ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 55, comma
 primo, come richiamato dall'art. 169, e 54  comma  terzo,  del  regio
 decreto  16  marzo  1942,  n.  267  (Disciplina  del  fallimento, del
 concordato  preventivo,  dell'amministrazione  controllata  e   della
 liquidazione coatta amministrativa), promosso con ordinanza emessa il
 26 settembre 1988 dal Tribunale di Firenze  nel  procedimento  civile
 vertente  tra  la  Societa'  Cooperativa  Fornaci "Le Piaggiole" e il
 Fallimento S.n.c. Impresa Artigiana Edile  Achille  Camellini  e  C.,
 iscritta  al  n.   802 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  3  prima  serie  speciale
 dell'anno 1989;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 12 aprile 1989 il Giudice
 relatore Aldo Corasaniti;
                           Ritenuto in fatto
   Nel  giudizio  di  opposizione  allo  stato  passivo promosso dalla
 Cooperativa  Fornaci  Le  Piaggiole  nei  confronti  del  fallimento,
 successivo  a  concordato preventivo, dell'Impresa artigiana edile A.
 Camellini  S.n.c.  ed  avente  ad  oggetto  l'ammissione  di  crediti
 assistiti  da  privilegio  ex  art.  2751  bis,  numero 5, del codice
 civile, il Tribunale di Firenze, con ordinanza emessa il 26 settembre
 1988,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale, in
 riferimento all'art. 3 della  Costituzione,  del  combinato  disposto
 degli artt. 55, primo comma, 169 e 54, terzo comma, del regio decreto
 16 marzo 1942, n. 267, nella parte in cui non estendono il privilegio
 agli  interessi dovuti sui crediti privilegiati delle societa' o enti
 di produzione e lavoro dopo la domanda di concordato preventivo.
    Dopo  aver richiamato la sentenza di questa Corte n. 300 del 1986,
 che le disposizioni suindicate ha dichiarato illegittime nella  parte
 in  cui non estendono il privilegio agli interessi dovuti sui crediti
 privilegiati di lavoro nella procedura di concordato  preventivo  del
 datore   di   lavoro,  osserva  il  giudice  a  quo  che,  risultando
 accomunati, ai sensi dell'art. 2751 bis del codice civile,  sotto  il
 profilo  dell'attribuzione  del  privilegio  generale  sui  mobili, i
 crediti per le retribuzioni dei  lavoratori  dipendenti,  considerati
 dal  numero  1  del  detto  articolo,  ed  i  crediti  delle societa'
 cooperative di produzione e  lavoro  per  i  servizi  prestati  ed  i
 manufatti  venduti,  considerati dal numero 5 dello stesso articolo e
 costituenti  prevalentemente  retribuzione  di  lavoro,  non   appare
 conforme  al  princi'pio  di  uguaglianza  il diverso regime che, per
 effetto della citata sentenza, si e' venuto  ad  instaurare  tra  gli
 interessi   sui   crediti   in   esame  nell'ambito  delle  procedure
 concorsuali.
    Non  vi  e'  stata  costituzione  di  parti  ne' e' intervenuto il
 Presidente del Consiglio dei ministri.
                         Considerato in diritto
   1.  -  Con  l'ordinanza  di  rimessione  e'  sollevata questione di
 legittimita' costituzionale del combinato  disposto  degli  art.  55,
 primo  comma,  richiamato dall'art. 169, e 54, terzo comma, del regio
 decreto 16 aprile 1942, n. 267 (legge fallimentare), nella  parte  in
 cui  non  sancisce la prelazione a favore degli interessi sulle somme
 oggetto di crediti delle societa' o enti cooperativi di produzione  e
 di  lavoro  (crediti assistiti da privilegio ex art. 2751 bis, numero
 5, codice civile)  dopo  la  domanda  di  concordato  preventivo.  La
 questione  si  riferisce peraltro anche all'ipotesi di fallimento del
 debitore, fallimento, che, nella specie,  e'  seguito  al  concordato
 preventivo.
    La  legittimita'  costituzionale della norma e' messa in dubbio in
 riferimento  all'art.  3,  primo  comma,   della   Costituzione.   Ma
 l'invocazione  da  parte  dell'ordinanza di rimessione del precedente
 costituito dalla sentenza di questa Corte n. 300 del 1986  -  che  ha
 dichiarato  l'illegittimita' costituzionale della norma ora impugnata
 in quanto non sanciva la prelazione nel  procedimento  di  concordato
 preventivo a favore degli interessi sulle somme oggetto di crediti da
 lavoro dipendente per contrasto con gli artt. 3, primo  comma,  e  36
 della  Costituzione  -  inducono  a  ritenere  che l'ordinanza stessa
 faccia anche riferimento,  per  implicito,  a  quest'ultimo  precetto
 costituzionale.
    2. - La questione e' fondata.
    In  effetti  questa  Corte,  con  la  sentenza n. 300 del 1986, ha
 dichiarato l'illegittimita' della norma ora impugnata con riferimento
 agli  artt.  3  e  36  della  Costituzione, in quanto, non prevedendo
 prelazione a favore degli interessi, decorrenti in sede di concordato
 preventivo,  sui crediti da lavoro dipendente - crediti pur assistiti
 da privilegio, ai sensi dell'art. 2751  bis,  numero  1,  del  codice
 civile,  e  quindi  da  prelazione  nella detta sede - non costituiva
 adeguata tutela per i lavoratori dipendenti.
    Con  la  recente  sentenza  n.  204  del  1989,  questa  Corte  ha
 dichiarato l'illegittimita' costituzionale, in riferimento agli artt.
 3  e  36 della Costituzione, della norma risultante dal coordinamento
 degli artt. 54, comma terzo, e 55, comma primo, del regio decreto  n.
 267 del 1942, nella parte in cui non estende - in quanto non richiama
 gli artt. 2749  e  2751  bis,  numero  1,  del  codice  civile  -  la
 prelazione  agli  interessi dovuti sui crediti privilegiati da lavoro
 dipendente nel fallimento dell'imprenditore.
    Con   tali   pronunce  la  Corte  ha  ritenuto  ingiustificata  la
 discriminazione operata fra crediti da lavoro e crediti per interessi
 sui  medesimi nelle procedure concorsuali - in quanto non estendono a
 questi la prelazione riconosciuta a quelli - perche' contraria a  una
 compiuta tutela dei crediti comunque derivanti da lavoro subordinato.
 Ricorrono tuttavia anche per gli interessi - decorrenti, sia  durante
 il  procedimento  di  concordato  preventivo  che  durante  quello di
 fallimento - sulle somme oggetto dei  crediti  delle  cooperative  di
 produzione  e  lavoro assistiti da privilegio ai sensi dell'art. 2751
 bis, numero  5,  del  codice  civile,  valide  ragioni  per  ritenere
 illegittima  l'analoga discriminazione operata dalla norma impugnata.
   Intanto non mancano nel diritto positivo altre discipline dirette a
 introdurre trattamenti privilegiati a  favore  delle  cooperative  di
 produzione  e  lavoro, le quali, se rispondenti ai requisiti previsti
 dalla legislazione sulla cooperazione (decreto legislativo  del  Capo
 provvisorio  dello  Stato  14  dicembre  1947,  n. 1577), sono esenti
 dall'imposta sul reddito  delle  persone  giuridiche  e  dall'imposta
 locale  sui redditi (art. 11 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 601). E
 tali benefici sono certamente connessi, per un verso, alla  rilevanza
 della  particolare  posizione  del  socio,  assimilata  a  quella del
 lavoratore subordinato per quanto riguarda il trattamento fiscale del
 reddito  (art.  47, lettera a, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 597),
 nonche' sotto il profilo  della  tutela  antinfortunistica  (art.  4,
 numero  7,  del  d.P.R.  30  giugno  1965, n. 1124), della previdenza
 (d.P.R. 30 aprile 1970, n. 602) e del diritto agli assegni  familiari
 (art.  1 del d.P.R. 30 maggio 1955, n. 797). E, per altro verso, alla
 causa propria della costituzione delle cooperative suindicate, che ha
 natura     rigorosamente    mutualistica,    in    quanto    consiste
 nell'autoorganizzazione   e    autogestione    in    forma    sociale
 (coorganizzazione e cogestione alla pari) di prestatori di lavoro per
 la migliore collocazione e per  la  piu'  adeguata  retribuzione  del
 lavoro medesimo, con esclusione di fini di speculazione.
    Viene  cosi'  in emersione l'art. 36, ma e' coinvolto anche l'art.
 45 della Costituzione. A quest'ultimo  proposito  va  osservato  che,
 anche   se  alla  protezione  costituzionale  della  cooperazione  si
 attribuisce  una  finalita'  che  va  oltre  la  generica  tutela  di
 categorie produttive deboli, in quanto si estende al riconoscimento e
 alla promozione di una  forma  di  produzione  alternativa  a  quella
 capitalistica,   la   giustificazione   della  protezione  stessa  e'
 comunemente rinvenuta nella piu' stretta inerenza  che  la  "funzione
 sociale"  presenta  nell'organizzazione  cooperativistica  rispetto a
 quella  che  la  detta  funzione  riveste  nelle   altre   forme   di
 organizzazione produttiva. Funzione sociale che qui viene individuata
 nella  congiunta  realizzazione  del  decentramento  democratico  del
 potere di organizzazione e gestione della produzione e della maggiore
 diffusione e  piu'  equa  distribuzione  del  risultato  utile  della
 produzione  stessa  (cfr., per particolari aspetti, gli artt. 43, 44,
 46 e 47, ma, su un piano piu' generale, gli artt. 1, 2, 3 e  4  della
 Costituzione).
    Cio'  induce  a  ritenere  che  anche  nel  caso  che ne occupa e'
 ingiustificata, in riferimento ai cennati precetti costituzionali, la
 lamentata discriminazione.
    Va pertanto dichiarata l'illegittimita' costituzionale della norma
 risultante dal coordinamento degli artt. 54, comma terzo, e 55, comma
 primo,  del  regio-decreto  n.  267  del 1942, operante, in forza del
 rinvio contenuto  nel  successivo  art.  169,  anche  nel  concordato
 preventivo,  nella  parte  in  cui, nelle procedure di fallimento del
 debitore e di concordato preventivo, non  estende  -  in  quanto  non
 richiama  gli artt. 2749 e 2751 bis del codice civile - la prelazione
 agli interessi sui crediti  delle  societa'  o  enti  cooperativi  di
 produzione  e  lavoro  di cui all'art. 2751 bis, numero 5, del codice
 civile.
    E'  ovvio che la presente pronuncia va circoscritta agli interessi
 sulle somme oggetto di crediti delle sole cooperative di produzione e
 lavoro  che  rispondono ai requisiti prescritti dalla legislazione in
 tema di cooperazione (decreto legislativo del Capo provvisorio  dello
 Stato 14 dicembre 1947, n. 1577, e successive modificazioni).