IL VICE GIUDICE CONCILIATORE Nella causa promossa da Zangrando Daniela con il dott. P. Bertoli contro Mainardis Eugenio con l'avv. M. Mellano. Oggetto: Opposizione tardiva a decreto ingiuntivo n. 817/1988. F A T T O Con atto di citazione, notificato il 20 gennaio 1989, Zangrando Daniela proponeva opposizione tardiva ex art. 650 del c.p.c. avverso il decreto ingiuntivo n. 817/1988 immediatamente esecutivo, notificatole a mezzo posta con la procedura del deposito ex art. 8 della legge 29 novembre 1982, n. 980. Dichiarava di non aver potuto presentare opposizione in termine in quanto: a) il postino aveva tardivamente comunicato l'avvenuto deposito del plico giudiziario; b) si era recata presso l'ufficio postale dopo il decorso dei dieci giorni utili e non era riuscita ad ottenere informazioni sufficienti, atte a consentirle di rintracciare il tipo di atto giudiziario notificato ed il giudice presso il quale pendeva la procedura. Chiedeva che il giudice conciliatore, anche in considerazione della sua natura di giudice dell'equita', ritenesse esistere le condizioni previste dall'art. 650 del c.p.c. e di conseguenza consentisse il giudizio di merito nel quale avrebbe potuto dimostrare di aver pagato prima dell'emissione del decreto ingiuntivo gli importi in esso indicati. L'opposto, Mainardis Eugenio, si costituiva regolarmente in giudizio eccependo non esistere nessuna delle condizioni previste per una valida opposizione tardiva ed in particolare rilevando che la mancata conoscenza del contenuto dell'atto notificato, andava imputata alla attrice che non aveva, nei tempi previsti dalla legge, provveduto diligentemente, a ritirare l'atto presso l'ufficio postale di Udine. D I R I T T O Ritiene questo giudice che preliminarmente vada esaminata, perche' non manifestamente infondata, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge 20 novembre 1982, n. 980, in relazione all'art. 24 della Costituzione che sancisce il diritto inviolabile alla difesa e quindi all'instaurazione del contraddittorio. L'articolo della cui costituzionalita' si dubita non preveda, infatti, una rigida disciplina della notifica e una precisa procedura delle operazioni compiute e da compiere dall'Ufficiale postale tali da consentire al cittadino, anche dopo la scadenza del termine dei 10 giorni utili per il ritiro, di individuare l'atto e di riceverne copia. Si evidenzia infatti: a) mancanza di certezza nell'avviso di deposito. L'ufficiale postale quando non rinviene persona in grado di ricevere il plico, rilascia avviso al destinatario da affiggere alla porta di ingresso o da immettere nella cassetta della corrispondenza. Nella pratica tale avviso, del tutto simile a quello che viene lasciato per la normale corrispondenza, e' privo di indicazioni certe che consentano al cittadino una esatta identificazione e conoscenza del tipo di plico che non si e' potuto consegnare. Nel caso di specie, che pero' non si discosta da similari ipotesi, l'avviso non riporta ne' la provenienza ne' la data di consegna ne' l'indicazione dell'autorita' giudiziaria interessata. L'ufficiale postale si limita ad indicare con una "AG" il tipo di atto da ritirare, sigla che solo gli addetti ai lavori possono intuire sia riferita a atto giudiziario. E sempre che il postino abbia l'accortezza di scrivere esattamente la sigla; b) perdita totale di ogni riferimento al plico dopo la restituzione. L'ufficio postale indica nella ricevuta tutte le fasi delle operazioni compiute, ma all'atto della riconsegna del plico al mittente perde ogni traccia dell'atto, della sua provenienza e del suo contenuto. Avviene pertanto che alla scadenza del decimo giorno, compiuta la giacenza, il plico venga restituito al mittente senza possibilita' per il destinatario di rintracciarlo e recuperarlo presso gli uffici postali, perdendo cosi' ogni possibilita' di difesa; c) confisca dei termini procedurali. Il deposito per soli dieci giorni e la mancata formalizzazione presso gli uffici postali dei contenuti dell'atto, che qualunque altra procedura di notifica impone e che la suprema Corte ha sempre preteso a pena di nullita', comporta l'ulteriore inconveniente della confisca dei piu' lunghi termini stabiliti dai codici di procedura per la propria difesa, vanificati dall'impossibilita' materiale di reperire la copia dell'atto ormai restituito. In altre parole, come anche nel caso di specie, il termine di venti giorni dato per l'opposizione al decreto ingiuntivo, si e' sostanzialmente ridotto a dieci giorni e cioe' al tempo utile per poter ritirare il plico e per poter conoscere la notifica. Ne' mette conto imputare alla scarsa diligenza del notificando ogni responsabilita'. La sua assenza dal luogo di notifica puo' trovare una serie infinita di valide giustificazioni. Ne' e' ipotizzabile una garanzia sulla conoscenza della notifica attraverso il controllo del giudice che solo in casi specificamente stabiliti dalla legge (es. art. 663 del c.p.c.) e' autorizzato a valutare la probabilita' dell'avvenuta conoscenza dell'atto. In tutte le altre ipotesi il magistrato non puo' che prendere atto della regolarita' della procedura indicata dall'art. 8 della legge n. 980/1982 senza possibilita' di sindacato sulla notifica che consenta e garantisca la facolta' dell'instaurazione del contraddittorio.