IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso n. 2418/1988
proposto da Dumitrescu-Bartes Tudor Alexandru, rappresentato e difeso
dagli avvocati Loreto Masci e Giuseppe Cosco, con elezione di
domicilio presso lo studio dell'avv. Rodolfo Bevilacqua in Venezia,
S. Croce 1320, come da mandato a margine del ricorso, contro l'ordine
dei medici chirurghi e degli odontoiatri della provincia di Padova,
in persona del suo presidente pro-tempore, non costituito in
giudizio, per l'annullamento del provvedimento in data 30 febbraio
1988 prot. n. 2405 dell'ordine intimato, che ha respinto la domanda
di iscrizione del ricorrente;
Visto il ricorso, notificato il 29 settembre 1988 e depositato
presso la segreteria il 4 ottobre 1988, con i relativi allegati;
Visti gli atti tutti della causa;
Udito alla pubblica udienza del 12 gennaio 1989 l'avv. L. Mascia
per il ricorrente (rel. cons. Dario Puchetti);
Ritenuto e considerato quanto segue;
F A T T O
Il dott. Dumitrescu-Bartes Tudor Alexandru nato a Cimpina
(Romania) espone di essere in possesso della laurea in medicina e
chirurgia conseguita nel 1971 presso l'Universita' di Bucarest e del
diploma di specializzazione in chirurgia generale conseguita nel 1977
presso la stessa, e di aver svolto l'attivita' professionale fino
all'8 febbraio 1986, epoca in cui decideva di lasciare la Romania per
rifugiarsi in Italia onde ricongiungersi con la moglie che vi
risiedeva fin dal 1981.
Il ricorrente, iscrittosi come fuoricorso all'Universita' di
Padova, conseguiva in data 9 novembre 1987 la laurea in medicina e
chirurgia nonche' l'abilitazione all'esercizio della professione
medica; chiedeva l'iscrizione all'Ordine dei medici chirurghi e degli
odontoiatri della provincia di Padova, ma la sua domanda veniva
rigettata dall'Ordine medesimo con nota 17 maggio 1988, n. 830 prot.,
diniego ribadito con successiva dichiarazione del 30 agosto 1988, n.
2405 prot.
Avverso quest'ultimo provvedimento il ricorrente propone il
presente gravame deducendo con l'unico motivo variamente articolato
il vizio dell'eccesso di potere sotto i profili della disparita' di
trattamento, dell'insufficiente istruttoria, del difetto di
motivazione e per manifesta ingiustizia; tale dedotta illegittimita'
assumerebbe un rilievo maggiore se considerata alla luce dei principi
costituzionali vigenti ed in particolare dall'art. 2 della
Costituzione.
Per quanto riguarda la disparita' di trattamento essa si
evidenzierebbe con riferimento sia ad altri stranieri laureati in
medicina e chirurgia che vengono iscritti all'albo perche'
appartenenti a Stati comunitari o ad altri Stati che hanno apposite
convenzioni con l'Italia, sia agli altri stranieri la cui attivita'
lavorativa in Italia non implica la preventiva iscrizione ad un albo
professionale, e cio' in violazione anche al diritto di asilo di cui
all'art. 10, terzo comma, della Costituzione.
In ordine all'insufficiente istruttoria si rileva che non
sarebbero stati sufficienti la risposta del 18 aprile 1988 del
Ministero degli esteri ne' quella della Federazione nazionale degli
ordini dei medici del 22 aprile 1988, all'uopo interpellati
dall'Ordine professionale di Padova; si sarebbe dovuto invece
provvedere ad una indagine conoscitiva adeguata alla particolare
situazione del ricorrente.
Il lamentato vizio per difetto di motivazione deriverebbe dal
fatto che l'atto impugnato si sarebbe limitato a ricordare la
mancanza tra l'Italia e Romania dei previsti accordi in materia
medica di cui all'art. 9 del d.l.C.p.S. n. 233/1946 senza menzionare
esplicitamente la mancanza del requisito della cittadinanza.
Infine la manifesta ingiustizia sarebbe in reipsa: il difetto
della cittadinanza italiana sarebbe irrilevante in quanto non
impedirebbe al ricorrente, laureato due volte e con decennale
esperienza, di svolgere con capacita' e competenza la professione
medica.
Il ricorrente conclude quindi per l'annullamento dell'impugnato
provvedimento.
L'ammistrazione intimata non si e' costituita in giudizio.
D I R I T T O
Il ricorrente impugna - deducendo il vizio di eccesso di potere
sotto i profili della disparita' di trattamento, dell'insufficienza
di istruttoria, difetto di motivazione e della manifesta ingiustizia
- il provvedimento in data 30 agosto 1988, prot. n. 2405, a firma del
presidente dell'Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della
Provincia di Padova con il quale veniva respinta la sua domanda di
iscrizione all'albo dei medici, in quanto non sussistono tra l'Italia
e la Romania i previsti accordi speciali in materia medica di cui
all'art. 9 del d.l.C.p.S. n. 233/1946. Tale delibera era stata
adottata in base a precisi quesiti a tal proposito indirizzati sia al
Ministero degli affari esteri sia all'ufficio legale della
Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi ed
odontoiatri, le cui risposte concordavano nell'escludere la
possibilita' di iscrizione del ricorrente all'albo professionale in
quanto egli risulta essere cittadino rumeno e non sussistono le
condizioni di reciprocita' ai sensi dell'art. 9 citato.
Questa disposizione normativa, dopo aver precisato che per
l'iscrizione all'albo e' necessario (tra l'altro) essere cittadino
italiano (primo comma, lettera a), al secondo comma dispone che
possono essere iscritti all'albo anche gli stranieri, che abbiano
conseguito il titolo di abilitazione in Italia o all'estero, quando
siano cittadini di uno Stato con il quale il Governo italiano abbia
stipulato, sulla base della reciprocita', un accordo speciale che
consenta ad essi l'esercizio della professione in Italia.
Poiche' e' pacifico in causa che il ricorrente e' cittadino rumeno
con domicilio all'estero e che fra l'Italia e la Romania non esiste
un accordo speciale, su base di reciprocita', che consenta ai
cittadini rumeni l'esercizio della professione medica in Italia, come
previsto dall'art. 9, secondo comma, sopra ricordato, il collegio
ritiene innanzi tutto di dover promuovere d'ufficio la verifica della
legittimita' costituzionale della predetta norma. La rilevanza della
questione, infatti, e' certa, perche' e' dalla sua applicazione -
ostativa all'iscrizione all'albo del ricorrente, che possiede gli
altri requisiti richiesti - che si controverte. E il dubbio della
illegittimita' costituzionale dell'art. 9 del d.l.C.p.S. n. 233/1946,
nella parte in cui, regolando l'iscrizione all'albo dei medici dei
cittadini stranieri in possesso della relativa abilitazione, la
limita ai cittadini di Stati coi quali il Governo italiano abbia
stipulato, sulla base della reciprocita', un accordo speciale che
consenta ad essi l'esercizio della professione in Italia, e'
confortato dalla sentenza della Corte costituzionale, n. 11 del 13
marzo 1968, con la quale e' stato dichiarato costituzionalmente
illegittimo l'art. 45 della legge 3 febbraio 1963, n. 69 - che in
relazione all'art. 36 della stessa legge esclude che possa essere
iscritto all'albo dei giornalisti il cittadino di uno stato che non
pratica il trattamento di reciprocita' ai cittadini italiani -
"limitatamente alla sua applicabilita' allo straniero al quale sia
impedito nel paese di appartenenza l'effettivo esercizio delle
liberta' democratiche".
Va precisato, peraltro, che la chiave di volta di quella sentenza
e' la considerazione che negli stati a ordinamento non democratico
puo' essere connaturale l'esclusione del non cittadino dalla
professione giornalistica, e pertanto in tal caso il presuposto della
reciprocita' rischia di tradursi in una grave menomazione della
liberta' di quei soggetti ai quali la Costituzione assicura il
diritto di asilo.
Il caso in esame ha qualche analogia con quello, ma l'argomento
che induce la Sezione a sottoporre alla Corte costituzionale la
questione di legittimita' costituzionale precisata nel dispositivo e'
questo: poiche' e' notorio che lo Stato rumeno impedisce ai suoi
cittadini l'effettivo esercizio delle liberta' democratiche garantite
dalla Costituzione italiana, ed e' connaturale ad un regime siffatto
di impedire ai suoi cittadini, che riparino all'estero, di poter
esercitate la professione cui sono abilitati, e dunque di negare il
trattamento di reciprocita', il presupposto della reciprocita' si
traduce in una grave menomazione della liberta' di quei soggetti ai
quali la Costituzione assicura il diritto di asilo: che non puo' non
comprendere il diritto di esercitare in Italia l'attivita' lavorativa
cui sono abilitati.