IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella controversia iscritta al n. 324/1987 ruolo generale, sezione lavoro, promossa da Naldi Pietro, elettivamente domiciliato in Bologna in via Indipendenza n. 24, presso lo studio dell'avv. Dario Bompani, che lo rappresenta e difende come da mandato a margine del ricorso, ricorrente, contro la ditta Marzocchi S.p.a., elettivamente domiciliata in Bologna in via San Felice n. 65, presso lo studio dell'avv. Giuseppe Camorani Scarpa, che la rappresenta e difende come da mandato a margine della memoria di costituzione, convenuto. In punto a: "Mancata assunzione invalido civile". SVOLGIMENTO DEL PROCESSO 1. - Pietro Naldi, deducendo di essere stato avviato al lavoro dall'ufficio del lavoro di Bologna presso la S.p.a. Marzocchi di Zola Predosa, quale invalido civile ai sensi della legge n. 482/1968 e di non essere stato assunto dall'impresa, "sul dato che egli fosse affetto da minorazione di natura psichica, tale veniva considerata la 'sindrone di Down', nonostante la contraria precisazione della U.S.L. 20 di Casalecchio di Reno"; deducendo di aver "diritto all'assunzione e al conseguente trattamento economico", ha chiamato in giudizio la societa' Marzocchi, precisando le domande come alle conclusioni che si trascrivono di seguito: "in via principale: dato atto che il Naldi e' disoccupato, dichiarare che dall'8 aprile 1986 o dalla diversa data che verra' ritenuta di giustizia e' in atto tra il ricorrente e la Marzocchi S.p.a. un rapporto di lavoro subordinato e pertanto condannare la convenuta, con sede in Zola Predosa, via Grazia n. 2, in persona del legale rappresentante, al pagamento delle mensilita' di retribuzione non corrisposte dall'8 aprile 1986 o dalla data che risultera' di giustizia, alla data della sentenza, sulla base di una retribuzione mensile di L. 1.200.000 o di quella diversa risultante; in via subordinata: ai sensi dell'art. 2932 del c.c. costituire gli effetti del contratto di lavoro non concluso tra Naldi Pietro e la Marzocchi S.p.a. e conseguentemente condannare quest'ultima in persona del legale rappresentante, con sede come sopra detto, al risanamento del danno subito eventualmente comprensivo, atteso lo stato di disoccupazione del ricorrente, delle mensilita' di retribuzione non corrisposte dall'8 aprile 1986 o dalla diversa data risultante, alla data della sentenza, sulla base di una retribuzione mensile di L. 1.200.000 o di quella diversa risultante; in via di estremo subordine: condannare la Marzocchi S.p.a., in persona del legale rappresentante, con sede gia' precisata, al risarcimento dei danni patiti, atteso l'attale stato di disoccupazione del ricorrente, che si indicano nell'importo equivalente alle mensilita' di retribuzione non corrisposte dall'8 aprile 1986 alla data della sentenza, sulla base di una retribuzione mensile di L. 1.200.000 o di quella diversa risultante, dei danni patiendi da valutarsi in via equitativa oltre che del danno previdenziale da valutarsi anch'esso in via equitativa". 2. - La societa' Marzocchi si e' costituita in giudizio. Ha dedotto che essa operava nel settore metalmeccanico della lavorazione di materiali ferrosi con macchinari di grande potenza: in relazione alla struttura dell'azienda e al tipo di lavoro non esisteva "un posto di lavoro compatibile con il particolare stato" del ricorrente. La societa' aveva contestato nei confronti dell'ufficio del lavoro la legittimita' dell'avviamento fatto ed ha contestato in giudizio di avere l'obbligo di assumere come lavoratore un "irregolare psichico", richiamando in proposito la specifica sentenza n. 52 del 22 febbraio 1985 della Corte costituzionale. 3. - Dopo il tentativo di conciliazione, dopo l'interrogatorio delle parti, sono state chieste ed ottenute informazioni all'ufficio del lavoro sui precedenti avviamenti al lavoro del ricorrente. Il pretore ha quindi disposto un accertamento tecnico medico-legale, affidato al prof. Pier Ludovico Ricci, dell'Universita' di Bologna, sulle infermita' riscontrabili nel ricorrente, ai fini dell'avviamento obbligatorio al lavoro di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482. E' stato anche disposto un accertamento tecnico affidato all'ispettore del lavoro dott. Dalmonte per accertare se, tenuto conto delle condizioni di lavoro in atto nell'impresa Marzocchi e delle infermita' del lavoratore ricorrente, questo potesse essere occupato nell'azienda ai sensi di quanto previsto dalla legge n. 482/1968. 4. - Dopo il deposito delle relazioni dei consulenti tecnici la causa e' stata discussa. MOTIVI DELLA DECISIONE 1. I fatti della controversia. - I fatti del processo hanno messo in evidenza, come sempre piu' frequentemente avviene nei casi di giudizio sull'avviamento obbligatorio di invalidi civili, il contrasto subito sorto tra l'impresa cui l'invalido viene avviato e l'ufficio del lavoro, che ha provveduto al collocamento coattivo del lavoratore iscritto nelle liste degli invalidi. In questo caso, prima ancora del conflitto di interessi tra il lavoratore e la societa' imprenditrice, e' emerso il rifiuto motivato da parte dell'impresa; si nega nei confronti dell'ufficio del lavoro l'obbligo di assumere la persona avviata. 1.1. - Nella lettera all'ufficio del lavoro la societa' comunica: "Non accettiamo tale collocamento obbligatorio in quanto il sig. Naldi e' affetto da sindrome di Down. Saprete infatti che la Corte di cassazione ha affermato, in una sentenza, che nei confronti dei cosiddetti irregolari psichici non e' possibile quell'accertamento sanitario che la legge delle assunzioni obbligatorie rimette ad un collegio medico, al fine di stabilire se la natura e il grado dell'invalidita' sia in concreto dannoso per la salute e incolumita' dei compagni di lavoro, nonche' per la sicurezza degli impianti. L'obbligo di assunzione da parte delle aziende e' infatti subordinato all'esito positivo di questo accertamento, che sarebbe inconcepibile nei confronti di soggetti affetti da minorazioni psichiche, poiche' l'imprevedibilita' delle loro azioni non consente di accertare preventivamente che il rapporto di lavoro si svolga in condizioni di sicurezza". 1.2. - Dopo la risposta dell'ufficio del lavoro, che ribadisce che al Naldi, "quale portatore di menomazione fisica superiore ad un terzo", si applica l'art. 5 della legge n. 482/1968, l'impresa cosi' risponde: "La Corte di cassazione ha affermato l'assoluta irrilevanza delle cause, psichiche o organiche, che determinano la menomazione. Il sig. Naldi e' affetto da sindrone di Down e trattasi di una anomalia congenita caratterizzata da deficenza di sviluppo psichico...". 1.3. - Dall'interrogatorio del ricorrente, cosi' come e' risultato documentato nel libretto di lavoro e dalle informazioni, risulta che egli aveva lavorato, a seguito di avviamento obbligatorio, dal 1977 al 1984 come operaio in una impresa. 2. La valutazione medico legale. - Il consulente prof. Pier Ludovico Ricci ha riferito della visita fatta ed ha descritto le condizioni del ricorrente. Ha concluso la valutazione con l'affermazione che il Naldi "come mongoloide, e' perfettamente sano, anzi rappresenta il meglio della categoria: robusto, sano disinvolto, attento ed anche intelligente". "L'evoluzione mentale puo' confrontarsi con quello di un bambino di 9 anni cui sia stata tolta la vivacita' espressiva". Aggiunge il professore Ricci: "Invece, andando al confronto, rimane un mongoloide, cioe' un soggetto gravemente menomato in tutte le sue espressioni fisiche e corrispettivamente funzionali. Ma non e' la menomazione fisica voluta dall'art. 5, che riguarda, come si e' appena detto, un soggetto cosiddetto normale, e con esso i corrispettivi funzionali, ivi comprese le espressioni psichiche. Pero', scendendo nella scala sociale, si trovano molti altri soggetti, che equivalgono ai mongoloidi, che vengono assunti come invalidi civili, per solo difetto fisico, ed anzi ricercati per il lavoro, proprio per la loro 'umilta''. Di solito riguardano gli uomini di fatica per la sola utilita' del datore di lavoro. Nel caso in esame verrebbe scelto il soggetto innocuo e certamente poco produttivo per uno scopo sociale, che del resto e' alla base dell'assunzione obbligatoria, di cui si discute. Correndo il rischio di diventare monotoni nella ripetizione, non si riesce allora a comprendere perche' il predetto uomo di fatica, che vale quanto un mongoloide, venga assunto partendo dal metro espresso dal medesimo e non dal confronto, e cio' non debba avvenire per il mongoloide. Non si potra' certamente rispondere: in quanto la loro produttivita' e' diversa. Sono entrambi idonei se rimangono nella categoria e non soggiacciono alle 'leggi' del mercato di lavoro che, se applicate crudamente, debbono esserlo per tutti". Il consulente, nel concludere la valutazione medico-legale chiestagli, afferma che il ricorrente "poteva essere assunto obbligatoriamente al lavoro, solo in rapporto alla complessiva menomazione fisica e funzionale che scaturisce dal confronto con la presunta normalita' degli altri. La sua capacita' lavorativa e' in tal senso ridotta di oltre 2/3 (circa il 70%, come e' gia' stato detto dall'apposita commissione). Non risulta inoltre pericoloso per se' e per gli altri e per la sicurezza degli impianti, purche' immesso in un ambiente idoneo". 3. La valutazione del tecnico del lavoro. - Il consulente dott. Dalmonte, dopo un accurato esame analitico dell'azienda Marzocchi e delle condizioni del Naldi, formulate secondo le indicazioni e le valutazioni congiuntamente concordate con il consulente medico-legale, ha espresso il giudizio che era possibile inserire il Naldi nel reparto di montaggio degli ammortizzatori per lo "svolgimento di mansioni quali quelle dell'inserimento delle guarnizioni di gomma in piccoli particolari gia' preparati, l'attacco di decalcomanie, la pulizia e la preparazione di alcuni particolari costituenti l'ammortizzatore". Ha aggiunto che tali mansioni appaiono compatibili con l'invalidita' e non sono pericolose, ne' per lui ne' per gli altri lavoratori e che l'inserimento del ricorrente puo' "in concreto essere attuato senza imporre alla Marzocchi S.p.a. alcun obbligo, generico o specifico, di modificare le strutture aziendali o la distribuzione dell'impiego della mano d'opera". 4. I criteri interpretativi delle norme. - Alla stregua di tali acquisizioni di fatto e delle valutazioni dei consulenti tecnici, si potrebbe pervenire all'accoglimento della domanda, secondo la interpretazione costante data da questo giudice alle norme da applicare. Si e' giudicato e si ritiene, secondo l'orientamento tuttora comune ad altri giudici della sezione e ad altri organi giudiziari di merito e un tempo seguito anche dalla stessa Corte di legittimita', che la dizione usata dall'art. 5 della legge n. 482/1968: "Sono considerati invalidi civili coloro che siano affetti da minorazioni fisiche...", vada interpretata nel complesso sistematico delle norme della legge n. 482/1968 e delle altre norme del nostro ordinamento in tema di tutela e di avviamento al lavoro di persone svantaggiate, in maniera diversa da quella ora seguita dalla maggioranza dei giudici, ivi compresa la Corte di cassazione. Riassumendo molto sistematicamente tale interpretazione, si ritiene che la disposizione citata non possa costituire la base per la creazione, la definizione e la disciplina giuridica delle contrapposte categorie degli "invalidi civili fisici" e degli "invalidi civili psichici"; la prima categoria compresa nell'applicazione dell'avviamento obbligatorio al lavoro; la seconda esclusa, in virtu' della disposizione citata. Si ritiene che la enunciazione delle due categorie, con il conseguente effetto giuridico di cui si e' detto, costituisca una elaborazione interpretativa, certamente consentita dalla lettera della norma, ma basata su una specifica discutibile concezione culturale medico-sociale (di cui ha fatto menzione anche il prof. Ricci); una interpretazione che non discende per necessita' dalla lettera e dalla logica della disposizione; che appare anche in contrasto con il complesso sistema normativo dell'avviamento al lavoro degli invalidi, da interpretare in senso costituzionale, anche alla luce delle norme degli artt. 3, 4 e 28 della Costituzione. In estrema sintesi si espone la interpretazione ritenuta corretta e costituzionalmente legittima. La disposizione riportata dall'art. 5 riguarda soltanto le conseguenze di riduzione della "capacita' lavorativa" dell'invalido civile, intesa ed indicata come materiale possibilita' di applicazione della forza fisica dell'organismo umano. In tale ottica del lavoro subordinato, strettamente ergonomica, come svolgimento di una mera attivita' materiale, l'uso da parte della legge della dizione "minorazioni fisiche" ha la funzione di individuare un criterio medico-legale tradizionale di misurazione della riduzione della "capacita' lavorativa". A criterio del giudice la disposizione non consente di derivarne la categoria giuridica dei c.d. "invalidi psichici", non espressa dalla legge, come contrapposta a quella degli "invalidi fisici": e, pertanto, di giudicare in base ad essa che i lavoratori che fossero considerati appartenere alla prima sarebbero esclusi dalla categoria (questa si', normativa) degli "invalidi civili", e percio' dalla applicazione del collocamento. Si osserva che la esclusione dalla concreta applicazione del collocamento obbligatorio al lavoro di cui alla legge n. 482/1968, per coloro che presentano carenza di capacita' lavorativa e che siano stati dichiarati invalidi civili ed inseriti nelle liste speciali, a causa di menomazioni intellettuali e/o volitive, cioe' di comportamento, si potrebbe avere ai sensi dell'art. 20 della legge, sia nella ipotesi in cui la "natura... dell'invalidita' possa riuscire di pregiudizio alla salute o all'incolumita' dei compagni di lavoro e alla sicurezza degli impianti", oppure ai sensi dell'art. 10 "quando sia accertata la perdita di ogno capacita' lavorativa o di aggravamento di invalidita' tale da determinare pregiudizio alla salute ed incolumita' dei compagni di lavoro, nonche' alla sicurezza degli impianti". In sostanza, senza approfondire in questa sede l'analisi ermeneutica del sistema normativo che ha integrato negli anni le disposizioni della legge n. 482/1968, si puo' ritenere che la valutazione della possibilita' dell'avviamento obbligatorio degli svantaggiati, nell'ambito delle categorie specificamente previste dalla legge n. 482/1968 (art. 2 "invalidi di guerra"; art. 3 "invalidi per servizio"; art. 5 "invalidi civili"; art. 6 "privi della vista"; art. 7 "sordomuti";) e delle relative liste, debba essere fatta con riferimento al singolo lavoratore ed alle sue specifiche menomazioni, alle attitudini e alle capacita' lavorative residue e alla eventuale pericolosita' ed alla situazione del posto di lavoro, solo con riferimento concreto ad ogni singolo caso, ove sussistano ipotesi di non controllabilita' di comportamento; cio' sia da parte dell'ufficio del lavoro nella gestione amministrativa dell'avviamento, sia da parte delle commissioni mediche, sia, infine e residualmente, dal giudice nei casi di controversia. 5. La rilevanza della gestione. - Ribadito sommariamente l'orientamento interpretativo che si e' seguito fin qui - espressione del diritto - dovere del giudice di soggezione "soltanto alla legge" (art. 101 della Costituzione) - si prende atto che la maggioranza della giurisprudenza edita segue una diversa interpretazione delle norme; quella per cui l'art. 5 della legge 2 aprile 1968, n. 482 "esclude dall'ambito di applicazione della stessa legge la categoria degli invalidi civili affetti da minorazione di natura psichica". Tale interpretazione certamente costituisce la maggioranza del c.d. "diritto vivente", ove si faccia riferimento agli orientamenti della giurisprudenza ordinaria. In virtu' della constatazione di tale orientamento interpretativo, di cui non si possono non prevedere le possibili conseguenze nella risoluzione della controversia tra il ricorrente e la impresa convenuta in giudizio, si giudica rilevante ai fini della decisione la questione della legittimita' costituzionale dell'art. 5 citato, secondo la interpretazione da ultimo riferita, per il possibile contrasto con gli artt. 3, 4 e 38 della Costituzione; questione di legittimita' che si intende sollevare di ufficio e rimettere alla Corte costituzionale. 6. Le ragioni della eccezione di legittimita'. - La questione se la interpretazione della norma di cui si e' detto violi le norme della Costituzione, in particolare gli artt. 3, primo e secondo comma, 4, primo comma, 38, terzo comma, e' stata ripetutamente sollevata e rimessa al giudizio della Corte costituzionale, con una ampia gamma di deduzioni e di argomentazioni. Da ultimo, in particolare, il tribunale di Milano con ordinanze emesse il 7 ottobre e il 2 dicembre 1987 aveva sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 5 della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private) con riferimento all'art. 3 della Costituzione per la disparita' di trattamento che esso determina tra invalidi civili affetti da infermita' di natura psichica, i quali sono esclusi dall'assunzione obbligatoria al lavoro, e invalidi di guerra, di lavoro o di servizio, per i quali non sussiste tale esclusione anche in presenza di identico deficit funzionale produttivo della riduzione della capacita' di lavoro". Secondo il tribunale di Milano, "la menzionata disparita' di trattamento della invalidita' in relazione all'occasione che ha prodotto l'invalidita' stessa trasmoda nell'irrazionalita' allorche' diventi esclusione degli invalidi civili psichici da ogni opportunita' di inserimento in un contesto produttivo protetto". "Le considerazioni politiche che inducono a trattare con particolare favore gli invalidi di guerra, del lavoro o per servizio," prosegue l'ordinanza "non possono giustificare dal punto di vista dell'art. 3 della Costituzione la esclusione degli invalidi psichici dall'avviabilita' al lavoro in un sistema legislativo che, in via generale, ammette l'avviamento per i primi". Peraltro tale questione e' stata ritenuta non fondata dalla Corte costituzionale, con sentenza n. 1088 del 30 novembre 1988. In tale decisione e' stato affermato che "e' rimessa al legislatore la determinazione di adeguati rimedi operando valide e meditate scelte legislative sulla base degli opportuni rilevamenti ed apprezzamenti tecnici, nell'ambito di soluzioni le piu' confacenti ed idonee, ancorche' diversificate, con una normazione esaustiva intesa a soddisfare le esigenze prospettate nell'attuazione dei richiamati precetti costituzionali". Si prende atto di tale decisione e si concorda con l'auspicio espresso dalla Corte che l'intera materia del collocamento degli svantaggiati sia rielaborata dal Parlamento, posto che anche l'esperienza giurisprudenziale quotidiana mette in evidenza le incertezze oggettive e le difficolta' di interpretazione e di applicazione della intera normativa; incertezze e difficolta' che sono fonte non solo di gravi sofferenze individuali, ma anche di disordine e di corruzione morale e sociale e che non si possono contrastare efficacemente nei singoli casi. Si prende anche atto che nella stessa sentenza la Corte dichiara che "a tutt'oggi nulla e' stato fatto (dal Parlamento), mentre le rilevate esigenze si sono fatte piu' pressanti ed urgenti... per cui la auspicata disciplina della materia e' ormai indilazionabile". La Corte afferma anche: "se sara' ancora una volta chiamata ad esaminare altri incidenti nella stessa materia, non potra' sottrarsi, superate le esigenze contingibili del fenomeno, ad una decisione che applichi rigorosamente i precetti costituzionali...". Di fronte a tale severo ammonimento del supremo organo della legalita' costituzionale il giudice ordinario ha il dovere di recepire la indicazione fornita dalla Corte, perche' il richiamo ai precetti costituzionali non resti una predica inutile, per quanto gli compete. E' quanto basta per ritenere non manifestamente infondata la questione della legittimita' costituzionale della norma. In particolare, per quanto concerne il profilo dell'art. 3 della Costituzione, il criterio si rinviene nelle parole usate dalla Corte nella sentenza n. 163/1983: non sono ammissibili "sul piano costituzionale, oltre che su quello morale"... "le esclusioni e limitazioni dirette a relegare in situazioni di isolamento e di assura discriminazione soggetti che, particolarmente colpiti nella loro efficienza fisica o mentale, hanno all'incontro, pieno diritto di inserirsi nel mondo del lavoro, specie in un paese come il nostro di intesa socialita' e nel quale tutti i cittadini hanno diritto di concorrere all'organizzazione politica, economica e sociale del paese (art. 3 della Costituzione), ed, in particolare, hanno diritto al lavoro in una Repubblica impegnata a promuovere le condizioni per rendere effettivo tale diritto". Tale affermazione e' rafforzata dal riferimento che va fatto all'art. 4, primo comma, per cui "la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto". Inoltre la indicazione e' resa specifica dal precetto dell'art. 38, secondo comma, per cui "gli inabili ed i minorati hanno diritto... all'avviamento professionale". Per queste ragioni si rimette alla Corte la questione, per una decisione "che applichi rigorosamente i precetti costituzionali".