IL PRETORE Letti gli atti del procedimento penale n. 138/87 pretura di Poggibonsi contro Pasquinuzzi Dario, nato a Radicondoli il 26 giugno 1943, e residente a Colle Val d'Elsa, via A. Diaz n. 127 imputato del reato p. e p. dall'art. 20, lett. b), della legge n. 47/1985 per avere realizzato, senza il preventivo rilascio da parte del sindaco del comune di Colle Val d'Elsa della prescritta concessione edilizia, una piattaforma in cemento sporgente dal piano terra per cm. 10 sulla quale e' stato ancorato un capanno in lamiera ondulata di mt. 2,50 x 1,80 per complessivi mt. 10,350 ed inoltre due tettoie in lamiera ondulata sorrette da pali metallici murati a terra e collegati fra loro con rete metallica per un volume abusivo complessivo di mt. 1,50 sorrette da pali in cemento alti ca. mt. 1,80 murati a terra della lunghezza di mt. 60 ca. Accertato in Colle Val d'Elsa, localita' Strada delle Lellere il 26 gennaio 1987 e realizzato nella primavera 1985. Rilevato che con riferimento a tali opere edilizie specificate in imputazione, mentre il sindaco di Colle Val d'Elsa ha rilasciato in data 30 dicembre 1989 autorizzazione in sanatoria relativamente e limitatamente alla recinzione con rete metallica ed alle due tettoie in lamiera ondulata, la stessa autorita' amministrativa ha respinto, con comunicazione del 18/25 novembre 1988, la domanda di concessione edilizia in sanatoria avanzata dall'imputato in relazione, alle altre opere edilizie - capanno in lamiera su piattaforma in cemento - ingiungendogli la demolizione di tali ultime opere e rilevato inoltre che e' emerso che l'imputato stesso ha correttamente e tempestivamente rispettato tale ordine di demolizione. Considerato inoltre, a fronte di una tale situazione di fatto che il difensore dell'imputato, all'odierno dibattimento, ha formalmente richiesto che il pretore sollevi eccezione d'illegittimita' costituzionale degli artt. 13 e 22 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, sotto l'aspetto che tale disciplina legislativa, limitando l'effetto estintivo del reato di cui all'art. 20, lett. b), della legge n. 47/1985 alla sola situazione di un formale rilascio di una concessione edilizia in sanatoria e non attribuendo analogo effetto alla situazione della demolizione di fatto delle opere ritenute abusive e non sanate ovvero non sanabili, produrrebbe conseguentemente una violazione della norma costituzionale di cui all'art. 3 della Costituzione. In merito a tale eccezione, questo pretore non solo la ritiene cosi' come prospettata, non manifestamente infondata e sicuramente rilevante nel presente procedimento (nel quale quella parte di opere non sanate amministrativamente e' stata demolita entro i termini della relativa ordinanza sindacale) ma anche tale da meritare di essere formalmente sollevata, questa volta d'ufficio, anche sotto un altro profilo. Va innanzitutto doverosamente osservato che evidentemente, quale espressione delle piu' moderne tendenze dottrinarie, lo stesso legislatore, con la normativa della legge urbanistica n. 47/1985 soprarichiamata ha attribuito espresso rilievo giuridico alla concessione c.d. illecito penale reale sostanziale ed ha perlomeno escluso la punibilita' (per effetto dell'istituto dell'"estinzione" del reato) nell'ipotesi di accertata assenza di antigiuridicita' penale reale in un'opera edilizia formalmente realizzata senza concessione edilizia nell'ipotesi che intervenga un tale atto amministrativo a sanatoria, evidentemente in tutte quelle situazioni nelle quali un tale atto amministrativo non si ponga in contrasto con le norme degli strumenti urbanistici vigenti e quindi contro gli interessi pubblici normativamente valutati. Nella realta' vi sono pero' situazioni nelle quali un tale atto non potra' mai intervenire o perche' l'opera e' gia' stata rimessa nel nulla spontaneamente dall'autore del fatto o perche' uno non puo' essere rilasciato per ragioni normative ed allora non si vede perche', una volta che di fatto ed effettivamente, nei termini stabiliti dall'autorita' amministrativa di vigilanza e di controllo dell'attivita' edilizia tali opere edilizie sono state demolite e la situazione dei luoghi e' divenuta nuovamente identica a quella di prima della realizzazione delle opere stesse, anche in questi casi non debba essere esclusa la punibilita' (tecnicamente con la previsione di una causa di estinzione del reato). In tali ultime situazioni (ed una di esse si ritrova nel presente procedimento) e' venuta sicuramente meno qualsiasi forma di danno o anche solo di pericolo per gli interessi tutelati dalle norme urbanistiche ed edilizie analogamente a cio' che si verifica nell'ipotesi di rilascio della concessione edilizia in sanatoria (con le giuste e logiche conseguenze di cui all'ultimo comma dell'art. 22 della legge n. 47/1985). Che il legislatore si sia reso conto di tale ingiustificata disparita' di trattamento tra due situazioni identiche (sotto il profilo del venir meno della antigiuridicita' penale o perlomeno della lesione effettiva dell'interesse penalmente tutelato) meritevole di un'identica disciplina normativa, e' desumibile dalla disciplina dettata dell'art. 8-quater del d.-l. 23 aprile 1985, n. 145, convertito in legge 21 giugno 1985, n. 291. Ma anche tale specifica disciplina ultima (ed in tal senso e sotto questo profilo questo pretore solleva d'ufficio identica eccezione d'illegittimita' costituzionale) si pone in contrasto con la norma costituzionale dell'art. 3 della Costituzione che si ritiene violata anche, concordemente alle richieste difensive, dalla disciplina restrittiva di cui agli artt. 13 e 22 della legge n. 47/1985, nei limiti e negli aspetti sopraprecisati. Non v'e' alcun motivo logico, valido ed apprezzabile per il quale il trattamento di favore della non punibilita' debba essere limitato a coloro i quali abbiano demolito l'opera abusiva entro il 22 giugno 1985 senza che venga esteso a coloro (e quindi anche nella presente fattispecie, all'imputato Pasquinuzzi Dario i quali abbiano proceduto alla demolizione successivamente a tale data. E non v'e' dubbio che anche la stessa scelta del momento temporale di validita' ed efficacia della disciplina penale di favore e' contraria a qualsiasi criterio di ragionevolezza (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge) e cio' evidentemente a conferma dell'irrazionalita' ed illogicita' piu' generale del mantenimento di una disparita' di trattamento tra situazioni del tutto identiche sotto il profilo dell'assenza o del venir meno di danno penale. E' quindi rilevante nel presente procedimento e non manifestamente infondato ritenere che quanto previsto dagli artt. 13 e 22 della legge n. 47/1985 ed 8-quater della legge n. 298/1985 sotto i profili sopramenzionati, si ponga in contrasto con il principio costituzionale di uguale disciplina di situazioni uguali e di divieto di ingiustificate disparita' di trattamento di cui all'art. 3 della Costituzione.