ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio promosso con ricorso della Regione Friuli-Venezia Giulia notificato il 20 maggio 1989, depositato in Cancelleria il 29 maggio 1989 ed iscritto al n. 8 del registro ricorsi 1989, per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto 2 marzo 1989, con il quale il Ministro per la Funzione pubblica ha incluso le Camere di commercio di Gorizia e di Pordenone tra le Amministrazioni pubbliche con posti vacanti "da coprire mediante la mobilita' di cui al d.P.C.M. 5 agosto 1988, n. 325"; Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 24 ottobre 1989 il Giudice relatore Mauro Ferri; Uditi l'avvocato Gaspare Pacia per la Regione e l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - La Regione Friuli-Venezia Giulia ha sollevato conflitto di attribuzioni avverso il decreto 2 marzo 1989 del Ministro per la funzione pubblica con il quale, nel rendere noti i posti vacanti nelle singole amministrazioni ed enti pubblici da coprire mediante i processi di mobilita' ai sensi del d.P.C.M. 5 agosto 1988 n. 325, sono stati inclusi, nell'elenco, otto posti presso la Camera di commercio di Gorizia e tredici (rectius: trentasette) posti presso quella di Pordenone. 2. - Sostiene la Regione ricorrente che in base alla propria competenza legislativa primaria in ciascuna delle quattro materie in cui le Camere di commercio operano (ai sensi dell'art. 4 nn. 2, 6 e 7 dello Statuto speciale: commercio, industria, agricoltura ed artigianato) queste ultime siano da considerare a pieno titolo quali "Enti dipendenti" dalla Regione stessa, con la conseguente ed ulteriore competenza sull'ordinamento di dette Camere in base all'art. 4 n. 1 dello Statuto speciale; Viene inoltre posto in rilievo che la detta competenza ordinamentale risulterebbe anche per altra via, e cioe' dalla lettura coordinata dell'art. 12 e degli artt. 8-10 del d.P.R. n. 1116 del 26 agosto 1965, oltre che dell'art. 20 del d.P.R. n. 902 del 25 novembre 1975, come questa Corte avrebbe gia' piu' volte riconosciuto nelle sentenze n. 82 del 1970, n. 65 del 1982 e n. 968 del 1988. In conclusione, poiche' il decreto ministeriale ritiene di adottare il processo di mobilita' nazionale anche per tali enti dipendenti dalle Regioni, ne viene chiesto l'annullamento in parte qua, previa declaratoria della competenza regionale in tale materia. 3. - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato. La difesa del Governo, premesso che in base alla disciplina sul controllo e sul finanziamento delle Camere di commercio queste ultime non possono essere configurate quali "Enti dipendenti" dalla Regione, osserva che dalla rivendicata competenza ordinamentale non scaturiscono le conseguenze che la ricorrente vorrebbe desumerne. L'art. 5, terzo comma, della legge 29 dicembre 1988 n. 554 individua infatti le amministrazioni i cui processi di mobilita' sono affidati alle Regioni o in base al vincolo di dipendenza che ad esse le lega ovvero con riguardo alle competenze ordinamentali, le quali pero' sarebbero rilevanti nei soli confronti delle unita' sanitarie locali, le quali non sono "enti dipendenti" dalle Regioni. L'Avvocatura, inoltre, aggiunge che il citato art. 5 ha previsto altresi' (al quarto comma) che per il personale degli enti pubblici dipendenti dalle Regioni una procedura di mobilita' in ambito nazionale faccia seguito a quella non utilmente esperita in ambito regionale; e che (quinto comma) i posti rimasti vacanti, presso i medesimi enti, ad esito della mobilita' attuata dalle Regioni interessate, vadano comunicati alla Presidenza del Consiglio dei ministri agli effetti di una "possibile" loro copertura secondo le modalita' delineate dal d.P.C.M. 5 agosto 1988 n. 325. L'impugnato decreto del Ministro della funzione pubblica si iscriverebbe appunto nella fase procedimentale di cui all'art. 4, primo comma, del richiamato d.P.C.M. 5 agosto 1988 n. 325 per gli effetti di quella "possibile" copertura di posti vacanti contemplata dal citato art. 5 della legge n. 554 del 1988, la cui applicazione, nella specie, non potrebbe ancora dirsi pervenuta ad uno stadio capace di conferire carattere di attualita' al ricorso avversario. Per altro verso, prosegue l'Avvocatura, non potrebbe riconoscersi fondamento alla pretesa della Regione Friuli-Venezia Giulia di veder sottratti gli Enti in parola all'attuazione dei processi di mobilita' una volta che il relativo principio, enunciato nell'art. 19 della legge-quadro sul pubblico impiego n. 93 del 1983, deve essere riguardato (in base alla sent. n. 219 del 1984 di questa Corte) come ispiratore di una riforma economico-sociale capace di operare come limite alle attribuzioni statutariamente conferite al Friuli-Venezia Giulia, cosi' in tema di ordinamento degli uffici come nelle singole materie richiamate dal ricorso. 4. - In prossimita' dell'udienza la Regione ha presentato memoria, nella quale ribadisce le argomentazioni del ricorso. In particolare, contestando le tesi dell'Avvocatura, rileva come nulla consenta di ritenere che l'atto impugnato costituisca la seconda fase del procedimento di mobilita', vale a dire quella successiva al suo espletamento nell'ambito regionale. Considerato in diritto 1. - La Regione Friuli-Venezia Giulia ha sollevato conflitto di attribuzioni avverso il decreto 2 marzo 1989 del Ministro per la Funzione Pubblica, con il quale le Camere di commercio di Gorizia e di Pordenone sono state incluse nel novero delle Amministrazioni pubbliche con posti vacanti "da coprire mediante la mobilita' di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5 agosto 1988 n. 325". La ricorrente, richiamata la propria competenza legislativa primaria in ciascuna delle quattro materie in cui le Camere di commercio sono chiamate ad operare, ai sensi dell'art. 4 nn. 2, 6 e 7 dello Statuto speciale di autonomia, lamenta, in sintesi, che l'impugnato provvedimento, preordinato ad attuare le procedure di mobilita' dei dipendenti pubblici in ambito nazionale, abbia incluso, tra i posti suscettibili di copertura, anche quelli risultati vacanti presso le due menzionate Camere di commercio e da riservare, invece, ai meccanismi di mobilita' regionale; chiede pertanto che questa Corte dichiari che non spetta allo Stato il potere di includere le Camere di commercio del Friuli-Venezia Giulia nel novero delle Amministrazioni pubbliche interessate dai processi di mobilita' in ambito nazionale. 2. - Il ricorso e' fondato. Questa Corte ha gia' avuto modo di rilevare (v. sentt. n. 65 del 1982, n. 246 del 1985 e n. 968 del 1988) che in forza delle invocate norme statutarie, integrate dalle norme di attuazione, e precisamente dagli artt. 8 e 9 del d.P.R. 26 agosto 1965 n. 1116 e dall'art. 20 del d.P.R. 25 novembre 1975 n. 902, non puo' revocarsi in dubbio la competenza della Regione Friuli-Venezia Giulia in materia di ordinamento delle Camere di commercio esistenti nel suo territorio. Cio' in base al principio (gia' posto in evidenza dalla Corte nelle sentt. n. 62 e n. 178 del 1973) per cui gli enti pubblici locali operanti nelle materie di competenza propria delle Regioni, pur restando concettualmente distinti dagli enti strumentali o "para-regionali" sono in vario senso assoggettati ai poteri regionali di supremazia, prestandosi quindi a venire riordinati o riorganizzati dalle Regioni stesse. Poiche' quindi nella competenza ordinamentale sono logicamente incluse le funzioni relative alla formazione o al controllo dei ruoli organici ed alla definizione dello stato giuridico ed economico del personale, e' sempre detta competenza che assume preminente rilievo anche in tema di mobilita'. 3. - Vale la pena aggiungere un ulteriore rilievo. Questa Corte ha gia' riconosciuto - con la citata sentenza n. 968 del 1988 - che la competenza in materia di ordinamento delle Camere di commercio conferisce all'attuale ricorrente il potere di disporre, per questi Enti, le assunzioni di personale in deroga al divieto di cui all'art. 6, 19 comma, della legge 28 febbraio 1986 n. 41. Nel caso in esame e' invece l'art. 5 della legge 29 dicembre 1988 n. 554 che, nel dettare la normativa specifica per l'attuazione dei processi di mobilita' in ambito regionale, affida alle regioni stesse il compito di attivare detti processi e prevede che una procedura di mobilita' in ambito nazionale sia effettuata soltanto all'esito dei processi di mobilita' infraregionali non utilmente esperiti (cfr. al riguardo le sentt. nn. 407 e 410 del 1989). Orbene nel testo di quest'ultima norma i processi di mobilita' in ambito regionale sono accomunati alle assunzioni in deroga, e queste ultime sono previste nel primo comma con una formulazione - quanto alla indicazione degli enti rispetto ai quali si esercita la competenza regionale - che e', in sostanza, quella contenuta nei successivi commi di detto art. 5 riguardo ai processi di mobilita'. All'identita' della formulazione non puo' quindi che corrispondere identita' degli enti rispetto ai quali, in ambedue le ipotesi, si esercita la competenza regionale. Il ricorso deve pertanto essere accolto e ne consegue l'annullamento in parte qua del decreto impugnato.