ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge 4 marzo
 1989,  n.  77,  dal  titolo:  "Disposizioni  urgenti  in  materia  di
 trasporti e di concessioni marittime" e nel giudizio per conflitto di
 attribuzione sorto a seguito del decreto del  Ministro  della  marina
 mercantile  dell'8  marzo 1989 - adottato ai sensi dell'art. 9, sesto
 comma, del decreto legge 4 marzo 1989, n. 77 - con il quale e'  stato
 disposto  in  ordine  agli  aumenti delle tariffe relative ai servizi
 sovvenzionati  di  collegamento  con  le  isole  maggiori  e  minori,
 promossi   rispettivamente   con   ricorsi  della  Regione  Sardegna,
 notificati  il  5  aprile  e  il  17  giugno  1989,   depositati   in
 cancelleria,  rispettivamente, il 10 aprile e il 27 giugno successivi
 ed iscritti al n. 20 del  registro  ricorsi  1989  e  al  n.  12  del
 registro conflitti 1989;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  24  ottobre  1989  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi  l'Avvocato  Sergio  Panunzio  per  la  Regione  Sardegna  e
 l'Avvocato  dello  Stato  Giorgio  D'Amato  per  il  Presidente   del
 Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1.  - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione
 Sardegna ha sollevato questione di  legittimita'  costituzionale  nei
 confronti del decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77 (Disposizioni urgenti
 in materia di trasporti e di concessioni marittime),  convertito  con
 legge  5  maggio  1989,  n.  160,  e,  in  particolare, nei confronti
 dell'art. 9, sesto comma, del  medesimo  decreto-legge,  in  base  al
 quale con decreto del Ministro della Marina mercantile, previa intesa
 con il Ministro del Tesoro e delle Partecipazioni statali, le tariffe
 dei  servizi  sovvenzionati  di  collegamento con le isole maggiori e
 minori sono aumentate, dal 1› gennaio 1989, in modo da realizzare  un
 incremento  medio  del  25% e, nello stesso tempo, sono ridotte per i
 residenti delle  isole  e  per  le  merci,  in  considerazione  della
 rilevante  importanza  di  tale  trasporto per l'economia delle isole
 stesse.
    Ad avviso della ricorrente, tali disposizioni, le quali sono state
 adottate  unilateralmente  dallo  Stato   senza   alcuna   forma   di
 collaborazione  con  la  Regione, contrasterebbero con: a) l'art. 47,
 secondo comma, dello Statuto  speciale  per  la  Sardegna,  il  quale
 stabilisce  che il Presidente della Giunta regionale "interviene alle
 sedute del Consiglio dei Ministri, quando si trattano  questioni  che
 riguardano  particolarmente  la  Regione';  b) l'art. 53 del medesimo
 Statuto, per il quale "la Regione e' rappresentata nella elaborazione
 delle  tariffe  ferroviarie  e  nella  regolamentazione  dei  servizi
 nazionali di comunicazione e trasporti terrestri, marittimi  e  aerei
 che  possano  direttamente  interessarla';  c) le norme di attuazione
 contenute nel d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 e,  in  particolare:  gli
 artt.   65  e  66,  i  quali  prevedono  che  le  determinazioni  per
 l'istituzione  e  la  regolamentazione  dei  servizi   nazionali   di
 comunicazione e di trasporto che interessano direttamente la Regione,
 comprese quelle sulle relative tariffe, devono esser adottate con  la
 partecipazione  del Presidente della Giunta regionale alle sedute del
 Consiglio  dei  ministri,  quando  esse  siano   di   competenza   di
 quest'ultimo   organo,   ovvero   con   la   partecipazione   di   un
 rappresentante  regionale,  quando  quelle  determinazioni  siano  di
 competenza  di  organi collegiali diversi dal Consiglio dei ministri;
 nonche' l'art. 67 che, nel caso in cui i predetti provvedimenti siano
 assunti    da    un'autorita'    individuale,   prescrive   che   sia
 "preliminarmente sentito il parere della regione,  da  emettersi  non
 oltre trenta giorni dalla richiesta".
   Piu'   in  particolare,  a  sostegno  della  propria  richiesta  di
 dichiarazione d'illegittimita' costituzionale,  la  Regione  Sardegna
 adduce  due  specifiche  argomentazioni. Innanzitutto, sottolinea che
 quella posta  in  essere  dal  decreto-legge  impugnato  sarebbe  una
 disciplina   speciale,  che  non  riguarda  tutte  le  altre  regioni
 italiane, ma, avendo ad oggetto soltanto le  tariffe  per  i  servizi
 nazionali  di collegamento con le isole, concernerebbe direttamente e
 particolarmente la Sardegna, come ha gia' riconosciuto  questa  Corte
 con  la  sent.  n.  627 del 1988. In secondo luogo, la partecipazione
 regionale all'elaborazione della "istituzione e regolamentazione" dei
 servizi  nazionali  di  collegamento  con la Sardegna dovrebbe essere
 richiesta anche per la determinazione delle relative tariffe, essendo
 quest'ultima  ricompresa,  a norma dell'art. 66 delle citate norme di
 attuazione, nella predetta materia. Sicche' il fatto che il Consiglio
 dei  Ministri  abbia  deliberato  l'impugnato decreto-legge senza che
 fosse stato convocato per la relativa riunione  il  Presidente  della
 Giunta  regionale  sarda  (a  differenza di quanto avvenuto per altri
 atti legislativi, quali il decreto-legge riguardante interventi sugli
 impianti  sportivi da utilizzarsi per i campionati mondiali di calcio
 e la legge finanziaria del 1988) e il fatto  che  lo  stesso  decreto
 abbia  attribuito  al  Ministro  della Marina mercantile il potere di
 ridurre le tariffe ivi previste per i residenti e per le merci  senza
 vincolarlo  alla  previa  richiesta del parere regionale, come invece
 prescrive l'art. 67  del  d.P.R.  n.  348  del  1979,  costituiscono,
 secondo  la  ricorrente,  evidenti  motivi d'illegittimita' dell'atto
 impugnato.
    Un  ulteriore  e  concorrente  motivo  d'incostituzionalita' viene
 prospettato dalla ricorrente nei confronti dello stesso art. 9, sesto
 comma,  per  violazione  del  combinato  disposto  dell'art. 77 della
 Costituzione e delle norme statutarie invocate come parametro per  le
 precedenti  censure, in quanto che le disposizioni impugnate, oltre a
 riprodurre integralmente il  testo  dell'art.  4,  sesto  comma,  del
 decreto-legge  30  dicembre 1988, n. 547, che non e' stato convertito
 in   legge,   prevede   un   aumento   delle   tariffe    decorrente,
 retroattivamente,  dal 1› gennaio 1989, vale a dire dalla data da cui
 doveva decorrere l'aumento previsto dal precedente decreto-legge  non
 convertito.  In  altre  parole, tale previsione sarebbe in contrasto,
 generalmente parlando, con l'art. 77 della Costituzione, che vieta la
 reiterazione dei decreti-legge non convertiti e, piu' specificamente,
 con l'ultimo comma  del  predetto  art.  77,  per  il  fatto  che  il
 decreto-legge  reiterativo  pretende  di  far  salvi  gli  atti e gli
 effetti sorti in base al decreto-legge  non  convertito,  e  pertanto
 decaduti  insieme  al decreto-legge che li giustificava, in contrasto
 con quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 302 del  1988
 e poi confermato dall'art. 15, secondo comma, lett. d, della legge 23
 agosto 1988, n. 400 ("Il Governo non puo', mediante  decreto-legge...
 regolare  i  rapporti  giuridici  sorti  sulla  base  dei decreti non
 convertiti").  E,  sempre  ad  avviso  della  ricorrente,  il   vizio
 denunciato non puo' intendersi "superato" dalla legge di conversione,
 poiche' la novazione della fonte  da  essa  comportata  non  potrebbe
 sanare  i  vizi  di  costituzionalita'  da  cui  sarebbe inficiata la
 relativa disciplina.
    2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per
 chiedere il rigetto delle  prime  due  censure  e  l'inammissibilita'
 della terza.
    Riguardo  all'asserita violazione degli artt. 47, secondo comma, e
 53  dello  Statuto,  nonche'  delle  relative  norme  di  attuazione,
 l'Avvocatura  dello  Stato  ricorda, innanzitutto, come questa Corte,
 con le sentenze nn. 151 e  162  del  1974,  abbia  stabilito  che  la
 partecipazione  del Presidente della Giunta regionale alle sedute del
 Consiglio dei  ministri  non  debba  aver  luogo  quando  questo  sia
 chiamato  a deliberare su atti legislativi ovvero su atti costituenti
 presupposti  al  procedimento  legislativo   vero   e   proprio,   in
 particolare  sui  decreti-legge,  quale che sia l'interesse regionale
 coinvolto.  In  secondo  luogo,   le   disposizioni   impugnate   non
 toccherebbero  quel  particolare  e  diretto  interesse della Regione
 Sardegna  cui  si  riferisce  l'art.  47   St.   Sa.,   sia   perche'
 concernerebbero  servizi  sovvenzionati  di collegamento con tutte le
 isole e, pertanto, interessanti il territorio  di  numerose  regioni;
 sia  perche'  rientrerebbero nel quadro di una disciplina unitaria di
 risanamento della finanza pubblica vo'lta ad alleviare l'onere  delle
 sovvenzioni  statali e, quindi, a soddisfare un interesse dell'intera
 comunita' nazionale; sia perche', salvo quanto disposto dall'art.  66
 del  d.P.R.  n.  348  del 1979 per le deliberazioni adottate "in sede
 diversa dal Consiglio dei ministri", per le  altre  deliberazioni  la
 determinazione  delle  tariffe  non potrebbe ritenersi compresa nella
 "regolamentazione" dei servizi nazionali  di  comunicazione,  la  cui
 deliberazione  esige  la partecipazione regionale. In linea di fatto,
 osserva comunque l'Avvocatura dello Stato, non puo'  trascurarsi  che
 il  decreto-legge  impugnato  e'  collegato  alla  manovra di finanza
 pubblica ( ex art. 1-bis, lett. c della legge n. 468 del 1978) e alla
 legge  finanziaria  del 1989 (legge n. 541 del 1988), per l'esame del
 cui  disegno  di  legge   in   Consiglio   dei   ministri,   avvenuta
 contestualmente   a   quello   dei  decreti-legge  collegati,  furono
 convocati a suo tempo, se pure per mere ragioni  di  opportunita',  i
 Presidenti delle regioni a statuto speciale.
    Per quanto riguarda la pretesa violazione dell'art. 67 delle norme
 di attuazione da parte dell'attribuzione  al  Ministro  della  Marina
 mercantile  del  potere  di  riduzione  delle tariffe per i residenti
 nelle isole e per le merci senza  la  contestuale  previsione  di  un
 parere   regionale,  l'Avvocatura  rileva  che  l'infondatezza  della
 censura sarebbe evidenziata dal fatto  che  la  norma  impugnata  non
 disciplina  per alcun verso il modo di esercizio del relativo potere.
    Infine,   a   giudizio   dell'Avvocatura   dello   Stato,  sarebbe
 inammissibile, per difetto di interesse, la censura  prospettata  con
 riguardo  all'art.  77  della Costituzione, in quanto la reiterazione
 del decreto-legge non convertito e la  decorrenza  retroattiva  degli
 aumenti   tariffari   ivi   previsti   non   comporterebbero   alcuna
 interferenza nei confronti delle competenze regionali.
    3.  - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione
 Sardegna ha sollevato conflitto di attribuzione nei  confronti  dello
 Stato  per  l'asserita  lesione  delle  competenze ad essa assicurate
 dall'art. 53 dello Statuto speciale, nonche' dagli artt. 65, 66 e  67
 del d.P.R. n. 348 del 1979, in seguito all'emanazione del decreto del
 Ministro della Marina mercantile 8  marzo  1989,  adottato  ai  sensi
 dell'art.  9,  sesto  comma,  del  decreto-legge  4 marzo 1989, n. 77
 (convertito con legge n.  160  del  1989),  con  il  quale  e'  stato
 disposto,  con  decorrenza  1› gennaio 1989, in ordine alla riduzione
 delle tariffe relative ai servizi sovvenzionati di  collegamento  con
 le   isole   in  assenza  del  parere  della  Regione  Sardegna.  Con
 motivazioni identiche a quelle esposte nel ricorso per illegittimita'
 costituzionale  riferito  nel  precedente  punto  n.  1,  la  Regione
 Sardegna conclude che la mancata richiesta del  parere  regionale  in
 previsione  dell'adozione  del  decreto  impugnato  costituirebbe una
 violazione dell'art. 53 dello  Statuto  speciale,  come  attuato,  in
 particolare,  dall'art.  67  del  d.P.R. n. 348 del 1979, nonche' del
 principio di  "leale  cooperazione",  costantemente  affermato  dalla
 giurisprudenza  di  questa Corte in relazione ai rapporti fra Stato e
 regioni. Su tale base, la ricorrente chiede  altresi'  l'annullamento
 del decreto impugnato.
    4. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per
 chiedere la  reiezione  del  ricorso,  facendo  peraltro  riserva  di
 deduzione negli ulteriori scritti difensivi.
    5. - In prossimita' dell'udienza la Regione Sardegna ha presentato
 un'ulteriore memoria che, in previsione di una possibile riunione dei
 giudizi,   tratta  congiuntamente  gli  oggetti  di  ambo  i  ricorsi
 riferiti.
    Oltre   a   ribadire  argomenti  addotti  nei  precedenti  scritti
 difensivi, la ricorrente, nel negare la sostenibilita' della tesi per
 la  quale  non  sarebbe  richiesta  la  partecipazione del Presidente
 regionale  alle  sedute  del  Consiglio  dei  ministri   relative   a
 deliberazioni  di  atti  legislativi,  osserva  come  questa  vecchia
 interpretazione si fondava sul presunto carattere generale e astratto
 degli  atti  legislativi,  carattere  che  non ricorrerebbe nel caso,
 laddove si e' in presenza di un decreto-legge dotato di un contenuto,
 chiaramente  provvedimentale, di determinazione di aumenti tariffari.
 E, proprio in casi del genere, ove si seguisse la tesi contestata, si
 aprirebbe  la strada al Governo per violare il principio cooperativo,
 nel senso che si consentirebbe di eludere le  norme  statutarie,  che
 esigono  il  coinvolgimento  delle  regioni direttamente interessate,
 attraverso  la  libera  scelta  di   conferire   a   un   determinato
 provvedimento la veste formale di un atto legislativo anziche' quello
 di un atto amministrativo. Del resto, continua  la  ricorrente,  quel
 remoto  indirizzo interpretativo, il quale sembra superato dalla piu'
 recente sent. n. 70 del 1987 di questa Corte, e'  anteriore  all'art.
 19,  secondo  comma, delle norme di attuazione dello Statuto speciale
 per il Trentino-Alto Adige contenute nel d.P.R.  1› febbraio 1973, n.
 49,  che,  in  applicazione  dell'art.  40 di quello Statuto (analogo
 all'art.  47  di  quello  sardo),  ha   espressamente   previsto   la
 partecipazione  del  Presidente  regionale  (e di quelli provinciali)
 alle sedute del Consiglio dei ministri, allorche' questo sia chiamato
 ad approvare, non solo atti amministrativi, ma anche disegni di legge
 o atti con valore di legge.  E,  poiche'  tale  norma  rimanda  a  un
 principio  comune  ad  altre  regioni speciali, essa non potrebbe non
 avere, secondo la ricorrente,  un  essenziale  valore  interpretativo
 anche nei confronti degli artt. 47 e 53 dello Statuto sardo.
    Parimente  infondate  sono,  sempre  a  giudizio della ricorrente,
 altre   argomentazioni   addotte   dall'Avvocatura    dello    Stato.
 Innanzitutto,   sarebbe  illogico  ritenere  che  l'inclusione  della
 determinazione delle tariffe  nella  "regolamentazione"  dei  servizi
 nazionali  di  comunicazione  con la Sardegna possa valere solo per i
 provvedimenti di minor rilievo, come quelli previsti dall'art. 66 del
 d.P.R.  n.  348  del  1979,  e  non  per  quelli  analoghi di maggior
 importanza, previsti nell'art. 65 delle stesse norme  di  attuazione.
 In  secondo  luogo,  non  sarebbe  vero che l'art. 9, sesto comma del
 decreto-legge impugnato  non  contenga  la  disciplina  del  modo  di
 esercizio  del potere di riduzione delle tariffe proprio del Ministro
 per la marina mercantile, poiche' esso prevede una fase di  esercizio
 dello  stesso,  consistente nella "previa intesa" con il Ministro del
 tesoro e con quello delle partecipazioni statali.
    Infine,  quanto  alla  pretesa  violazione  del combinato disposto
 formato dall'art. 77, u.c., della Costituzione e dagli artt. 47 e  53
 dello  Statuto  speciale,  la  ricorrente  insiste,  in  particolare,
 nell'asserito rilievo che l'avvenuta  conversione  non  faccia  venir
 meno gli specifici vizi del decreto-legge, quantomeno in relazione al
 caso in esame. Con riferimento a quest'ultimo, la ricorrente osserva,
 per un verso, che la mancata previsione del parere regionale da parte
 del  decreto-legge  e'  rimasta  immutata  anche   nella   legge   di
 conversione,  perpetuando  cosi'  in  essa un vizio materiale che era
 gia' presente nel decreto-legge, e, per altro verso, che in un regime
 a  costituzione  rigida  un vizio di costituzionalita' attinente alla
 procedura di un decreto-legge (in ipotesi la  mancata  partecipazione
 del  Presidente  regionale  alla seduta di approvazione dello stesso)
 non puo' essere sanato retroattivamente da una fonte, come  la  legge
 di  conversione,  la  cui  forza  e'  pari a quella dell'atto viziato
 (tanto piu' che quella stessa legge puo' ritenersi  viziata  per  non
 aver  provveduto  il legislatore a consultare esso stesso, in sede di
 conversione, il Presidente della Regione sarda). Certo,  conclude  la
 ricorrente, ben potrebbe la legge di conversione far salvi gli atti e
 i rapporti sorti in base al decreto non  convertito  (come  ha  fatto
 l'art.  2,  secondo  comma,  della  legge  n.  160  del 1989), ma non
 potrebbe convalidare  e  convertire  senza  emendarla  la  norma  del
 decreto-  legge  successivo che intendeva illegittimamente regolare i
 rapporti sorti in base alla disciplina  del  precedente  decreto  non
 convertito.
   6.  -  In  prossimita' dell'udienza il Presidente del Consiglio dei
 ministri ha presentato una memoria con la quale porta  argomenti  per
 resistere  al  conflitto  di  attribuzione  sollevato  dalla  Regione
 Sardegna (v., supra, punto 3).
    L'Avvocatura  dello Stato insiste, innanzitutto, sulla distinzione
 fra "regolamentazione" dei servizi nazionali di comunicazione (per la
 quale  e'  richiesta  la partecipazione del Presidente regionale alle
 sedute di approvazione) e "determinazione delle tariffe", distinzione
 che   si  dedurrebbe  dallo  stesso  art.  53  St.  Sa.,  che  oppone
 "l'elaborazione delle tariffe ferroviarie" alla "regolamentazione dei
 servizi  nazionali  di...  trasporti  terrestri".  In  questo quadro,
 l'art. 66 delle norme di attuazione, che comprende la  determinazione
 delle  tariffe  nella  regolamentazione dei servizi di comunicazione,
 sarebbe una norma che, in quanto  derogatoria  rispetto  al  predetto
 principio  generale  (presente  pure nello Statuto siciliano all'art.
 20), dovrebbe essere considerata come di stretta interpretazione.
    In  secondo  luogo, il decreto ministeriale impugnato non potrebbe
 esser qualificato, ad avviso dell'Avvocatura  dello  Stato,  come  un
 provvedimento tariffario, essendo stato adottato, invece, in vista di
 finalita' sociali di rilevante carattere generale (espresse nella sua
 parte  motiva), quali quelle di assicurare adeguatamente la mobilita'
 dei residenti nelle isole e di non compromettere la  possibilita'  di
 ulteriore sviluppo economico delle isole stesse.
                         Considerato in diritto
    1.  -  I  due  ricorsi  presentati  dalla  Regione Sardegna, i cui
 estremi sono indicati in epigrafe, sono  strettamente  connessi,  dal
 momento che attengono a questioni di legittimita' costituzionale e ad
 asserite lesioni della sfera di  competenze  assicurata  alla  stessa
 Regione  Sardegna  coinvolgenti  le  medesime norme di legge (art. 9,
 sesto comma, del decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77, convertito  nella
 legge  5  maggio  1989,  n.  160), le quali costituiscono, una volta,
 l'oggetto del giudizio e, un'altra volta, il  fondamento  legislativo
 del  potere  contestato.  I relativi giudizi, pertanto, vanno riuniti
 per essere discussi congiuntamente e per essere decisi  con  un'unica
 sentenza.
    2.  - Il ricorso presentato dalla Regione Sardegna per chiedere la
 dichiarazione d'illegittimita' costituzionale di parte  dell'art.  9,
 sesto  comma,  dell'anzidetto  decreto-legge  4  marzo  1989,  n.  77
 (Disposizioni urgenti  in  materia  di  trasporti  e  di  concessioni
 marittime),  pone al giudizio di questa Corte tre distinte questioni:
       a) se il citato art. 9, sesto comma, nello stabilire aumenti di
 tariffe per i servizi sovvenzionati di collegamento con  la  Sardegna
 senza  che il Presidente della regione stessa sia stato convocato per
 intervenire nelle sedute del Consiglio dei ministri aventi all'ordine
 del   giorno   la   trattazione   e  la  deliberazione  dei  relativi
 provvedimenti, violi gli artt. 47, secondo comma, e 53 dello  Statuto
 speciale  per  la Sardegna (l. cost. 26 febbraio 1948, n. 3), nonche'
 le relative norme di attuazione (art. 65, d.P.R. 19 giugno  1979,  n.
 348),  che  prescrivono  la  partecipazione  del Presidente regionale
 all'elaborazione  della   disciplina   sui   servizi   nazionali   di
 comunicazione che riguardano particolarmente la Sardegna;
       b)  se lo stesso art. 9, sesto comma, nel conferire al Ministro
 della marina mercantile il potere di determinare, previa intesa con i
 Ministri  del  tesoro e delle partecipazioni statali, le riduzioni di
 tariffa da applicare ai residenti nelle  isole  e  alle  merci  senza
 prevedere  contestualmente  la  richiesta del parere regionale, violi
 l'art. 53 dello  Statuto  speciale  per  la  Sardegna,  come  attuato
 dall'art.  67  del  gia' citato d.P.R. n. 348 del 1979, che prescrive
 quel  parere  come  requisito  procedurale   dei   provvedimenti   di
 "autorita' individuali" dello Stato riguardanti la "regolamentazione,
 comprese le tariffe per viaggiatori e merci," dei  servizi  nazionali
 di comunicazione con la Regione Sardegna;
       c)   se  il  medesimo  art.  9,  sesto  comma,  nel  riprodurre
 integralmente disposizioni contenute in un  precedente  decreto-legge
 non  convertito  e nel far decorrere retroattivamente l'aumento delle
 tariffe ivi previsto dalla stessa data di  decorrenza  stabilita  dal
 precedente  decreto-legge,  violi il combinato disposto formato dagli
 artt. 77,  u.c.,  della  Costituzione  (come  attuato  dall'art.  15,
 secondo  comma,  lett.  d,  della  legge  23  agosto  1988, n. 400) e
 dall'art. 53 dello Statuto speciale per  la  Sardegna  (come  attuato
 dagli  artt.  66  e  67  del  d.P.R.  n.  348  del  1979), in quanto,
 contenendo in pratica una regolamentazione dei rapporti sorti in base
 al  precedente decreto-legge non convertito, si porrebbe in contrasto
 con la riserva al Parlamento di tale  potere  e  con  il  conseguente
 divieto imposto al Governo di disporre quella regolamentazione.
    3.  -  Va, innanzitutto, dichiarata l'inammissibilita' dell'ultima
 delle censure riferite (v. punto precedente, sub c).
    La  mancanza  di  interesse  della Regione Sardegna in ordine alla
 questione ora considerata appare prima facie dal fatto che una  norma
 identica  a quella di cui si chiede l'annullamento e' contenuta nella
 legge di conversione del decreto- legge  n.  77  del  1989  (art.  1,
 secondo comma, legge 5 maggio 1989, n. 160).
    Piu' in particolare, secondo la ricorrente, l'art. 9, sesto comma,
 del  decreto-legge  n.  77  del  1989,   sarebbe   costituzionalmente
 illegittimo  in  quanto,  nello  stabilire la decorrenza dell'aumento
 delle tariffe ivi previsto a partire dal 1› gennaio 1989 (cioe' dalla
 data   d'inizio   dell'efficacia  del  precedente  decreto-legge  non
 convertito, n. 547 del 1988), conterrebbe in quella disposizione  una
 norma  implicita  - contraria all'art. 77, u.c., della Costituzione e
 all'art. 15, secondo comma, lett. d, della legge n. 400 del 1988, che
 espressamente  vietano  al  Governo di "regolare i rapporti giuridici
 sorti sulla base dei decreti non convertiti" - vo'lta a far salvi gli
 atti  e gli effetti posti in essere sul fondamento del decreto- legge
 non convertito.
    Non  vi  puo'  esser  dubbio  che  il  decreto-legge sia una fonte
 incompetente  a  regolare  i  rapporti  giuridici  sorti  in  base  a
 precedenti   decreti   non   convertiti   e  che,  in  generale,  una
 disposizione di decreto-legge la quale stabilisca una decorrenza  dei
 propri  effetti  a  partire  dalla  data  di  entrata  in  vigore del
 precedente decreto non convertito possa suscitare seri dubbi circa la
 correttezza  dell'operato  del  Governo alla luce dei citati artt. 77
 della Costituzione e 15 della legge n. 400 del 1988. Tuttavia, non si
 puo'  negare  che,  per  un  verso,  la decorrenza dell'aumento delle
 tariffe dei servizi nazionali di collegamento con le isole a  partire
 dall'inizio  dell'anno  1989  possa  avere una sua giustificazione di
 carattere finanziario e contabile e, per altro verso, che la clausola
 di  salvezza  degli effetti prodotti sulla base del decreto-legge non
 convertito  e'  una  norma  implicitamente   desumibile   da   quella
 disposizione, la quale e' stata comunque "assorbita", in tutta la sua
 portata normativa,  dall'espressa  disposizione  dell'art.  1,  comma
 secondo,  della  legge di conversione 5 maggio 1989, n. 160 ("Restano
 validi gli atti e i provvedimenti adottati e  sono  fatti  salvi  gli
 effetti  prodotti  ed  i  rapporti  giuridici  sorti  sulla  base del
 decreto-legge 30 dicembre 1988, n.  547"). Sicche', dal  momento  che
 la conversione comporta il mutamento della qualificazione formale che
 le disposizioni traggono originariamente  dal  decreto-legge  che  le
 contiene  con  la  qualificazione  propria  dell'atto  di conversione
 (legge ordinaria) e dal momento che la fonte competente a regolare  i
 rapporti  rimasti  in  sospeso  a  seguito della mancata conversione,
 cioe' la legge,  ha  autonomamente  disciplinato  quei  rapporti,  vi
 sarebbe   una   norma  quella  implicita,  ipoteticamente  desumibile
 dall'art. 9, sesto comma, del decreto-legge convertito - che  avrebbe
 il  medesimo  significato  della  clausola  di  salvezza dei rapporti
 rimasti in sospeso, contenuta nell'art. 1, secondo comma, della legge
 di  conversione  e  il  cui eventuale annullamento, pertanto, sarebbe
 privo degli ipotizzati effetti sulle competenze della ricorrente.
    Ma,  pur  se  si  volesse prescindere da tutto cio', ai fini della
 dimostrazione della mancanza di interesse della ricorrente appare  di
 determinante importanza un ulteriore argomento.
    Nel  prospettare  la  presunta  violazione  del combinato disposto
 formato dall'art. 77 della Costituzione e dall'art. 53 dello  Statuto
 da  parte dell'art. 9, sesto comma, la ricorrente invoca a suo favore
 un caso gia' deciso da questa Corte
 (v.  sent.  n.  302 del 1988). In esso, sulla base del rilievo che la
 ripetuta reiterazione del decreto-  legge  e  la  sua  decadenza  per
 mancata  conversione  cospiravano nel senso di spostare continuamente
 il momento  di  decorrenza  delle  istanze  di  parere  ivi  previste
 (collegato   all'inizio   di  efficacia  del  decreto  stesso)  e  di
 vanificare cosi'  la  competenza  regionale  (altrove  garantita)  di
 emettere   il   predetto   parere,   si  dichiarava  l'illegittimita'
 costituzionale in parte qua della relativa norma per  violazione  del
 combinato   disposto  formato  dagli  artt.  77,  117,  e  118  della
 Costituzione. Tuttavia, questo  precedente  e'  male  invocato  dalla
 Regione  Sardegna, poiche' non si attaglia affatto al caso sottoposto
 al giudizio in questione, nel quale la ricorrente lamenta in  realta'
 la  lesione,  da parte del Governo, di competenze riservate dall'art.
 77, u.c., della Costituzione al Parlamento. Appare pertanto  evidente
 che   la   ricorrente,  nonostante  la  formale  prospettazione  come
 parametro di costituzionalita' di  un  "combinato  disposto"  formato
 dall'art.  77  della  Costituzione  e  da  alcune norme dello Statuto
 speciale della Sardegna,  difetta  di  quell'interesse  a  ricorrere,
 qualificato  dalla  finalita' di ripristinare l'integrita' di proprie
 competenze,  che  questa   Corte,   con   giurisprudenza   da   tempo
 consolidata,  considera  requisito  di  ammissibilita' nei giudizi di
 legittimita'  costituzionale  intentati  dalle  regioni  contro  atti
 legislativi dello Stato (v., ad esempio, sentt. nn. 111 del 1972, 151
 del 1974, 307 del 1983, 151 del 1986, 64 e 183 del 1987, 302,  742  e
 1044 del 1988, 324 del 1989).
    4.  -  Non  fondata e' la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art.  9,  sesto  comma,  del  decreto-legge  n.  77  del   1989,
 relativamente alla censura per la quale tale articolo, nel deliberare
 aumenti di tariffe per i servizi sovvenzionati di collegamento con le
 isole  senza  che  il  Presidente  della  Regione  Sardegna sia stato
 convocato per intervenire alle  relative  sedute  del  Consiglio  dei
 ministri, si porrebbe in contrasto con gli artt. 47, secondo comma, e
 53 dello Statuto speciale per la Sardegna, come attuati dall'art.  65
 del  d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, i quali esigono che il Presidente
 della Regione intervenga  alle  sedute  del  Consiglio  dei  ministri
 "quando  si  trattano  questioni  che  riguardano  particolarmente la
 Regione" e, segnatamente, quando si discute della  "regolamentazione"
 dei  servizi  nazionali  di  comunicazione  "che possano direttamente
 interessarla".
    4.1.  -  Pregiudiziale  alla  risoluzione  della  questione  e' il
 problema della interpretazione delle norme statutarie e di attuazione
 dello  Statuto  speciale  relativo  al  significato  dell'espressione
 "regolamentazione" dei servizi nazionali di collegamento con l'isola.
 Piu'  precisamente,  il  problema  e'  se  questa  espressione  debba
 intendersi come comprensiva della disciplina e  della  determinazione
 delle  tariffe  dei  relativi  servizi. Sebbene la formulazione delle
 disposizioni lasci ampi margini d'incertezza e sebbene  non  manchino
 esempi  in  leggi  statali  e in norme di attuazione di altri Statuti
 speciali  relativi  a  discipline  formalmente  separate  dell'uno  e
 dell'altro  oggetto,  ancorche'  concordanti  nella  sostanza (v., ad
 esempio, artt. 8 e 9 delle norme di attuazione dello Statuto speciale
 per  la Regione siciliana, contenuti nel d.P.R.  17 dicembre 1953, n.
 1113; nonche' artt. 11 e 12  della  l.  5  dicembre  1986,  n.  856),
 appaiono  indubbiamente  prevalenti gli argomenti che conducono a una
 risoluzione positiva del problema.
    In  proposito  vanno sottolineati tre distinti motivi che mostrano
 la chiara intenzione  del  legislatore  statutario  di  ricomprendere
 anche  la  determinazione  delle  tariffe  dei  servizi  nazionali di
 collegamento fra gli oggetti della forma di cooperazione fra Stato  e
 Regione  di  cui  all'art.  47,  comma secondo, dello Statuto sardo e
 all'art.  65  del  d.P.R.   n.   348   del   1979,   riguardante   la
 "regolamentazione"   dei   servizi   stessi.   Innanzitutto,  occorre
 osservare che, al di la' delle  forme  espressive  usate,  l'art.  53
 dello  Statuto  rivela  la volonta' del legislatore costituzionale di
 sottoporre anche la  determinazione  delle  tariffe  alla  necessaria
 collaborazione  della Regione per quanto riguarda i servizi nazionali
 di  comunicazione   e   di   trasporto   che   possano   direttamente
 interessarla,  non  potendosi  supporre un trattamento differenziato,
 per  il  profilo  che  qui  rileva,  fra   le   tariffe   ferroviarie
 (espressamente  ricomprese  fra  gli  oggetti di disciplina) e quelle
 relative ad altri mezzi di trasporto (non espressamente  menzionate).
 In  secondo  luogo, l'esplicita dizione usata dall'art. 66 del d.P.R.
 n. 348 del 1979 - per la quale e' richiesta la partecipazione  di  un
 rappresentante   dell'amministrazione  regionale  alle  deliberazioni
 adottate "in sede diversa dal Consiglio dei ministri" concernenti  la
 "regolamentazione,  comprese  le tariffe per viaggiatori e merci," di
 tutti i servizi nazionali di collegamento con  l'isola  -  lungi  dal
 legittimare  fragili  argomenti  a contrario, non puo' non sottendere
 che analoga  partecipazione,  ovviamente  in  forme  adeguate,  debba
 essere  assicurata,  sempreche' ne ricorrano i presupposti, anche nei
 casi eccezionali in cui la stessa materia  sia  trattata  nella  sede
 piu'   elevata   del  Consiglio  dei  ministri.  Infine,  non  appare
 logicamente corretto tracciare una rigida linea di separazione tra la
 determinazione  delle  tariffe  e  la  "regolamentazione" dei servizi
 sovvenzionati di collegamento con le isole, atteso  che,  sulla  base
 della stessa legislazione statale che la riguarda (art. 11, l. n. 856
 del 1986), nella "regolamentazione" sono compresi  aspetti,  come  la
 sovvenzione  di  equilibrio, strettamente interrelati, se non proprio
 inerenti, alla elaborazione della determinazione delle tariffe.
    4.2.  -  Cio' posto, occorre ora verificare se, nel caso concreto,
 ricorrano i presupposti necessari per la convocazione del  Presidente
 della Regione Sardegna onde permetterne la partecipazione alla seduta
 del Consiglio  dei  ministri  nella  quale  e'  stato  deliberato  il
 decreto-legge  n.  77  del  1989,  contenente, fra l'altro, l'aumento
 delle tariffe dei servizi di comunicazione con le  isole  maggiori  e
 minori.
    In  parallelo  con una recente pronunzia di questa Corte (sent. n.
 70  del  1987)  e  analogamente  con  quanto  affermato  in  sentenza
 depositata in pari data, va premesso che alla suddetta partecipazione
 del Presidente regionale (o provinciale) non puo' ostare il carattere
 legislativo   del  provvedimento  da  adottare,  poiche'  l'interesse
 rilevante e particolare della regione che rende necessaria, oltreche'
 opportuna,  la partecipazione del Presidente della stessa alle sedute
 del Consiglio dei ministri puo'  indifferentemente  sussistere  tanto
 nei  casi  in  cui  il  Governo adotta atti di natura amministrativa,
 quanto in quelli in cui assume deliberazioni di carattere legislativo
 (vedi,  del  resto,  in questo senso le norme di attuazione contenute
 nel d.P.R. 1› febbraio 1973, n. 49, art. 19,  relativo  alla  Regione
 Trentino-Alto  Adige  e  nel  d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469, art. 4,
 relativo  alla  Regione  Friuli-Venezia  Giulia).  Ne'  puo'   valere
 l'argomento  di fatto addotto dall'Avvocatura dello Stato, secondo il
 quale il Presidente  della  Regione  Sardegna  risulta  essere  stato
 convocato  in relazione alle leggi riguardanti la complessiva manovra
 finanziaria per l'anno 1989, cui il decreto-legge in  discussione  e'
 in  qualche modo collegato. Contro tale argomento vale il rilievo che
 la previsione  dell'art.  47,  secondo  comma,  dello  Statuto  esige
 inequivocabilmente  che il Presidente regionale sia sentito, non gia'
 in generale, ma in ordine alle specifiche  questioni  che  riguardano
 particolarmente la Regione.
    In  realta',  al  pari  di  tutte le forme di collaborazione della
 regione allo svolgimento  di  funzioni  imputate  allo  Stato,  anche
 quella  ora  considerata presuppone l'esercizio di competenze statali
 su materie sulle quali insiste, naturalmente, un interesse nazionale,
 ma  che, per l'interferenza che la relativa disciplina e' in grado di
 esercitare nei confronti di interessi di  cui  singole  regioni  sono
 soggetti  esponenziali, esigono da queste ultime una rappresentazione
 delle loro posizioni tanto intensa  e  qualificata  da  importare  la
 partecipazione  dei  Presidenti delle regioni interessate alle sedute
 del  Consiglio  dei  ministri  convocate  per  la  discussione  e  la
 deliberazione  delle  relative  questioni. Piu' precisamente, perche'
 tale  partecipazione  diventi  necessaria  occorre  che   l'interesse
 regionale  sul  quale  viene  a  incidere  la  disciplina  statale in
 discussione sia qualificato come un interesse differenziato e  dotato
 di una particolare rilevanza o intensita'.
    Deve   trattarsi,  innanzitutto,  di  un  interesse  differenziato
 perche', come hanno precisato diverse pronunzie di questa  Corte  (v.
 sentt.  nn. 34 e 166 del 1976, 627 del 1988, nonche' nn. 4 del 1966 e
 1 del 1968), una forma cosi' particolare di cooperazione  fra  organi
 del  piu'  elevato  livello  statale  e  regionale puo' giustificarsi
 soltanto in presenza di discipline dello Stato aventi ad oggetto, non
 gia'  interessi unitari che si riverberano sulle singole regioni come
 mera estensione  o  continuazione  locale  di  quelli  nazionali,  ma
 interessi  che  si  distaccano  da  quelli  generali  come  propri  e
 peculiari di singole regioni.
    In  secondo  luogo,  deve  trattarsi di un interesse dotato di una
 rilevanza o di una intensita'  tale  da  giustificare  una  forma  di
 raccordo  cosi'  eccezionale qual'e' la partecipazione del Presidente
 regionale alle sedute del Consiglio dei Ministri: una rilevanza  che,
 essendo legata a una collaborazione fra l'organo statale responsabile
 in  via  primaria  dell'indirizzo  politico  generale  della  nazione
 (Consiglio  dei ministri) e l'organo che presiede l'istanza regionale
 preposta all'elaborazione della politica generale di  una  regione  a
 statuto  speciale  (Giunta),  dev'esser qualificata dall'interferenza
 tra l'indirizzo che lo Stato intende realizzare e l'attuazione  della
 politica   della   regione   nelle  materie  assegnate  alla  propria
 competenza.
    Questo  principio,  che si deduce dal complesso delle disposizioni
 dei vari Statuti speciali e dalle relative Norme  di  attuazione  che
 disciplinano  il  tipo  di  raccordo  qui  discusso,  ha  un  preciso
 riscontro anche nelle norme  di  attuazione  dello  Statuto  speciale
 della Regione Sardegna invocate come parametro di questo giudizio. In
 esse si coglie chiaramente una graduazione del tipo di coinvolgimento
 regionale,  la quale dipende dalla rilevanza del tipo di interferenza
 imputabile  ai  vari   livelli   di   decisione   previsti   per   la
 regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione da e verso la
 regione: ove, infatti, la decisione sia di competenza  del  Consiglio
 dei  ministri  e'  prevista  la  partecipazione  del Presidente della
 Giunta regionale alle relative sedute (art. 65 del d.P.R. n. 348  del
 1979);  ove,  invece, la deliberazione sia presa "in sede diversa dal
 Consiglio dei ministri", all'adozione della stessa  deve  partecipare
 semplicemente   un  "rappresentante  dell'Amministrazione  regionale"
 (art. 66, dello stesso decreto); e, infine, ove i provvedimenti siano
 di  spettanza  di  "un'autorita' individuale", non si richiede alcuna
 forma di partecipazione o di intesa in relazione  alla  decisione  da
 prendere,  ma  si prescrive soltanto che "deve essere preliminarmente
 sentito il parere della Regione, da emettersi non oltre trenta giorni
 dalla richiesta" (art. 67, dello stesso decreto).
    Nel  caso  sottoposto  a  questo  giudizio  non  ricorrono  ne' la
 condizione dell'interesse differenziato, ne' quella dell'interferenza
 sull'indirizzo politico generale della regione. Non la prima, perche'
 il decreto-legge impugnato  e'  diretto  a  modificare  i  meccanismi
 finanziari  di  ripianamento  del  deficit  statale  nel  settore dei
 trasporti, toccando, pertanto, un  punto  centrale  della  disciplina
 legislativa  dei  relativi  servizi,  che si applica, con ispirazione
 unitaria e generalizzante,  a  tutte  le  regioni.  Non  la  seconda,
 perche'  la  norma  impugnata  (art. 9, sesto comma) e' congegnata in
 modo tale da contenere soltanto la parte di  minor  rilievo  rispetto
 agli  indirizzi  politici  generali  della  regione - cioe' l'aumento
 generalizzato delle tariffe nella misura del 25% - e da affidare a un
 successivo  provvedimento  del  Ministro  della  marina mercantile la
 parte "di rilevante importanza (..)  per  l'economia"  delle  regioni
 interessate   (come   si   esprime   la   stessa   norma),  cioe'  la
 determinazione delle tariffe ridotte per i residenti  delle  isole  e
 per  le  merci  da  e  per  le isole stesse. Di qui discende, dunque,
 l'infondatezza della questione ora esaminata.
    5. - Non fondata, nei sensi di cui in motivazione, e' la questione
 di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  9,  sesto   comma,   del
 decreto-legge  n.  77  del  1989,  limitatamente  alla  parte  in cui
 conferisce  al  Ministro  della  marina  mercantile  il   potere   di
 determinare  le  riduzioni  delle  tariffe  da applicare ai residenti
 nelle isole e alle merci senza prevedere contestualmente la richiesta
 del  parere regionale contemplato dall'art. 53 dello Statuto speciale
 per la Sardegna, come attuato dall'art. 67  del  d.P.R.  n.  348  del
 1979.
    Per  le ragioni addotte nel punto precedente della motivazione, la
 determinazione delle tariffe ridotte per i residenti e per  le  merci
 e'   un   potere   statale   che   tocca  direttamente  un  interesse
 differenziato della Regione Sardegna e  che  interferisce  in  misura
 rilevante  sulle  scelte  di  carattere  economico  rientranti  nelle
 competenze della Regione Sardegna. Su tale premessa, mentre l'art. 53
 dello  Statuto  esige  generalmente che la suddetta Regione partecipi
 alla elaborazione delle tariffe e alla regolamentazione  dei  servizi
 nazionali  di  comunicazione con l'isola, l'art. 67 del d.P.R. n. 348
 del 1979, invece, precisa che quando la regolamentazione dei  servizi
 nazionali  di  collegamento, compresa la determinazione delle tariffe
 per viaggiatori e merci, sia effettuata con provvedimenti assunti  da
 "un'autorita' individuale", si deve preliminarmente sentire il parere
 della Regione.
    Tuttavia,  come  questa  Corte  ha  avuto  modo di affermare nella
 sentenza n. 625  del  1988,  la  mancata  espressa  previsione  nelle
 disposizioni impugnate della necessita' di richiedere preliminarmente
 il parere della Regione, come prescritto dallo Statuto e dalle  norme
 di  attuazione  dello  stesso,  non  puo'  comportare,  di  per  se',
 l'illegittimita' costituzionale delle  disposizioni  stesse,  per  il
 fatto  che "il silenzio (...) sul punto non puo' essere inteso se non
 nel senso dell'ossequio da esse prestato nei confronti delle norme di
 rango superiore".
    6.  - La conclusione appena raggiunta conduce all'accoglimento del
 ricorso per conflitto di attribuzione  che  la  Regione  Sardegna  ha
 presentato  in  seguito all'emanazione del Decreto del Ministro della
 Marina mercantile 8 marzo 1989, con il quale sono  state  determinate
 le  tariffe  ridotte dei servizi sovvenzionati di collegamento valide
 per i residenti nelle isole e per le merci da e per le  isole  stesse
 senza  che  sia  stato  richiesto  il  parere della Regione Sardegna.
 Poiche', come s'e' detto, l'art. 9, sesto comma, del decreto-legge n.
 77  del  1989  esige,  ove  sia  correttamente interpretato alla luce
 dell'art. 67 del d.P.R. n.  348  del  1979,  che  quel  parere  venga
 preliminarmente  richiesto  allorche'  si  determinano le tariffe dei
 servizi nazionali di comunicazione con le isole, il  fatto  che  cio'
 non  sia  avvenuto  nel  caso  sottoposto  a  questo giudizio porta a
 concludere che il Ministro della marina mercantile,  con  il  decreto
 impugnato,  abbia  esercitato  in modo illegittimo il potere previsto
 nel predetto art.  9,  sesto  comma,  e  abbia,  cosi',  menomato  le
 competenze  riconosciute in proposito alla Regione Sardegna (artt. 53
 dello Statuto e 67  delle  relative  norme  di  attuazione).  Di  qui
 consegue, altresi', l'annullamento del decreto impugnato.