ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 9 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del Tribunale per i minorenni), promosso con ordinanza emessa il 2 giugno 1988 dal Pretore di Ispica nel procedimento penale a carico di Matarazzo Pietro, iscritta al n. 53 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 7, prima serie speciale, dell'anno 1989; Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri; Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1989 il Giudice relatore Ettore Gallo; Ritenuto che il Pretore di Ispica, con ordinanza 2 giugno 1988 (pervenuta alla Corte il 25 gennaio 1989), sollevava questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9 del regio decreto-legge 20 luglio 1934, n. 1404 (Istituzione e funzionamento del Tribunale per i minorenni), in riferimento agli articoli 3, 24 e 25 della Costituzione, in quanto non prevede la possibilita' di applicare la norma di cui all'art. 81, secondo comma, codice penale nell'ipotesi di reati commessi prima e dopo il compimento della maggiore eta'; che, nella specie, si trattava di due reati di furto semplice commessi dalla stessa persona, l'uno nella notte fra il 10 e l'11 giugno 1986 e l'altro nella notte fra il 2 ed il 3 settembre dello stesso anno, e sempre nel territorio di Ispica; che l'imputato, tra l'uno e l'altro episodio, aveva raggiunto la maggiore eta', sicche' gli atti relativi al primo furto furono trasmessi per competenza al Tribunale minorile di Catania; che, a seguito di cio', il Pretore, ritenuto che i due reati commessi sono uniti dal vincolo della continuazione, osserva che egli, a causa della competenza del giudice minorile per uno dei reati, si trova nell'impossibilita' di applicare il disposto di cui all'art. 81, secondo comma, codice penale, anche perche' afferma che, nonostante il tempo trascorso, per nessuno dei due reati si e' formato il giudicato; che, peraltro, secondo il Pretore, non trattandosi di ipotesi di pregiudizialita', non sarebbe applicabile la norma di cui all'art. 18 del codice di procedura penale, giacche' egli non condivide il piu' recente indirizzo giurisprudenziale della Corte di Cassazione che ne ammette, invece, l'applicabilita' anche per l'ipotesi di semplice e generica dipendenza fra i due processi; che, d'altra parte, il Pretore nemmeno ritiene di potersi avvalere del disposto di cui all'art. 432, primo comma, codice di procedura penale, "stante la decorrenza dei termini prescrizionali", ed esclude che la continuazione possa essere ritenuta in sede di legittimita' in ordine all'eventuale giudicato che fosse frattanto intervenuto su di uno dei processi, in quanto la Corte di Cassazione dovrebbe estendere la particolare giurisdizione di merito, prevista nell'art. 538, ultimo comma, codice di procedura penale, a fatti accertati in sentenza diversa da quella impugnata; che, infine, nemmeno e' possibile aderire - come pure ha indicato la Corte di Cassazione - al riconoscimento, in tal caso, della competenza del giudice non specializzato su ambo i reati perche', successivamente a quell'indicazione, questa Corte, con sentenza 15 luglio 1983, n. 222, ha giudicato essere funzionale la competenza del giudice minorile, e percio' inderogabile; che, per tutto cio', vengono a risultare violati i prametri indicati, quanto all'art. 3 della Costituzione, perche' colui che viene a trovarsi nella situazione denunziata riceve ingiustificato trattamanto deteriore rispetto a colui che ha commesso ambo i reati nell'una o nell'altra eta' o che, comunque, ha la fortuna di vedere passare in giudicato una delle due condanne prima che si esaurisca la fase di merito; e quanto ai parametri di cui agli artt. 24 e 25 della Costituzione, perche' l'imputato non puo' esercitare un integrale diritto di difesa, e viene per giunta sottratto al giudice naturale, il solo competente a decidere sull'applicabilita' della continuazione; che nel giudizio si e' costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura Generale dello Stato, la quale ha innanzitutto eccepito l'inammissibilita' della sollevata questione, perche' il giudice a quo, a fronte delle ipotizzabili piu' soluzioni, non avrebbe indicato quella che ritiene costituzionalmente obbligata, secondo il costante indirizzo di questa Corte, e comunque perche' allo stato la questione sarebbe irrilevante; che, peraltro, la questione sarebbe ad ogni modo infondata perche', quand'anche fosse vero che la Corte di Cassazione non possa estendere la sua eccezionale valutazione di merito sulla sentenza passata in giudicato, ben puo' rinviare, pero', al giudice di merito affinche' decida sull'applicabilita' della continuazione; Considerato che non puo' dirsi, in verita', che il giudice di merito non abbia indicato la soluzione che ritiene costituzionalmente obbligata, giacche' egli ha invece richiesto la declaratoria d'illegittimita' costituzionale dell'art. 9 della legge sul Tribunale dei minorenni (regio decreto-legge n. 1404 del 1934) ritenendo contrario ai parametri dedotti che quella disposizione non preveda la competenza unica del giudice minorile, anche per i reati commessi dall'imputato in eta' maggiore, quando debba farsi luogo all'applicazione del disposto di cui all'art. 81, secondo comma, codice penale, anche in relazione a reati commessi durante l'eta' minore; che, peraltro, a parte il dubbio che una siffatta disposizione dovesse essere necessariamente ricompresa nella norma impugnata, ben potendo il legislatore provvedere piu' opportunamente in separata sede come espressa ipotesi di competenza per connessione, la questione appare piuttosto viziata per irrilevanza; che, infatti, il Pretore, ricevuto il rapporto della polizia giudiziaria nel settembre 1986, e dopo avere atteso ben due anni prima di prendere in esame la situazione e sollevare la questione, ed ulteriori otto mesi circa prima di farla pervenire a questa Corte dopo la pronunzia dell'ordinanza, osserva poi che non puo' avvalersi del disposto di cui all'art. 432 codice procedura penale "stante la decorrenza dei termini prescrizionali"; che, invece, a' sensi del combinato disposto degli artt. 157 n. 4 e 160, secondo comma, codice penale, la prescrizione per il delitto di furto semplice - ove sia intervenuto, come nella specie, un qualsiasi atto interruttivo (mandato di comparizione, decreto di citazione a giudizio etc...) - si compie in anni 7 e mesi sei, in guisa che il reato sottoposto all'esame del Pretore va ad estinguersi soltanto nel marzo del 1994, per cui e' secondo l'id quod plerumque accidit che frattanto possa aversi sentenza del Tribunale minorile passata in giudicato (ne' la legge vieta che fra i due giudici competenti possa esservi un'intesa in proposito); che, d'altra parte, nemmeno e' vero che la difesa non possa essere correttamente e integralmente espletata, perche', anzi, proprio da un diligente e piuttosto ovvio suo espletamento dipende la possibilita' di far pervenire ambo i procedimenti in sede di legittimita', in modo che la Corte di Cassazione possa valutare senza problemi la situazione di ambo i reati e decidere se ricorra l'ipotesi di cui all'art. 81, secondo comma, codice penale; che, percio', allo stato, non essendo in alcun modo pregiudicati i diritti dell'imputato ad ottenere nel corso del giudizio il riconoscimento della continuazione fra i due reati, non sussiste nemmeno l'assoluta necessita' di dichiarare l'illegittimita' della norma denunziata, indipendentemente per ora dal problema della sua esatta indicazione e da quello dei poteri della Corte in relazione ai poteri discrezionali del legislatore;