla finanza pubblica derivata. 2. - La questione non e' fondata. Non e' esatto che la disciplina del servizio postale in tema di accettazione, trasporto e consegna degli effetti postali ad opera dei concessionari di autolinee, desumibile dal T.U. approvato con il d.P.R. n. 156 del 1973, non indichi i mezzi per far fronte alle spese derivanti allo Stato dalla predisposizione e dall'esecuzione del servizio medesimo. Va premesso che il Testo unico in esame e' stato predisposto in base all'art. 6 della legge 28 ottobre 1970, n. 775, recante delega al Governo a provvedere alla raccolta delle disposizioni in vigore nella materia di cui trattasi e che fra queste era compresa la legge 8 gennaio 1952, n. 53. L'art. 3 del d.P.R. n. 156 del 1973 precisa che sono abrogate le disposizioni incompatibili con quelle del Testo unico stesso, cosi' lasciando in vigore quelle compatibili. E fra tali disposizioni rimaste in vigore deve annoverarsi quella contenuta nell'art. 8 della detta legge n. 53 del 1952, il quale prevede che "alla spesa occorrente si fara' fronte con lo stanziamento iscritto al capitolo 30 dello stato di previsione della spesa del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni per l'esercizio finanziario 1950-1951 ed ai corrispondenti capitoli degli esercizi successivi" (cfr. anche la diversa copertura prevista, solo per l'esercizio 1963-1964, dall'art. 3 della legge 21 giugno 1964, n. 559, recante modificazioni alla legge n. 53 del 1952). Quanto alla legislazione sopra richiamata in materia di ripianamento dei disavanzi delle aziende di trasporto, e' da rilevare anzitutto che con la legge 10 aprile 1981, n. 151 (Legge quadro per l'ordinamento, la ristrutturazione e il potenziamento dei trasporti pubblici locali) - mentre e' stabilito che, in linea di principio, tali disavanzi sono coperti mediante contributi regionali determinati annualmente secondo dati criteri - e' istituito presso il Ministero del tesoro il Fondo nazionale per il ripiano dei disavanzi di esercizio delle aziende di trasporto pubbliche e private esercenti i trasporti pubblici ora indicati (art. 9), ponendosi tali disavanzi a carico dello Stato nei limiti quantitativi del Fondo annualmente fissati. Con il sopravvenuto decreto-legge n. 833 del 1986, convertito nella legge n. 18 del 1987, poi, e' disposto che i disavanzi di esercizio delle aziende pubbliche e private relativi agli esercizi 1982, 83, 84, 85, 86, non coperti dai contributi regionali, sono assunti per il 70 per cento dalle regioni, e che le regioni, e cosi' gli enti locali, per il 20 per cento, possono contrarre mutui con la Cassa depositi e prestiti. Ora, a ben vedere, l'assunto dell'ordinanza di rimessione e' che la stessa legislazione di ripianamento, per un verso dimostri la necessarieta', secondo il sistema, della refluenza dei disavanzi di esercizio delle aziende pubbliche di trasporto a carico dello Stato, per altro verso denunci sintomaticamente la violazione dell'art. 81, quarto comma, della Costituzione da parte della disciplina relativa al servizio postale in argomento. Senonche', a parte ogni riserva circa la necessarieta' suindicata, in tanto potrebbe fondatamente addebitarsi alla norma impugnata di non avere indicato i mezzi di copertura delle maggiori spese che sarebbere derivate allo Stato dai disavanzi delle aziende concessionarie dovuti a inadeguatezza (successiva) delle entrate (canoni) o a lievitazione delle spese di esercizio, in quanto fosse dimostrato, come l'ordinanza di rimessione postula, che tali emergenze finanziarie negative fossero esattamente prevedibili nelle quantita' e nei tempi. Ma tale esatta prevedibilita' non puo' desumersi ex post dal ricorso alla legislazione di ripiano, ne' e' altrimenti dimostrata.