IL PRETORE
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella controversia iscritta
 al n. 324/1987 ruolo generale, sezione  lavoro,  promossa  da  Ricchi
 Alessandro,  elettivamente domiciliato in Bologna in via Mattuiani n.
 5, presso lo studio dell'avv. Elena Passanti, che  lo  rappresenta  e
 difende  come  da  mandato in calce al ricorso, ricorrente, contro la
 ditta Weber S.r.l.  in persona  del  suo  procuratore,  con  sede  in
 Torino,  ed elettivamente domiciliato in Bologna in via Zamboni n. 9,
 presso lo studio  dell'avv.  Germano  Dondi,  che  la  rappresenta  e
 difende  come  da mandato in calce alla copia notificata del ricorso,
 convenuta.
   In  punto  a:  "Assunzione  ope  legis  ex  art.  5  della legge n.
 482/1968".
                        Svolgimento del processo
    1.  -  Alessandro  Ricci  ha  dedotto  che l'ufficio del lavoro di
 Bologna lo aveva avviato al lavoro  con  la  qualifica  di  impiegato
 presso  la  S.r.l.  Weber,  ai  sensi  della legge n. 482/1968, quale
 invalido civile iscritto nelle apposite liste.
    La  societa',  dopo  "aver  provveduto a farlo sottoporre a visite
 mediche presso studi medici privati",  aveva  impugnato  di  nullita'
 l'atto  davanti  al  t.a.r. dell'Emilia Romagna ed aveva rifiutato di
 assumerlo al lavoro con la affermazione che,  in  quanto  affetto  da
 epilessia,  "malattia  di natura psichica", non avrebbe dovuto essere
 avviato al lavoro ai sensi dell'art. 5 della legge 2 aprile 1968,  n.
 482.
    Il  ricorrente  ha  dedotto che la epilessia di cui soffriva aveva
 origine,  secondo  gli  accertamenti   specialistici,   in   "lesioni
 organiche del tessuto cerebrale in regione frontale sinistra", ed era
 classificabile  come  "parziale  secondaria,  di  esclusiva   origine
 neurologica...  senza  alcuna manifestazione psichica". Il ricorrente
 ha aggiunto che, nonostante la malattia, aveva conseguito il  diploma
 di  maturita' scientifica; il "quadro sintomatologico e' parzialmente
 dominato dalla terapia... che contiene  le  crisi  per  intensita'  e
 frequenza...";    percio'   non   sussisteva   in   concreto   alcuna
 pericolosita'.
    Nel  ricorso,  dopo  la  contestazione  delle varie argomentazioni
 svolte  dalla  societa'  Weber  davanti  al  t.a.r.  sulla   asserita
 illegittimita'  dell'avviamento disposto dall'ufficio di Bologna e la
 affermazione di  un  diritto  soggettivo  del  lavoratore  ad  essere
 assunto,  sono  state  precisate  le  domande  che  si trascrivono di
 seguito:
      "1)  dichiarare  l'obbligo della S.r.l. Weber ad assumere Ricchi
 Alessandro dalla data dell'avviamento al lavoro del 29 agosto 1987;
      2)  costituire  ex  art. 2932 del c.c. il rapporto di lavoro tra
 Ricchi Alessandro e la Weber S.r.l. con  qualifica  di  impiegato  di
 concetto,  con  conseguente  condanna  della  convenuta  a  pagare al
 ricorrente un importo pari alle retribuzioni contrattuali dovute  per
 il  periodo  intercorso  tra  la  data  di  avviamento e la effettiva
 assunzione;
      3)   in   subordine,   condannare  la  societa'  stessa,  previa
 affermazione dell'obbligo di assunzione,  al  risarcimento  di  danni
 nella misura che risiultera' di giustizia;
      4)  sempre  in  via  subordinata  dichiararsi  rilevante  e  non
 manifestamente   infondata    la    eccezione    di    illegittimita'
 costituzionale dell'art. 5 della legge n. 482/1968 nella parte in cui
 esclude gli invalidi civili psichici della  propria  tutela,  tenendo
 presenti  gli  artt.  1,  2  e  3  della  stessa  legge, in quanto in
 contrasto con l'art. 3 della Costituzione, disponendo la  sospensione
 del  giudizio  e la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale
 con tutti i provvedimenti di legge e del caso".
    2.  -  La  societa' ha eccepito che il procedimento avrebbe dovuto
 essere sospeso ai sensi dell'art. 295 del c.p.c. per la pendenza  del
 giudizio  sulla  legittimita'  dell'atto amministrativo di avviamento
 dell'ufficio del lavoro di Bologna davanti al t.a.r.
    Nel merito la societa' ha dedotto come dalla stessa documentazione
 medica prodotta dal ricorrente risultasse che  la  malattia,  "i  cui
 effetti  si  riverbano  sulla  sfera  volitiva  del  sig. Ricchi" che
 durante le crisi non e' compos sui,  non  poteva  essere  qualificata
 "come puramente fisica".
    Ha  eccepito  che l'atto dell'ufficio del lavoro non era legittimo
 soltanto per la dedotta "incollocabilita' coattiva  degli  irregolari
 psichici",   ma   anche   perche'  l'avviamento  "e'  stato  disposto
 nonostante il sostanziale giudizio di 'pericolosita'' dell'attore che
 ne  avrebbe  dovuto  escludere  l'avviamento,  con  opinabile ricorso
 all'istituto dello scorrimento e sulla base di  una  delibera  (della
 commissione  provinciale per il collocamento obbligatorio) invalida".
    Dopo  aver illustrato tali eccezioni e sostenuto la non fondatezza
 della dedotta questione di legittimita'  costituzionale  dell'art.  5
 della  legge  n. 482/1968 la difesa della societa' ha concluso per il
 rigetto della domanda.
                         MOTIVI DELLA DECISIONE
    1. - La rilevanza della eccezione.
    1.1.  - La eccezione della legittimita' costituzionale dell'art. 5
 della legge 2 aprile  1968,  n.  482,  e'  rilevante  ai  fini  della
 decisione  della  controversia, dato che riguarda la norma posta alla
 base dell'atto di  avviamento  coattivo  al  lavoro,  e  percio'  del
 diritto soggettivo del lavoratore fatto valere in questo giudizio.
    1.2.  - La rilevanza della eccezione non e' affatto scalfita dalla
 pendenza  del  giudizio  di  impugnazione  davanti  al  t.a.r.  della
 legittimita'  dell'atto  di  avviamento  al lavoro. La definizione di
 tale  giudizio  davanti  al  giudice  amministrativo,  oltre  a   non
 vincolare  la  decisione  di  questa controversia, appare a sua volta
 condizionata  e  subordinata  alla  risoluzione  della  questione  di
 legittimita'  costituzionale  della  norma che regola l'avviamento al
 lavoro degli invalidi civili.
    1.3.  -  La rilevanza della questione non e' toccata nemmeno dalle
 altre eccezioni proposte dalla difesa  della  societa'  nei  riguardi
 della  validita' e della efficacia dell'atto di avviamento al lavoro.
 La controversia sulla  applicazione  del  c.d.  scorrimento  tra  gli
 iscritti  alle  varie categorie e liste degli inabili da collocare al
 lavoro e' sicuramente successiva alla  valutazione  della  estensione
 della tutela della legge nei confronti degli "invalidi civili".
    Anche il giudizio sulla "pericolosita'" in concreto del lavoratore
 avviato  e'  condizionato  dal  riconoscimento   della   legittimita'
 dell'atto di avviamento, contestata in radice dal convenuto.
    2. - La fondatezza della questione.
    2.1.  - La questione della legittimita' costituzionale dell'art. 5
 della legge 2 aaprile 1968, n. 482,  in  riferimento  agli  artt.  3,
 primo  e  secondo  comma,  4,  primo  comma,  38,  terzo comma, della
 Costituzione non appare manifestamente infondata: cio' che e' appunto
 sufficiente  per  far  divenire  doveroso al giudice di rimetterne la
 decisione alla Corte costituzionale.
    3.   -   A   sostegno  di  tale  valutazione  si  adducono,  molto
 sinteticamente le seguenti considerazioni.
    3.1.  -  Da  una  parte, innanzitutto, stanno la lettera e l'ampio
 categorico significato normativo dell'art.  38,  terzo  comma,  della
 Costituzione:  "gli inabili e i minorati hanno diritto all'educazione
 e all'avviamento professionale".
    Tale  norma  va  integrata  ed  applicata, nel suo contenuto e nel
 senso, e nella parte in cui ne e' rimessa l'attuazione al  Parlamento
 e  al  Governo,  con  le disposizioni dell'art. 3 e dell'art. 4 della
 Costituzione: con il rispetto del principio di uguaglianza formale  e
 sostanziale, di quello di ragionevolezza e di non arbitrarieta' nella
 traduzione normativa del precetto  costituzionale,  e  di  quello  di
 rendere effettivo il diritto al lavoro.
    3.2.  -  In  contrasto  con  tali  norme  sta la realta' effetuale
 dell'ordinamento   sociale   e   giuridico,    la    realta'    della
 interpretazione  giurisprudenziale  divenuta  dominante  negli ultimi
 anni (il c.d. diritto vivente), quale e' stata  ricordata  anche  dal
 difensore della societa' Weber. Gli invalidi civili, la cui riduzione
 di capacita' lavorativa sia ritenuta derivare  da  cause  diverse  da
 quella  che  l'art.  5  denomina  "minorazioni  fisiche",  dovrebbero
 percio' solo essere esclusi dalla applicazione della legge  e  quindi
 dalla possibilita' dell'avviamento obbligatorio.
    La  esclusione  per tale ragione dal collocamento di tali invalidi
 civili,    secondo    tale     interpretazione     giurisprudenziale,
 prescinderebbe   dalle   condizioni   generali  di  applicazione  del
 collocamento coattivo di cui all'art. 1, primo  comma,  della  stessa
 legge  2  aprile 1968, per il quale collocamento non troverebbe luogo
 "nei  confronti  di  coloro  che  abbiano  perduto   ogni   capacita'
 lavorativa  o  che,  per la natura ed il grado della loro invalidita'
 possono riuscire di danno alla salute e alla incolumita' dei compagni
 di lavoro o alla sicurezza degli impianti".
    Si  tratterebbe  di  una  causa  di  esclusione  che riguarderebbe
 soltanto gli invalidi civili, perche'  enunciata  nella  disposizione
 dell'art.  5; non gia' gli invalidi di guerra, gli invalidi civili di
 guerra, gli invalidi per servizio e del lavoro di cui agli artt. 2, 3
 e 4 della legge.
    Infine,  la  esclusione  dal  collocamento  obbligatorio  per tali
 inabili - da includere nella categoria dei cosidetti "invalidi civili
 psichici",  (a  criterio  del  giudice  non  prevista  dalla legge) -
 sicuramente non e' compensata, ne' nella legge  n.  482/1968  ne'  in
 altre  leggi, da altre forme di "avviamento professionale" a sostegno
 di tali "inabili", a prescindere  dalla  perdita  di  ogni  capacita'
 lavorativa e dalla possibile loro pericolosita'.
    3.3.  -  Da  quanto  esposto consegue come si possa prospettare la
 questione della illegittimita' costituzionale di tale interpretazione
 della   norma,   ravvisabile,   tra   l'altro,  nella  diversita'  di
 trattamento e nella carenza di ogni  "avviamento  professionale",  la
 cui  ragionevolezza  e  giustificabilita'  ai sensi dell'art. 3 della
 Costituzione deve essere valutato dalla Corte costituzionale, di  per
 se'  ed  in  rapporto con gli interventi previsti per tutti gli altri
 inabili e per gli altri invalidi civili.
    4. - Con particolare riferimento all'art. 3 della Costituzione, si
 richiama quanto e' stato affermato nella ordinanza di rimessione  del
 17  febbraio  1989  con identica questione di legittimita' alla Corte
 costituzionale  pronunciata  nella  causa  tra  Naldi  e  la   S.p.a.
 Marzocchi,  a proposito della interpretazione dell'art. 5 della legge
 citata.
    Si  contesta  che  la  dizione "minorazioni fisiche" contenuta nel
 citato art. 5 possa legittimare, come interpretazione della norma  in
 se'  ed  anche  sotto  il  profilo  della legalita' costituzionale la
 individuazione  di  una  categoria  giuridica  di  "invalidi   civili
 psichici",  come  contrapposta  alla  categoria  di  "invalidi civili
 fisici".
    Peraltro  pur  contestandosi  la  rispondenza alla Costituzione di
 tale interpretazione, si prende atto che essa e' ora  adottata  dalla
 giurisprudenza  della  Corte  di  cassazione  e  di  gran parte della
 giurisprudenza, ed e'  stata  presa  in  considerazione  dalla  Corte
 costituzionale,  nell'esaminare  in  tempi  diversi le eccezioni e le
 questioni ripetutamente rimesse alla sua decisione su tali norme.
    Da  ultimo  la  Corte  costituzionale, con sentenza n. 1088 del 30
 novembre-13 dicembre  1988  ha  ritenuto  non  fondata  la  questione
 rimessa  dal  tribunale  di Milano ed ha giudicato che "e' rimesso al
 legislatore la determinazione di adeguati rimedi  operando  valide  e
 mediate  scelte legislative sulla base degli opportuni rilevamenti ed
 apprezzamenti tecnici, nell'ambito di soluzioni le piu' confacenti ed
 idonee,  ancorche' diversificate, con una normazione esaustiva intesa
 a soddisfare le esigenze prospettate nell'attuazione  dei  richiamati
 precetti costituzionali".
    Si  prende  atto  di  tale  decisione e si concorda con l'auspicio
 espresso dalla Corte che  l'intera  materia  del  collocamento  degli
 svantaggiati   sia   rielaborata  dal  Parlamento,  posto  che  anche
 l'esperienza  giurisprudenziale  quotidiana  mette  in  evidenza   le
 incertezze   oggetive  e  le  difficolta'  di  interpretazione  e  di
 applicazione della intera normativa; incertezze e  difficolta'  fonte
 non  solo di gravi sofferenze individuali, ma anche di disordine e di
 corruzione  morale  e  sociale  che  non   si   possono   contrastare
 efficacemente nei singoli casi.
    Si  prende  anche atto che nella stessa sentenza la Corte dichiara
 che "a tutt'oggi nulla e' stato fatto  (dal  Parlamento),  mentre  le
 rilevate  esigenze si sono fatte piu' pressanti ed urgenti... per cui
 la auspicata disciplina della materia e' ormai indilazionabile".
    La  Corte  afferma  anche:  "se sara' ancora una volta chiamata ad
 esaminare altri incidenti nella stessa materia, non potra' sottrarsi,
 superate  le esigenze contingibili del fenomeno, ad una decisione che
 applichi rigorosamente i precetti costituzionali...".
    Di  fronte  a  tale  severo  ammonimento  del supremo organo della
 legalita'  costituzionale  il  giudice  ordinario  ha  il  dovere  di
 recepire  la  indicazione fornita dalla Corte, perche' il richiamo ai
 precetti costituzionali non resti una predica inutile, per quanto gli
 compete.
    E'  quanto  basta  per  ritenere  non  manifestamente infondata la
 questione della legittimita' costituzionale della norma.
    In  particolare,  per quanto concerne il profilo dell'art. 3 della
 Costituzione, il criterio si rinviene nelle parole usate dalla  Corte
 nella   sentenza  nn.  163/1983:  non  sono  ammissibili  "sul  piano
 costituzionale, oltre che  su  quello  morale"...  "le  esclusioni  e
 limitazioni  dirette  a  relegare  in  situazioni  di isolamento e di
 assurda discriminazione soggetti che, particolarmente  colpiti  nella
 loro  efficienza  fisica o mentale, hanno all'incontro, pieno diritto
 di inserirsi nel mondo del lavoro, specie in un paese come il  nostro
 di  intensa socialita' e nel quale tutti i cittadini hanno diritto di
 concorrere all'organizzazione politica, economica sociale  del  paese
 (art.  3  della  Costituzione),  ed, in particolare, hanno diritto al
 lavoro in una Repubblica impegnata a  promuovere  le  condizioni  per
 rendere effettivo tale diritto".
    Per  queste  ragioni si rimette alla Corte la questione, chiedendo
 una decisione "che applichi rigororamente i precetti costituzionali".