ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 10, commi 5 e 6, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori), promosso con ordinanza emessa il 15 novembre 1988 dalla Corte d'Appello di Torino nel procedimento civile promosso da Cannizzo Luigi ed altra nei confronti di Cannizzo Giampaolo ed altri; iscritta al n. 22 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6, prima serie speciale, dell'anno 1989; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1989 il Giudice relatore Luigi Mengoni; Ritenuto in fatto 1. - Nel corso di un giudizio di impugnazione promosso dai genitori avverso la sentenza del Tribunale per i minorenni di Torino che aveva respinto l'opposizione al decreto dichiarativo dello stato di adottabilita' di tre loro figli minori, la Corte d'appello Sezione per i minorenni di Torino, con ordinanza del 15 novembre 1988, ha sollevato, in riferimento all'art. 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 10, quinto e sesto comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, "nella parte in cui non prevede la facolta' del genitore e del tutore di farsi assistere da difensore tecnico nella procedura camerale e l'obbligo del giudice di avvisare i predetti a tale facolta'". La denunciata omissione, ad avviso del giudice a quo, "puo' determinare pregiudizio al concreto esercizio del diritto di difesa, tanto piu' in relazione a rapporti di tale rilevanza giuridica e morale quali sono i rapporti tra genitori e figli e i rapporti tra tutore e minore soggetto a tutela". 2. - Nel giudizio davanti alla Corte non si sono costituite le parti private, mentre e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile per difetto di motivazione circa la rilevanza, e comunque infondata, posto che alla norma impugnata non puo' essere attribuito il significato di escludere l'assistenza del difensore. La possibilita' di tutelare in giudizio le proprie ragioni facendosi assistere da un difensore e' sufficiente per ritenere garantito il diritto di difesa. Considerato in diritto 1. - La Corte d'Appello di Torino - Sezione per i minorenni ritiene contrastante col diritto di difesa, garantito dall'art. 24 della Costituzione, l'art. 10, quinto e sesto comma, nella parte in cui non prevede la facolta' dei genitori (o del tutore) di farsi assistere da un difensore nella prima fase della procedura per la dichiarazione di adottabilita' del minore, nonche' l'obbligo del giudice di avvisarli di tale facolta'. L'eccezione di inammissibilita', preliminarmente opposta dall'Avvocatura dello Stato, sul riflesso che il giudice remittente "non ha minimamente spiegato sotto quale profilo sarebbe rilevante la sollevata questione", non puo' essere condivisa. E' vero che, in caso di accoglimento della questione, la mancata assistenza del difensore non configurerebbe per se' sola un vizio in procedendo, posto che tale assistenza e' prospettata come facoltativa, non obbligatoria. Ma l'art. 10 della legge n. 184 del 1983 e' stato impugnato anche in quanto non prevede l'obbligo del giudice di rendere edotti i genitori della possibilita' di farsi assistere da un difensore. Sotto quest'altro profilo l'accoglimento della questione farebbe emergere un vizio procedurale del provvedimento dichiarativo dello stato di adottabilita'. Tanto basta per reputare soddisfatta la condizione di ammissibilita' di cui all'art. 23, secondo comma, della legge n. 83 del 1953, mentre non occorre che l'ordinanza di rimessione specifichi il tipo di incidenza del vizio ipotizzato sulla decisione del gravame. 2. - La questione non e' fondata. La mancata previsione dell'assistenza di un difensore non significa divieto ai genitori (o al tutore) di avvalersene, ma soltanto che essa non e' obbligatoria. Come questa Corte ha affermato nella sentenza n. 202 del 1975, "e' nel sistema, anche a proposito dei procedimenti speciali, che la parte si possa far rappresentare o almeno assistere da un difensore. Onde, in mancanza di una norma che vieti codesta assistenza, si deve ritenere che la stessa sia implicitamente ammessa e consentita". D'altro lato, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le altre, le sentenze n. 29 del 1962, n. 190 del 1970 e n. 150 del 1972), il diritto di difesa non si identifica sempre con la necessita' della materiale assistenza del difensore. In ragione delle speciali caratteristiche del singolo atto o procedimento preso in considerazione, il diritto di difesa deve ritenersi sufficientemente garantito anche da norme che, come quella in esame, consentono alla parte la possibilita' di tutelare in giudizio le proprie ragioni facendosi assistere da un difensore, senza rendere obbligatoria tale assistenza. 3. - Interpretata nel senso di non precludere ai genitori del minore la facolta' di farsi assistere da un difensore, la disposizione denunciata, ad avviso del giudice a quo, violerebbe pur sempre il diritto di difesa in quanto non prevede l'obbligo di avvertire i genitori della detta facolta'. A parte il rilievo che l'ordinanza di rimessione non precisa in quale momento e con quali modalita' siffatto obbligo di avviso dovrebbe essere adempiuto (se nell'atto con cui si comunica ai genitori la data fissata per l'udienza oppure oralmente in udienza qualora si presentino privi di difensore), la questione comunque, anche sotto questo profilo, non e' fondata. E' certo opportuno che i genitori del minore, chiamati a comparire per essere sentiti dal giudice nella fase preliminare del procedimento di adottabilita', siano avvisati della possibilita' di farsi assistere da un difensore. Ma il diritto di difesa non comporta l'obbligo del giudice di indicare alle parti possibilita' o opportunita' processuali di cui possono avvalersi secondo legge. La' dove un obbligo del genere e' previsto, come nell'art. 421, primo comma, cod. proc. civ., si tratta di norme determinate da peculiari caratteristiche o speciali esigenze (per esempio, di speditezza) del procedimento, fuori dalla portata dell'art. 24 della Costituzione.