IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso proposto dai dott.
 Vaccaro Giuseppe, Domenico Gentile, Guido Siracusa, Saverio  Damiani,
 Carmelo   Pellicano',   Biagio   Campanella  rappresentati  e  difesi
 dall'avv. Giuseppe Carratelli presso lo studio del quale in  Cosenza,
 via  Sabotino,  58,  risultano  elettivamente  domiciliati, contro la
 Presidenza  del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentata  e   difesa
 dall'avvocatura  generale dello Stato, domiciliataria ex lege, per il
 riconoscimento dell'obbligo dell'amministrazione di corrispondere  ai
 ricorrenti  l'indennita' prevista dall'art. 3 della legge 19 febbraio
 1981, n. 27, e gli aumenti periodici di cui all'art. 5, ultimo comma,
 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1080, oltre interessi e rivalutazione
 monetaria.
                            FATTO E DIRITTO
    1. - I ricorrenti, magistrati amministrativi in servizio presso il
 t.a.r. Calabria  hanno  chiesto,  conformemente  alla  giurisprudenza
 consolidata   dell'epoca,   il   riconoscimento   del   diritto  alla
 corresponsione dell'indennita' di  cui  all'art.  3  della  legge  n.
 27/1981,   inizialmente  corrisposto  solo  ai  magistrati  ordinari,
 nonche' il computo degli aumenti di stipendio ex art. 5, ultimo comma
 del   d.P.R.   n.  1080/1970,  originariamente  applicabile  ai  soli
 magistrati della Corte dei conti.
    Va  a proposito rilevato che, sopravvenuta la legge 6 agosto 1984,
 n.  425,  dovrebbe  ritenersi  definitivamente   stabilito   che   il
 trattamento  economico  richiesto al ricorrente non spetta se non con
 la decorrenza prevista alla legge infatti la legge in esame, come  e'
 noto, dopo aver stabilito ai primi due commi dell'art. 1 che l'art. 3
 della legge n. 27/1981 si  applica  solo  ai  magistrati  ordinari  e
 l'art. 5 del d.P.R. n.  1080/1970 si applica solo ai magistrati della
 Corte  dei  conti,  estende  con  l'art.  2  a  tutti  i  magistrati,
 amministrativi   contabili   e  militari,  nonche'  agli  avvocati  e
 procuratori dello Stato, l'indennita' di cui al  cit.  art.  3  della
 legge  n.  27/1981,  ma  con decorrenza 1º gennaio 1983; e ridisegna,
 all'art. 3 con decorrenza 1º luglio 1983, la  progressione  economica
 degli  stipendi  dei  magistrati nonche' degli avvocati e procuratori
 dello Stato.
    Ai  sensi  quindi  della  normativa  sopra indicata la domanda del
 ricorrente andrebbe respinta, nella misura in cui riguardano  periodi
 anteriori rispettivamente al 1º gennaio 1983 al 1º luglio 1983.
    Preclusive,   in   particolare,  del  riconoscimento  dei  diritti
 richiesti appaiono le norme di cui ai primi  due  commi  dell'art.  1
 della  legge  n.  425/1984  che  interpretano  autenticamente,  ed in
 maniera contraria alla giurisprudenza formatasi su  dette  questioni,
 l'art.  3  della legge n. 27/1981, l'art. 5, ultimo comma, del d.P.R.
 n. 1080/1987.
    Tuttavia  non  puo'  non  rilevarsi  come la legge n. 425/1984 sia
 stata ripetutamente oggetto di  censura  di  costituzionalita'  sotto
 vari profili, e come, in particolare sia caduto, ad opera della Corte
 costituzionale, il primo comma dell'art. 10  che  dichiarava  estinti
 d'ufficio  i  giudizi  pendenti  (sentenza n. 123 del 7 aprile 1987);
 sentenza che consente qui di prendere ancora in  esame  le  richieste
 avanzate dal ricorrente.
    Considerato quindi che, per quanto fin qui detto, incombe a questo
 tribunale  l'onere  della  disamina  della  richiesta  avanzata   dal
 ricorrente,  e  che  ai  fini del decidere hanno diretta ed immediata
 rilevanza le questioni afferenti l'interpretazione dell'art. 1, primo
 e  secondo  comma,  della  legge  n.  425/1984, si dara' conto qui di
 seguito dei motivi in base ai quali va sollevata formale eccezione di
 costituzionalita' su dette norme.
    2.  - Gli articoli 1 e 2 della legge n. 425/1984 innanzi detti, si
 applicano - ad avviso del collegio - in contrasto con gli  artt.  24,
 102  e  103 della Costituzione in quanto tese a svalutare la funzione
 giurisdizionale.  Il  legislatore  dell'84,  infatti,  nello   stesso
 momento in cui interveniva per smentire sui due punti in questione la
 giurisprudenza considerata  dal  giudice  amministrativo  (espressosi
 come  noto  nel suo piu' alto consenso con la decisione dell'adunanza
 plenaria n. 27 del 16 dicembre  1983),  dettava  poi  per  il  regime
 ordinario  e  pro  futuro  con decorrenza 1º gennaio 1983 e 1º luglio
 1983, norme identiche (per l'indennita' ex  art.  3  della  legge  n.
 27/1981)  o  assai vicine (per gli "scatti") a quanto sostanzialmente
 stabilito dalla giurisprudenza.
    Esclusa  quindi  la  volonta'  di  ristabilire  l'ordine giuridico
 nell'interesse pubblico generale,  con  tale  intervento  legislativo
 appare  sicuramente  contraddittorio, limitato temporalmente, che non
 sembra  avere  altro  scopo  che  quello  di  sovrapporsi  al  potere
 giudiziario.
    3.  -  Per  quanto  poi  attiene  al  contenuto, i primi due commi
 dell'art. 1 della legge n. 425/1984 appaiono  in  contrasto  con  gli
 artt. 3 e 36 della Costituzione.
    Il primo comma, che interpreta autenticamente l'art. 3 della legge
 n. 27/1981, limita irragionevolmente ad una categoria di magistrati e
 solo  per  un  determinato  periodo - estendendola poi a tutti dal 1º
 gennaio 1983 - la corresponsione  della  particolare  indennita'  ivi
 prevista.  Indennita'  peraltro  non  legata al "rischio" come poteva
 sembrare al  suo  nascere,  in  quanto  non  limitata  ai  magistrati
 impegnati  in  determinati  settori  della  giustizia  penale, bensi'
 connessa a  "particolari  oneri",  quali  l'impegno  a  tempo  pieno,
 l'aggiornamento  professionale  ecc.,  comuni  a  tutti i magistrati,
 civili, penali, amministrativi, contabili, nonche'  agli  avvocati  e
 procuratori dello Stato.
    Del  resto  proprio  l'estensione  fattane in regime ordinario dal
 legislatore dell'84 - sempre con decorrenza 1º gennaio 1983 - a tutte
 le  categorie  di  operatori  del  diritto  sopra  indicato, dimostra
 l'ingiustizia di una limitazione ai soli magistrati ordinari e per un
 periodo di tempo limitato.
    Il  secondo  comma dell'art. 1 cit., nella parte in cui interpreta
 autenticamente l'ultimo comma dell'art. 5 del  d.P.R.  n.  1080/1070,
 affermando  l'applicabilita' ai soli magistrati contabili del sistema
 di aumenti periodici previsto dalle leggi 16 dicembre 1961, n.  1308,
 e  20  dicembre  1961,  n. 1345, incide implicitamente (come e' stato
 giustamente  rilevato:  cons.  di  Stato  sez.  IV  4  febbraio  1988
 ordinanza   n.  22,  che  assai  ampiamente  motiva  in  ordine  alla
 incostituzionalita' delle norme qui in esame)  sulla  interpretazione
 dell'art.  9,  secondo comma, della legge 2 aprile 1979, n. 97 (Norme
 sul trattamento economico dei  magistrati  ordinari,  amministrativi,
 militari  e  degli  avvocati  dello  Stato):  tale norma infatti, nel
 prevedere  senza  disciplinarli  gli  aumenti  periodici,  era  stata
 interpretata  nel  senso che gli aumenti periodici dei quali trattava
 erano sostanzialmente quelli previsti per la magistratura.
    Orbene,  anche tale limitazione imposta autenticamente dalla legge
 dell'84, nel momento in cui introduce una  ingiustificata  disparita'
 di  trattamento  - per un limitato periodo - nell'ambito di categorie
 considerate poi dalla legge stessa in maniera unitaria,  si  pone  in
 contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione.
    4.  -  Per  i  suddetti  motivi  quindi, il presente giudizio deve
 essere  sospeso  e  gli  atti  devono  essere  inviati   alla   Corte
 costituzionale.