LA CORTE D'APPELLO
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa promossa da Dal
 Colle  Franco,  patrocinato  dall'avv.  Dario  Donella  di  Verona  e
 domiciliato  presso  l'avv.  Adami  di Venezia, con ricorso 4 gennaio
 1989 avverso il decreto 7 novembre 1988 del tribunale per i minorenni
 di  Venezia,  che  ha rigettato la sua domanda di adozione del minore
 Dusi Mario;
                           PREMESSO IN FATTO
    Dal  Colle Franco chiese l'adozione del minore Dusi Mario ai sensi
 dell'art. 44 lett. b) della legge 4  maggio  1983,  n.  184,  pur  in
 presenza  di una differenza di eta' con l'adottando minore degli anni
 diciotto e cioe' in  contrasto  con  il  quinto  comma  del  medesimo
 articolo.   Consapevole   di   tale   ostacolo,   l'istante   eccepi'
 l'illegittimita' costituzionale  della  norma  impeditiva,  ai  sensi
 degli artt. 3 e 30, terzo comma, della Costituzione.
    Il  tribunale  per  i  minorenni di Venezia con decreto 7 novembre
 1988  ritenne   l'eccezione   di   costituzionalita'   manifestamente
 infondata  e'  rigetto'  conseguentemente la domanda. Fece ricorso il
 Dal Colle, riproponendo sostanzialmente gli argomenti di diritto gia'
 da  lui  esposti  in  primo  grado. Il procuratore generale chiese la
 conferma del provvedimento impugnato.
                          RITENUTO IN DIRITTO
    1.  -  La  fattispecie  che  questa corte intende dettagliatamente
 esporre per le conseguenze giuridiche  che  saranno  sottoposte  alla
 verifica di costituzionalita', ha le sue origini e i suoi presupposti
 nel matrimonio che il sig. Franco Dal Colle concluse con  la  signora
 Emma Dusi il 14 maggio 1987.
    Dalla  coppia  il 30 gennaio 1988 e' nata una figlia Giulia ma, di
 fatto il sig. Franco Dal Colle ha realizzato un sentimento  affettivo
 di   carattere   paterno   col  figlio  naturale  della  moglie,  mai
 riconosciuto dal padre e che vive e pratica una consuetudine di  vita
 con l'istante.
    Questo  rapporto affettivo concretizzatosi in una paternita' degli
 affetti  e  in  una  filiazione  dei   sentimenti   sia   il   minore
 quattordicenne,  sia  il  Franco Dal Colle vorrebbero trasformarlo in
 una adozione per tutti quei casi residui che prevede l'art. 44  legge
 n.  184/1983,  se  non  fosse  di  ostacolo la differenza di eta' tra
 aspirante adottante e adottato di sedici anni anziche' diciotto  anni
 come  in termini inequivocabili e senza alternativa prevede l'art. 44
 ultimo comma quando  afferma:  "in  tutti  i  casi  l'adottante  deve
 superare  di  almeno  diciotto  anni  l'eta'  di  coloro  che intende
 adottare".
    Ora,  l'istante ha eccepito la illegittimita' costituzionale della
 norma dinanzi al tribunale per i minorenni  di  Venezia  senza  esito
 alcuno e ripropone la richiesta di trasmissione degli atti alla Corte
 costituzionale in questo collegio d'appello  che  invece  reputa  non
 manifestamente infondata l'eccezione di illegittimita'.
    A  sostegno  della  tesi,  l'interessato  deduce  la disparita' di
 trattamento  del  minore  da   adottare,   con   evidente   e   seria
 ragionevolezza,  perche'  nella  ipotesi  dell'art. 44 della legge n.
 184/1983, si sarebbe  creata  una  discriminazione  verso  il  minore
 adottando  rispetto alla situazione del minore riconoscendo (art. 250
 ultimo comma, del codice civile) e del minore legittimando (art. 284,
 n. 1, del codice civile).
    In  particolare,  mentre  il  minore col compimento del sedicesimo
 anno sarebbe in grado di assumere la responsabilita' della paternita'
 biologica e conseguentemente l'onere di educare, istruire e mantenere
 la prole, rispettandone peraltro le inclinazioni, le capacita'  e  le
 aspirazioni  (art.  147 del codice civile); mentre allo stesso, viene
 riconosciuta la facolta' di esprimere consapevolmente un  atto  cosi'
 garavido   di   conseguenze  per  un  fatto  biologico  manifestatosi
 anteriormente,  tutto  cio'  viene  negato  allorche'  si  tratti  di
 convalidare  una  situazione  affettiva  rinforzata  e arricchita dal
 tempo, come prevede l'art. 44 della legge 4 maggio 1983, n. 184.
    Cosi'   inquadrata   la   questione   diventa   rilevante   e  non
 manifestamente infondata la eccepita eccezione sotto  il  profilo  di
 legittimita' costituzionale per due distinte motivazioni; e cioe' sia
 per la palese violazione dell'art. 3 della  Costituzione,  avendo  il
 legislatore usato un trattamento disuguale per situazioni che sono da
 ritenersi omogenee quanto ai presupposti e agli effetti, e  sia,  per
 contrasto  con  l'art.  30, primo, secondo e terzo comma, che detta e
 assicura  ogni  tutela  ai  figli  nati  fuori  dal  matrimonio,   ma
 soprattutto,  ha  una  siginificanza  e  una  portata  di  gran lunga
 superiore a cio' che gli attribuisce il tribunale per i minorenni  di
 Venezia.
    La  norma,  come  ha  posto in luce la stessa Corte costituzionale
 nella pronuncia del  10  febbraio  1981,  n.  11,  assume  un  valore
 primario  di  promozione  della  personalita'  del  soggetto umano in
 formazione assicurandogli le educazione e la crescita nel luogo  piu'
 idoneo,  e  cioe'  nella famiglia di origine o in caso di incapacita'
 genitoriale in una famiglia sostitutiva.
    E per raggiungere tale finalita' prevede il dovere del legislatore
 e  della  autorita'  pubblica  in  generale  di  predisporre   quegli
 interventi   che   pongano   rimedio  nel  modo  piu'  efficace  allo
 svolgimento delle funzioni connesse al diritto-dovere  di  mantenere,
 educare, istruire i figli.
    Funzioni, che proprio per avere un carattere di effettivita', gia'
 ieri con gli istituti distinti della affiliazione  e  della  adozione
 ordinaria  e  speciale,  e  oggi  con l'affido familiare e l'adozione
 legittimante, il legislatore ha voluto realizzare per  assicurare  un
 vincolo  familiare  al minore che ne sia privo, o carente o non abbia
 una  tutela  globale  dei  suoi   affetti   realizzati   con   figure
 assimilabili a quelle parentali.
    Su  queste  prospettive  anche  la  "adozione in casi particolari"
 distanziandosi nettamente dalla adozione legittimante servirebbe allo
 scopo  anzidetto  perche' e' prevista per i casi tassativi dei minori
 adottabili senza successo, affetti da handicap, per gli orfani, e per
 consentire  al  figlio  di uno solo di due coniugi di essere adottato
 dall'altro coniuge (come nella fattispecie).
    Ne  discende  da  questo  excursus, che le motivazioni addotte dal
 primo giudice che reputa sussistere la infondatezza  della  eccezione
 di  incostituzionalita'  non  hanno  pregio  e  validita'  perche' la
 fissazione della differenza minima di eta', in diciotto anni, non  ha
 razionalita'  alcuna  essendo  le  ipotesi  dell'art.  44  del  tutto
 svincolate dai vincoli della Convenzione di Strasburgo del 24  aprile
 1967.
    Al  contrario,  la fissazione di una differenza di sedici anni non
 solo risponderebbe a un criterio biologico, ma  permetterebbe  un'uso
 piu'  allargato  della  norma  dal  momento che con la evoluzione del
 costume dopo la riforma del diritto di famiglia del 1975 e quella del
 divorzio  del  1987, si ritiene che i casi di formazione di coppie di
 cui uno dei coniugi abbia gia'  un  figlio,  siano  sul  piano  della
 esperienza   e   dell'id   quod  plerumque  accidit,  in  costante  e
 progressivo aumento.
    In  questa  prospettiva  sara' proprio la differenza biologica che
 giustifica la nascita, ad assurgere a metro di riferimento anche  per
 la differenza affettiva, nei casi, come in quello in esame, in cui si
 sia instaurato un rapporto genitoriale  fra  uno  dei  coniugi  e  il
 minore del "partner".
    2.  -  La Corte costituzionale con la pronuncia del 10-18 febbraio
 1988,  n.  183,  nel  dichiarare  la  illegittimita'   costituzionale
 dell'art.  79,  primo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184, nella
 parte in cui "non consente l'estensione degli  effetti  dell'adozione
 legittimante nei confronti dei minori adottati con adozione ordinaria
 quando la differenza di eta'  tra  adottanti  ed  adottato  superi  i
 quaranta  anni"  ha  fornito  una interpretazione della normativa ora
 citata che e' decisiva e illuminante per disattendere il  decreto  di
 rigetto  del  primo giudice, e ritenere la non manifesta infondatezza
 delle lesioni del principio di uguaglianza di cui  all'art.  3  della
 Carta  fondamentale nei termini dianzi esposti, in relazione all'art.
 30.
    Si  legge  infatti  che  il  motivo che condiziono' il legislatore
 dell'83 a fissare il divario di eta' fra adottanti  e  adottando  nel
 minimo  di  diciotto anni e nel massimo di quaranta, fu dettato dalla
 necessita' di adeguare la legislazione in  materia  adozionale,  alla
 Convenzione  di  Strasburgo e precisamente agli art. 7, n. 1, e 8, n.
 3.
    Sempre  nella  decisione  della Corte, si legge che il legislatore
 stabilendo la distanza  minima  di  eta'  che  coinciderebbe  con  la
 maggiore  eta'  sostituita  nel  1975,  a  diciotto anni, erano stati
 calcolati i tre anni di matrimonio richiesti dall'art. 6 della  legge
 n.  184/1983,  perche' i coniugi possano adottare, raggiungendo cosi'
 il limite minimo dei ventun anni, previsto dall'art. 7 n. 1.
    Ora  tale  rilievo,  se  e' esatto e aderente, a una retta ricerca
 della ratio legis quando  si  parla  di  adozione  piena  o  adozione
 legittimante,   perde  ogni  vincolo,  ogni  obbligatorieta'  e  ogni
 razionalita' se ci si riferisce all'istituto di  "adozione  ordinaria
 che  l'art. 44 ha mantenuto in vigore per i casi particolari e i suoi
 effetti".
    Anzi,  proprio  l'Italia,  per  la  riserva  espressa nell'atto di
 ratifica, ebbe a  scostarsi  della  regola  generale  che  pretendeva
 aversi  "adozione legittimante", per tutte le ipotesi, applicando per
 le situazioni tassative sopra descritte i casi residuali di  adozione
 ordinaria non legittimante.
    Non e' necessario a questo punto rilevare che altro e' ancorare il
 divario di eta' alla adozione legittimante, ed altro stabilirla per i
 casi  dell'art. 44, tanto piu' che la stessa convenzione con l'art. 8
 n. 3 esige in punto di principio  "che  tra  adottante  ed  adottando
 intercorra  quel  divario  di  eta'  che  e'  naturale  nel  rapporto
 genitori-figli". Ma proprio in questa ottica non e' chi  non  ravvisi
 come  abbassare  la  differenza  di  eta'  al  sedicesimo anno che e'
 condizione per diventare genitori biologici sia il minimo ragionevole
 e  ancorato  alla realta' naturale, mentre elevare tale limite non ha
 motivo di essere e creerebbe una grave  disparita'  e  differenza  di
 trattamento, con l'art. 250 e 284 del codice civile.
    D'altra  parte  il tribunale per i minorenni di Venezia, ha omesso
 del tutto di considerare la  particolarita'  e  la  specificita'  del
 sottosistema  giuridico  che  e'  sostituito  dal  cap. primo, e piu'
 precisamente dagli art. 44 all'art. 57 della legge n. 183/1984.
    Nei   casi   contemplati,   l'adottante   non  deve  esprimere  un
 convincimento   astratto   o   una   manifestazione    di    volonta'
 intellettualistica  quale  si  richiede per chi scelga col coniuge di
 volere intraprendere la adozione legittimante  nei  confronti  di  un
 minore  che  scegliera' il giudice ai sensi dell'art. 22 della legge.
 Non deve cioe' dimostrare una rappresentazione volitiva  che  di  per
 se'    richiede    maturita'   e   capacita'   di   astrazione   come
 giustificherebbe il divario minimo dei diciotto anni.
    Nelle ipotesi residuate del minore figlio del coniuge, od orfano o
 convivente con parenti, la  situazione  o  di  fatto  si  e'  creata,
 maturata  e  sviluppata prima della volonta' di adottare, e anzi puo'
 dirsi che la paternita' e la filiazione affettiva (come nel  caso  in
 esame)  sia stato il frutto e la conseguenza di una abitudine di vita
 durata anni.
    Se  cosi' e', non si vede che differenza sussista a ben riflettere
 col caso di riconoscimento di paternita' o maternita' (art.  250  del
 codice civile) o con la legittimazione di cui all'art. 284 del codice
 civile perche' in tali previsioni normative come in quelle  dell'art.
 44  ci  si troverebbe di fronte a dei rapporti di fatto vuoi derivati
 dalla filiazione biologica  che  da  quella  affettiva  ai  quali  la
 volonta' del dichiarante segue e convalida l'evento o la situazione e
 non lo anticipa.
    Una  volta  salvata  anche per i casi "particolari", la differenza
 biologica, diventa irragionevole, superfluo, inutile, discriminatorio
 e  non  adeguato  per dare una protezione al minore carente di tutela
 giuridica,  non  l'abbassare,  anche  per  questo  tipo  di  istituto
 giuridico  che  ripetesi e' avulso, autonomo e staccato dagli impegni
 assunti con la Convenzione di Strasburgo,  la  differenza  minima  di
 eta',  ai  sedici anni per evitare trattamenti diversi per situazioni
 omogenee quanto alle premesse e quanto agli effetti.
    Sotto  il  profilo  della  evoluzione del costume si e' gia' fatto
 rilevare come si  sono  accentuati  per  effetto  della  riforma  del
 diritto  di  famiglia  del  1975, per la eliminazione del concetto di
 colpa nelle separazioni e per lo sviluppo e regolamentazione sia  del
 nuovo  divorzio  sia del divorzio congiunto di cui alla legge 6 marzo
 1987 n. 74 che ha  semplificato  le  relative  procedure  dando  piu'
 garanzie  al  coniuge  e ai figli, i casi di matrimonio di un coniuge
 con un proprio figlio con altro coniuge  disposto  ad  adottare,  per
 ratificare  la  prole  dell'altro con la quale sia nato un vincolo di
 consuetudine di vita.
    A queste considerazioni e' d'uopo aggiungere che dal 1967, e cioe'
 con l'accentuarsi del profilo pubblicistico dell'adozione speciale, e
 con l'attenuarsi e affievolirsi dell'aspetto contrattualistico, si e'
 fatta strada nel nostro Ordinamento la  nascita  della  paternita'  e
 maternita'  affettiva  accanto  a  quella biologica e il riscontro di
 tale evoluzione lo si puo' verificare:
       a) nella adozione speciale e in quella legittimante;
       b)   nell'inserimento   nella  famiglia  legittima  del  figlio
 adulterino dell'altro coniuge (art. 252 del  codice  civile)  qualora
 cio' corrisponda all'interesse del figlio;
       c)  nell'istituto  dell'affidamento familiare di cui all'art. 4
 della legge 4 maggio 1983, e  infine  in  tutti  i  casi  particolari
 dell'art.  44  che appunto sono stati conservati proprio per dare una
 stabilita'  familiare  alle  ipotesi  non  comprese  nella   adozione
 legittimante  per i pregressi vincoli di maternita' e paternita' nati
 con la spontanea nascita  di  sentimenti  di  figliolanza  di  natura
 pedagogica-spirituale.  Quest'ultima  configurazione  strutturale che
 affonda  le  sue  radici  nella   spinta   "copernichiana"   impressa
 nell'interesse rinnovato verso la personalita' del minore rende ancor
 piu' evidente il contrasto con gli artt. 3 e 30  della  Costituzione,
 del  mantenimento  della  differenza  minima di eta' ai diciotto anni
 anziche' ai sedici come sarebbe corretto auspicare.
    Un'ultima   considerazione   gia'  indicata  indirettamente  nella
 premessa dell'elaborato riflette infine la evoluzione del diritto  di
 famiglia  per quanto si riferisca al cosiddetto aspetto interno della
 potesta' dei genitori e della maggiore autonomia dei minori a seguito
 della  mutata  formulazione  dell'art.  147 del codice civile dopo la
 riforma del 1975.
    Di questo veloce mutamento ne ha dato atto implicitamente la Corte
 costituzionale con la sentenza del 26 settembre-6  ottobre  1988,  ma
 questa  sezione  per  i  minorenni  ne  trae  conforto  per  una piu'
 penetrante considerazione  delle  ipotesi  previste  dal  piu'  volte
 citato art. 44 della legge n. 183/1984.
    Ora,  se deve riconoscersi una maggiore autonomia del minore e una
 piu' forte spinta volontaristica, devesi nel contempo ammettersi  che
 le  situazioni  di fatto che rientrano nella adozione ordinaria hanno
 una natura "premiale" nel senso che, si vuole dare  una  parvenza  di
 legalita'  e di stabilita' ai rapporti spontanei nati dalla reciproca
 accettazione,  dalla  reciproca  stima,  e  dalla  reciproca  scelta,
 ditalche'  la  differenza  di  eta' di diciotto anni e' fuori da ogni
 ragionevolezza, utilita',  e  le  argomentazioni  del  primo  giudice
 perdono   efficacia  e  validita',  ben  potendo  bastare  il  minimo
 dell'eta' biologica che, ripetesi e' di sedici anni.
    Peraltro  dovendosi  consolidare  o  far  nascere  un  rapporto di
 filiazione per quei casi in cui normalmente e' difficile trovare  una
 famiglia  per  essere  il  minore  portatore di "handicap" o dove sia
 impossibile dichiarare la adottabilita' perche' sia nato  un  vincolo
 profondo  con  un  parente  o  un  affidatario  legittimo, sarebbe in
 contrasto con l'art. 30 dal momento che un istituto  giuridico  quale
 l'art.  44  e  segg., anziche' allargare, restringerebbe al di la' di
 ogni ragionevolezza le possibilita' di applicarlo  e  capire  i  casi
 piu' frequenti, specie se si riflette che molti paesi stranieri hanno
 gia' ridotto la differenza minima tra adottato e adottante.
    Ne'  il  principio  della  imitatio  naturae  puo' prevalere sulla
 specifica finalita' dell'Istituto eccezionale previsto dalla legge n.
 184/1983,  dal  momento che nel caso di specie le regole minime della
 adozione legittimamente, stabilite dalla  Convenzione  di  Strasburgo
 non   sono   applicabili   e   la   stessa  commissione  parlamentare
 nell'illustrare quelle norme ebbe a precisare la loro eccezionalita',
 straordinarieta',  e  tassativita'  per  rimediare a casi residui che
 l'adozione piena non avrebbe coperto perche' riferiti a minori non in
 stato di abbandono.
    Ne  discende  che  ad  animare ed informare la normativa non e' la
 preoccupazione della imitatio naturae che tutt'al piu'  puo'  causare
 la propria determinante incidenza nell'altro tipo di adozione, quanto
 il far rivivere la adozione ordinaria attraverso  le  maglie  rimaste
 vuote dalla normativa innovativa della n. 184/1983.
    Del  resto  se si prende in esame l'art. 291 del codice civile che
 regolava  l'adozione  prima   che   l'asse   portante   dell'istituto
 acquistasse  il  carattere  pubblicistico  della  legge  n.  431/1987
 centrando il maggior interesse sul  minore,  prevedeva  che:  "quando
 eccezionali  circostanze  lo  consigliano,  la corte d'appello poteva
 autorizzare l'adozione se l'adottante ha raggiunto almeno  l'eta'  di
 anni  quaranta,  e  se  la  differenza  di  eta'  tra  l'adottante  e
 l'adottando e' di almeno sedici anni".
    Da  questo  richiamo  storico-giuridico emerge in modo apalissiano
 che l'avere il primo giudice sostenuto che la differenza dei diciotto
 anni  si  giustificherebbe  con  la necessita' di "imitare la natura"
 trova  proprio  una  smentita  dallo  stesso  istituto  dell'adozione
 ordinaria   quando   era   regolata   con   criteri   prevalentemente
 contrattualistici e tradizionali.
    3.  -  Per concludere, si puo' dire che la posizione di svantaggio
 tra l'adottante ex art. 44  della  legge  n.  184/1983,  e  il  padre
 sedicenne  che voglia riconoscere il figlio o legittimarlo e' chiara,
 evidente e rilevante.
    Entrambi  devono  assumere  con  posizioni  perfettamente omogenee
 conseguenti a fatti e situazioni di fatto, i loro compiti e doveri di
 educare,  istruire  e mantenere un minore alla luce dell'art. 147 del
 codice civile.
    Senonche'  pur  ammettendo  la  diversita'  delle premesse che non
 offusca  il  prinicipio  della  "omogeneita'",   la   disparita'   di
 trattamento  ingiustificato diventa evidente tra l'uno e l'altro caso
 perche' nei casi di adozione di  casi  particolari  si  mantiene  una
 differenza  di eta' (diciotto anni) che non ha giustificazione alcuna
 e irragionevolmente supera l'eta'  biologica  minima  per  aversi  la
 maternita'  e  paternita' naturale, mentre negli altri due casi ci si
 limita a fissare l'eta' dei sedici anni.
    In  cotal modo, il legislatore ha posto in essere come conseguenze
 non giustificate sperequazioni giacche' si vengono a trattare in modo
 diverso situazioni uguali mentre la omogeneita' deve ricercarsi nella
 pretesa assunzione dei doveri genitoriali nell'uno e nell'altro  caso
 con uguali conseguenze e relativi diritti.
    Tale  diversita'  di  trattamento  determina  e  puo' determinare,
 pregiudizio al concreto esercizio della volonta' di adottare in  casi
 speciali,  da  parte  di  chi abbia una differenza con lo adottato di
 sedici anni, pari all'eta' biologica.  Tutto  cio'  in  relazione  ai
 rapporti  fra  aspirante genitore e aspirante figlio gia' consolidati
 col tempo.