LA CORTE D'APPELLO
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al
 n. 44/1984 ruolo  generale  tra  Ferrara  Alfonso,  Ferrara  Antonio,
 Gentile  Francesca,  Ferrara  Mario, Ferrara Caterina (gli ultimi tre
 quali eredi di Ferrara Francesco),  appellanti  (avv.  P.  Colarieti,
 proc.  D.  Stabile,  proc.  R.  Ferrara) contro la S.r.l. Cooperativa
 Salvo  D'Acquisto  con  sede  in  Agropoli  in  persona  del   legale
 rappresentante  pro-tempore (avv. V. Milite) e il comune di Agropoli,
 in persona del sindaco pro-tempore (avv. V. Milite) appellati;
    Ritenuto   che   l'ente  espropriante,  dopo  aver  depositato  la
 indennita' provvisoria, non accetta dai proprietari germani  Ferrara,
 ha pronunciato la sua espropriazione del suolo de quo in favore della
 cooperativa edilizia Salvo D'Acquisto S.r.l., con decreto del sindaco
 di  Agropoli n. 11061 del 20 ottobre 1983, in esecuzione del piano di
 zona per l'edilizia economica e popolare  ed  in  applicazione  degli
 artt.  10,  11,  12  e  13  della legge 22 ottobre 1871, n. 865, come
 modificata con legge n. 247/1974 e con legge n. 10/1977;
      che Ferrara Alfonso ed Antonio e gli eredi di Ferrara Francesco,
 dopo  la  notifica  del  decreto   di   espropriazione,   proponevano
 opposizione  avverso  la  indennita'  indicata  in detto decreto, con
 citazione 2 febbraio 1984 innanzi questa corte di appello;
      che  la  cooperativa  S.  D'Acquisto  ed  il comune di Agropoli,
 convenuti, eccepivano  la  improponibilita'  della  domanda  mancando
 l'atto  impugnabile  con la opposizione (art. 19 della legge citata),
 cioe'  la  determinazione  della  indennita'  definitiva   da   parte
 dell'u.t.e.  su  richiesta  del  comune  a  norma dell'art. 15 stessa
 legge;
      che  neppure  nella more del giudizio, pur essendo decorsi oltre
 cinque anni dalla emissione del decreto di esproprio, tale indennita'
 e'  stata  determinata, notificata e pubblicata per la totale inerzia
 del comune;
    Ritenuto   che   tale   comportamento   omissivo   della  pubblica
 amministrazione  e'  certamente   lesivo   del   diritto   soggettivo
 dell'espropriato a conseguire la indennita' dovutagli (art. 42, terzo
 comma, della Costituzione, art. 834 del c.c., art. 24 della legge  25
 giugno  1895,  n.  2359,  artt.  11, 13 e 15 della legge n. 865/1971,
 legge  n.  247/1974,  legge  n.  10/1977)  e  ad  opporsi  a   quella
 determinata in misura eventualmente incongrua;
      che,  mentre  nella  ipotesi  di  avvenuta determinazione u.t.e.
 della indennita' definitiva (art. 15  della  legge  n.  865/1971)  e'
 previsto uno specifico mezzo di difesa del diritto insufficientemente
 indennizzato, mediante la opposizione alla stima innanzi  alla  corte
 di  appello (art. 19 della legge citata), la stessa legge, viceversa,
 non prevede alcun mezzo di tutela innanzi al g.o. contro  l'omissione
 di   tal   procedimento   di   determinazione  da  parte  della  p.a.
 espropriante, lasciando cosi' il titolare del diritto  soggettivo  in
 posizione  inerme di attesa per un tempo indefinito; non e' previsto,
 infatti, nell'art. 15 della  legge  piu'  volte  citata,  un  termine
 perentorio  per  la p.a. entro cui effettuare la richiesta all'u.t.e.
 (e poi notificarne, depositarne e pubblicarne l'esito), ne' nell'art.
 19  e' prevista l'azione diretta del proprietario o altro interessato
 per ottenerne, una volta decorso inutilmente il detto termine,  dalla
 stessa  corte  di  appello  la determinazione in sede giurisdizionale
 ordinaria di  quella  indennita'  definitiva  la  cui  determinazione
 (opponibile)  e'  mancata  in  sede  amministrativa per comportamento
 omissivo della pubblica amministrazione o altro ente espropriante;
    Considerato   che,   nella   situazione  denunciata  non  sembrano
 percorribili altre vie a tutela del diritto leso: invero la omissione
 predetta  non pare possa viziare, rendendolo illegittimo (entro quale
 tempo  di  omissione?)  -  il  procedimento  espropriativo,  svoltosi
 legittimamente  fino  al  decreto  di  esproprio e residuando solo il
 soddisfacimento   del   diritto   alla   indennita',   sicche'   tale
 illegittimita'  possa  farsi  valere innanzi al giudice ordinario con
 l'azione di risarcimento  del  danno.  A  questa  soluzione  potrebbe
 pervenirsi  solo  se  si  ritenesse  che  la efficacia del decreto di
 esproprio sia subordinata, quasi come da una  condizione  risolutiva,
 alla  determinazione  definitiva dell'indennita', sicche' la mancanza
 di essa determinerebbe, ex tunc, la  illegittimita'  del  decreto.  A
 questa  costruzione  manca, tuttavia, oltre la dubbia ipotizzabilita'
 teorica di effetti illigittimanti ex post, il termine essenziale  per
 determinare   il   momento   generativo   di  siffatto  effetto,  non
 rintracciabile  in  alcuna  disposizione  di  legge,  salvo  a  farlo
 coincidere   con   il   termine   entro   il   quale   "compiersi  le
 espropriazioni" previsto nella  dichiarazione  di  pubblica  utilita'
 (art.  13  della legge 25 giugno 1865, n. 2359, e art. 11 della legge
 n. 865/1971) con una estensione, a fini non previsti, della  funzione
 di tal termine, che non sembra consentita in via interpretativa;
    Non  appare neppur possibile il ricorso all'art. 1183 del c.c. per
 il divieto posto alla a.g.o. di  ordinare  un  facere  alla  pubblica
 amministrazione  e tanto meno far ricorso al giudice ordinario per la
 realizzazione del diritto di credito alla indennita', poiche' per  la
 sua   determinazione   e'   specificamente  previsto  un  preliminare
 procedimento amministrativo ex art. 15 della legge n. 865/1971;
    Ne'  sembra  utilizzabile,  come  ulteriore  tentativo  di rimedio
 alternativo,  il  ricorso  al  procedimento  per  la  formazione  del
 silenzio  -  rifiuto  mediante  diffida  alla  p.a. a compiere l'atto
 omesso, ricorrendo, poi,  nella  persistenza  della  omissione,  alla
 tutela  giurisdizionale  amministrativa. In tal modo, infatti, quello
 che  senza  alcun  dubbio  e'   un   diritto   soggettivo,   verrebbe
 affievolito,  paradossalmente  proprio  per  assicurarne la tutela, e
 parificato ad un interesse legittimo, come effetto della mancanza  di
 una  azione che alla difesa e realizzazione di tal diritto, nella sua
 natura propria, sia preordinata, cioe' innanzi al giuudice ordinario;
    Da  quando innanzi deriva che, nella situazione esposta non sembra
 sussista  possibilita'  di  agire  in  giudizio  per   la   rimozione
 dell'ostacolo  all'esercizio  del  diritto  soggettivo  indicato  ne'
 tutela giurisdizionale adeguata al  diritto  leso  e,  comunque,  una
 cosi'  grave  incertezza sui mezzi giuridici utilizzabili finisce, in
 concreto, per vanificare la tutela del diritto;
    Ritiene  pertanto la Corte che non sia manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzionale, per contrasto con gli artt.
 24,  primo  comma, e 42, terzo comma, della Costituzione, delle norme
 denunciate, questione che, con la presente, si solleva di  ufficio  e
 precisamente:
       a)  dell'art. 15 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, nel testo
 sostituito dall'art. 14 della legge 28 gennaio  1977,  n.  10,  nella
 parte  in cui non prevede la prefissione dei termini perentori per il
 compimento delle attivita' previste  in  detta  norma  (richiesta  di
 determinazione  della indennita' e successiva comunicazione, deposito
 e pubblicita' della indennita' determinata;
       b)  dell'art.  19  stessa  legge innanzi citata come modificato
 dalla legge n. 10/1977 nella parte in cui, accanto  alla  apposizione
 alla  stima  effettuata  dall'u.t.e.  non  prevede,  per  il  caso di
 omissione da parte dell'espropriante delle attivita' di cui  all'art.
 15,  il  ricorso  diretto  del proprietario e degli altri interessati
 alla corte di  appello  competente  per  territorio,  ai  fini  della
 determinazione    giudiziaria    della   indennita'   definitiva   di
 espropriazione;
    Ritenuto altresi' che la questione sollevata sia rilevante ai fini
 della decisione della presente causa in  quanto  la  declaratoria  di
 incostituzionalita'  delle  norme  denunciate, nei sensi prospettati,
 potrebbe caducare la eccezione  di  improponibilita'  della  domanda,
 sollevata   dai   convenuti   proprio   in   riferimento  all'attuale
 formulazione delle norme denunciate, e fornire alla  corte  il  mezzo
 giuridico  per  pronunciare  nel  merito  della  domanda  intesa come
 determinazione della indennita'  definitiva  non  eseguita  dall'ente
 espropriante;