LA CORTE DEI CONTI
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso prodotto dal
 dott.  Giuseppe  Palumbi  nato  il  31  ottobre  1935,  elettivamente
 domiciliato  in  Roma,  via  XX  Settembre  n.  4,  presso  lo studio
 dell'avv. Nino Caminiti avverso la nota n. 752/26 in data 16  gennaio
 1985  del  segretariato  generale  della Corte dei conti e la nota n.
 13691/26 in data 23 ottobre 1984 dello stesso ufficio;
                           RITENUTO IN FATTO
    Il  dott.  Giuseppe  Palumbi, magistrato della Corte dei conti, e'
 titolare di trattamento pensionistico privilegiato  per  servizio  in
 precedenza reso, fino al 15 gennaio 1973, quale ufficiale in s.p.e. e
 da "trattenuto".
    La  posizione pensionistica dell'interessato risulta puntualizzata
 dai seguenti atti amministrativi:
      1)  decreto  del Ministero della difesa n. 135/2 del 21 dicembre
 1974 (registrato alla Corte  dei  conti  il  14  gennaio  1975,  reg.
 63/pens.  Mil. f. 143) notificato il 7 aprile 1975: conferimento - su
 domanda presentata il 9 luglio 1973 - di assegno privilegiato  di  7a
 categoria dal 16 gennaio 1973 al 15 gennaio 177, calcolato sulla base
 del trattamento economico inerente  al  grado  di  maggiore,  per  le
 infermita'  "esiti  di pleurite basale dx" e "artrosi lombare e delle
 ginocchia";
      2)  d.m.  n.  157  del 26 aprile 1977 (registrato il 16 novembre
 1977, reg. 647, f. 293), notificato l'8 giugno 1979: conferimento del
 trattamento  suddetto  a  vita  dal  16 gennaio 1977, con riferimento
 anche a "bronchite cronica" e con riserva di pronuncia  in  ordine  a
 "gastroduodenite  rx  accertata con note cliniche di disepatismo e di
 colite spastica";
      3) d.m. n. 671 del 22 febbraio 1979 (del quale non risultano gli
 estremi di registrazione ne' la data di notifica): nuova liquidazione
 ab  origine,  del  trattamento  gia'  conferito,  in  conseguenza  di
 promozione retroattiva al grado di tenente colonnello;
      4)  d.m.  n.  5 del 4 marzo 1980 (registrato il 29 ottobre 1980,
 registro 866, foglio n. 9) - del quale  l'interessato  ha  dichiarato
 (istanza  al  segretariato  generale  della  Corte  dei  conti del 15
 dicembre 1984) di avere avuto piena conoscenza l'  8  novembre  1980,
 seguita da formale notifica in data 24 agosto 1981 -: liquidazione ab
 origine -  con  riguardo  anche  ad  istanza  del  2  dicembre  1974,
 successiva  alla prima - di trattamento privilegiato di 6a categoria,
 dapprima per quattro anni e poi a vita, per cumulo  delle  infermita'
 gia' indennizzate e dell'infermita' "gastroduodenale rx accertata con
 note cliniche di disepatismo e di colite spastica" e con riguardo  al
 grado di tenente colonnello.
    Risulta altresi' dagli atti:
      che  il  dott. Palumbi, in data 27 aprile 1981 ha presentato, ai
 sensi dell'art. 151 del t.u. n. 1092/1973, dichiarazione  di  opzione
 per la ricongiunzione dei due periodi di servizio, ai sensi di legge,
 con riferimento alla data di cessazione del  servizio  di  magistrato
 della Corte dei conti;
      che  con  nota  n.  13691/26 del 23 ottobre 1984 il segretariato
 generale della Corte dei conti ha comunicato all'interessato  di  non
 poter accogliere detta istanza perche' presentata oltre il termine di
 sei mesi dalla data di  comunicazione  dei  decreti  ministeriali  n.
 135/2 del 21 dicembre 1974 e n. 157 del 26 aprile 1977;
      che  avendo  l'interessato  sostenuto  (istanza  del 15 dicembre
 1984) che la tempestivita' dell'opzione andava invece verificata  con
 riguardo  al  decreto del 4 marzo 1980 (unico - a suo avviso - avente
 carattere di definitivita'), il segretariato  generale  con  nota  n.
 752/26  del  16  gennaio  1985,  ribadiva  il  diniego sostenendo, in
 sostanza, che, a prescindere dalle variazioni successive, il  diritto
 a  pensione  era  stato  definitivamente attribuito con gli originari
 decreti, ai quali doveva farsi riferimento  per  quanto  concerne  la
 decorrenza del termine perentorio per l'opzione.
    Con  atto  depositato il 26 marzo 1985 l'interessato ha presentato
 ricorso, con il patrocinio  dell'avv.  Nino  Caminiti:  si  sostiene,
 nell'atto  introduttivo  del  giudizio,  la  rilevanza, al fine della
 tempestivita' dell'opzione, dei decreti successivi a  quelli  cui  fa
 riferimento  l'amministrazione  e  si  sostiene  anche che il termine
 perentorio di cui all'art. 151 del testo unico citato non riguarda il
 caso di pensione privilegiata.
    Con  atto conclusionale del 3 luglio 1986, ritualmente notificato,
 la procura generale della Corte dei conti ha  chiesto  l'accoglimento
 del ricorso, sostenendo da un canto l'inapplicabilita' dell'art. 151,
 terzo comma, del testo unico citato nel caso di "riunione",  anziche'
 di  "ricongiunzione"  di  servizi  riferibile  a  passaggio  ad altro
 impiego avvenuto prima dell'entrata in vigore del testo unico  stesso
 (1º  giugno  1974)  e  sostenendo d'altro canto che comunque, anche a
 voler  ritenere  applicabile  il  termine  perentorio  ivi  previsto,
 occorrerebbe  tener  conto  soltanto,  ai  fini  della decorrenza del
 termine   stesso,   dell'ultimo   provvedimento   intervenuto,    con
 conseguente tempestivita', nella specie, della formulata opzione.
    Alla pubblica udienza l'avv. Caminiti, in sede di primo intervento
 e di replica, ha insistito per l'accoglimento del ricorso, sia  sotto
 il  profilo  dell'inapplicabilita'  del termine di cui trattasi nella
 presente fattispecie, sia sotto il profilo  (ove  ne  fosse  ritenuta
 l'applicabilita')  della sua decorrenza con riguardo al solo d.m. del
 4 marzo 1980, con il quale, fra l'altro, venne sciolta la riserva  di
 pronuncia  su  altre infermita' (riserva che renderebbe piu' evidente
 il  carattere  non  definitivo  dei  precedenti  provvedimenti,   non
 verificandosi un'ipotesi di mera variazione successiva dell'ammontare
 della pensione).
    Il  pubblico  ministero  ha  chiesto  l'accoglimento  del ricorso,
 precisando  peraltro  che  tale  richiesta  si  basa  sulla  ritenuta
 inapplicabilita',  nella  specie,  del  termine  per  l'opzione,  non
 potendosi per contro ritenere fondata - a suo avviso - la tesi  della
 decorreza  del  termine stesso (ove applicabile) dall'ultimo decreto,
 stante il carattere  definitivo  della  precedente  attribuzione  del
 trattamento privilegiato.
                         CONSIDERATO IN DIRITTO
    Nell'interpretazione   della   normativa   che  viene  in  rilievo
 (combinato disposto degli artt. 117, 139, 151 e 262, terzo comma, del
 d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092), il collegio ritiene di condividere
 l'orientamento espresso dalla sezione controllo Stato di questa Corte
 con  la  deliberazione  n. 1123 del 1º dicembre 1980, discostandosene
 soltanto per quanto concerne la questione di costituzionalita' che ne
 discende e che sara' qui di seguito esposta.
    Detta   interpretazione  -  basata  su  considerazioni  di  ordine
 letterale (in particolare, il rinvio contenuto nell'art. 139, secondo
 comma,  per  le  pensioni privilegiate, alla normativa generale) e di
 ordine  sistematico   (generalita'   e   ratio   delle   disposizioni
 procedimentali  e  della norma di transitoria riapertura del termine,
 per le situazioni pregresse, di cui al terzo comma dell'art.  262)  -
 conduce  in  effetti  a  ritenere  applicabile  anche  all'ipotesi di
 pensione privilegiata il termine di decadenza previsto dall'art. 151,
 terzo  comma,  per  la  presentazione  della  domanda  di  riunione o
 ricongiunzione di servizi, il  primo  dei  quali  abbia  dato  luogo,
 appunto, a conferimento, di trattamento pensionistico privilegiato.
    Ne',  d'altra parte, in assenza di esplicita previsione normativa,
 puo' ritenersi che un termine di decadenza, ricollegato  dalla  legge
 (art.   151,   terzo   comma)  alla  "liquidazione"  del  trattamento
 pensionistico, possa riaprirsi automaticamente ogni qualvolta, per le
 piu'  varie vicende, intervenga - d'ufficio o a seguito di iniziativa
 dell'interessato   -   una   modificazione   del   trattamento   (non
 provvisorio) gia' conferito.
    Nell'evidenziato    contesto    normativo,    e   nella   relativa
 interpretazione,  pertanto,  il  ricorso  in  esame  non   troverebbe
 possibilita'  di  accoglimento:  cio,  peraltro,  rende  rilevante la
 questione di costituzionalita' che il collegio ritiene  di  esaminare
 d'ufficio, considerandola, altresi', non manifestamente infondata.
    In  sintesi  si  tratta  di  verificare  se  la suddetta normativa
 introdotta dal d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, modificando in pejus
 la  disciplina  preesistente  e  ponendo  i  titolari  di trattamento
 pensionistico privilegiato sullo stesso piano (ai fini del tempestivo
 esercizio del diritto alla riunione o ricongiunzione dei servizi) dei
 titolari di trattamento normale, contrasti o meno con gli artt. 76  e
 3 della Costituzione.
    Al  riguardo  occorre premettere che, anteriormente all'entrata in
 vigore (1º giugno 1974) del testo unico n. 1092/1973, il titolare  di
 trattamento   privilegiato   (cumulabile,   come   tale,   con  altro
 trattamento di attivita': cfr. Corte dei conti -  Sezioni  riunite  9
 aprile  1974,  n.  29)  aveva conservato - ai sensi dell'art. 3 della
 legge 11 aprile 1938, n. 420, fatto salvo dell'art. 9, ultimo  comma,
 del d.P.R. 5 giugno 1965, n. 758 - la facolta' di esprimere "all'atto
 della  definitiva  cessazione  dal   servizio"   l'opzione   per   la
 ricongiunzione  dei  due  periodi  di  servizio,  agli  effetti della
 liquidazione  di  un'unica  pensione,  con  l'obbligo   peraltro   di
 rifusione delle quote di pensione percepite durante il nuovo servizio
 (e non v'e' dubbio che, all'epoca,  il  termine  "ricongiunzione"  si
 riferisse anche all'ipotesi di servizi entrambi statali).
    E' agevole individuare la ratio di tale beneficio, che si rinviene
 tanto in una particolare considerazione  nei  riguardi  dei  soggetti
 che,  nell'espletamento  ed  a  cagione del servizio, hanno riportato
 menomazioni  dell'integrita'  personale,   quanto   nelle   oggettive
 caratteristiche  del  trattamento  privilegiato, che e' precipuamente
 suscettibile di variazioni nel tempo, per aggravamento ed  insorgenza
 di  infermita'  interdipendenti, e prescinde, inoltre - ai fini della
 sua spettanza, quando non anche ai fini della  sua  entita'  -  dalla
 durata  piu' o meno lunga del servizio che ha causato la menomazione.
    Ben a ragione quindi l'ordinamento volle consentire ai titolari di
 trattamento privilegiato di esercitare il piu'  tardi  possibile  una
 ponderata  scelta  fra un unico o distinti trattamenti pensionistici,
 essendo in possesso di dati definitivi di confronto  in  ordine  alla
 situazione  come  sviluppatasi  nel tempo ed alle sue conseguenze nel
 caso  concreto  (entita'   delle   menomazioni   e   della   pensione
 privilegiata;  rilevanza  della  durata  del  servizio per cosi' dire
 "consumato" dalla pensione privilegiata; durata del nuovo servizio  e
 conseguente   natura   ed   entita'  delnuovo  possibile  trattamento
 pensionistico etc.).
    E'  intervenuta,  poi,  la legge 28 ottobre 1970, n. 775, che, con
 l'art. 6, ha delegato al Governo - fissando  criteri  e  finalita'  -
 l'emanazione dei testi unici delle disposizioni in vigore concernenti
 le  singole  materie  "apportando   ove   d'uopo   alle   stesse   le
 modificazioni  ed  integrazioni  necessarie  per  il  cordinamento ed
 ammodernamento,  ai   fini   di   una   migliore   accessibilita'   e
 comprensibilita' delle norme medesime e sempre con i criteri indicati
 nel comma precedente" (cosi' il citato art. 6, ultimo comma).
    Ne  e' derivata, quindi, la normativa del d.P.R. 29 dicembre 1973,
 n. 1092, esaminata all'inizio della presente motivazione, dalla quale
 discende  -  come  si  e' visto - che anche i titolari di trattamento
 privilegiato sono soggetti, ai fini della ricongiunzione  o  riunione
 di servizi, al termine dei sei mesi di cui all'art. 151, terzo comma,
 avendo cosi' perduto la facolta' di  esercitare  l'opzione  "all'atto
 della definitiva cessazione dal servizio".
    Ritiene   pero'  il  collegio  che  tale  rilevante  modificazione
 peggiorativa della normativa preesistente non  trovi  fondamento  nei
 criteri  e  nelle  finalita'  enunciati  dalla  legge  di  delega  (e
 contrasti quindi con l'art. 76 della Costituzione)  e  che,  in  ogni
 caso,  sussista  anche  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione
 perche' la  nuova  disciplina,  uniforme  tanto  per  i  titolari  di
 trattamento   pensionistico   normale   quanto   per  i  titolari  di
 trattamento pensionistico privilegiato, non tiene alcun  conto  delle
 notevoli  (e  dianzi  evidenziate)  differenze fra le due situazioni,
 differenze che assumono particolare rilievo proprio in relazione alla
 facolta'  di  opzione per la riunione o ricongiunzione dei servizi ed
 al termine per il tempestivo esercizio della facolta' stessa.
    La censura va quindi riferita, specificamente, all'art. 151, terzo
 comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, laddove  non  fa  salva,
 per i titolari di trattamento pensionistico privilegiato, la facolta'
 di richiedere la riunione o la ricongiunzione  dei  servizi  all'atto
 della definitiva cessazione dal servizio.