ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 5, comma nono,
 del decreto-legge 30 dicembre 1987,  n.  536  (Fiscalizzazione  degli
 oneri  sociali,  proroga  degli  sgravi contributivi nel Mezzogiorno,
 interventi per settori in crisi e norme in materia di  organizzazione
 dell'INPS),  convertito  in legge 29 febbraio 1988, n. 48 e dell'art.
 13, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge Quadro  per
 l'Artigianato) promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza emessa il 13 settembre 1988 dal Pretore di Trieste
 nel  procedimento  civile  vertente  tra  Dagri  L.  e  C.  s.n.c.  e
 l'I.N.P.S.,  iscritta  al  n.  727  del  registro  ordinanze  1988  e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  50,  prima
 serie speciale, dell'anno 1988;
      2)  ordinanza emessa il 20 luglio 1988 dal Pretore di Trento nel
 procedimento civile vertente tra Montibeller  Carmelo  e  l'I.N.P.S.,
 iscritta  al  n.  751  del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  51,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1988;
    Visti   gli   atti   di  costituzione  di  Montibeller  Carmelo  e
 dell'I.N.P.S., nonche' gli atti  di  intervento  del  Presidente  del
 Consiglio dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  dell'11  aprile  1989  il  Giudice
 relatore Ugo Spagnoli;
    Uditi  gli  avv.ti  Fabio Lorenzoni per Montibeller Carmelo, Fabio
 Fonzo per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per  il
 Presidente del Consiglio dei ministri;
                            Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un procedimento civile promosso da Dagri L. e C.
 s.n.c., contro l'I.N.P.S., il Pretore di Trieste, con  ordinanza  del
 13  settembre  1988  (r.o.  n.  727/1988)  ha  sollevato questione di
 legittimita'   costituzionale   dell'art.   5,   nono   comma,    del
 decreto-legge  30  dicembre  1987,  n. 536, convertito nella legge 29
 febbraio 1988, n. 48, nonche' dell'art. 13, sesto comma, della  legge
 8  agosto  1985,  n. 443, in relazione agli artt. 38, 3 e 116 Cost. e
 agli artt. 4 e 6 della legge costituzionale 31  gennaio  1963,  n.  1
 (Statuto Speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia).
    All'origine  della controversia oggetto del giudizio a quo era, in
 sostanza, l'appartenenza o meno della ricorrente alla categoria delle
 imprese  artigiane  ai  fini della applicabilita' - per il periodo 1›
 maggio 1978 - 31 dicembre 1984 - del relativo regime contributivo; la
 medesima  ricorrente  infatti,  iscritta  all'albo  fin dal 1› giugno
 1977, aveva,  nel  periodo  considerato,  costantemente  superato  il
 numero  massimo  di  dieci  dipendenti fissato dalla legge statale 25
 luglio 1956, n. 860, ma aveva rispettato il tetto di venti dipendenti
 stabilito  invece  dalla  legge  regionale  Friuli- Venezia Giulia 10
 aprile 1972, n. 17 e successive modificazioni.
    Ad avviso del Pretore, il sopravvenuto art. 5 del decreto-legge n.
 536 del 1987 - convertito nella legge n. 48 del 1988  dichiaratamente
 interpretativo   dell'art.   13,  sesto  comma,  della  legge  quadro
 sull'artigianato n. 443 del 1985 - nello stabilire che nelle  regioni
 e  province  a  statuto  speciale  dotate  di  competenza primaria in
 materia, l'iscrizione nei relativi albi delle  imprese  artigiane  ha
 efficacia costitutiva e fa stato a tutti gli effetti, anche in ordine
 alla definizione dell'impresa a fini previdenziali, sin dalla data di
 entrata  in  vigore  delle  rispettive  leggi  -  incide,  per la sua
 efficacia retroattiva, nella fattispecie oggetto del giudizio a  quo:
 di  qui  la  rilevanza  della sollevata questione, nonche' la sua non
 manifesta infondatezza in relazione a:
    1)  all'art.  38  della Costituzione, che sancisce il principio in
 base al quale e' riservata alla legislazione  statale  la  disciplina
 della  previdenza  e  dell'assistenza  sociale,  e quindi anche degli
 aspetti relativi all'individuazione dei requisiti soggettivi  per  la
 costituzione  del rapporto giuridico previdenziale (cfr. Corte cost.,
 10 giugno 1966, n. 59);
    2)   all'art.   3  della  Costituzione,  in  quanto,  considerando
 artigiane ai fini previdenziali imprese che tali  non  sono  in  base
 alla legislazione nazionale, induce, a parita' di altre condizioni ed
 in  dipendenza  del  solo  criterio  della  sede  dell'impresa,   una
 ingiustificata  disparita'  di  trattamento  fra  cittadini (Cass. 26
 maggio-27 novembre 1986, n. 7020);
    3)  all'art. 116 della Costituzione e agli artt. 4 e 6 della legge
 costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1, in quanto:
       a)  la potesta' legislativa regionale in materia di artigianato
 deve essere  esercitata  "in  armonia  con  la  Costituzione,  con  i
 principi  generali  dell'ordinamento giuridico dello Stato... nonche'
 nel rispetto degli interessi nazionali" e,  come  rilevato  anche  da
 Cass.  n.  7020  del  1986, l'interesse nazionale "comporta... che le
 gestioni previdenziali nazionali non siano gravate di oneri  indebiti
 quali  certamente  sarebbero  quelli  derivanti  dalle prestazioni in
 favore dei  titolari  di  imprese  non  considerate  artigiane  dalla
 legislazione previdenziale nazionale";
       b)  la  regione,  in  materia  di  previdenza,  "ha facolta' di
 adeguare alle sue particolari esigenze le  disposizioni  delle  leggi
 della Repubblica, emanando norme di integrazione e di attuazione...",
 e tali non possono dirsi le disposizioni relative  all'individuazione
 della nozione di impresa artigiana ai fini previdenziali.
    2.  -  Nel  giudizio  dinanzi  a  questa  Corte  si  e' costituito
 l'I.N.P.S., osservando che - premessa la irretroattivita' della legge
 quadro   sull'artigianato   n.   443   del  1985  -  la  disposizione
 interpretativa  del  decreto-legge  n.  536  del  1987  non  potrebbe
 estendere   la  propria  efficacia  retroattiva  ad  epoca  anteriore
 all'entrata in vigore della stessa legge quadro interpretata, pena la
 violazione dell'art. 73, terzo comma, Cost.. Di conseguenza tale art.
 5 dovrebbe intendersi nel senso che attribuisce rilevanza  alle  sole
 definizioni  di  impresa  artigiana  contenute  nelle leggi regionali
 intervenute successivamente alla legge quadro e conformi ad essa.  Da
 cio'  l'irrilevanza  della questione sollevata, essendo i rapporti in
 discussione nel giudizio a quo anteriori alla predetta legge.  Chiede
 percio'  a  questa  Corte  una  sentenza  interpretativa  di rigetto,
 deducendo che i rapporti regolati da leggi anche di Regioni a statuto
 speciale  con  competenza  primaria,  sotto l'impero della precedente
 legge sull'artigianato  (n.  860  del  1956),  sarebbero  gia'  stati
 definiti  dalla  Corte  di  cassazione  come  non  rilevanti  ai fini
 previdenziali (cfr. sentenze 27 novembre 1986, nn. 7020 e 7021).
    In   via   subordinata,  condivide,  nel  merito,  la  censura  di
 illegittimita' costituzionale proposta  dal  giudice  a  quo,  ma  la
 limita  al  solo art. 5 del decreto-legge n. 536 del 1987, convertito
 nella legge n. 48 del 1988. A suo avviso  infatti  l'art.  13,  sesto
 comma,  della  legge-quadro  n.  443 del 1985 non potrebbe attribuire
 valore ai fini previdenziali alle definizioni  regionali  di  impresa
 artigiana  diverse  da quella risultante dalla legge statale poiche',
 cosi' facendo, determinerebbe quella disparita'  di  trattamento  tra
 imprese  a  seconda  della loro sede territoriale gia' rilevata dalle
 citate  decisioni  della  Corte  di  cassazione  in  relazione   alla
 legislazione  della  Provincia  di  Bolzano.  Detto  art.  13  dunque
 dovrebbe  interpretarsi  nel  senso   che   l'efficacia   costitutiva
 dell'iscrizione  dell'impresa  negli  albi regionali sussista a tutti
 gli effetti "sempre che non contrasti  con  i  principi  inderogabili
 della  legislazione  statale  in  materie riservate alla legislazione
 esclusiva  nazionale".  Il   successivo   art.   5   del   menzionato
 decreto-legge  invece,  espressamente  attribuendo  efficacia ai fini
 previdenziali  a  tale  iscrizione,   demanderebbe   al   legislatore
 regionale    di   disporre   indirettamente   anche   sulla   materia
 previdenziale con cio' violando il principio della riserva statale in
 argomento.
    3.  -  Nel  medesimo  giudizio  e'  intervenuto  il Presidente del
 Consiglio dei ministri per il tramite dell'Avvocatura Generale  dello
 Stato,  presentando  una  memoria  le  cui  deduzioni peraltro non si
 riferiscono alla questione proposta  dal  Pretore  di  Trieste  ma  a
 quella,  in  parte  analoga, sollevata dal Pretore di Trento (r.o. n.
 751/1988) e qui di seguito riferita.
    4. - Nel corso di un procedimento civile tra Montibeller Carmelo e
 I.N.P.S.  -  concernente  il  regime  contributivo-previdenziale   di
 un'impresa  con  sede  nella  Provincia  di  Trento per il periodo 1›
 novembre 1980 - 30 aprile 1983 - il Pretore di Trento, con  ordinanza
 del  20  luglio  1988  (r.o.  n.  751/1988) ha sollevato questione di
 legittimita'   costituzionale   dell'art.   5,   nono   comma,    del
 decreto-legge  30  dicembre  1987,  n. 536, convertito nella legge 29
 febbraio 1988, n. 48, in relazione all'art. 3 Cost..
    Il  Pretore,  premesso  che la disposizione impugnata non potrebbe
 considerarsi contrastante con la riserva di legge statale ex art.  38
 Cost.  perche'  posta  essa stessa da una simile legge, ritiene pero'
 che la medesima disposizione -  interpretativa  dell'art.  13,  sesto
 comma,   della  legge  n.  443  del  1985,  e  dunque  retroattiva  -
 espressamente indicando tra gli effetti della iscrizione dell'impresa
 negli  albi  regionali degli artigiani anche quello della definizione
 della stessa impresa a fini previdenziali, creerebbe  una  situazione
 di  privilegio  a  vantaggio  degli  imprenditori  della Provincia di
 Trento, soggetti cosi' ai contributi previdenziali (minori)  previsti
 per   gli   artigiani,   mentre   gli  altri  imprenditori,  pur  con
 caratteristiche identiche, operanti  nelle  altre  Province  e  nelle
 Regioni  ad autonomia ordinaria non situate nel Mezzogiorno, restando
 soggetti alla piu'  restrittiva  legislazione  nazionale,  e  dovendo
 percio'  considerarsi  industriali,  sarebbero gravati dai contributi
 (maggiori) previsti per questi ultimi.
    Tale   privilegio  non  avrebbe,  a  parere  del  Pretore,  alcuna
 giustificazione; la norma impugnata sarebbe anzi "un corpo  estraneo"
 nel  decreto-legge  in  cui  e'  contenuta, non essendo coordinata ad
 alcuno dei fini da questo perseguiti. Il trattamento  di  favore  per
 gli   imprenditori  delle  Province  autonome  infatti  non  potrebbe
 giustificarsi con la necessita' di prorogare gli sgravi  contributivi
 nel  Mezzogiorno,  attesa  la  collocazione geografica delle Province
 medesime, ne' potrebbe ritenersi finalizzato a fronteggiare la  crisi
 del  settore,  e  cio'  sia  per  la  mancanza  di elementi dai quali
 desumere l'esistenza di tale crisi nelle dette Province, sia  per  la
 mancata  valutazione,  in  sede  di  conversione  del  decreto, della
 effettiva   capacita'   delle   diverse    definizioni    provinciali
 dell'impresa artigiana a rispondere allo scopo.
    5.  -  Nel  corso del giudizio cosi' instaurato si sono costituiti
 sia l'I.N.P.S. sia Montibeller Carmelo.
    Il  primo  ha presentato una memoria identica a quella concernente
 la questione sollevata dal Pretore di Trieste, sopra riferita.
    La  difesa  di  Montibeller  Carmelo  -  premesso che l'art. 5 del
 decreto-legge  n.  536  del  1987  si  limiterebbe  a  confermare  ed
 esplicitare  contenuti  normativi gia' chiaramente presenti nell'art.
 13, comma sesto, della legge-quadro sull'artigianato -  osserva  che,
 contrariamente  a  quanto  presupposto  dal  Pretore remittente, tale
 articolo non creerebbe di per se stesso alcuna situazione  di  favore
 per   una  determinata  categoria  di  imprenditori,  essendo  inteso
 esclusivamente a consentire che le definizioni di  impresa  artigiana
 poste con proprie leggi dalle Regioni e Province dotate in materia di
 competenza primaria operino anche nell'ordinamento generale e  dunque
 pure ai fini previdenziali, con cio' evitando che nel loro territorio
 possano convivere due diverse definizioni di tale impresa o,  meglio,
 che una stessa impresa possa essere considerata ad un tempo artigiana
 e non artigiana. La disposizione in esame dunque  sarebbe  del  tutto
 ragionevole anche in relazione alle finalita' di sostegno dei settori
 in crisi.
    Conclude  per  l'infondatezza della questione, ricordando anche la
 recente sentenza n. 886 del 1988 di questa Corte che,  proprio  sulla
 base  della  norma  ora  oggetto di censura, ha dichiarato cessata la
 materia del contendere in ordine  ad  un  conflitto  di  attribuzione
 sollevato  dalla  Provincia  di  Bolzano  avverso  le  gia' ricordate
 sentenze n. 7020 e 7021 del 1986 della Corte di cassazione,  relative
 a  questione sostanzialmente identica alla presente: a suo parere, il
 fatto che questa Corte, pur non affrontando nel merito la  questione,
 abbia  considerato  tale  norma  come  risolutiva  per  il conflitto,
 farebbe presumere che non vi abbia ravvisato apprezzabili segnali  di
 incostituzionalita'.
    6.  -  E'  intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri a mezzo dell'Avvocatura Generale dello Stato rilevando che -
 attesa  la  facolta'  della  Provincia  di  Trento  di  stabilire, in
 esercizio della propria  competenza  primaria,  requisiti  e  criteri
 diversi  da  quelli posti dalla legislazione statale per l'iscrizione
 all'albo delle imprese artigiane e attesa, altresi', la  clausola  di
 salvezza  di  tale  competenza contenuta nella legge-quadro (artt. 1,
 comma primo  e  13,  comma  sesto,  legge  n.  443  del  1985)  -  la
 disposizione   del   decreto-legge   impugnata,  agganciando  l'onere
 contributivo  previdenziale  alla  normativa  speciale  ivi  vigente,
 apparirebbe   del   tutto   conforme   ai   criteri  di  logicita'  e
 ragionevolezza, nonche' rispettosa  del  principio  autonomistico.  A
 conforto di tale conclusione ricorda anche la recente sentenza n. 447
 del 1988 di questa Corte, secondo la quale il  riconoscimento  stesso
 di   competenza  legislativa  alle  Regioni  in  determinate  materie
 implicherebbe   l'eventualita',   legittima   secondo   il    sistema
 costituzionale,  di  una disciplina regionale differenziata da quella
 nazionale. Conclude pertanto per l'infondatezza della questione.
                         Considerato in diritto
    1.  -  Le  ordinanze  in  epigrafe  sollevano  questioni analoghe;
 pertanto  i  giudizi  possono  essere  riuniti  e  decisi  con  unica
 sentenza.
    L'art.  13,  comma  sesto,  della  legge  8  agosto  1985,  n. 443
 (Legge-quadro per l'artigianato) dopo avere dichiarato  inapplicabili
 le  norme della stessa legge nelle Regioni e Province autonome dotate
 di  competenza  primaria  in  materia  di  artigianato  e  formazione
 professionale,  prescrive  testualmente:  "nelle medesime l'efficacia
 costitutiva dell'iscrizione agli  albi  disciplinati  dai  rispettivi
 ordinamenti fa stato a tutti gli effetti di legge".
    L'art.  5,  comma nono, del decreto-legge 30 dicembre 1987, n. 536
 (Fiscalizzazione  degli   oneri   sociali,   proroga   degli   sgravi
 contributivi nel Mezzogiorno, interventi per settori in crisi e norme
 in materia di  organizzazione  dell'INPS),  convertito  in  legge  29
 febbraio   1988,   n.  48,  dispone  espressamente  che  le  suddette
 disposizioni debbano essere intese nel senso  che,  nelle  Regioni  e
 Province    menzionate,   l'efficacia   costitutiva   dell'iscrizione
 dell'impresa artigiana all'albo faccia  stato,  "sin  dalla  data  di
 entrata  in  vigore  delle medesime leggi", a tutti gli effetti, "ivi
 compresa la definizione dell'impresa ai fini previdenziali".
    Entrambi  i  giudici  a quibus prospettano innanzi tutto il dubbio
 che quest'ultima prescrizione, considerata per se sola, ovvero - come
 vorrebbe  il  Pretore  di Trieste - congiuntamente all'art. 13, comma
 sesto, della legge n. 443 del 1985, contrasti con l'art. 3 Cost..
    Questa  normativa  infatti, consentendo che le imprese operanti in
 quelle Regioni o Province  autonome,  per  effetto  dell'applicazione
 della  definizione di impresa artigiana posta dalle rispettive leggi,
 possano  giovarsi  del  trattamento  previdenziale  agevolato   degli
 artigiani,  attribuirebbe a tali imprese un trattamento di privilegio
 rispetto alle imprese aventi identiche caratteristiche e operanti sul
 rimanente  territorio  nazionale, le quali, soggette invece alla piu'
 restrittiva disciplina stabilita dalla  legge  statale,  resterebbero
 tenute al piu' gravoso regime contributivo-previdenziale previsto per
 gli industriali. Tale trattamento privilegiato si tradurrebbe in  una
 discriminazione  inammissibile perche' basata sul solo criterio della
 sede  territoriale  dell'impresa:  esso  infatti  sarebbe  privo   di
 qualsiasi idoneo fondamento giustificativo nel quadro delle finalita'
 perseguite dallo stesso decreto-legge,  poi  convertito,  che  lo  ha
 introdotto,  non potendo ritenersi finalizzato ne' alla necessita' di
 prorogare gli sgravi contributivi nel Mezzogiorno, ne' a fronteggiare
 la crisi del settore.
    Il Pretore di Trieste in aggiunta a tale censura, lamenta altresi'
 che la normativa impugnata si risolva in una violazione della riserva
 di  legge  statale  in materia previdenziale (art. 38 Cost.), nonche'
 dei limiti costituzionali della competenza  primaria  in  materia  di
 artigianato  (artt.  116  Cost.,  4  St.  Spec.)  e  della competenza
 integrativa e di attuazione in  materia  previdenziale  (art.  6  St.
 Spec.), riconosciute alla Regione Friuli- Venezia Giulia.
    2.  -  Prima  di  affrontare  nel  merito  le censure proposte, e'
 necessario precisare che l'oggetto delle medesime - in  relazione  ai
 rapporti  dedotti  nei processi principali - deve essere circoscritto
 (come peraltro ritenuto dal Pretore di Trento) al solo art. 5,  comma
 nono, del decreto-legge n. 536 del 30 dicembre 1987, convertito nella
 legge n. 48 del 1988. L'art. 13, comma sesto, della legge- quadro  n.
 443  del  1985  infatti  non  ha,  per se solo considerato, efficacia
 retroattiva e non e' dunque applicabile a situazioni - come quelle di
 specie  -  verificatesi  in  un periodo di tempo antecedente alla sua
 entrata in vigore. La questione sollevata dal Pretore  di  Trieste  a
 proposito  di  tale ultima disposizione e' pertanto inammissibile per
 irrilevanza.
    E'   invece   il   menzionato   art.   5   che,  nell'interpretare
 autenticamente la suddetta  disposizione,  espressamente  attribuisce
 efficacia  retroattiva alla normativa contestata, e cio' senza dubbio
 - in mancanza di indicazioni diverse -  con  riferimento  anche  alla
 disciplina regionale e provinciale dell'impresa artigiana antecedente
 alla stessa legge-quadro, e,  dunque,  alle  situazioni  oggetto  dei
 giudizi a quibus.
    3. - La questione e' fondata.
    Invero,  il  principio  costituzionale di eguaglianza non consente
 che in una materia quale quella previdenziale, sussistano  disparita'
 di  trattamento  motivate  dalla mera localizzazione territoriale dei
 soggetti interessati, senza cioe' che siano concretamente  invocabili
 peculiari  esigenze  di  questi,  tali  da  richiedere  l'adozione di
 discipline differenziate.
    Nel caso di specie, il particolare regime previdenziale, derivante
 dall'applicazione della norma impugnata a favore  delle  imprese  con
 sede  nelle  Regioni  e  Province autonome da questa contemplate, non
 appare in effetti finalizzato a soddisfare interessi propri di queste
 in  relazione  ai particolari fini perseguiti con il decreto-legge n.
 536 del 1987.
    D'altra parte, anche a voler prescindere dal puntuale collegamento
 con tali fini, e' da osservare che, in ogni caso, la possibilita'  di
 trattamenti   differenziati   ratione  loci  in  via  generale  e  di
 principio, risulta  esclusa  dalla  decisiva  considerazione  che  lo
 stesso  legislatore costituzionale, considerando quella previdenziale
 come materia a se stante,  non  ha  attribuito  in  proposito  alcuna
 competenza  alle  Regioni  a  statuto ordinario e - cio' che qui piu'
 interessa - ha riconosciuto di  massima  alle  Regioni  ad  autonomia
 speciale  una potesta' legislativa ristretta alla mera integrazione e
 attuazione delle norme statali (art. 5 lettera b) St. Sardegna;  art.
 3, lettera h) St. Valle d'Aosta; Art. 6 St. Trentino-Alto Adige; art.
 6 St. Friuli-Venezia Giulia); alla  sola  Sicilia  e'  demandata  una
 competenza di tipo "concorrente", peraltro assoggettata all'ulteriore
 limite del rispetto dei "minimi stabiliti dalle  leggi  dello  Stato"
 (art. 17, lettera f) St.).
    In  conformita'  con  tale  quadro normativo, la giurisprudenza di
 questa Corte ha costantemente escluso la possibilita' che la potesta'
 legislativa  delle  Regioni  a  Statuto  comune  incida  nei rapporti
 previdenziali (cfr. sentenze nn. 92 del 1976, 41 del 1982,  520,  979
 del 1988) e, a proposito delle particolari attribuzioni della Regione
 siciliana, ha negato  che  essa  possa  autonomamente  determinare  i
 presupposti  di  tali  rapporti,  atteso  il  carattere nazionale del
 sistema previdenziale (cfr. sentenza n. 59 del 1966).
    Per  quanto  in  particolare  concerne gli enti nel cui territorio
 hanno sede le imprese  protagoniste  dei  giudizi  a  quibus,  e'  da
 precisare  che  il Friuli- Venezia Giulia e' titolare in argomento di
 una competenza meramente integrativa - attuativa, mentre la Provincia
 di Trento e' priva di qualsiasi possibilita' d'intervento, essendo la
 potesta' di "integrare" le disposizioni  legislative  statali  "nelle
 materie   concernenti  la  previdenza  e  le  assicurazioni  sociali"
 attribuita alla Regione Trentino-Alto Adige (art. 6 St.).
    Alla  luce  di  tali  considerazioni, la disparita' di trattamento
 derivante dalla disposizione impugnata appare senza dubbio  priva  di
 idoneo  fondamento  giustificativo.  Di  conseguenza, l'art. 5, comma
 nono, del decreto-legge n. 536 del 1987, convertito nella legge n. 48
 del   1988  deve  essere  dichiarato  costituzionalmente  illegittimo
 limitatamente alla parte  in  cui  consente  che  la  definizione  di
 impresa artigiana posta dalle leggi delle Regioni o Province autonome
 dotate di competenza primaria in materia di artigianato abbia effetto
 ai fini previdenziali.
    Tale conclusione, naturalmente, non impedisce in alcun modo che le
 medesime Regioni o Province dettino, per effetti  diversi  da  quelli
 previdenziali,    proprie    definizioni    dell'impresa    artigiana
 nell'esercizio e  nei  limiti  della  competenza  esclusiva  ad  esse
 costituzionalmente attribuita.
    E'   da   osservare   infine  che  la  presente  dichiarazione  di
 illegittimita'  costituzionale  non  e'  in  contraddizione  con   la
 sentenza  n.  886  del  1988: questa Corte infatti non ha espresso in
 tale sentenza alcuna valutazione sulla costituzionalita' della  norma
 oggetto  dell'attuale  giudizio,  ma  si  e' limitata a prendere atto
 della sua entrata in vigore ai soli fini di dichiarare la  cessazione
 della  materia  del  contendere  del conflitto di attribuzioni allora
 pendente.