LA CORTE DI CASSAZIONE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso proposto da
 Vierin Rene' Benjamin, nato il 16 maggio 1948 ad  Aosta,  avverso  la
 sentenza emessa il 15 luglio 1986 dalla corte di appello di Torino;
    Visti gli atti, la sentenza denunziata ed il ricorso;
    Udita in pubblica udienza la relazione fatta dal consigliere dott.
 Umberto Feliciangeli;
    Udito  il  pubblico  ministero  in  persona dell'avvocato generale
 dott. Antonio Valeri  che  ha  concluso  per  rimessione  alla  Corte
 costituzionale;
                     RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO
    1.  -  Vierin  Rene'  Benjamin  veniva  riconosciuto colpevole dal
 tribunale di Aosta del delitto di ratto di persona minore degli  anni
 quattordici  a  fine  di libidine, aggravato e continuato (artt. 524,
 61, n. 9, 81 cpv., del c.p.), e  condannato  alla  pena  ritenuta  di
 giustizia.
    La  corte  di  appello  di  Torino,  seconda  sezione  penale, con
 sentenza 15 luglio 1986 confermava il giudizio  di  colpevolezza  pur
 riducendo  la  pena  in  relazione al riconoscimento delle attenuanti
 previste dagli artt. 62, n. 6, e 525 del c.p.; considerate prevalenti
 sull'aggravante  contestata unitamente alle attenuanti generiche (62-
 bis del c.p.) gia' riconosciute dal giudice di primo grado.
    2.  -  Il  procedimento  di  appello  veniva celebrato con il rito
 contumaciale, avendo la corte accertata la ritualita' e tempestivita'
 della notificazione del decreto di citazione a giudizio e non essendo
 nel corso di tutta l'udienza pervenuta alcuna  giustificazione  della
 assenza dell'imputato.
    Tuttavia,  la  mattina  stessa  della pronunzia della sentenza, ma
 dopo di questa, perveniva alla cancelleria della corte un  fonogramma
 della  sezione  della  polizia  stradale  di  Aosta,  con il quale si
 comunicava che il Vierin quella mattina stessa, alle  ore  8,15,  era
 stato  ricoverato  all'ospedale  di  Aosta  con  la diagnosi, "trauma
 cranico, ferita  lacero  contusa  vestibolo  orale  arcata  superire,
 contusione   incisivi   superiori,   contusione  toracica  e  colonna
 cervicale", lesioni sofferte in  seguito  ad  un  incidente  stradale
 occorsogli  mentre  era  in  viaggio  per  Torino  per presenziare al
 processo.
    Il  difensore  dell'imputato  proponeva  nei  termni  ricorso  per
 cassazione,  denunziando  con  i  motivi,  fra  l'altro  e  in  linea
 preliminare,  la  nullita'  del  giudizio di appello e della relativa
 sentenza, perche' l'imputato non era  potuto  comparire  in  giudizio
 senza  sua colpa, ne' era stato in grado, - pur avendo immediatamente
 richiesto il personale della  polizia,  che  lo  aveva  soccorso,  di
 informare  la  corte  di  appello  di Torino dell'accaduto -, di fare
 pervenire tempestivamente al giudice la notizia e la  prova  del  suo
 impedimento.
    3.  -  Queste  sezioni  unite,  con  ordinanza  pronunziata  il 12
 dicembre 1987, dichiaravano rilevante e non manifestamente  infondata
 la  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 498, ultimo
 comma, del codice di  procedura  penale  in  relazione  all'art.  24,
 secondo  comma, della Costituzione, e disponevano la remissione degli
 atti alla Corte costituzionale.
    Riteneva  questa  corte  che  la  statuizione del citato art. 498,
 ultimo comma, del c.p.p.,  -  per  cui,  "la  prova  dell'impedimento
 legittimo,  pervenuta  dopo  la  pubblicazione  della  sentenza,  non
 invalida il giudizio contumaciale" - non consentiva di accogliere  la
 tesi  difensiva  della  nullita'  del  giudizio  contumaciale, pur in
 presenza  della  prova  sopravvenuta  di  un   impedimento   assoluto
 dell'imputato  a  comparire  e  della  mancanza da parte di costui di
 responsabilita' per  la  tardivita'  con  la  quala  tale  prova  era
 pervenuta a conoscenza dell'ufficio del giudice.
    In   tale  senso,  -  osservava  la  corte  -,  era  orientata  la
 giurisprudenza costante, la quale, pur avendo considerato  in  talune
 pronunzie  la  mancanza  di  colpa dell'imputato, non l'aveva da sola
 ritenuta  sufficiente  a   invalidare   il   giudizio   contumaciale,
 richiedendo  per  cio'  il  concorso  di  un comportamento negligente
 dell'ufficio al quale la prova dell'impedimento fosse tempestivamente
 pervenuta.
    Ma  la  norma dell'art. 498, ultimo comma, del c.p.p. non appariva
 allora   in    tutto    conforme    al    principio    costituzionale
 dell'inviolabilita'  del  diritto di difesa in ogni stato e grado del
 procedimento, stabilito dal citato secondo comma dell'art.  24  della
 Costituzione.
    4. - Intervenuta la legge 23 gennaio 1989, n. 22 (nuova disciplina
 della contumacia), la Corte costituzionale, con ordinanza n.  10  del
 6-16  marzo  1989,  ha  restituito  gli  atti  per  nuovo esame della
 rilevanza della questione proposta.
    L'art.  4  della legge citata ha sostituito l'art. 498 del c.p.p.,
 che nel testo novellato al  sesto  comma  testualmente  dispone:  "La
 prova   del  legittimo  impedimento  pervenuta  dopo  l'inizio  della
 discussione finale e' priva di effetti sul giudizio contumaciale".
    La  norma  posta dalla novella, - che nel suo complesso e in buona
 parte anticipa la disciplina del nuovo codice di procedura penale  -,
 ha  cosi'  ribadito  la  non  incidenza  sulla validita' del giudizio
 contumaciale della prova dell'impedimento dell'imputato  a  comparire
 se  pervenuta  oltre un preciso termine. E cio' pur in presenza di un
 caso fortuito o di forza maggiore, non conosciuto e  non  conoscibile
 (sia  pure  in termini di probabilita' dell'accadimento) da parte del
 giudice, e di accertata  mancanza  di  responsabilita'  dell'imputato
 nella presentazione intempestiva della prova di esso.
    Il  dubbio  che  il  diritto  dell'imputato  a essere presente nel
 giudizio di merito sia ingiustificatamente limitato e  che  con  esso
 siano  lesi  la  pienezza  del contraddittorio e il diritto di difesa
 (del quale l'autodifesa e' momento essenziale che si integra  con  la
 difesa tecnico-professionale), pertanto rimane.
    Si  impone  dunque la preposizione della questione di legittimita'
 costituzionale  dell'art.  498,  ultimo  comma,  del   c.p.p.   quale
 sostituito  dall'art.  4  della  legge  23  gennaio  1989,  n. 22, in
 relazione all'art. 24, secondo  comma,  della  Costituzione,  essendo
 evidente,  per  quanto  esposto,  l'incidenza  di  tale  norma  nella
 decisione del ricorso proposto dall'imputato.