ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, del decreto
 legislativo 2 marzo 1948, n. 142 (Attribuzioni dell'Avvocatura  dello
 Stato  nei  riguardi della Regione siciliana), promosso con ordinanza
 emessa il 21 giugno 1988 dal T.A.R. per la Sicilia, Sezione  staccata
 di  Catania,  sul ricorso proposto da Grasso Giovanbattista contro lo
 I.A.C.P. di  Catania  ed  altri,  iscritta  al  n.  78  del  registro
 ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 9 prima serie speciale dell'anno 1989;
    Visto l'atto di costituzione della Regione Sicilia, nonche' l'atto
 di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 13 giugno 1989 il Giudice relatore
 Enzo Cheli;
    Udito  l'Avvocato  dello  Stato  Giorgio  D'Amato  per  la Regione
 Sicilia e per il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel  giudizio  promosso da Giovanbattista Grasso, aspirante
 all'assegnazione di un alloggio popolare, contro l'Istituto  autonomo
 case   popolari   di   Catania   e  la  Commissione  provinciale  per
 l'assegnazione di alloggi popolari ed economici presso tale Istituto,
 il  Tribunale  amministrativo  regionale  per  la Sicilia (Sezione di
 Catania) -  dovendo  giudicare  della  nullita'  della  notificazione
 dell'atto  introduttivo  del  giudizio  effettuata  direttamente alla
 Commissione anziche' presso  la  competente  Avvocatura  distrettuale
 dello Stato - ha sollevato, in riferimento agli artt. 116 e 3 Cost. e
 1, 14,  lettera  p),  e  43  dello  Statuto  speciale  della  Regione
 siciliana   (legge  Cost.  26  febbraio  1948  n.  2),  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 1  del  decreto  legislativo  2
 marzo  1948  n.  142  (Attribuzioni  dell'Avvocatura  dello Stato nei
 riguardi della Regione siciliana), che ha esteso alla amministrazione
 regionale siciliana le funzioni dell'Avvocatura dello Stato.
    Secondo  l'ordinanza  di  rinvio,  la disciplina adottata con tale
 disposizione, imponendo una particolare  soluzione  organizzativa  in
 materia  di  patrocinio  legale degli organi della Regione siciliana,
 limiterebbe indebitamente la potesta' legislativa esclusiva di cui la
 stessa Regione gode in tema di "ordinamento degli uffici e degli enti
 regionali", con conseguente  violazione  dell'autonomia  regionale  e
 specificamente degli artt. 1 e 14 lett. p) dello Statuto speciale.
    In  secondo  luogo,  la  stessa  disciplina - sempre ad avviso del
 giudice  a  quo  -  sarebbe  tale  da  determinare  una   irrazionale
 disparita'  di  trattamento, lesiva dell'art. 3 Cost., fra la Regione
 siciliana - obbligata, in forza di una legge  statale,  ad  avvalersi
 comunque  del  patrocinio  dell'Avvocatura  dello  Stato - e le altre
 Regioni, che, in base alla  legislazione  vigente  (art.  107,  terzo
 comma,  d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616 e art. 10 legge 3 aprile 1979 n.
 103), restano invece libere di decidere, con proprio atto, se  ed  in
 quale  misura  fruire  del  patrocinio  dell'Avvocatura  dello Stato,
 ovvero avvalersi dell'apporto di professionisti del libero Foro.
    La  disposizione  impugnata  -  ove fosse ritenuta attuativa dello
 Statuto regionale - si presenterebbe,  infine,  lesiva  dell'art.  43
 dello Statuto speciale, secondo cui le norme di attuazione statutaria
 e quelle che disciplinano il  passaggio  degli  uffici  statali  alla
 Regione  debbono  essere  adottate  con una particolare procedura che
 contempla  la  preventiva  delibera  di  una   apposita   Commissione
 paritetica:  e  cio'  in  quanto il decreto legislativo impugnato non
 sarebbe  stato  adottato  con  tale  procedura  ne'  preceduto  dalla
 deliberazione di tale Commissione.
    L'ordinanza,   ritualmente   notificata  e  comunicata,  e'  stata
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 9, prima serie  speciale,  del
 1› marzo 1989.
    2.  -  Nel  giudizio  dinanzi alla Corte ha spiegato intervento il
 Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  si  e'  costituito   il
 Presidente  della  Regione autonoma Sicilia, entrambi rappresentati e
 difesi dell'Avvocatura generale dello Stato.
    La    Presidenza   del   Consiglio   -   dopo   aver   prospettato
 l'inammissibilita' della denunzia del vizio procedimentale in  quanto
 formulata in via ipotetica - osserva, nel merito, che le disposizioni
 del decreto legislativo n. 142 del 1948 non  attengono  alla  materia
 dell'ordinamento  degli  uffici  bensi'  alla materia processuale. Ad
 avviso dell'interveniente non risulterebbe, pertanto, in  alcun  modo
 lesa  la potesta' legislativa regionale in materia di uffici, tant'e'
 che la Regione ha potuto legiferare in ordine alle  attribuzioni  del
 proprio ufficio legislativo e legale e disciplinare le ipotesi in cui
 la Regione non possa avvalersi - ai sensi del decreto  legislativo  2
 marzo 1948 n. 142 - del patrocinio dell'Avvocatura dello Stato.
    La  Presidenza del Consiglio sottolinea poi il dato di fatto della
 lunga ed incontrastata attuazione della norma impugnata e richiama le
 argomentazioni contenute nella sentenza della Corte Costituzionale n.
 30 del 1968, con la quale venne dichiarata l'infondatezza di  analoga
 questione,  sollevata  con  riguardo all'art. 55 del d.P.R. 19 maggio
 1949 n. 250, che estendeva le funzioni  dell'Avvocatura  dello  Stato
 all'amministrazione regionale sarda.
    Viene,  infine,  contestata  la  censura formulata con riferimento
 all'art. 3 Cost.: tale censura risulterebbe priva di consistenza  sia
 in  relazione  alla  natura speciale dell'autonomia siciliana, sia in
 relazione al particolare regime  processuale  previsto  per  le  sole
 Regioni  a  statuto speciale, in analogia con la disciplina posta per
 le amministrazioni statali.
    La  Presidenza  del  Consiglio dei Ministri chiede pertanto che la
 questione sia dichiarata inammissibile o infondata.
    3.  -  Nel  suo  atto  di costituzione il Presidente della Regione
 siciliana, dopo aver  sottolineato  il  rilevante  interesse  che  il
 riconoscimento   della   legittimita'   costituzionale   della  norma
 impugnata riveste  per  la  Regione,  fa  proprie  le  deduzioni  del
 Presidente    del    Consiglio    dei   Ministri,   concludendo   per
 l'inammissibilita' o per l'infondatezza della questione.
    4.  - In prossimita' dell'udienza di discussione il Presidente del
 Consiglio dei ministri ha prodotto ampia memoria, dove si  sviluppano
 le argomentazioni difensive gia' enunciate nell'atto di intervento.
                         Considerato in diritto
    1.  -  L'art.  1  del  decreto  legislativo  2  marzo  1948 n. 142
 (Attribuzioni dell'Avvocatura dello Stato nei riguardi della  Regione
 siciliana)  dispone  che "le funzioni dell'Avvocatura dello Stato nei
 riguardi    delle     amministrazioni     statali     sono     estese
 all'amministrazione  regionale  siciliana",  nei  cui confronti viene
 prevista l'applicazione del  Testo  unico  e  del  regolamento  sulla
 rappresentanza  e  difesa  in  giudizio  dello Stato, approvati con i
 RR.DD. 30 ottobre 1933 n. 1611 e 1612, nonche' degli artt. 25  e  144
 del  Codice  di  procedura  civile:  da tale disciplina discende, tra
 l'altro, l'onere della notifica degli atti introduttivi  dei  giudizi
 proposti   nei   confronti   dell'amministrazione   regionale  presso
 l'Avvocatura  erariale,  anziche'  direttamente  all'organo  che   ha
 emanato l'atto.
    Il  giudice a quo - dovendo giudicare in ordine all'ammissibilita'
 di un ricorso proposto mediante notifica diretta all'organo regionale
 anziche'  presso  l'Avvocatura  erariale  - dubita della legittimita'
 costituzionale di tale disciplina per tre ordini di motivi  e  cioe':
 a)  con  riferimento  agli  artt.  116  Cost. e 1 e 14 lett. p) dello
 Statuto speciale siciliano,  per  il  fatto  che  la  legge  statale,
 imponendo  alla  Regione  una  particolare soluzione organizzativa in
 tema di patrocinio legale, verrebbe indebitamente  a  interferire  in
 una  materia  ("ordinamento  degli  uffici  e  degli enti regionali")
 riservata alla competenza legislativa  esclusiva  regionale;  b)  con
 riferimento  all'art.  3 Cost., per il fatto che la Regione siciliana
 si  troverebbe,  in  conseguenza  della  norma  impugnata,  obbligata
 comunque  a  ricorrere  al  patrocinio  dell'Avvocatura  dello Stato,
 mentre lo stesso  legislatore  statale  ha  consentito  alle  Regioni
 ordinarie  di  scegliere  liberamente  se  avvalersi  o  meno di tale
 patrocinio (cfr. artt. 107, terzo comma, d.P.R. 24 luglio 1977 n. 616
 e  10  legge  3 aprile 1979 n.103); c) in relazione all'art. 43 dello
 Statuto speciale, in relazione al fatto che la disciplina di  cui  e'
 causa  -  ove  dovesse considerarsi attuativa dello Statuto - sarebbe
 stata adottata senza il rispetto della speciale  procedura  (delibera
 della  Commissione  paritetica)  prevista  per le norme di attuazione
 statutaria.
    2.  -  La  questione  e'  infondata in relazione a tutti i profili
 prospettati.
    Sul  piano  formale,  va  innanzitutto  richiamata  la particolare
 natura  dell'atto  normativo  impugnato,  in  relazione  al  profilo,
 enunciato  come eventuale, concernente la violazione del procedimento
 regolato dall'art. 43 dello Statuto speciale siciliano.
    In  proposito  va  ricordato che il decreto legislativo n. 142 del
 1948 fu adottato dal Governo in  virtu'  dei  poteri  conferiti  allo
 stesso  dal  decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1944 n. 151
 (concernente la c.d. "costituzione provvisoria"), modificato  con  il
 decreto legislativo luogotenenziale 16 marzo 1946 n. 98 e convertito,
 con  l'entrata  in  vigore  della  Carta   repubblicana,   dalla   XV
 disposizione   transitoria.   Il   decreto  legislativo  in  esame  -
 successivamente ratificato mediante la legge 17 aprile 1956 n. 561  -
 recepiva,   peraltro,   con  lievi  varianti,  il  contenuto  di  una
 disposizione in materia giurisdizionale che aveva formato oggetto  di
 specifico  accordo tra Stato e Regione, nell'ambito dei lavori svolti
 dalla prima Commissione paritetica nominata, ai  sensi  dell'art.  43
 dello  Statuto  siciliano,  mediante  decreto del Capo dello Stato in
 data  9  ottobre  1946.  Con  una  relazione  inviata   all'Assemblea
 regionale  il  24  maggio  1947  il  Presidente  di  tale Commissione
 trasmetteva, infatti, le norme  transitorie  e  di  attuazione  dello
 Statuto  speciale deliberate dalla stessa Commissione, norme raccolte
 sotto otto paragrafi, di cui uno ( sub lett. f) dedicato agli "organi
 giurisdizionali".   Nell'ambito  della  disciplina  concernente  tale
 materia veniva,  tra  l'altro,  prevista  una  disposizione  (art.30)
 relativa  all'estensione  delle  funzioni dell'Avvocatura dello Stato
 all'amministrazione regionale, con la conseguente  applicazione  alla
 stessa della disciplina posta nei rr.dd. nn. 1611 e 1612 del 1933.
    Non  si puo' quindi dubitare del fatto che la norma impugnata, per
 essere stata adottata sulla base di un consenso maturato  nell'ambito
 della  Commissione  paritetica  di cui all'art. 43 dello Statuto, sia
 venuta ad  assumere,  almeno  nella  sostanza,  la  natura  di  norma
 attuazione  dello Statuto speciale. Le diversita' solo formali che e'
 dato riscontrare tra il testo del decreto legislativo n. 142 del 1948
 e  quello  redatto  dalla  Commissione  paritetica  non sono, d'altro
 canto,  tali  da  intaccare  la  sostanziale  identita'   delle   due
 discipline,  mentre  possono trovare una spiegazione d'ordine storico
 sia nella particolare fase di transizione  istituzionale  in  cui  la
 prima Commissione paritetica venne a concludere il proprio lavoro sia
 nel  fatto  che,  successivamente  a  tale  conclusione,  il  decreto
 legislativo n. 142 venne emanato quando non risultava ancora operante
 la legge costituzionale 26 febbraio 1948 n. 2 (entrata in  vigore  il
 10    marzo    successivo),    mediante    cui    fu    disposta   la
 "costituzionalizzazione" dello Statuto speciale siciliano.
    Pur  nella  riconosciuta  natura di norma di attuazione riferibile
 alla disposizione impugnata, non  sussistono,  dunque,  elementi  per
 ritenere   fondata   -   data  l'esistenza  di  un  accordo  maturato
 nell'ambito della Commissione paritetica e  successivamente  recepito
 in  un  atto normativo del Governo - la censura di ordine procedurale
 formulata, in via ipotetica, dall'ordinanza con riferimento  all'art.
 43 dello Statuto speciale.
    3.  -  Da  tale premessa discende agevolmente anche l'infondatezza
 della censura, di carattere sostanziale, prospettata con  riferimento
 agli artt. 116 Cost. e 1 e 14 lett. p) dello Statuto speciale.
    Basti  solo  rilevare  che  l'asserita  lesione  della  competenza
 esclusiva regionale in materia di "ordinamento degli uffici  e  degli
 enti regionali", nella specie, non puo' essere configurata non solo e
 non  tanto  per  la  non  diretta  attinenza  della  norma  impugnata
 (incidente,   in   prevalenza,   nella   sfera  della  rappresentanza
 processuale) alla materia in questione, quanto ed essenzialmente  per
 il carattere sostanzialmente consensuale della disciplina espressa da
 tale norma. Tale carattere e'  stato,  del  resto,  in  certo  senso,
 avallato  dallo  stesso  comportamento  tenuto nel corso del giudizio
 dalla  Regione  Sicilia,  che,  oltre  ad  aderire  alle  conclusioni
 formulate  dal  Presidente del Consiglio dei ministri, ha ritenuto di
 dover affermare il proprio "rilevante interesse"  alla  conservazione
 della  norma  impugnata:  con  cio'  escludendo  che nella specie sia
 congruo  parlare  di  lesione  della  sfera  di  autonomia  regionale
 determinata  da  una  "particolare  soluzione  organizzativa" imposta
 unilateralmente  dallo  Stato.  A  tale  constatazione,  di  per  se'
 decisiva,  puo'  essere d'altro canto aggiunto anche il richiamo alla
 precedente giurisprudenza di questa Corte (cfr. sent. n. 30 del 1968)
 che,  con riferimento ad una fattispecie normativa del tutto identica
 a quella in esame, concernente la Regione sarda (art.  55  d.P.R.  19
 maggio  1949  n.  250),  ha  avuto  modo  di  escludere la violazione
 dell'autonomia regionale conseguente  all'estensione  delle  funzioni
 dell'Avvocatura  dello  Stato  all'ambito  di  una  Regione a statuto
 speciale: e questo in relazione alla sfera  di  discrezionalita'  pur
 sempre  concessa alla stessa Regione nella scelta del difensore dalla
 disciplina in questione, sia con riferimento all'ipotesi di contrasto
 di interessi con lo Stato sia con riferimento all'ipotesi, per quanto
 eccezionale, di affidamento della difesa ad avvocati del libero  foro
 (affidamento  consentito  dall'art.  5  del  R.D.  30 ottobre 1933 n.
 1611).
    4.  -  Infondata risulta, infine, anche la censura prospettata con
 riferimento all'art. 3 Cost.
    La  diversita'  di  disciplina  prevista  per le Regioni a statuto
 ordinario - nei cui confronti l'art. 107, terzo comma, del d.P.R.  24
 luglio  1977  n.  616 (successivamente integrato dall'art. 10 legge 3
 aprile 1979 n. 103) ha previsto la  possibilita'  del  patrocinio  da
 parte  dell'Avvocatura  dello  Stato come soluzione facoltativa e non
 obbligatoria - non puo', infatti, assumere rilievo nel caso in  esame
 al fine di valutare l'eventuale lesione del principio di eguaglianza.
 La possibilita' di comparare  le  due  situazioni  risulta,  infatti,
 esclusa   sia  dalla  specialita'  dell'autonomia  riconosciuta  alla
 Regione siciliana dall'art. 116 Cost. (che puo' comportare  soluzioni
 organizzative  diversificate da quelle previste per le altre Regioni,
 ordinarie  e  speciali),  sia  dall'adesione  espressa  dalla  stessa
 Regione  nei  confronti della disciplina di cui e' causa. Dato questo
 che non esclude, peraltro, la possibilita' di adottare in prosieguo -
 cosi'  come  e' gia' accaduto per la Regione Sardegna mediante l'art.
 73 del d.P.R. 19 giugno 1979 n. 348, che ha trasformato il patrocinio
 dell'Avvocatura  dello  Stato  da  obbligatorio  in facoltativo - una
 diversa soluzione, ove questa risulti  concordata,  anche  alla  luce
 della  disciplina posta per le Regioni ordinarie, tra Stato e Regione
 siciliana, sempre nel rispetto del particolare procedimento  previsto
 dall'art. 43 dello Statuto speciale.