LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza sui ricorsi prodotti da De
 Ferrari Giancarlo,  De  Ferrari  Guido  e  Nicotera  Marina,  avverso
 l'ufficio imposte dirette di Arona;
    Letti gli atti;
    Sentiti  il  dott.  Luigi  Laudicina  per  i ricorrenti e il dott.
 Francesco Pinzino per l'ufficio imposte dirette di Arona;
    Udito il relatore rag. Marziano Cavazzoni;
                           RITENUTO IN FATTO
    De Ferrari Giancarlo, residente in Arona, via Dante Alighieri, 18,
 titolare dell'impresa familiare "Officina meccanica  di  precisione",
 corrente  in  Arona,  fraz. Mercurago, De Ferrari Guido, residente in
 Arona, via Dante Alighieri,  18,  e  Nicotera  Marina,  residente  in
 Courmayeur,    Strada    La   Palud,   18,   entrambi   collaboratori
 dell'anzidetta  impresa  familiare,  in   data   16   febbraio   1988
 proponevano  un  ricorso ciascuno contro gli avvisi di accertamento -
 notificati in data 22 dicembre 1987 - con i quali  l'ufficio  imposte
 dirette  di  Arona  aveva  rettificato, ai fini Irpef ed Ilor, per il
 1982 il reddito di impresa minore di De Ferrari Giancarlo  elevandolo
 da L. 8.156.000 a L. 10.946.000 e il reddito di partecipazione per De
 Ferrari Guido e Nicotera Marina elevandolo, per ciascuno dei due,  da
 L. 6.117.000 a L. 8.209.000.
    Tutti e tre i ricorrenti chiedevano l'annullamento degli impugnati
 avvisi  di  accertamento  e  De  Ferrari  Guido  e  Nicotera   Marina
 (collaboratori   dell'impresa   familiare),   in   via   subordinata,
 chiedevano la non applicazione di alcuna sanzione trattandosi  di  un
 maggior   reddito   derivante   dalla  partecipazione  in  un'impresa
 familiare.
    L'ufficio  imposte  dirette  di Arona presentava deduzioni scritte
 con le quali resisteva ai ricorsi.
    All'udienza   odierna,   trattandosi   di  ricorsi  oggettivamente
 connessi, la  commissione,  ai  sensi  dell'art.  34  del  d.P.R.  n.
 636/1972, ne disponeva la riunione in un unico procedimento per farli
 oggetto di un'unica decisione.
    Per   i  ricorrenti  il  dott.  Luigi  Laudicina  (commercialista)
 insisteva per l'accoglimento dei  ricorsi  e  per  l'ufficio  imposte
 dirette di Arona il dott. Francesco Pinzino per il loro rigetto.
    Questo  collegio ritiene che l'eventuale decisione di accoglimento
 dei ricorsi debba contenere, ai sensi dell'art. 91 del c.p.c.,  anche
 la  condanna  della parte soccombente a rimborsare all'altra parte le
 spese e gli onorari di difesa.
    Stabilisce il primo comma del citato articolo che "Il giudice, con
 la sentenza che chiude il processo davanti a lui, condanna  la  parte
 soccombente  al  rimborso  delle spese a favore dell'altra parte e ne
 liquida l'ammontare insieme con gli onorari di difesa".
    La  condanna  alle  spese,  a  parere  di  questo  collegio, e' un
 provvedimento  che  il  giudice,   in   applicazione   della   citata
 disposizione,  puo'  emettere  anche  d'ufficio  e,  pertanto,  nella
 fattispecie oggetto d'esame,  deve  ritenersi  irrilevante  l'assenza
 della domanda di parte.
    Alcune  commissioni  tributarie  hanno gia' sottoposto al giudizio
 della Corte costituzionale l'art. 39 del d.P.R.  26 ottobre 1972,  n.
 636,   nella  parte  in  cui  esclude  l'applicabilita'  al  processo
 tributario degli artt. da 90 a 97 del c.p.c., ma la Corte con la  sua
 sentenza  n.  196/1982  ha  ritenuto  la  questione  non  fondata  in
 relazione agli artt. 3, 24, e 113 della Costituzione, affermando  che
 "l'istituto  della  condanna del soccombente al pagamento delle spese
 ha carattere generale, ma non e' asssoluto e inderogabile".
    Ma,  in  epoca  piu'  recente,  la  stessa Corte costituzionale ha
 affermato che "la liquidazione delle  spese  e  delle  competenze  in
 difetto  della  quale  il  diritto  di  agire in giudizio, per antico
 insegnamento,  sarebbe  in  guisa   monca   garantito"   e'   normale
 complemento   dell'accoglimento   della   domanda  ed  ha  dichiarato
 illegittimo l'art. 641, terzo comma, del c.p.c., nella parte  in  cui
 escludeva  che  il  giudice,  in  caso di accoglimento della domanda,
 dovesse liquidare le spese e le competenze (sent. 31  dicembre  1986,
 n. 303).
    In base al piu' recente insegnamento della Corte costituzionale, a
 parere di questo collegio, l'art. 39 del d.P.R.  26 ottobre 1972,  n.
 636,  nella  parte  in  cui  esclude l'applicabilita' ai procedimenti
 davanti alle commissioni tributarie  degli  artt.  da  90  a  97  del
 c.p.c.,  potrebbe  essere affetto da illegittimita' costituzionale in
 relazione all'art. 3 (perche' irrazionale) e in relazione all'art. 24
 Cost., a meno che non si ritenga legittimo garantire "in guisa monca"
 il diritto di agire in giudizio dei cittadini-contribuenti.
    La  suddetta  questione  di  legittimita' costituzionale oltre che
 "non manifestamente infondata", e'  anche  rilevante  ai  fini  della
 definizione  del  presente giudizio in quanto la decisione che questa
 commissione  tributaria  puo'  e  deve  emettere  potrebbe  avere  un
 contenuto  diverso  a  seconda  che  sia  legittima  o illegittima la
 normativa sopra indicata.