IL PRETORE Ha pronunciato la seguente ordinanza. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con provvedimento del 12 dicembre 1986 il sindaco di Tolentino, considerate le precarie condizioni di stabilita' di un tratto delle mura castellane lungo viale 30 giugno, gli evidenti indizi di cedimento ed il conseguente rischio di rovina e di danno per le persone e per le cose, ordinava l'immediato sgombero (entro ventiquattro ore dalla notifica) del sottostante locale, sito al n.c. 29 del suddetto viale, di proprieta' di Primo Vissani e da questi ceduto in locazione ad uso artigianale a Franco Ferranti; quest'ultimo provvedeva, in conseguenza, a sgomberare il locale ed a trasferire altrove l'attivita' di autocarrozziere che vi esercitava sin dall'inizio della locazione, dopo di che conveniva innanzi l'intestato pretore il proprietario, con ricorso ex artt. 34, 45 e 46 della legge 27 luglio 1978, n. 392, e ne domandava condanna al pagamento dell'indenita' per la perdita dell'avviamento commerciale quantificata subito in L. 4.572.000 (sulla base dell'ultimo canone corrisposto, pari a L. 254.000 mensili) e maggiorata di interessi e rivalutazione monetaria. Il Vissani, costituendosi ritualmente nelle forme e nei termini della proceduta stabilita dall'art. 46 della legge n. 392/1978, contestava la domanda, della quale chiedeva il rigetto col favore delle spese, deducendo in primo luogo che la cessazione del rapporto non discendeva automaticamente dall'ordinanza sindacale - la quale costituiva, al piu', causa di sospensione temporanea della sua prestazione - ma era dipesa esclusivamente dalla volonta' di esso conduttore il quale, approfittando dell'evento, aveva preferito recedere dal contratto per trasferire la sua attivita' artigianale in altro locale gia' predisposto al tempo dell'ordinanza sindacale; a tutto concedere, comune, la cessazione del rapporto sarebbe dovuta a causa a lui non imputabile, donde l'infondatezza della domanda contro di lui rivolta dal conduttore. Per l'eventualita' di una condanna il comparente chiedeva ed otteneva, comunque, nelle forme prescritte dall'art. 420, nono comma, del c.p.c. di chiamare in causa in garanzia il comune di Tolentino, in persona del Sindaco pro-tempore, per essere manlevato da ogni ipotetica responsabilita' nei confronti del ricorrente Ferranti e, cioe', per ottenere condanna alla refusione di tutte le somme che egli fosse dichiarato eventualmente tenuto a corrispondere al Ferranti per il titolo dedotto. Costituendosi in giudizio dietro delibera autorizzativa della giunta comunale, il sindaco chiedeva respingersi la domanda di garanzia svolta dal Vissani, rilevando che il diritto alla indennita' per la perdita dell'avviamento consegue non solo nell'ipotesi di definitiva risoluzione del rapporto (e non invece nei casi di temporanea sospensione, ovvero di estinzione dovuta ad impossibilita' sopravvenuta della prestazione), ma altresi' in quella di risoluzione del rapporto "causata pur sempre da responsabilita' del locatore", nei cui confronti soltanto, dunque, la pretesa stessa poteva avanzarsi. Anche questo comparente, tuttavia, per l'eventualita' di essere condannato al pagamento in favore del convenuto Vissani, chiedeva ed otteneva di chiamare in causa il proprio assicuratore per la responsabilita' civile, Compagnia Le Assicurazioni d'Italia, domandandone condanna alla refusione delle somme che esso comune fosse tenuto eventualmente a sborsare al Vissani. Si costituiva, da ultimo, anche l'assicuratore per resistere alla domanda di garanzia spiegata dal comune chiamato in causa, eccependo la totale estraneita' rispetto all'oggetto della garanzia della pretesa dedotta nel ricorso originario dal Ferranti ed invocando, in specie, il disposto dell'art. 3, lett. R), della polizza di copertura contro i rischi da r.c. stipulata con il comune. In corso di causa sono stati raccolti gli interrogatori formali del ricorrente e del resistente Vissani ed alla successiva udienza, sulle conclusioni rispettivamente precisate, all'esito della discussione, il pretore tratteneva la causa per la decisione, della quale dava nella stessa udienza lettura del dispositivo. MOTIVI DELLA DECISIONE Va preliminarmente affermato che nel caso concreto si e' trattato realmente della cessazione definitiva del rapporto di locazione, relativo al locale adibito dal Ferranti ad officina di autocarrozzeria, a seguito dell'ordinanza di sgombero adottata dal Sindaco in data 12 dicembre 1986 ai sensi dell'art. 153 del t.u. delle leggi com. e prov. A parte, infatti, che nel suddetto provvedimento, ad effetto immediato, non e' contenuta nessuna predeterminazione di durata, la causa che costrinse l'amministrazione comunale ad adottarlo (condizioni statiche precarie del tratto di mura castellane sovrastante il viale 30 giugno, con fenomeno di cedimento e rovina) appare di gravita' e dimensioni tali da richiedere interventi risanativi (adombrati nell'ordinanza stessa) di contenimento e consolidamento delle mura e delle strutture urbane annesse, sicuramente realizzabili solo nel volgere di un lungo periodo di tempo, anche per la necessaria attesa delle disposizioni da impartirsi da parte della soprintendenza ai monumenti, trattandosi di "struttura tutelata ai sensi della legge n. 1089/1939". Ne e' riprova il fatto che, a distanza di due anni e mezzo circa dall'insorgere del fenomeno, la causa del dissesto appare ben lungi dall'essere rimossa ne' e' dato prevedere il tempo in cui l'ordinanza potra' essere revocata, almeno con riguardo all'immobile in questione. In tali condizioni non e' possibile parlare, come pretende la difesa del resistente (alla quale aderisce sul punto quella del comune chiamato in causa), di mera sospensione temporanea dell'efficacia del rapporto locativo e, d'altra parte, nessuna prova il medesimo Vissani ha fornito della circostanza - dallo stesso dedotta per paralizzare la pretesa e smentita dal resistente nel suo interrogatorio - secondo la quale il Ferranti avrebbe di sua iniziativa preferito traslocare la sua attivita' in altro immobile gia' pronto all'epoca della ordinanza di sgombero. Conclusivamente, trattasi di cessazione del rapporto locativo relativo ad immobile a destinazione artigianale, avente contatto diretto col pubblico (come ammesso dal resistente nel suo interrogatorio), non dovuta a libera scelta del conduttore e, in particolare, non dovuta a sua disdetta alla scadenza, ne' a suo recesso anticipato nei casi consentiti dalla legge o dal contratto. E poiche' le altre due ipotesi (cessazione dovuta a risoluzione per inadempimento ovvero a fallimento del conduttore) prevedute dall'art. 34 non vengono in considerazione nella specie, non resterebbe che dichiarare la spettanza in capo al conduttore ricorrente del diritto a vedersi corrispondere l'indennita' in parola. Questo diritto, come osserva la difesa del ricorrente, e' disciplinato in modo da essere escluso solo nei casi in cui il conduttore manifesti disinteresse alla continuazione del rapporto ovvero in quelli riconducibili ad un suo comportamento colpevole o inadempiente: e poiche' nessuna di dette ipotesi ricorre nella fattispecie, non potrebbe disattendersi la domanda del conduttore, anche perche' ad essa non sembra applicabile la recente pronunzia (sentenza n. 576 del 23 dicembre 1987) con la quale la Corte costituzionale ha interpretato il disposto della norma dell'art. 34 nel senso che tra le ipotesi di esclusione del diritto va considerata - implicitamente compresa - altresi' quella di impossibilita' sopravvenuta della prestazione in conseguenza del totale perimento dell'immobile locato. Ha rilevato, in quella occasione, la Corte che l'obbligazione accessoria di corrispondere l'indennita' di avviamento segue la sorte del rapporto principale, al quale e' collegata sia funzionalmente che strutturalmente, allo stesso modo che il valore di avviamento inerisce naturalmente all'immobile locato e, quindi, viene meno (con conseguente estinzione del diritto alla correlativa indennita') col venir meno dell'immobile medesimo. Nel caso concreto, invece, l'immobile non e' perito e, malgrado la cessazione del rapporto di locazione per factum principis, non puo' dirsi venuto meno il suo valore di avviamento collegato alla pregressa attivita' artigianale svoltasi dal ricorrente. Dalle considerazioni che precedono discenderebbe, dunque, il riconoscimento del diritto all'indennita' ex art. 34 in favore del conduttore ed a carico del locatore, ma cosi' facendo ritiene questo giudice che verrebbe riservato a questo ultimo un trattamento discriminatorio e comunque irragionevole a paragone del locatore il quale, riavendosi in condizioni normali l'immobile, locato per usi non abitativi, sia in condizione di lucrare realmente il maggior valore del bene derivante dal suo avviamento commerciale. E' vero, infatti, che l'indennita' in questione non rappresenta un risarcimento collegabile ad un comportamento anche lato sensu colpevole del locatore, non ha carattere retributivo e non discende dalla violazione di un dovere, ma nemmeno puo' negarsi ad essa quella natura riparatoria o riequilibratrice dell'arricchimento che altrimenti il locatore verrebbe a lucrare senza alcun suo contributo personale e percio' in maniera giuridicamente indebita; e, come ammette il ricorrente, questo arricchimento per il locatore conseguirebbe dal vantaggio patrimoniale che egli potrebbe trarre o dal subentrare direttamente al conduttore nella medesima od altra attivita', o dal concedere l'immobile in locazione a terzi. Ma quando l'immobile locato, pur non perito materialmente, abbia - per factum principis che, come nella specie, ha ordinato il suo sgombero e disposto il divieto di utilizzazione a tempo indeterminato - perduto ogni possibilita' giuridica di diventare oggetto di scambio, allorche' cioe' il locatore, pur riavendosi indietro, a seguito della cessazione del rapporto, un bene il cui valore e' intrinsecamente maggiorato per effetto dell'avviamento commerciale ad esso inerente, non abbia alcuna possibilita' neanche astratta di utilizzare in qualsiasi modo il bene e quindi di trarne alcun vataggio dal suo apprezzamento, in tal caso non sembra ne' ragionevole ne' equo sottoporre il locatore allo stesso sacrificio patrimoniale a cui e' assoggettato il locatore il quale, al contrario, in condizioni normali abbia la possibilita' di riutilizzare il bene nel suo valore intrinsecamente aumentato. Non si vuole, cioe', dubitare della legittimita' della norma in relazione alla generalita' dei casi in cui la cessazione del rapporto locativo dipenda da impossibilita' sopravvenuta della prestazione del locatore dovuta al factum principis, ma soltanto in relazione a quella, tra tali ipotesi, in cui, come nel caso concreto, il factum principis determini al tempo stesso e la cessazione del rapporto e la perdita di valore commerciale e di scambio dell'immobile locato. E poiche' nella specie si controverte appunto sulla applicabilita' in favore del conduttore-ricorrente dell'indennita' ex art. 34 a carico del locatore in un caso in cui la cessazione del rapporto trae origine da un provvedimento della p.a. che, al contempo, ha deteminato l'impossibilita' giuridica di utilizzazione dell'immobile a tempo indeterminato, appare rilevante - siccome pregiudiziale - la soluzione della indicata questione di legittimita' costituzionale.