IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2307/87 reg. sez. proposto da Cims Elena, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Del Matto, con domicilio in Napoli, galleria Umberto I n. 83 (giusta mandato a margine del ricorso); dal proc. Andrea Abbamonte, con domicilio in Napoli, viale Gramsci n. 6/ a (giusta procura notarile depositata il 19 novembre 1988), contro il Ministero della difesa, in persona del Ministro, rappresentato e difeso dall'avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, con domicilio in Napoli, via Diaz n. 11, per l'annullamento previa sospensione di atto di diniego di trattenimento in servizio; Visti il ricorso ed i relativi allegati; Visti l'atto di costituzione in giudizio e la memoria prodotta dall'amministrazione intimata; Vista l'ordinanza cautelare; Visti gli atti tutti di causa; Relatore il consigliere Orciuolo; Uditi, alla pubblica udienza del 22 marzo 1989, per la ricorrente il proc. Abbamonte che non si e' opposto al deposito fuori termine della memoria dell'amministrazione, per quest'ultima l'avvocato dello Stato Mangogna; Ritenuto e considerato quanto segue; I N F A T T O Con ricorso notificato il 6 ottobre 1987, depositato il 19 detti, Cims Elena, dipendente civile del Ministero della difesa in servizio presso il Comando aeroporto "Ugo Niutta" Capodichino di Napoli, ha impugnato la nota n. 51157 in data 25 giugno 1987, comunicatale il 21 luglio 1987, con la quale il Ministero della difesa ha respinto la sua istanza di trattenimento in servizio oltre il 2 giugno 1988, giorno in cui la stessa avrebbe compiuto il sessantacinquesimo anno di eta', essendo nata il 2 giugno 1923, fino al raggiungimento dell'anzianita' minima per il conseguimento del diritto alla pensione statale. La ricorrente infatti, assunta, come precisato in ricorso, il 5 novembre 1974, al raggiungimento del sessantacinquesimo anno di eta' avrebbe maturato anni tredici, mesi sei e giorni ventotto di servizio utile a pensione; il che non le avrebbe consentito di conseguire la pensione statale, questa presupponendo un servizio effettivo minimo di anni quindici (cfr. art. 42, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092). La ricorrente ha dedotto la illegittimita' dell'atto impugnato, in subordine sollevando questione di incostituzionalita' delle disposizioni applicate dall'amministrazione, ed ha concluso per la declaratoria del diritto al trattenimento in servizio fino al raggiungimento della predetta anzianita' minima e in subordine per il riconoscimento della non manifesta infondatezza della sollevata questione di legittimita' costituzionale; con le conseguenze di legge. L'amministrazione intimata si e' costituita ed ha contrastato il ricorso deducendone la inammissibilita' e la infondatezza, e concludendo in conformita'; con la vittoria o compensazione delle spese. La domanda incidentale di sospensione e' stata respinta. Indi, all'udienza del 22 marzo 1988, il ricorso e' stato ritenuto per la decisione. Con sentenza non definitiva (coeva alla presente ordinanza) e' stata respinta la eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla costituita amministrazione, riservandosi la definizione del giudizio all'esito della decisione da parte della Corte costituzionale sulla eccezione di costituzionalita' di cui infra. I N D I R I T T O 1. - Alla stregua della vigente legislazione ordinaria l'impugnato provvedimento e' legittimo. L'amministrazionne ha infatti fatto applicazione di quella parte dell'art. 1, primo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46, il cui contenuto e' stato successivamente ripetuto nell'art. 4, primo comma, del predetto d.P.R. n. 1092/1973, secondo cui gli impiegati civili di ruolo delle amministrazioni dello Stato sono collocati a riposo al compimento del sessantacinquesimo anno di eta'. 2. - Ove pero' di tali disposizioni fosse dichiarata la illegittimita' costituzionale nelle parti in cui non e' previsto il trattenimento in servizio del dipendente fino al compimento della minima anzianita' necessaria al conseguimento della pensione statale, pur se con il limite massimo comunque di servizio fino al compimento del settantesimo anno, questo stabilito per talune categorie di dipendenti, il ricorso avrebbe esito diverso, in quanto del provvedimento impugnato andrebbe predicata la illegittimita'. Consegue la rilevanza della eccepita questione di legittimita' costituzionale. Tale rilevanza va predicata anche nella considerazione che, come dalla ricorreente dedotto e non contestato ex adverso, la posizione contributiva della stessa non consente alla medesima di ottenere dall'I.N.P.S. un trattamento pensionistico, pur tenendosi conto che l'amministrazione statale, come dalla stessa precisato nel provvedimento impugnato, deve costituire, in relazione al servizio prestato, una posizione assicurativa presso il predetto istituto. 3. - La stessa questione inoltre non appare manifestamente infondata. Nella sentenza n. 238 del 24 febbraio-3 marzo 1988 la Corte costituzionale ha affermato che la esigenza per il lavoratore, il quale sia giunto al termine legale del rapporto di impiego, di restare eccezionalmente in servizio per il tempo necessario a conseguire il diritto al minimo della pensione, e' da ricondurre a un interesse tutelato dalla Costituzione come diritto del lavoratore in quanto tale, dato che l'art. 38, secondo comma, della Costituzione, prevede il diritto per il lavoratore alla previsione di mezzi adeguati alle proprie esigenze di vita in caso, fra l'altro, di vecchiaia. Tenuto conto della latitudine di detta esigenza, nella stessa sentenza e' stata affermata la irrilevanza della circostanza che si tratti di pubblico ovvero di privato dipendente, per cui non potrebbe invocarsi nel caso, in danno della ricorrente, la differenza esistente fra lo status del pubblico dipendente e quello del dipendente privato. Nell'ordinamento legislativo - ivi comprendendo, per quanto interessa, ed essendo cio' nel caso consentito, come precisato nella ridetta sentenza n. 238, l'intero campo del rapporto di lavoro dipendente, tanto pubblico che privato - e' prevista la possibilita' di deroga al limite legale del rapporto di impiego per finalita' assicurative o previdenziali di particolare pregio costituzionale, come avviene nel caso del rapporto di lavoro dipendente privato, in cui, ai sensi dell'art. 6 del d.-l. 22 dicembre 1981, n. 791, convertito con modificazioni con la legge 26 febbraio 1982, n. 54, per quanto interessa, il lavoratore che non abbia raggiunto l'anzianita' contributiva massima utile, e quindi anche colui che non abbia raggiunto l'anzianita' contributiva minima utile, puo' scegliere di continuare a prestare la propria opera al di la' del limite di eta' legislativamente fissato, ma comunque non oltre il sessantacinquesimo anno di eta'. Non si ravvisa quindi ragione affinche' tale possibilita' di deroga, oltre che nel campo dell'impiego privato, non sia consentita anche nel campo di quello pubblico; trattasi infatti di esigenza comune a qualunque dipendente, a prescindere dal settore di impiego di appartenenza, e non si ravvisano evidenti ragioni differenziatrici a giustificazione dell'attuale difformita'. In contrario non potrebbe valere la considerazine che con il precitato art. 6 il dipendente privato puo' rimanere in servizio fino a sessantacinque anni di eta', con cio' venendo equiparata la sua posizione a qualla del dipendente pubblico. Andrebbe infatti tenuto presente che con il limite massimo dei sessantacinque anni il dipendente privato va a beneficiare di un aumento di (almeno) cinque anni rispetto all'eta' di pensionamento, questa normalmente prevista ad anni sessanta per gli uomini ed ad anni cinquantacinque per le donne; analogamente quindi dovrebbe essere offerta al dipendente pubblico la stessa possibilita' di aumentare, qualora necessaro come nella specie, il proprio periodo di servizio di (almeno) cinque anni, con cio' fissandosi il limite massimo di eta' ad anni settanta, limite questo gia' previsto in via normale per talune categorie, come i magistrati e gli avvocati dello Stato. 4. - Va percio' sollevata questione di legittimita' costituzionale delle norme sopra indicate, per violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione. Quanto all'art. 3, per ingiustificata disparita' di disciplina fra il rapporto di impiego privato e il rapporto di impiego pubblico, sotto l'aspetto in questione da ritenere non dissimili. Quanto all'art. 38, per non essersi il legislatore ordinario dato carico, nel fissare la disciplina di cui alle norme sospette di incostituzionalita', di prevedere in misura completa mezzi adeguati alle esigenze di vita per il lavoratore in caso di vecchiaia.