ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale  degli artt. 28 e 38,
 secondo e terzo comma, n. 1, del d.P.R.  27  ottobre  1953,  n.  1068
 (Ordinamento  della  professione di ragioniere e perito commerciale),
 promosso con ordinanza emessa il 15  febbraio  1989  dal  T.A.R.  per
 l'Emilia-Romagna  sul ricorso proposto da Belmonte Giuseppe contro il
 Collegio dei ragionieri commercialisti  del  circondario  di  Rimini,
 iscritta  al  n.  231  del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  19,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1989;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  5 luglio 1989 il Giudice
 relatore Giuseppe Borzellino;
    Ritenuto  che  con  ordinanza  emessa  il  15  febbraio  1989  dal
 Tribunale amministrativo regionale per l'Emilia-Romagna, sul  ricorso
 proposto  da  Belmonte  Giuseppe  contro  il  Collegio dei ragionieri
 commercialisti del circondario di Rimini (Reg. ord. n. 231 del 1989),
 sono  state sollevate questioni di legittimita' costituzionale "delle
 norme di cui all'art. 38, secondo e terzo comma, n. 1, del d.P.R.  27
 ottobre  1953 n. 1068 sull'ordinamento professionale dei ragionieri e
 periti commerciali, nella parte in cui non prevedono, in luogo  della
 prevista  radiazione  di  diritto  dall'albo professionale, a seguito
 delle indicate condanne penale o della  dichiarata  interdizione  dai
 pubblici  uffici  o  dall'esercizio di una professione, l'esperimento
 del procedimento disciplinare,  unica  sede  in  cui  possono  essere
 valutati  in  concreto  i  fatti,  costituenti  il reato commesso dal
 professionista  e  cosi'  graduata  l'applicazione   della   relativa
 sanzione"  per  contrasto  con  gli  artt.  3, 27 e 97 Cost.; nonche'
 dell'art. 28 (sempre del d.P.R.  27  ottobre  1953,  n.   1068)  "che
 devolve  la cognizione dei ricorsi avverso le decisioni del consiglio
 nazionale  dell'Ordine  professionale   dei   ragionieri   e   periti
 commerciali,  in  materia  di  iscrizione  o cancellazione dagli albi
 professionali ovvero in materia disciplinare, al Tribunale  ordinario
 del  luogo  ove ha sede il Consiglio che ha emesso la deliberazione",
 per contrasto con l'art. 103, primo comma, Cost.;
    Considerato   che   le   prospettate   questioni   si   appalesano
 manifestamente inammissibili, avendo questa Corte gia' ravvisato  che
 nei  procedimenti  "comportanti  la  sospensione  o  la cancellazione
 dall'albo professionale (quest'ultima variamente definita nei diversi
 ordinamenti  professionali)" il singolo "e' titolare di una posizione
 di diritto soggettivo perfetto,  anche  costituzionalmente  protetta"
 (cfr.   sentenza  n.  284  del  1986),  sicche',  stante  l'affermata
 giurisdizione del giudice ordinario, nei confronti del giudice a  quo
 "la   pronuncia   costituzionale   che  qui  ugualmente  ne  seguisse
 resterebbe cosi' priva delle positive conseguenze sue proprie"  (cfr.
 sentenza n. 346 del 1987);
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;