ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nei  giudizi  di legittimita' costituzionale dell'art. 2, n. 9, della
 legge 23 aprile 1981, n.154 (Norme in materia di  ineleggibilita'  ed
 incompatibilita'  alle cariche di Consigliere regionale, provinciale,
 comunale e circoscrizionale e in materia  di  incompatibilita'  degli
 addetti  al  servizio  sanitario nazionale), promossi con le seguenti
 ordinanze:
     1)  ordinanza  emessa  il 12 dicembre 1988 dal Tribunale di Lecce
 nel procedimento civile vertente tra Guido  Paolo  e  Marra  Antonio,
 iscritta  al  n.  244  del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  20,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1989;
     2)  ordinanza  emessa  il 12 dicembre 1988 dal Tribunale di Lecce
 nel procedimento civile vertente tra Guido Paolo e Maggio  Pietro  ed
 altro,  iscritta  al  n. 245 del registro ordinanze 1989 e pubblicata
 nella  Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  20,  prima   serie
 speciale, dell'anno 1989;
    Visti gli atti di costituzione di Guido Paolo, nonche' gli atti di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  24  ottobre  1989  il  Giudice
 relatore Ettore Gallo;
    Uditi  l'avv.  Roberto Ciociola per Guido Paolo e l'Avvocato dello
 Stato Gaetano Zotta per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con ordinanza 12 dicembre 1988, il Tribunale di Lecce, nella
 causa civile pendente fra Guido  Paolo  e  Marra  Antonio,  sollevava
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 n. 9 della legge
 23 aprile 1981, n.  154  (Norme  in  materia  di  ineleggibilita'  ed
 incompatibilita'  alle cariche di Consigliere regionale, provinciale,
 comunale e circoscrizionale e in materia  di  incompatibilita'  degli
 addetti  al  servizio sanitario nazionale), in riferimento all'art. 3
 della Costituzione, nella parte in cui non prevede  l'ineleggibilita'
 a  Consigliere  del  Comune  dei  medici  convenzionati con le Unita'
 sanitarie locali.
    Lo  stesso  Tribunale,  con  ordinanza in pari data, e nella causa
 civile vertente fra lo stesso attore, da una parte, e  Maggio  Pietro
 Giuseppe e Montagna Cosimo, dall'altra, sollevava identica questione,
 rispetto allo stesso parametro, con uguale motivazione.
    La   questione   veniva   inoltrata   nonostante   il  procuratore
 dell'attore, all'udienza di discussione, avesse espresso rinunzia  al
 ricorso:  e  cio'  in  quanto  il mandato alle liti non conferisce al
 procuratore  siffatta  facolta'  in  ordine  ad  atti  che  importino
 disposizione circa il diritto in contesa.
    Rilevano  le  ordinanze  che  il  legislatore,  nella disposizione
 impugnata, ha limitato l'ineleggibilita' ai legali  rappresentanti  e
 ai   dirigenti   delle   strutture   convenzionate,   mentre  per  il
 professionista convenzionato ha previsto,  nell'art.  8  n.  2  della
 stessa  legge,  una  mera  incompatibilita'  e soltanto nei confronti
 della carica di Sindaco o di Assessore.
    Secondo   il   giudice   a  quo  viene  cosi'  a  determinarsi  un
 ingiustificato   trattamento   preferenziale,   perche'   i    medici
 convenzionati, avendo un rapporto personale e continuativo con i loro
 assistiti, rappresentano in misura piu' rilevante  quel  pericolo  di
 inquinamento  della  competizione elettorale che, anche a giudizio di
 questa   Corte,   e'    alla    base    della    ratio    ispiratrice
 dell'ineleggibilita'.
    Ne',  secondo  le ordinanze, questa Corte avrebbe mai esaminato la
 questione ora dedotta, benche' con la sentenza n. 1020  del  1988  si
 sia  incidentalmente  riferita  anche ai medici. Si sarebbe trattato,
 pero', soltanto di obiter dictum,  dato  che  la  questione,  che  in
 allora  la  Corte  risolveva,  riguardava i semplici dipendenti delle
 U.S.L. rispetto a quelli che rivestivano funzioni di dirigenza  o  di
 coordinamento, e non le strutture convenzionate ed i medici.
    Chiedeva, percio', in sostanza il Tribunale che la Corte avesse ad
 estendere    anche    ai    medici    semplicemente     convenzionati
 l'ineleggibilita' che colpisce i dirigenti delle strutture.
    2.  -  Si costituiva innanzi a questa Corte, nell'uno e nell'altro
 giudizio, il signor Guido Paolo, attore in ambo le cause, a mezzo del
 difensore,  avvocato Giovanni Pellegrino, diverso dal procuratore che
 aveva rinunziato al ricorso. La  parte  privata,  con  due  identiche
 memorie,  sosteneva  le  ragioni  delle ordinanze che faceva proprie,
 aggiungendo che lo stesso art. 2  impugnato  prevede  gia'  al  comma
 quarto  l'ineleggibilita' per un professionista convenzionato qual'e'
 il farmacista: per cui  l'ingiustificata  disparita'  di  trattamento
 appare  ancora  piu'  clamorosa  all'interno stesso delle professioni
 sanitarie convenzionate.
    Anche il Presidente del Consiglio dei Ministri interveniva in ambo
 i giudizi, rappresentato dall'Avvocatura Generale  dello  Stato  che,
 attraverso   distinti   ma   identici   atti,  chiedeva  innanzitutto
 dichiararsi l'inammissibilita' delle questioni a  causa  di  assoluta
 mancanza di motivazione sulla rilevanza.
    Chiedeva  altresi'  l'Avvocatura che la questione fosse, comunque,
 dichiarata infondata per le stesse ragioni per cui questa Corte,  con
 sentenza  n.1020  del  1988,  ha dichiarato l'infondatezza di analoga
 questione sollevata nei confronti dei dipendenti U.S.L., ai quali  si
 voleva  estendere  l'ineleggibilita'  prevista  per  i dirigenti ed i
 coordinatori delle U.S.L. nel n. 8 dello  stesso  art.  2  impugnato.
 Ricorda,  anzi,  l'Avvocatura  che  la sentenza, in quella occasione,
 aveva gia' rilevata la perfetta corrispondenza delle due  situazioni,
 mediante  quell'esplicito  accenno anche ai medici convenzionati, che
 non puo' essere, percio', ritenuto semplice "obiter dictum".
                         Considerato in diritto
    1.  -  Lamenta il Tribunale di Lecce che l'art. 2 n. 9 della legge
 23 aprile 1981, n.  154  (Norme  in  materia  di  ineleggibilita'  ed
 incompatibilita'  alle cariche di Consigliere regionale, provinciale,
 comunale e circoscrizionale e in materia  di  incompatibilita'  degli
 addetti  al servizio sanitario nazionale) limiti l'ineleggibilita' ai
 legali rappresentanti e ai dirigenti delle  strutture  convenzionate,
 con esclusione, quindi, del professionista convenzionato: per questi,
 infatti, l'art. 8 n. 2 della stessa legge ha  previsto  soltanto  una
 semplice  incompatibilita',  limitata  alla  carica  di  Sindaco o di
 Assessore  dei  Comuni  con  popolazione  superiore   ai   trentamila
 abitanti.
    Secondo  il  giudice  a  quo  si  tratterebbe di un ingiustificato
 trattamento preferenziale che viola l'art. 3 della  Costituzione,  in
 quanto proprio i medici convenzionati, a causa del rapporto personale
 e continuativo che hanno con  gli  assistiti,  avrebbero  addirittura
 maggiore  possibilita'  dei dirigenti delle strutture di inquinare la
 competizione elettorale: pericolo che - come anche  questa  Corte  ha
 ammonito - e' alla base della ratio ispiratrice dell'ineleggibilita'.
    2.  -  Le due ordinanze sollevano la stessa questione con identica
 motivazione e con riferimento ad uguale parametro: i giudizi possono,
 pertanto, essere riuniti per essere decisi con unica sentenza.
    3.  - La causa d'inammissibilita' della questione che l'Avvocatura
 indica nell'insufficiente motivazione delle ordinanze sulla rilevanza
 trova  qualche fondamento nella carente informativa circa le qualita'
 dei  convenuti.   Tuttavia,   essa   puo'   essere   superata   dalla
 considerazione  che  non  avrebbe  avuto senso l'instaurazione di due
 cause civili, e la  conseguente  proposizione  addirittura  d'ufficio
 della questione tramite le due distinte ordinanze, se i convenuti non
 fossero medici convenzionati  della  U.S.L.  e  non  si  vertesse  in
 materia   elettorale,   come  testimonia  l'intervento  del  pubblico
 ministero nelle cause davanti al Tribunale.
    4. - Le questioni proposte non sono fondate.
    Questa  Corte  ha  piu'  volte  ricordato  che  la regola generale
 dettata dalla  Costituzione  in  materia  di  elettorato  passivo  e'
 rappresentata  dalla  piu'  ampia apertura a tutti i cittadini, senza
 discriminazioni, cosi' come  sancito  nell'art.  51.  Le  limitazioni
 poste  dalla legge ordinaria, avendo carattere di aperta eccezione ad
 un principio costituzionale,  non  sono  consentite  se  non  trovano
 precisa giustificazione in criteri di rigorosa razionalita'.
    Con la sentenza n. 1020 del 1988, la Corte ha messo in evidenza la
 ragionevolezza della disposizione, di cui al n. 8 dell'art.  2  della
 legge  impugnata, che limita l'ineleggibilita' a coloro che rivestono
 uffici direttivi nelle U.S.L., in quanto, avvalendosi del prestigio e
 delle  occasioni  inerenti alla loro posizione, hanno la possibilita'
 di condizionare istituzionalmente il voto  di  settori  significativi
 dell'elettorato.  Ed  e'  evidente  che  alla base della disposizione
 contenuta nel successivo n. 9 dello stesso  art.  2  e'  la  medesima
 ratio,  in  quanto il dirigente delle strutture convenzionate viene a
 trovarsi  nella  in  uguale  posizione  di  prestigio  rispetto  agli
 assistiti.
    Ne'  puo'  essere  lecito  estendere la causa d'ineleggibilita' ai
 liberi professionisti medici, convenzionati con le U.S.L., perche' la
 convenzione  non  da'  luogo ad una posizione istituzionale, ma ad un
 semplice rapporto di prestazione di opera ad onorari prestabiliti  in
 un accordo collettivo.
    Il  rapporto,  percio',  del  medico  convenzionato con il singolo
 assistito non e' diverso da quello di ogni altro  professionista  con
 il  proprio  cliente:  solo  in  casi  eccezionali  diventa  rapporto
 abituale, mentre ordinariamente, nei confronti della generalita',  ha
 carattere  meramente  occasionale.  Ma  se si dovessero assumere tali
 situazioni di mero fatto come cause d'ineleggibilita',  il  principio
 di cui all'art. 51 della Costituzione ne resterebbe frustrato.
    Per tali ragioni, la Corte aveva rilevato nella citata sentenza n.
 1020 del 1988 la sostanziale identita' di ratio fra le situazioni  di
 cui  ai  numeri  8  e 9 dell'art. 2 della legge: tale da riverberarsi
 poi, e sempre per ambo le situazioni, nelle incompatibilita' previste
 dall'art. 8 della stessa legge, che dimostrano la pari considerazione
 ad esse attribuita dal legislatore.