ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1277 del codice
 civile, promosso con ordinanza emessa il 14 aprile 1988  dal  Pretore
 di  Roma  nel  procedimento  civile  vertente tra la Soc.  "STE.MO" e
 Calcagno Carlo, iscritta al n. 213  del  registro  ordinanze  1989  e
 pubblicata  nella  Gazzetta  Ufficiale  della Repubblica n. 18, prima
 serie speciale, dell'anno 1989;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 4 ottobre 1989 il Giudice
 relatore Luigi Mengoni;
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  giudizio  civile promosso dalla
 societa' STE.MO  contro  l'arch.  Carlo  Calcagno  per  ottenerne  la
 condanna  al pagamento di lire 1.052.780 (comprensive dell'importo di
 un assegno bancario risultato scoperto e  delle  spese  di  protesto)
 piu'  gli  interessi  legali  e i danni da svalutazione monetaria, il
 Pretore di Roma, con ordinanza del 14  aprile  1988,  pervenuta  alla
 Corte  il  13  aprile  1989,  ha sollevato, in riferimento all'art. 3
 della  Costituzione,   questione   di   legittimita'   costituzionale
 dell'art.  1277  cod.  civ.  "nella  parte  in  cui dispone che nelle
 obbligazioni pecuniarie il rischio inerente a fenomeni svalutativi  o
 inflattivi,  verificatisi  durante  la  mora  del  debitore,  non  si
 trasferisce  su  quest'ultimo  in  conformita'  di  quanto   disposto
 dall'art. 1221 cod. civ., ma continua a gravare sul creditore, il cui
 credito viene estinto dal tardivo pagamento della quantita' di valuta
 originariamente stabilita";
      che  la questione e' stata sollevata dal giudice remittente dopo
 avere pronunziato sentenza parziale  di  condanna  del  convenuto  al
 pagamento  della somma su indicata e degli interessi moratori a sensi
 dell'art. 1224, primo comma, cod. civ., "riservando al definitivo  la
 pronunzia in ordine ai danni da svalutazione monetaria";
      che nel giudizio davanti alla Corte e' intervenuto il Presidente
 del  Consiglio  dei  Ministri,  rappresentato  dall'Avvocatura  dello
 Stato,  chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o, in
 subordine, infondata;
    Considerato che l'ordinanza pretorile tende a eliminare l'ostacolo
 opposto dall'art. 1277  cod.  civ.  alla  rivalutazione  della  somma
 oggetto  dell'obbligazione  principale  nella  misura  del  tasso  di
 inflazione verificatosi dal giorno della mora del debitore, la quale,
 se  la  questione  fosse  accolta,  avrebbe  l'effetto di trasformare
 l'obbligazione di valuta in obbligazione di valore;
      che   tale   prospettazione   del   thema  decidendum,  a  parte
 l'incongruenza col petitum formulato dall'attrice, e' contraddittoria
 con  la  sentenza  parziale  che  ha gia' determinato l'oggetto della
 condanna  del  debitore  all'adempimento  applicando   il   principio
 nominalistico,  onde nel prosieguo del giudizio a quo non potra' piu'
 venire in  considerazione  l'art.  1277,  ma  soltanto  l'art.  1224,
 secondo  comma,  ai  fini del risarcimento del maggior danno sofferto
 dal creditore a causa dell'impossibilita' di reimpiego  della  somma,
 che si provi essere concretamente derivata dall'inadempimento;
      che  pertanto  la  questione  e'  sfornita di rilevanza ai sensi
 dell'art. 23, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Visti  gli  artt.  26  della  legge  ora  citata  e  9 delle Norme
 integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale;