IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 899/1984 proposto dall'avv. Giacinto De Simone, rappresentato e difeso dall'avv. Ugo Sgueglia presso lo studio del quale in Roma, via O. Lazzarini 19, risulta elettivamente domiciliato contro la presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Ministero del tesoro, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege, per il riconoscimento dell'obbligo dell'amministrazione di corrispondere al ricorrente l'indennita' prevista dall'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27, e gli aumenti periodici di cui all'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, oltre interessi e rivalutazione monetaria. FATTO E DIRITTO 1. - Il ricorrente, consigliere del t.a.r. Lazio collocato a riposo a decorrere dal giorno 8 giugno 1982, ha chiesto, conformemente alla giurisprudenza consolidata dall'epoca, il riconoscimento del diritto alla corresponsione dell'indennita' di cui all'art. 3 della legge n. 27/1981, inizialmente corrisposto solo ai magistrati ordinari, nonche' il computo degli aumenti di stipendio ex art. 5, ultimo comma, del d.P.R. n. 1080/1970, originariamente applicabile ai soli magistrati della Corte dei conti. Va a proposito rilevato che, soravvenuta la legge 6 agosto 1984, n. 425, dovrebbe ritenersi definitivamente stabilito che il trattamento economico richiesto al ricorrente non spetta se non con la decorrenza prevista alla legge: infatti la legge in esame, come noto, dopo aver stabilito ai prini due commi dell'art. 1 che l'art. 3 della legge n. 27/1981 si applica solo ai magistrati ordinari e l'art. 5 del d.P.R. 1080/1970 si applica solo ai magistrati della Corte dei conti, estende con l'art. 2 a tutti i magistrati amministrativi contabili e militari, nonche' agli avvocati e procuratori dello Stato, l'indennita' di cui al cit. art. 3 della legge n. 27/1981, ma con decorrenza 1 gennaio 1983; e ridisegna, all'art. 3 con decorrenza 1 luglio 1983, la progressione economica degli stipendi dei magistrati nonche' degli avvocati e procuratori dello Stato. Ai sensi quindi della normativa sopra indicata la domanda del ricorrente andrebbe respinta in toto, in quanto cessato dal servizio prima del 1 gennaio 1983. Preclusive, in particolare, del riconoscimento dei diritti richiesti appaiono le norme di cui ai primi due commi dell'art. 1 della legge n. 425/1984 che interpretano autenticamente, ed in maniera contraria alla giurisprudenza formatasi su delle questioni, l'art. 3 della legge 27/1981 l'art. 5, ultimo comma, del d.P.R. n. 1080/1987. Tuttavia non puo' non rilevarsi come la legge n. 425/1984 sia stata ripetutamente oggetto di censure di costituzionalita' sotto vari profili, e come, in particolare sia caduto, ad opere della Corte costituzionale, il primo comma dell'art. 10 che dichiarava estinti d'ufficio i giudizi pendenti (sentenza n. 123 del 7 aprile 1987; sentenza che consente quindi di prendere ancora in esame le richieste avanzate dal ricorrente. Considerato quindi che, per quanto sin qui detto, incombe a questo tribunale l'onere della disamina della richiesta avanzata dal ricorrente, e che ai fini del decidere hanno diretta ed immediata rilevanza le questioni afferenti l'interpretazione dall'art. 1, primo e secondo comma, della legge n. 425/1985, si dara' conto qui di seguito dei motivi in base ai quali va sollevata formale eccezione di costituzionalita' su dette norme. 2. - Gli artt. 1 e 2 della legge n. 425/1984 innanzi detti, si appalesano - ad avviso del collegio - in contrasto con gli artt. 24, 102 e 103 della Costituzione in quanto tesi a svalutare la funzione giurisdizionale. Il legislatore dell'84 infatti, nello stesso momento in cui interveniva per smentire sui due punti in questione la giurisprudenza considerata dal giudice amministrativo (espressosi come noto nel suo piu' alto consenso con la decisione dell'adunanza plenaria n. 27 del 16 dicembre 1983), dettava poi per il regime ordinario e pro futuro, con decorrenza 1 gennaio 1983 e 1 luglio 1983, norme identiche (per l'indennita' ex art. 3 della legge n. 27/1981) o assai vicine (per gli "scatti" a quanto sostanzialmente stabilito dalla giurisprudenza. Esclusa quindi la volonta' di ristabilire l'ordine giuridico nell'interesse pubblico generale, tale intervento legislativo appare sicuramente contraddittorio, limitato temporalmente, che non sembra avere altro scopo che quello di sovrapporsi al potere giudiziario. 3. - Per quanto poi attiene al contenuto, i primi due commi dell'art. 1 della legge n. 425/1984 appaiono in contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione. Il primo comma, che interpreta autenticamente l'art. 3 della legge n. 27/1981, limita irragionevolmente ad una categoria di magistrati e solo per un determinato periodo - estendendola poi a tutti dal 1 gennaio 1983 - la corresponsione della particolare indennita' ivi prevista. Indennita' peraltro non legata al "rischio", come poteva sembrare al suo nascere, in quanto non limitata ai magistrati impegnati in determinati settori della giustizia penale, bensi' connessa a "particolari oneri", quali l'impegno a tempo pieno, l'aggiornamento professionale ecc., comuni a tutti i magistrati, civili, penali, amministrativi, contabili, nonche' agli avvocati e procuratori dello Stato. Del resto proprio l'estensione fattane in regime ordinario dal legislatore dell'84 - sempre con decorrenza 1 gennaio 1983 - a tutte le categorie di operatori del diritto sopra indicato, dimostra l'ingiustizia di una limitazione ai soli magistrati ordinari e per un periodo di tempo limitato. Il secondo comma dell'art. 1 cit., nella parte in cui interpreta autenticamente l'ultimo comma dell'art. 5 del d.P.R. n. 1080/1070, affermando l'applicabilita' ai soli magistrati contabili del sistema di aumenti periodici previsto dalle leggi 16 dicembre 1961, n. 1308, e 20 dicembre 1961, n. 1345, incide implicitamente (come e' stato giustamente rilevato: cons. di Stato Sez. IV 4 febbraio 1988 ordinanza n. 22, che assai ampiamente motiva in ordine alla incostituzionalita' delle norme qui in esame) sulla interpretazione dell'art. 9, secondo comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme sul trattamento economico dei magistrati ordinari, amministrativi, militari e degli avvocati dello Stato): tale norma infatti, nel prevedere senza disciplinarli gli aumenti periodici, era stata interpretata nel senso che gli aumenti periodici dei quali trattava erano sostanzialmente quelli previsti per la magistratura. Orbene, anche tale limitazione imposta autenticamente dalla legge dell'84, nel momento in cui introduce una ingiustificata disparita' di trattamento - per un limitato periodo - nell'ambito di categorie considerate poi dalla legge stessa in maniera unitaria, si pone in contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione. 4. - Per i suddetti motivi quindi, il presente giudizio deve essere sospeso e gli atti devono essere inviati alla Corte costituzionale.