IL PRETORE Come noto, dottrina e giurisprudenza (pretore Bologna 7 febbraio 1984, Arch. loc. cond., 1984, 102; pret. Napoli 22 marzo 1985, Arch. loc. cond., 1985, 565; pret. Verona 26 giugno 1985, Arch. loc. cond., 1985, 537), pressoche' unanimamente, configurano il termine dei sei mesi previsto dall'art. 79, secondo comma, della legge n. 392/1978 (norma che ricalca analoghe previsioni contenute nella c.d. "legislazione vincolistica": art. 2-sexies della legge n. 351/1974; art. 8 della legge n. 833/1969) quale termine di decadenza entro il quale deve essere esercitata l'azione di ripetizione di somme che il conduttore assume versate in eccedenza rispetto a quelle legittime. Le disposizioni che stabiliscono decadenze vengono considerate "eccezionali" e, in quanto tali, non possono formare oggetto di interpretazione analogica. Parte della giurisprudenza ha ritenuto di potere dare della norma un'interpretazione estensiva, la quale consenta di ricomprendere nel concetto di "riconsegna dell'immobile locato", momento da cui decorre in termine di decadenza, qualunque ipotesi di cessazione del rapporto locatizio sul piano giuridico e fattuale insieme (in questo senso, chiaramente, pret. Napoli, 22 marzo 1985 cit.; ma, sostanzialmente, in tale orientamento gia' pret. Taranto 15 marzo 1983, Arch. loc. cond., 1983, 542 e, poi, pret. Taranto 2 giugno 1987, Arch. loc. cond., 1987, 544). Questo indirizzo non puo' essere condivisio. Invero, l'interpretazione suggerita e', in realta un'interpretazione analogica. Il significato del termine "riconsegna dell'immobile locato" e' molto preciso: gia' sul piano lessico-concettuale, prtanto, e' molto difficile estenderne la portata in modo da farvi rientrare ipotesi simili, avuto riguardo alla ratio legis, ma, certamente, diverse. Inoltre, se generalmente accade che la "riconsegna dell'immobile locato" comporti la cessazioni di diritto e di fatto del rapporto locatizio, cio' non accade in tutti i casi, cosicche' e', in realta', impossibile che la locuzione "riconsegna dell'immobile locato" voglia dire, in sostanza, cessazione del rapporto sul piano giuridico e fattuale. Si possono, infatti, fare ipotesi in cui il rapporto locatizio non cessa con la riconsegna dell'immobile, perche' il locatore continua a lamentare l'illegittimita' del recesso del conduttore e pretende la correponsione del canone fino alla scadenza prevista. Un'ipotesi di tal genere ha avuto modo di esaminare la Corte di cessazione (Cass. 28 maggio 1986, n. 3588). Nella sentenza e' stato, correttamente, precisato che anche nel caso esaminato il momento della riconsegna e' quello di inizio decorso del termine di decadenza previsto dall'art. 8 della legge 833/1969, perche', con la riconsegna, viene meno la remora che il conduttore puo' avere a ripetere somme illegittimamente corrisposte, dettata dal timore di subire ritorsioni volte ad allontanarlo dall'immobile, remora la cui esistenza spiega la ratio legis della disposizione di cui all'art. 8 citato. Appare, allora, non manifestamente infondata la questione di costituzionalita', con riferimento all'art. 3 della Costituzione, dell'art. 79, secondo comma, della legge n. 392/1978, nella parte in cui non sono comprese, tra le ipotesi di decorso del termine di decadenza previsto, anche quelle nelle quali, pur non essendovi stata "riconsegna dell'immobile locato", e' cessato ogni rapporto, di diritto e di fatto, tra conduttore e locatore, avendo questi perduto la sua qualita'. Tali ipotesi si verificano quando la proprieta' dell'immobile passa dal locatore al conduttore o ad altri, per contratto o in forza dell'esercizio del diritto di riscatto nei casi previsti dalla legge. Le ipotesi sono obbiettivamente diverse da quella considerata dall'art. 79, secondo comma, citato. Peraltro, secondo la giurisprudenza consolidata della Corte costituzionale, sussiste, comunque, violazione del principio di parita', quando la scelta legislativa appaia viziata da irrazionalita' dei criteri adoperati in rapporto in fine perseguito, quando, cioe', in buona sostanza, le situazioni disciplinate, pur obbiettivamente diverse, non siano tali, avuto riguardo al fine perseguito dal legislatore con la disposizione comportante discipline diverse. E' quanto si e' verificato, ad avviso del giudicante, nel caso in esame. Invero, come gia' evidenziato, la ragione ispiratrice della norma e' quella di tutelare il conduttore che inatenda esercitare l'azione di ripetizione da possibili ritorsioni del locatore volte a privarlo del godimento dell'immobile: pericolo che, ovviamente, viene meno non soltanto quando l'immobile e' riconsegnato, ma anche quando tali ritorsioni diventano obbiettivamente impossibili, avendo il locatore perduto la sua qualita'. E' opportuno sottolinerare che la questione e' rilevante ai fini della decisione del presente giudizio. Invero, secondo l'opinione prevalente, il termine di decadenza previsto dall'art. 79, secondo comma, citato e' "sostitutivo" di quello di prescrizione: il conduttore puo' esercitare l'azione di ripetizione entro sei mesi dalla "riconsegna dell'immobile locato", anche se il termine di prescrizione e' gia' decorso, ma, quando tale termine e' scaduto, l'esperimento dell'azione e' precluso, pur se non e' ancora scaduto il termine di prescrizione. D'altra parte, secondo l'indirizzo che appare piu' esatto, la proposizione della domanda di conciliazione, di cui all'art. 44 della legge n. 392/1978, non puo' essere considerata esercizio dell'azione di ripetizione. Come correttamente osservato (pret. Bologna 7 febbraio 1984 cit.), la legge non impone il preventivo esperimento del tentativo di conciliazione con riferimento all'azione di ripetizione, ma soltanto con riferimento all'azione di accertamento del canone legalmente dovuto. E' soltanto un'inevitabile conseguenza del sistema il fatto che, quando sia contraversa la misura del canone legalmente dovuto e non vi sia stato accertamento dello stesso, il conduttore interessato a ripetere le somme illegittime versate a titolo di canone si veda costretta a fare accertare il canone legale (quindi ad esperire preventivamente il tentativo obbligatorio di conciliazione) per potere utilmente proporre l'azione di ripetizione. E' chiaro, pero', che la distinzione tra le due azioni, di accertamento e di ripetizione, rende infondato sostenere sia ravvisabile esperimento di quest'ultima azione gia' in quello del tentativo di conciliazione, che dell'azione di ripetizione "non" e' antecedente logico-giuridico necessario.