IL TRIBUNALE Sull'eccezione di legittimita' costituzionale degli artt. 139, 142 e 158 della legge 16 febbraio 1913, n. 89 (ordinamento del notariato e degli archivi notarili) in relazione all'art. 3 della Costituzione sollevata all'udienza del 18 novembre 1988 dall'avv. Giuseppe Ginnai, difensore dell'imputato Carlo Colombi; O S S E R V A La questione da esaminare concerne l'asserito contrasto delle anzidette norme della legge notarile, che prevedono la destituzione e l'inabilitazione di diritto del notaio che abbia riportato condanna per alcuno dei reati indicati nell'art. 5, n. 3, della legge medesima, con i principi di ragionevolezza insiti nel disposto dell'art. 3 della Costituzione; e cio' in quanto le dette sanzioni troverebbero applicazione automatica, senza che la condotta del notaio sia stata valutata in sede disciplinare. Cio' premesso, non vi e' innanzitutto dubbio che l'eccezione sia rilevante nel presente procedimento con riguardo alla posizione non soltanto del Colombi, ma anche degli altri notai incriminati (ad esclusione del Rossetti e del De Longis, ai quali le summenzionate sanzioni non sarebbero applicabili, essendo essi cessati dall'esercizio delle funzioni per il raggiungimento del limite di eta'), in quanto viene a tutti contestato il reato di falso ideologico in atti pubblici, compreso tra quelli di cui al citato art. 5, n. 3. Ritiene, poi, il collegio che l'eccezione non sia manifestamente infondata. Deve, invero, evidenziarsi che analoga questione, limitata peraltro alla destinazione di diritto, e' stata gia' risolta dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 971 del 12 ottobre 1988, la quale ha dichiarato la illegittimita' dell'art. 85, lett. a), del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3. (statuto degli impiegati civili dello Stato) e dell'art. 236 delle norme della regione siciliana di cui al d.l.p. 29 ottobre 1955, n. 6 "nella parte in cui non prevedono, in luogo del provvedimento di destituzione di diritto, l'apertura e lo svolgimento del procedimento discilinare". A tale decisione la Corte e' pervenuta - con riferimento alle fattispecie di un dipendente comunale destituito di diritto senza procedimento disciplinare, in quanto, gia' irrevocabilmente condannato per il reato di peculato - sulla base delle seguenti considerazioni: l'ordinamento appare "vieppiu' orientato, oggi, verso l'esclusione di sanzioni rigide, avulse da un confacente rapporto di inadeguatezza con caso concreto"; "L'indispensabile gradualita' sanzionatoria, ivi compresa la misura massima destitutoria, importa - adunque - che le valutazioni relative siano ricondotte, ognora, alla naturale sede di valutazione: il procedimento disciplinare, in difetto di che ogni relativa norma risulta incoerente per il suo automatismo, e conseguentemente irrazionale ex art. 3 della Costituzione". In conseguenza di tale statuizione e in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, la Corte ha esteso la dichiarazione di incostituzionalita' ad altre norme, tra le quali non figurano pero' quelle della legge notarile sopra menzionate. Non vi e' dubbio, tuttavia, a giudizio del Tribunale, che, il principio fissato dalla surrichiamata sentenza sia applicabile anche a tali norme, essendo pur in esse previste sanzioni rigide, applicabili automaticamente per effetto della condanna penale, indipendentemente da una valutazione della gravita' del caso concreto, e quindi da una graduazione della sanzione, in sede disciplinare. Ne' puo' aver rilievo in senso contrario la natura di misura cautelare, e non gia' di pena disciplinare, che essendo parte della giurisprudenza dovrebbe riconoscersi alla inabilitazione. Ed invero, quale che sia il fine a cui tende tale misura, nulla esso toglie al carattere afflittivo della stessa, posto che ne consegue la preclusione all'esercizio delle funzioni notarili, come per la destituzione; con l'aggravante, rispetto a questa, che tale effetto e' immediato, in quanto la pronuncia della inabilitazione, a differenza di quella della destituzione, e' esecutiva nonostante appello, come dispone il quarto comma del summenzionato art. 158. La questione va quindi sottoposta al giudizio della Corte costituzionale, previa separazione degli atti relativi agli imputati Rossetti e De Longis e ai loro rispettivi coimputati, nei confronti dei quali come si e' gia' detto, la questione stessa e' irrilevante e puo' quindi procedersi oltre.