ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  54, primo
 comma, della legge 26 luglio 1975,  n.  354  (Norme  sull'ordinamento
 penitenziario  e sulla esecuzione delle misure privative e limitative
 della liberta'), nel testo sostituito ad  opera  dell'art.  18  della
 legge  10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento
 penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e  limitative
 della  liberta'), promosso con ordinanza emessa il 18 aprile 1988 dal
 Tribunale di sorveglianza di Torino nel procedimento di  sorveglianza
 su  domanda di Mastronardo Francesca, iscritta al n. 559 del registro
 ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1988.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 9 febbraio 1989 il Giudice
 relatore Giovanni Conso.
    Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Torino, con ordinanza
 del 18 aprile 1988, ha sollevato, in riferimento agli artt.  3  e  27
 della  Costituzione,  questione  di  legittimita' dell'art. 54, primo
 comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, quale sostituito ad  opera
 dell'art. 18 della legge 10 ottobre 1986, n. 663, "nella parte in cui
 prevede la concessione della riduzione pena per il periodo  trascorso
 in detenzione domiciliare";
      che  nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
    Considerato  che,  con specifico riguardo all'affidamento in prova
 al servizio sociale, questa Corte ha gia' avuto modo di precisare che
 tale misura "costituisce non una misura alternativa alla pena, ma una
 pena essa stessa, alternativa alla detenzione, o, se  si  vuole,  una
 modalita'  di esecuzione della pena, nel senso che viene sostituito a
 quello  in  istituto  un  trattamento  fuori  dell'istituto,  perche'
 ritenuto piu' idoneo, sulla base dell'osservazione, al raggiungimento
 delle finalita' di prevenzione e di emenda, proprie  della  pena",  e
 cio'  in  quanto  "il  periodo  trascorso in affidamento (nell'ambito
 della durata complessiva, che e' e rimane unica, della pena inflitta)
 comporta  per  il condannato l'osservanza di prescrizioni restrittive
 della sua liberta' e insieme la soggezione, pur se in  un  quadro  di
 assistenza,  ai  costanti controlli del servizio sociale nonche' alla
 vigilanza del magistrato di sorveglianza"  (v.   sentenza  n.185  del
 1985; e, analogamente, sentenze n. 312 del 1985 e 343 del 1987);
      che  le medesime argomentazioni sono estensibili alla detenzione
 domiciliare, costituendo anch'essa "non una misura  alternativa  alla
 pena",  ma  una pena "alternativa alla detenzione o, se si vuole, una
 modalita'  di  esecuzione  della  pena",  caratterizzata  -  al  pari
 dell'affidamento   in   prova   -  dalla  soggezione  a  prescrizioni
 limitative della liberta',  sotto  la  vigilanza  del  magistrato  di
 sorveglianza  e  con  l'intervento  del servizio sociale, il tutto al
 fine di garantire le finalita' rieducative della pena  stessa,  senza
 contare  che la misura della detenzione domiciliare e' dalla Corte di
 cassazione ritenuta di  contenuto  "meno  favorevole  al  condannato"
 rispetto all'affidamento in prova al servizio sociale;
      e  che,  quindi,  la  questione  proposta deve essere dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi dinanzi
 alla Corte costituzionale;