LA CORTE D'APPELLO
    Ha  pronunciato  la seguente ordinanza nella causa civile in grado
 di appello  iscritta  al  n.  3963  del  ruolo  generale  contenzioso
 dell'anno  1987,  posta  in  decisione  all'udienza collegiale del 24
 marzo 1989 e vertente tra S.p.a. Assitalia, quale  impresa  designata
 in nome del F.G.V.S. elettivamente domiciliata in Roma, via Marziale,
 n. 36, presso lo studio dell'avv. Francesco Conte che la  rappresenta
 e  difende  in  virtu'  di  procura  in  calce  all'atto  di appello,
 appellante, e Mercanti Marino elettivamente domiciliato in Roma,  via
 Germanico  n.  24,  presso  lo  studio dell'avv. Franco Moroni che lo
 rappresenta e difende in virtu' di procura e margine  della  comparsa
 di risposta, appellato, e Diana Alessandro, appellato contumace.
    Oggetto: risarcimento danni.
    E'  pregiudiziale,  ai  fini della decisione, la risoluzione della
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 132, terzo  comma,
 del c.p.c.
    Atteso  che  l'art.  132,  terzo  comma,  del  cod.  proc. civ. e'
 costituzionalmente illegittimo, in riferimento  agli  artt.  3  e  28
 della  Costituzione,  nella  parte  in  cui  prevede che "la sentenza
 emessa dal giudice collegiale e' sottoscritta soltanto dal presidente
 e dal giudice estensore".
    Ritenuto  che  la  mancata  previsione,  quanto meno, dell'obbligo
 della sottoscrizione della sentenza da parte  del  terzo  membro  del
 collegio,  fa  venir meno e, comunque, in concreto, fortemente riduce
 la possibilita', per tale  componente  del  collegio  giudicante,  di
 conoscere  e  controllare il testo definitivo della decisione. Attesa
 la imputabilita' di quest'ultima a tutti i  componenti  del  collegio
 sotto  ogni  profilo  di  responsabilita',  ivi compreso quello della
 responsabilita' civile ( ex artt. 1, secondo  comma,  2  e  16  della
 legge   n.   117/1988),  l'omessa  previsione  anzidetta  costituisce
 evidente ed  intuitiva  ragione  di  compromissione  del  diritto  di
 uguaglianza  e  di  responsabilita'  spettante a chi, come appunto il
 terzo membro del collegio non sottoscrittore  del  provvedimento,  e'
 chiamato comunque a risponderne per gli effetti.
    E'  all'uopo  utile  il  richiamo  al  principio (v. recente Corte
 costituzionale 9/18  gennaio  1989,  n.  18)  secondo  cui,  la  pari
 responsabilita'   civile  di  tutti  i  membri  del  collegio,  trova
 correlazione  nella  parita'  dei  doveri  di  costoro  di   "accesso
 all'informazione   ed   alla   documentazione  di  causa",  dovendosi
 ovviamente  presupporre  "l'agevole  possibilita'"  di  un   siffatto
 accesso.  Laddove,  dunque,  il  dovere  di accesso trovi sostanziale
 ostacolo  proprio  nel  non  previsto  (e,  quindi,  non  consentito)
 obbligo-diritto alla sottoscrizione, addirittura, del piu' importante
 documento della causa,  quale  la  decisione  collegiale,  e'  palese
 l'impossibilita'  di  concreta  attuazione di quella correlazione, da
 cio' derivandone, attesa la  cosi'  compressa  esigenza  del  diritto
 all'effettivo controllo del documento attestativo della decisione, la
 irrimediabile - in  ogni  caso,  non  remota  -  conseguenza  di  una
 eventuale attribuzione di responsabilita' civile in termini di mera e
 ingiustificata oggettivita'.
   Nessun  dubbio  sulla rilevanza della questione: "debbono ritenersi
 influenti sul giudizio anche le norme che, pur  essendo  direttamente
 applicabili  nel  giudizio  a quo, attengono allo status del giudice,
 alla sua composizione nonche', in generale, alle garanzie e ai doveri
 che  riguardano  il  suo  operare"  (v.  cit.  Corte  costituzione n.
 18/1989, che richiama anche numerosi suoi precedenti in termini).