IL PRETORE
    A scioglimento della riserva che precede;
                              R I L E V A
      che  la  Lunicar  S.r.l.,  con  ricorso ex art. 700 del c.p.p. a
 questo  giudice,  esponeva  che  l'esattoria  comunale  di  Aulla  le
 notifico',  a  seguito  di avvisi di accertamento emessi dall'ufficio
 delle ii.dd. di Aulla, cartella esattoriale, portante la richiesta di
 pagamento  di  L.  28.018.668, relativa alla iscrizione provvisoria a
 ruolo generale di un  terzo  delle  imposte  accertate  dall'ufficio,
 inerenti gli esercizi 1984-85.
    Contro  tali  avvisi  di accertamento la ricorrente aveva proposto
 ricorsi alla commissione tributaria di primo grado di  La  Spezia  in
 data  17 luglio 1987 ed in data 20 luglio 1987 richiedendo lo sgravio
 totale della suddetta cartella  esattoriale,  notificata  in  data  2
 febbraio  1988,  per una serie di motivi: in primis la illegittimita'
 costituzionale dell'art. 38 del d.P.R. n. 600/1973 in  rapporto  agli
 artt.  3,  23,  24 e 53 della Costituzione; secondariamente la errata
 applicazione dell'art. 15 del d.P.R. n. 602/1973 per  inesistenza  di
 una  norma  che  preveda  l'iscrizione  a  ruolo generale di un terzo
 dell'imposta accertata dall'ufficio nei  confronti  del  contribuente
 che abbia gia' presentato ricorso.
    Dopo  la  presentazione  dei  ricorsi,  la  Lunicar,  S.r.l. aveva
 chiesto  con  esito  negativo  la   sospensione   della   riscossione
 dell'imposta,  provvisoriamente  e  parzialmente  iscritta  a  ruolo,
 all'Intendente di finanza,  ai  sensi  dell'art.  39  del  d.P.R.  n.
 602/1973.  Nel  ricorso  ex art. 700 del c.p.c. la ricorrente Lunicar
 S.r.l. sostiene che attraverso tale sistema in  cui  e'  negato  alla
 commissione tributaria ogni potere sospensivo dell'esecutivita' della
 riscossione della imposta accertata e parzialmente e provvisoriamente
 iscritta  a  ruolo  ed  in  cui,  invece,  tale  potere sospensivo e'
 demandato all'Intendente di finanza, ai sensi degli artt. 39 e 53 del
 d.P.R.  n.  602/1973, non si garantisce alcuna tutela giurisdizionale
 anche se di tipo cautelare, al cittadino, in violazione  degli  artt.
 24  e  113 della Costituzione; cio' in quanto l'Intendente di finanza
 non puo' considerarsi evidentemente  organo  giurisdizionale,  bensi'
 organo  della  p.a.  (amministrazione finanziaria), ed in quanto tale
 parte in causa nel processo.
   La  Lunicar  S.r.l.  sostiene  anche che attraverso tale sistema si
 reintroduce nell'ordinamento,  anche  se  in  modo  "mascherato",  il
 principio   del   solve   ed   repete,  gia'  dichiarato  illegittimo
 costituzionalmente.
    La ricorrente motiva la sua richiesta di sospensione nel fatto che
 la imminenza  del  pregiudizio  e  del  grave  e  irreparabile  danno
 esistono  in re ipsa, senza bisogno di alcuna particolare motivazione
 circa la propria soggettiva situazione patrimoniale.
    Venne  disposta  la  sospensione  della riscossione dell'eventuale
 esecuzione coattiva e la comparizione delle parti.
    Costituendosi  in  contraddittorio  l'Amministrazione finanziaria,
 per mezzo  dell'avvocatura  dello  Stato  eccepisce:  il  difetto  di
 giurisdizione  dell'autorita'  giudiziaria  ordinaria,  in  quanto il
 potere di sospensione, in materia tributaria, non e' attribuito dalla
 legge   ad   alcun  giudice,  ne'  ordinario  ne'  speciale;  la  non
 ammissibilita', per il costante orientamento della giurisprudenza  di
 legittimita',  della  tutela cautelare ex art. 700 del c.p.c., quando
 la materia del contendere non rientri nell'ambito della giurisdizione
 ordinaria  (nel  caso  specifico  alle  commissioni  tributarie);  il
 contemperamento attuato dal legislatore con l'art. 15 del  d.P.R.  n.
 602/1973  delle contrapposte esigenze del debitore, che vuole evitare
 una esecuzione in ipotesi illegittima, e del creditore  che  tente  a
 non  ritardarne  la  conclusione,  nel  timore  che  il ritardo possa
 pregiudicare la effettiva  riscossione  del  credito;  l'importo  non
 elevato  della richiesta dell'amministrazione finanziaria in rapporto
 al patrimonio ed al capitale della societa'  ricorrente,  nonche'  la
 non   sussistenza   di   alcun   danno  irreparabile  discendente  da
 svalutazione monetaria, in quanto il  rimborso  da  parte  del  fisco
 avviene  con  corresponsione  di  interessi  in misura superiore alla
 somma della attuale svalutazione monetaria e degli interessi  legali.
    Il  Ministero  conclude  in  comparsa per la revoca del decreto di
 sospensione de per la reiezione del ricorso.  L'esattoria  rileva  la
 improponibilita'  del  ricorso  ex art. 700 del c.p.c. per sospendere
 l'esecuzione esattoriale, in quanto, ai sensi dell'art. 54 del d.P.R.
 n.  602/1973,  solo l'intendente puo' decretare la sospensione oppure
 il pretore a seguito di opposizione di terzo.
    Inoltre, quando sia gia' stato presentato ricorso alla commissione
 tributaria di primo grado, per la sospensione e' competente  solo  ed
 esclusivamente  l'Intendente  di  finanza  ai  sensi dell'art. 39 del
 d.P.R.  n.  602/1973  e  la  giurisdizione  ordinaria  esiste  contro
 l'esattoria solo per il risarcimento dei danni.
    All'udienza  di p.c. la ricorrente produceva copia delle decisioni
 della commissione tributaria di primo grado di La Spezia relative  ai
 ricorsi presentati, che avevano avuto esito parzialmente favorevole e
 concludeva per la conferma della sospensione della esecuzione e della
 riscossione  coattiva  e  per  la  concessione  di  un termine per la
 radicazione di  eventuale  procedimento  di  merito,  dato  atto  che
 all'esito  delle  decisioni  della  commissione  tributaria  di primo
 grado, la materia del contendere era parzialmente cessata.
    In  subordine  concludeva  perche'  venisse  proposta questione di
 legittimita' costituzionale. L'esattoria  precisava,  riportandosi  a
 quanto  gia'  sostenuto  a  verbale,  per  la  revoca  del decreto di
 sospensione e per la reiezione del ricorso.
    Cosi' anche l'amministrazione finanziaria.
    Questo  giudice rileva come non sia affatto pacifico in dottrina e
 in  giurisprudenza,  in  mancanza  di  una   esplicita   disposizione
 legislativa   negativa   al  riguardo,  l'applicazione  della  tutela
 cautelare  ex  art.  700  del  c.p.c.  nei   confronti   degli   atti
 amministrativi,  anche  in  considerazione  del  fatto  che per altri
 provvedimenti  cautelari  previsti  dal  codice  di  rito,  quale   i
 sequestri,  e'  concesso al giudice ordinario la loro emissione anche
 quando questi sia incompetente a conoscere del merito per ragioni  di
 materia (artt. 672, terzo comma, e 673, ultimo comma, del c.p.c.).
    In   considerazione   del   fatto   che   il   sistema  apprestato
 dall'ordinamento in materia di ricorsi  alle  commissioni  tributarie
 contro  le iscrizioni, a titolo provvisorio, delle imposte, accertate
 dall'amministrazione finanziaria,  nei  ruoli,  non  preveda  per  il
 ricorrente alcuna forma di tutela cautelare, ed in considerazione del
 fatto che il potere di sospensione  della  riscossione  dell'imposta,
 cosi' provvisoriamente iscritta a ruolo, spetti unicamente ex art. 39
 del d.P.R.  n.  602/1973  al  fisco,  attuandosi  una  ingiustificata
 disparita'  processuale  tra Stato e cittadino, dobbiamo ritenerci in
 presenza di una vera e propria "lacuna"  nell'ordinamento  giuridico;
 lacuna  ingiustificata  alla luce dell'art. 24 della Costituzione, in
 cui si garantisce a tutti il diritto di  agire  in  giudizio  per  la
 tutela   delle   proprie   posizioni   soggettive   "attive"  nonche'
 l'inviolabilita' del diritto di difesa, e particolarmente  alla  luce
 dell'art. 113 della Costituzione, laddove si sancisce il diritto alla
 tutela giurisdizionale  delle  proprie  posizioni  soggettive  attive
 contro  gli  atti  della p.a., tutela che non puo' soffrire limiti di
 alcun genere ne' in ordine al tipo di mezzo di impugnazione,  ne'  in
 ordine al tipo di atto amministrativo da impugnarsi.
    Di   fronte   ad  una  portata  cosi'  "comprensiva"  delle  norme
 costituzionali, ed anche alla luce dell'art. 113, ultimo comma, della
 Costituzione,  che  rinvia  alla  legge circa la determinazione degli
 organi di giurisdizione aventi il  potere  di  "annullare"  gli  atti
 della  p.a., lasciando impregiudicata la questione relativa al potere
 di  sospendere  tali  atti,  non   appare   sostenibile   a   livello
 costituzionale  la  carenza  di  potere  sospensivo dei provvedimenti
 amministrativi da parte del giudice ordinario.
   Sul piano della legge ordinaria, la legge fondamentale del 20 marzo
 1865, n. 2248, all. E  (abolitiva  del  contenzioso  amministrativo),
 precisando,  agli  artt. 4 e 5, i poteri di cognizione e di decisione
 del giudice nei riguardi della pubblica  amministrazione,  stabilisce
 che  il  sindacato  dell'a.g.o.  e'  limitato  alla  legittimita' del
 provvedimento   amministrativo,    con    conseguente    potere    di
 disapplicazione  di  tale  provvedimento,  nonche' il divieto, per la
 stessa  a.g.o.,  di  annullamento  o  di  revoca  del   provvedimento
 amministrativo.
    Anche alla luce di tale legge, introducendo nel nostro ordinamento
 la c.d.  "doppia  tutela",  non  appare  affatto  escluso  il  potere
 sospensivo dell'a.g.o. nei riguardi dei provvedimenti della p.a.
    Alla  base  della  tesi negativa sostenuta dalla maggioranza della
 dottrina e dalla giurisprudenza di legittimita',  sta  l'assunto  che
 non  sussista  alcun  ostacolo  all'esperibilita' nei confronti della
 p.a. di azioni aventi carattere  dichiarativo,  mentre,  escludendosi
 che  il  giudice  possa  "sostituirsi"  all'autorita' amministrativa,
 improponibili sarebbero tutte le azioni aventi carattere costitutivo,
 in   esse   compresi,   essendo   pacificamente  riconosciuto  che  i
 provvedimenti   cautelari   abbiano    efficacia    costitutiva,    i
 provvedimenti di urgenza.
    Tale  tesi  appare  tuttavia  troppo rigida; maggiormente conforme
 alla ratio del  principio  che  vieta  al  giudice  di  "sostituirsi"
 all'autorita' amministrativa, sarebbe lo statuire la inammissibilita'
 assoluta  delle  sole  azioni   e   dei   correlativi   provvedimenti
 dell'a.g.o.  che  comportino  l'annullamento, la revoca o la modifica
 del  provvedimento  amministrativo,  perche'  solo  attraverso   tali
 strumenti  si  attua una vera e propria "sostituzione" del primo alla
 seconda; quando, invece, il provvedimento del  giudice  ordinario  si
 concreta   in   una   semplice   sospensione  dell'esecutorieta'  del
 provvedimento amministrativo non pare ricorrere l'ipotesi di  "revoca
 o  modifica"  contemplata  nell'art. 4, legge 20 marzo 1865, n. 2248,
 all. E.
    Per  cui  l'esperibilita'  nei  confronti  della  p.a.  di  azioni
 costitutive aventi carattere cautelare non dovrebbe essere  preclusa.
    Cio'   soprattutto   in   settori  dell'ordinamento,  come  quello
 tributario,  in  cui  nessuna  tutela  giurisdizionale  cautelare  e'
 prevista dalle leggi speciali; cio' incomprensibilmente alla luce dei
 principi dello stato di diritto in cui  deve  essere  riconosciuta  e
 garantita  la  pienezza  della  giurisdizione  ad  ogni cittadino nei
 riguardi di qualunque amministrazione dello Stato,  anche  di  quella
 finanziaria,  attribuendo al soggetto privato nei riguardi della p.a.
 analoghi  mezzi  di  difesa  e  di  tutela  delle  proprie  posizioni
 soggettive  attive  a  quelli  esperibili  nei  riguardi  degli altri
 cittadini.
    Come  e'  noto  la  riforma  tributaria,  attuata  con varie leggi
 delegate, emanate a seguito della  legge  9  ottobre  1971,  n.  825,
 entrata  in  vigore  il  1º  gennaio 1974, pur modificando sotto vari
 profili il sistema del  contenzioso  tributario,  non  ha  introdotto
 nessuna  innovazione  per quanto concerne il potere di sospensione da
 parte   del    giudice    di    merito    (commissione    tributaria)
 dell'esecutorieta'   del   provvedimento   dell'ufficio  finanziario,
 confermando sostanzialmente nell'art. 39 del d.P.R.  n.  602/1973  la
 precedente disciplina contenuta negli artt. 208 e 209 del testo unico
 29 gennaio 1958, n. 645.
    Non  esiste  nessuna  ragione  giuridicamente rilevante perche' il
 legislatore  debba  accordare  all'amministrazione  finanziaria  tale
 posizione  di  privilegio  processuale  in  rapporto a tutte le altre
 amministrazioni dello Stato  convenute  dinnanzi  agli  organi  della
 giurisdizione   amministrativa,   nei   riguardi   delle   quali   e'
 riconosciuto al giudice (t.a.r. Consiglio  di  Stato)  il  potere  di
 sospendere    l'esecutorieta'    del   provvedimento   amministrativo
 impugnato,  garantendo  pertanto   al   privato   l'invocata   tutela
 giurisdizionale  cautelare.  La  Corte costituzionale con sentenza 1º
 aprile  1982,  n.  63,  ha  deciso  negativamente  la  questione   di
 illegittimita'  costituzionale degli artt. 15, 39, 53 e 54 del d.P.R.
 29 settembre 1973, n. 602, tuttavia le motivazioni adotte sono  state
 quasi unanimemente accolte con sfavore dagli studiosi della materia e
 dagli operatori del diritto con  argomentazioni  ritenute  valide  da
 questo giudice.
    La   pienezza   ed   effettivita'  della  tutela  giurisdizionale,
 garantita  dall'art.  24  della  Costituzione  in  via  generale,   e
 dall'art.  113  della  Costituzione  in  particolare nei riguardi dei
 provvedimenti della p.a., imporrebbe che il  giudice  tributario,  al
 pari  degli  altri  giudici amministrativi dotati di giurisdizione di
 annullamento, abbia la potesta' di sospendere  l'esecutorieta'  degli
 atti della amministrazione finanziaria.
    Non condivisibile appare il rilievo sostenuto anche dalla Corte di
 cassazione che il giudizio tributario darebbe luogo  ad  un  giudizio
 sul  rapporto, e cioe' sull'esistenza o meno dell'obbligo tributario,
 e che solo formalmente il ricorso del contribuente si  indirizzerebbe
 contro l'atto della amministrazione finanziaria.
    Cio'   in   quanto  il  risultato  dell'accoglimento  del  ricorso
 tributario e'  quello  del  rimborso  totale  o  parziale,  da  parte
 dell'amministrazione finanziaria, dell'imposta gia' iscritta a ruolo,
 con  corresponsione  degli  interessi,  e  tale  effetto   non   puo'
 discendere   da   una   semplice   decisione  avente  solo  carattere
 dichiarativo, ed in base alla  quale  viene  accertata  l'inesistenza
 dell'obbligo  tributario per il contribuente, ma scaturisce dal venir
 meno, quindi in sostanza dall'annullamento, dell'atto di accertamento
 il   quale   altrimenti   non  perderebbe  la  propria  esecutorieta'
 intrinseca.
    Parimenti  non  convincente, per carenza di riferimenti normativi,
 appare  l'affermazione  secondo  cui  la   potesta'   cautelare   non
 costituirebbe  una componente essenziale della tutela giurisdizionale
 ex artt. 24 e 113 della Costituzione ma che  la  disciplina  di  tale
 potesta' sarebbe demandata alla legge ordinaria.
   Per  tutto  quanto  sopra,  ritenuto  nella  presente  controversia
 sussistere  i  presupposti  del  fumus  boni  iuris,  in  quanto   la
 commissione  tributaria  di  primo  grado di La Spezia ha dimostrato,
 seppure parzialmente, la fondatezza nel merito  delle  ragioni  della
 ricorrente,  e  del periculum in mora in quanto il pregiudizio per il
 contribuente, odierno ricorrente, deve considerarsi, nella situazione
 prospettata, in re ipsa, indipendentemente dalle sue reali condizioni
 economiche.
    Ritenuto  parimenti  che  le  questioni di costituzionalita' degli
 artt. 15, 39, 53 e 54 del d.P.R. n. 602/1973 in relazione agli  artt.
 24  e  113 della Costituzione, non appare manifestamente infondata, e
 sia  rilevante  ai  fini  del  presente  giudizio,  va  disposta   la
 trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
    In  considerazione  dei  gravi  dubbi  di  costituzionalita' sopra
 esposti va confermato il provvedimento di sospensione di  riscossione
 e di esecuzione coattiva emesso da questo giudice.