ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale del decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77, dal titolo: "Disposizioni urgenti in materia di trasporti e di concessioni marittime" e nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministro della marina mercantile dell'8 marzo 1989 - adottato ai sensi dell'art. 9, sesto comma, del decreto legge 4 marzo 1989, n. 77 - con il quale e' stato disposto in ordine agli aumenti delle tariffe relative ai servizi sovvenzionati di collegamento con le isole maggiori e minori, promossi rispettivamente con ricorsi della Regione Sardegna, notificati il 5 aprile e il 17 giugno 1989, depositati in cancelleria, rispettivamente, il 10 aprile e il 27 giugno successivi ed iscritti al n. 20 del registro ricorsi 1989 e al n. 12 del registro conflitti 1989; Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nell'udienza pubblica del 24 ottobre 1989 il Giudice relatore Antonio Baldassarre; Uditi l'Avvocato Sergio Panunzio per la Regione Sardegna e l'Avvocato dello Stato Giorgio D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto in fatto 1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Sardegna ha sollevato questione di legittimita' costituzionale nei confronti del decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77 (Disposizioni urgenti in materia di trasporti e di concessioni marittime), convertito con legge 5 maggio 1989, n. 160, e, in particolare, nei confronti dell'art. 9, sesto comma, del medesimo decreto-legge, in base al quale con decreto del Ministro della Marina mercantile, previa intesa con il Ministro del Tesoro e delle Partecipazioni statali, le tariffe dei servizi sovvenzionati di collegamento con le isole maggiori e minori sono aumentate, dal 1 gennaio 1989, in modo da realizzare un incremento medio del 25% e, nello stesso tempo, sono ridotte per i residenti delle isole e per le merci, in considerazione della rilevante importanza di tale trasporto per l'economia delle isole stesse. Ad avviso della ricorrente, tali disposizioni, le quali sono state adottate unilateralmente dallo Stato senza alcuna forma di collaborazione con la Regione, contrasterebbero con: a) l'art. 47, secondo comma, dello Statuto speciale per la Sardegna, il quale stabilisce che il Presidente della Giunta regionale "interviene alle sedute del Consiglio dei Ministri, quando si trattano questioni che riguardano particolarmente la Regione'; b) l'art. 53 del medesimo Statuto, per il quale "la Regione e' rappresentata nella elaborazione delle tariffe ferroviarie e nella regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti terrestri, marittimi e aerei che possano direttamente interessarla'; c) le norme di attuazione contenute nel d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348 e, in particolare: gli artt. 65 e 66, i quali prevedono che le determinazioni per l'istituzione e la regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e di trasporto che interessano direttamente la Regione, comprese quelle sulle relative tariffe, devono esser adottate con la partecipazione del Presidente della Giunta regionale alle sedute del Consiglio dei ministri, quando esse siano di competenza di quest'ultimo organo, ovvero con la partecipazione di un rappresentante regionale, quando quelle determinazioni siano di competenza di organi collegiali diversi dal Consiglio dei ministri; nonche' l'art. 67 che, nel caso in cui i predetti provvedimenti siano assunti da un'autorita' individuale, prescrive che sia "preliminarmente sentito il parere della regione, da emettersi non oltre trenta giorni dalla richiesta". Piu' in particolare, a sostegno della propria richiesta di dichiarazione d'illegittimita' costituzionale, la Regione Sardegna adduce due specifiche argomentazioni. Innanzitutto, sottolinea che quella posta in essere dal decreto-legge impugnato sarebbe una disciplina speciale, che non riguarda tutte le altre regioni italiane, ma, avendo ad oggetto soltanto le tariffe per i servizi nazionali di collegamento con le isole, concernerebbe direttamente e particolarmente la Sardegna, come ha gia' riconosciuto questa Corte con la sent. n. 627 del 1988. In secondo luogo, la partecipazione regionale all'elaborazione della "istituzione e regolamentazione" dei servizi nazionali di collegamento con la Sardegna dovrebbe essere richiesta anche per la determinazione delle relative tariffe, essendo quest'ultima ricompresa, a norma dell'art. 66 delle citate norme di attuazione, nella predetta materia. Sicche' il fatto che il Consiglio dei Ministri abbia deliberato l'impugnato decreto-legge senza che fosse stato convocato per la relativa riunione il Presidente della Giunta regionale sarda (a differenza di quanto avvenuto per altri atti legislativi, quali il decreto-legge riguardante interventi sugli impianti sportivi da utilizzarsi per i campionati mondiali di calcio e la legge finanziaria del 1988) e il fatto che lo stesso decreto abbia attribuito al Ministro della Marina mercantile il potere di ridurre le tariffe ivi previste per i residenti e per le merci senza vincolarlo alla previa richiesta del parere regionale, come invece prescrive l'art. 67 del d.P.R. n. 348 del 1979, costituiscono, secondo la ricorrente, evidenti motivi d'illegittimita' dell'atto impugnato. Un ulteriore e concorrente motivo d'incostituzionalita' viene prospettato dalla ricorrente nei confronti dello stesso art. 9, sesto comma, per violazione del combinato disposto dell'art. 77 della Costituzione e delle norme statutarie invocate come parametro per le precedenti censure, in quanto che le disposizioni impugnate, oltre a riprodurre integralmente il testo dell'art. 4, sesto comma, del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 547, che non e' stato convertito in legge, prevede un aumento delle tariffe decorrente, retroattivamente, dal 1 gennaio 1989, vale a dire dalla data da cui doveva decorrere l'aumento previsto dal precedente decreto-legge non convertito. In altre parole, tale previsione sarebbe in contrasto, generalmente parlando, con l'art. 77 della Costituzione, che vieta la reiterazione dei decreti-legge non convertiti e, piu' specificamente, con l'ultimo comma del predetto art. 77, per il fatto che il decreto-legge reiterativo pretende di far salvi gli atti e gli effetti sorti in base al decreto-legge non convertito, e pertanto decaduti insieme al decreto-legge che li giustificava, in contrasto con quanto affermato da questa Corte con la sentenza n. 302 del 1988 e poi confermato dall'art. 15, secondo comma, lett. d, della legge 23 agosto 1988, n. 400 ("Il Governo non puo', mediante decreto-legge... regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti"). E, sempre ad avviso della ricorrente, il vizio denunciato non puo' intendersi "superato" dalla legge di conversione, poiche' la novazione della fonte da essa comportata non potrebbe sanare i vizi di costituzionalita' da cui sarebbe inficiata la relativa disciplina. 2. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per chiedere il rigetto delle prime due censure e l'inammissibilita' della terza. Riguardo all'asserita violazione degli artt. 47, secondo comma, e 53 dello Statuto, nonche' delle relative norme di attuazione, l'Avvocatura dello Stato ricorda, innanzitutto, come questa Corte, con le sentenze nn. 151 e 162 del 1974, abbia stabilito che la partecipazione del Presidente della Giunta regionale alle sedute del Consiglio dei ministri non debba aver luogo quando questo sia chiamato a deliberare su atti legislativi ovvero su atti costituenti presupposti al procedimento legislativo vero e proprio, in particolare sui decreti-legge, quale che sia l'interesse regionale coinvolto. In secondo luogo, le disposizioni impugnate non toccherebbero quel particolare e diretto interesse della Regione Sardegna cui si riferisce l'art. 47 St. Sa., sia perche' concernerebbero servizi sovvenzionati di collegamento con tutte le isole e, pertanto, interessanti il territorio di numerose regioni; sia perche' rientrerebbero nel quadro di una disciplina unitaria di risanamento della finanza pubblica vo'lta ad alleviare l'onere delle sovvenzioni statali e, quindi, a soddisfare un interesse dell'intera comunita' nazionale; sia perche', salvo quanto disposto dall'art. 66 del d.P.R. n. 348 del 1979 per le deliberazioni adottate "in sede diversa dal Consiglio dei ministri", per le altre deliberazioni la determinazione delle tariffe non potrebbe ritenersi compresa nella "regolamentazione" dei servizi nazionali di comunicazione, la cui deliberazione esige la partecipazione regionale. In linea di fatto, osserva comunque l'Avvocatura dello Stato, non puo' trascurarsi che il decreto-legge impugnato e' collegato alla manovra di finanza pubblica ( ex art. 1-bis, lett. c della legge n. 468 del 1978) e alla legge finanziaria del 1989 (legge n. 541 del 1988), per l'esame del cui disegno di legge in Consiglio dei ministri, avvenuta contestualmente a quello dei decreti-legge collegati, furono convocati a suo tempo, se pure per mere ragioni di opportunita', i Presidenti delle regioni a statuto speciale. Per quanto riguarda la pretesa violazione dell'art. 67 delle norme di attuazione da parte dell'attribuzione al Ministro della Marina mercantile del potere di riduzione delle tariffe per i residenti nelle isole e per le merci senza la contestuale previsione di un parere regionale, l'Avvocatura rileva che l'infondatezza della censura sarebbe evidenziata dal fatto che la norma impugnata non disciplina per alcun verso il modo di esercizio del relativo potere. Infine, a giudizio dell'Avvocatura dello Stato, sarebbe inammissibile, per difetto di interesse, la censura prospettata con riguardo all'art. 77 della Costituzione, in quanto la reiterazione del decreto-legge non convertito e la decorrenza retroattiva degli aumenti tariffari ivi previsti non comporterebbero alcuna interferenza nei confronti delle competenze regionali. 3. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la Regione Sardegna ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato per l'asserita lesione delle competenze ad essa assicurate dall'art. 53 dello Statuto speciale, nonche' dagli artt. 65, 66 e 67 del d.P.R. n. 348 del 1979, in seguito all'emanazione del decreto del Ministro della Marina mercantile 8 marzo 1989, adottato ai sensi dell'art. 9, sesto comma, del decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77 (convertito con legge n. 160 del 1989), con il quale e' stato disposto, con decorrenza 1 gennaio 1989, in ordine alla riduzione delle tariffe relative ai servizi sovvenzionati di collegamento con le isole in assenza del parere della Regione Sardegna. Con motivazioni identiche a quelle esposte nel ricorso per illegittimita' costituzionale riferito nel precedente punto n. 1, la Regione Sardegna conclude che la mancata richiesta del parere regionale in previsione dell'adozione del decreto impugnato costituirebbe una violazione dell'art. 53 dello Statuto speciale, come attuato, in particolare, dall'art. 67 del d.P.R. n. 348 del 1979, nonche' del principio di "leale cooperazione", costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Corte in relazione ai rapporti fra Stato e regioni. Su tale base, la ricorrente chiede altresi' l'annullamento del decreto impugnato. 4. - Si e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri per chiedere la reiezione del ricorso, facendo peraltro riserva di deduzione negli ulteriori scritti difensivi. 5. - In prossimita' dell'udienza la Regione Sardegna ha presentato un'ulteriore memoria che, in previsione di una possibile riunione dei giudizi, tratta congiuntamente gli oggetti di ambo i ricorsi riferiti. Oltre a ribadire argomenti addotti nei precedenti scritti difensivi, la ricorrente, nel negare la sostenibilita' della tesi per la quale non sarebbe richiesta la partecipazione del Presidente regionale alle sedute del Consiglio dei ministri relative a deliberazioni di atti legislativi, osserva come questa vecchia interpretazione si fondava sul presunto carattere generale e astratto degli atti legislativi, carattere che non ricorrerebbe nel caso, laddove si e' in presenza di un decreto-legge dotato di un contenuto, chiaramente provvedimentale, di determinazione di aumenti tariffari. E, proprio in casi del genere, ove si seguisse la tesi contestata, si aprirebbe la strada al Governo per violare il principio cooperativo, nel senso che si consentirebbe di eludere le norme statutarie, che esigono il coinvolgimento delle regioni direttamente interessate, attraverso la libera scelta di conferire a un determinato provvedimento la veste formale di un atto legislativo anziche' quello di un atto amministrativo. Del resto, continua la ricorrente, quel remoto indirizzo interpretativo, il quale sembra superato dalla piu' recente sent. n. 70 del 1987 di questa Corte, e' anteriore all'art. 19, secondo comma, delle norme di attuazione dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige contenute nel d.P.R. 1 febbraio 1973, n. 49, che, in applicazione dell'art. 40 di quello Statuto (analogo all'art. 47 di quello sardo), ha espressamente previsto la partecipazione del Presidente regionale (e di quelli provinciali) alle sedute del Consiglio dei ministri, allorche' questo sia chiamato ad approvare, non solo atti amministrativi, ma anche disegni di legge o atti con valore di legge. E, poiche' tale norma rimanda a un principio comune ad altre regioni speciali, essa non potrebbe non avere, secondo la ricorrente, un essenziale valore interpretativo anche nei confronti degli artt. 47 e 53 dello Statuto sardo. Parimente infondate sono, sempre a giudizio della ricorrente, altre argomentazioni addotte dall'Avvocatura dello Stato. Innanzitutto, sarebbe illogico ritenere che l'inclusione della determinazione delle tariffe nella "regolamentazione" dei servizi nazionali di comunicazione con la Sardegna possa valere solo per i provvedimenti di minor rilievo, come quelli previsti dall'art. 66 del d.P.R. n. 348 del 1979, e non per quelli analoghi di maggior importanza, previsti nell'art. 65 delle stesse norme di attuazione. In secondo luogo, non sarebbe vero che l'art. 9, sesto comma del decreto-legge impugnato non contenga la disciplina del modo di esercizio del potere di riduzione delle tariffe proprio del Ministro per la marina mercantile, poiche' esso prevede una fase di esercizio dello stesso, consistente nella "previa intesa" con il Ministro del tesoro e con quello delle partecipazioni statali. Infine, quanto alla pretesa violazione del combinato disposto formato dall'art. 77, u.c., della Costituzione e dagli artt. 47 e 53 dello Statuto speciale, la ricorrente insiste, in particolare, nell'asserito rilievo che l'avvenuta conversione non faccia venir meno gli specifici vizi del decreto-legge, quantomeno in relazione al caso in esame. Con riferimento a quest'ultimo, la ricorrente osserva, per un verso, che la mancata previsione del parere regionale da parte del decreto-legge e' rimasta immutata anche nella legge di conversione, perpetuando cosi' in essa un vizio materiale che era gia' presente nel decreto-legge, e, per altro verso, che in un regime a costituzione rigida un vizio di costituzionalita' attinente alla procedura di un decreto-legge (in ipotesi la mancata partecipazione del Presidente regionale alla seduta di approvazione dello stesso) non puo' essere sanato retroattivamente da una fonte, come la legge di conversione, la cui forza e' pari a quella dell'atto viziato (tanto piu' che quella stessa legge puo' ritenersi viziata per non aver provveduto il legislatore a consultare esso stesso, in sede di conversione, il Presidente della Regione sarda). Certo, conclude la ricorrente, ben potrebbe la legge di conversione far salvi gli atti e i rapporti sorti in base al decreto non convertito (come ha fatto l'art. 2, secondo comma, della legge n. 160 del 1989), ma non potrebbe convalidare e convertire senza emendarla la norma del decreto- legge successivo che intendeva illegittimamente regolare i rapporti sorti in base alla disciplina del precedente decreto non convertito. 6. - In prossimita' dell'udienza il Presidente del Consiglio dei ministri ha presentato una memoria con la quale porta argomenti per resistere al conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Sardegna (v., supra, punto 3). L'Avvocatura dello Stato insiste, innanzitutto, sulla distinzione fra "regolamentazione" dei servizi nazionali di comunicazione (per la quale e' richiesta la partecipazione del Presidente regionale alle sedute di approvazione) e "determinazione delle tariffe", distinzione che si dedurrebbe dallo stesso art. 53 St. Sa., che oppone "l'elaborazione delle tariffe ferroviarie" alla "regolamentazione dei servizi nazionali di... trasporti terrestri". In questo quadro, l'art. 66 delle norme di attuazione, che comprende la determinazione delle tariffe nella regolamentazione dei servizi di comunicazione, sarebbe una norma che, in quanto derogatoria rispetto al predetto principio generale (presente pure nello Statuto siciliano all'art. 20), dovrebbe essere considerata come di stretta interpretazione. In secondo luogo, il decreto ministeriale impugnato non potrebbe esser qualificato, ad avviso dell'Avvocatura dello Stato, come un provvedimento tariffario, essendo stato adottato, invece, in vista di finalita' sociali di rilevante carattere generale (espresse nella sua parte motiva), quali quelle di assicurare adeguatamente la mobilita' dei residenti nelle isole e di non compromettere la possibilita' di ulteriore sviluppo economico delle isole stesse. Considerato in diritto 1. - I due ricorsi presentati dalla Regione Sardegna, i cui estremi sono indicati in epigrafe, sono strettamente connessi, dal momento che attengono a questioni di legittimita' costituzionale e ad asserite lesioni della sfera di competenze assicurata alla stessa Regione Sardegna coinvolgenti le medesime norme di legge (art. 9, sesto comma, del decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77, convertito nella legge 5 maggio 1989, n. 160), le quali costituiscono, una volta, l'oggetto del giudizio e, un'altra volta, il fondamento legislativo del potere contestato. I relativi giudizi, pertanto, vanno riuniti per essere discussi congiuntamente e per essere decisi con un'unica sentenza. 2. - Il ricorso presentato dalla Regione Sardegna per chiedere la dichiarazione d'illegittimita' costituzionale di parte dell'art. 9, sesto comma, dell'anzidetto decreto-legge 4 marzo 1989, n. 77 (Disposizioni urgenti in materia di trasporti e di concessioni marittime), pone al giudizio di questa Corte tre distinte questioni: a) se il citato art. 9, sesto comma, nello stabilire aumenti di tariffe per i servizi sovvenzionati di collegamento con la Sardegna senza che il Presidente della regione stessa sia stato convocato per intervenire nelle sedute del Consiglio dei ministri aventi all'ordine del giorno la trattazione e la deliberazione dei relativi provvedimenti, violi gli artt. 47, secondo comma, e 53 dello Statuto speciale per la Sardegna (l. cost. 26 febbraio 1948, n. 3), nonche' le relative norme di attuazione (art. 65, d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348), che prescrivono la partecipazione del Presidente regionale all'elaborazione della disciplina sui servizi nazionali di comunicazione che riguardano particolarmente la Sardegna; b) se lo stesso art. 9, sesto comma, nel conferire al Ministro della marina mercantile il potere di determinare, previa intesa con i Ministri del tesoro e delle partecipazioni statali, le riduzioni di tariffa da applicare ai residenti nelle isole e alle merci senza prevedere contestualmente la richiesta del parere regionale, violi l'art. 53 dello Statuto speciale per la Sardegna, come attuato dall'art. 67 del gia' citato d.P.R. n. 348 del 1979, che prescrive quel parere come requisito procedurale dei provvedimenti di "autorita' individuali" dello Stato riguardanti la "regolamentazione, comprese le tariffe per viaggiatori e merci," dei servizi nazionali di comunicazione con la Regione Sardegna; c) se il medesimo art. 9, sesto comma, nel riprodurre integralmente disposizioni contenute in un precedente decreto-legge non convertito e nel far decorrere retroattivamente l'aumento delle tariffe ivi previsto dalla stessa data di decorrenza stabilita dal precedente decreto-legge, violi il combinato disposto formato dagli artt. 77, u.c., della Costituzione (come attuato dall'art. 15, secondo comma, lett. d, della legge 23 agosto 1988, n. 400) e dall'art. 53 dello Statuto speciale per la Sardegna (come attuato dagli artt. 66 e 67 del d.P.R. n. 348 del 1979), in quanto, contenendo in pratica una regolamentazione dei rapporti sorti in base al precedente decreto-legge non convertito, si porrebbe in contrasto con la riserva al Parlamento di tale potere e con il conseguente divieto imposto al Governo di disporre quella regolamentazione. 3. - Va, innanzitutto, dichiarata l'inammissibilita' dell'ultima delle censure riferite (v. punto precedente, sub c). La mancanza di interesse della Regione Sardegna in ordine alla questione ora considerata appare prima facie dal fatto che una norma identica a quella di cui si chiede l'annullamento e' contenuta nella legge di conversione del decreto- legge n. 77 del 1989 (art. 1, secondo comma, legge 5 maggio 1989, n. 160). Piu' in particolare, secondo la ricorrente, l'art. 9, sesto comma, del decreto-legge n. 77 del 1989, sarebbe costituzionalmente illegittimo in quanto, nello stabilire la decorrenza dell'aumento delle tariffe ivi previsto a partire dal 1 gennaio 1989 (cioe' dalla data d'inizio dell'efficacia del precedente decreto-legge non convertito, n. 547 del 1988), conterrebbe in quella disposizione una norma implicita - contraria all'art. 77, u.c., della Costituzione e all'art. 15, secondo comma, lett. d, della legge n. 400 del 1988, che espressamente vietano al Governo di "regolare i rapporti giuridici sorti sulla base dei decreti non convertiti" - vo'lta a far salvi gli atti e gli effetti posti in essere sul fondamento del decreto- legge non convertito. Non vi puo' esser dubbio che il decreto-legge sia una fonte incompetente a regolare i rapporti giuridici sorti in base a precedenti decreti non convertiti e che, in generale, una disposizione di decreto-legge la quale stabilisca una decorrenza dei propri effetti a partire dalla data di entrata in vigore del precedente decreto non convertito possa suscitare seri dubbi circa la correttezza dell'operato del Governo alla luce dei citati artt. 77 della Costituzione e 15 della legge n. 400 del 1988. Tuttavia, non si puo' negare che, per un verso, la decorrenza dell'aumento delle tariffe dei servizi nazionali di collegamento con le isole a partire dall'inizio dell'anno 1989 possa avere una sua giustificazione di carattere finanziario e contabile e, per altro verso, che la clausola di salvezza degli effetti prodotti sulla base del decreto-legge non convertito e' una norma implicitamente desumibile da quella disposizione, la quale e' stata comunque "assorbita", in tutta la sua portata normativa, dall'espressa disposizione dell'art. 1, comma secondo, della legge di conversione 5 maggio 1989, n. 160 ("Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodotti ed i rapporti giuridici sorti sulla base del decreto-legge 30 dicembre 1988, n. 547"). Sicche', dal momento che la conversione comporta il mutamento della qualificazione formale che le disposizioni traggono originariamente dal decreto-legge che le contiene con la qualificazione propria dell'atto di conversione (legge ordinaria) e dal momento che la fonte competente a regolare i rapporti rimasti in sospeso a seguito della mancata conversione, cioe' la legge, ha autonomamente disciplinato quei rapporti, vi sarebbe una norma quella implicita, ipoteticamente desumibile dall'art. 9, sesto comma, del decreto-legge convertito - che avrebbe il medesimo significato della clausola di salvezza dei rapporti rimasti in sospeso, contenuta nell'art. 1, secondo comma, della legge di conversione e il cui eventuale annullamento, pertanto, sarebbe privo degli ipotizzati effetti sulle competenze della ricorrente. Ma, pur se si volesse prescindere da tutto cio', ai fini della dimostrazione della mancanza di interesse della ricorrente appare di determinante importanza un ulteriore argomento. Nel prospettare la presunta violazione del combinato disposto formato dall'art. 77 della Costituzione e dall'art. 53 dello Statuto da parte dell'art. 9, sesto comma, la ricorrente invoca a suo favore un caso gia' deciso da questa Corte (v. sent. n. 302 del 1988). In esso, sulla base del rilievo che la ripetuta reiterazione del decreto- legge e la sua decadenza per mancata conversione cospiravano nel senso di spostare continuamente il momento di decorrenza delle istanze di parere ivi previste (collegato all'inizio di efficacia del decreto stesso) e di vanificare cosi' la competenza regionale (altrove garantita) di emettere il predetto parere, si dichiarava l'illegittimita' costituzionale in parte qua della relativa norma per violazione del combinato disposto formato dagli artt. 77, 117, e 118 della Costituzione. Tuttavia, questo precedente e' male invocato dalla Regione Sardegna, poiche' non si attaglia affatto al caso sottoposto al giudizio in questione, nel quale la ricorrente lamenta in realta' la lesione, da parte del Governo, di competenze riservate dall'art. 77, u.c., della Costituzione al Parlamento. Appare pertanto evidente che la ricorrente, nonostante la formale prospettazione come parametro di costituzionalita' di un "combinato disposto" formato dall'art. 77 della Costituzione e da alcune norme dello Statuto speciale della Sardegna, difetta di quell'interesse a ricorrere, qualificato dalla finalita' di ripristinare l'integrita' di proprie competenze, che questa Corte, con giurisprudenza da tempo consolidata, considera requisito di ammissibilita' nei giudizi di legittimita' costituzionale intentati dalle regioni contro atti legislativi dello Stato (v., ad esempio, sentt. nn. 111 del 1972, 151 del 1974, 307 del 1983, 151 del 1986, 64 e 183 del 1987, 302, 742 e 1044 del 1988, 324 del 1989). 4. - Non fondata e' la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, sesto comma, del decreto-legge n. 77 del 1989, relativamente alla censura per la quale tale articolo, nel deliberare aumenti di tariffe per i servizi sovvenzionati di collegamento con le isole senza che il Presidente della Regione Sardegna sia stato convocato per intervenire alle relative sedute del Consiglio dei ministri, si porrebbe in contrasto con gli artt. 47, secondo comma, e 53 dello Statuto speciale per la Sardegna, come attuati dall'art. 65 del d.P.R. 19 giugno 1979, n. 348, i quali esigono che il Presidente della Regione intervenga alle sedute del Consiglio dei ministri "quando si trattano questioni che riguardano particolarmente la Regione" e, segnatamente, quando si discute della "regolamentazione" dei servizi nazionali di comunicazione "che possano direttamente interessarla". 4.1. - Pregiudiziale alla risoluzione della questione e' il problema della interpretazione delle norme statutarie e di attuazione dello Statuto speciale relativo al significato dell'espressione "regolamentazione" dei servizi nazionali di collegamento con l'isola. Piu' precisamente, il problema e' se questa espressione debba intendersi come comprensiva della disciplina e della determinazione delle tariffe dei relativi servizi. Sebbene la formulazione delle disposizioni lasci ampi margini d'incertezza e sebbene non manchino esempi in leggi statali e in norme di attuazione di altri Statuti speciali relativi a discipline formalmente separate dell'uno e dell'altro oggetto, ancorche' concordanti nella sostanza (v., ad esempio, artt. 8 e 9 delle norme di attuazione dello Statuto speciale per la Regione siciliana, contenuti nel d.P.R. 17 dicembre 1953, n. 1113; nonche' artt. 11 e 12 della l. 5 dicembre 1986, n. 856), appaiono indubbiamente prevalenti gli argomenti che conducono a una risoluzione positiva del problema. In proposito vanno sottolineati tre distinti motivi che mostrano la chiara intenzione del legislatore statutario di ricomprendere anche la determinazione delle tariffe dei servizi nazionali di collegamento fra gli oggetti della forma di cooperazione fra Stato e Regione di cui all'art. 47, comma secondo, dello Statuto sardo e all'art. 65 del d.P.R. n. 348 del 1979, riguardante la "regolamentazione" dei servizi stessi. Innanzitutto, occorre osservare che, al di la' delle forme espressive usate, l'art. 53 dello Statuto rivela la volonta' del legislatore costituzionale di sottoporre anche la determinazione delle tariffe alla necessaria collaborazione della Regione per quanto riguarda i servizi nazionali di comunicazione e di trasporto che possano direttamente interessarla, non potendosi supporre un trattamento differenziato, per il profilo che qui rileva, fra le tariffe ferroviarie (espressamente ricomprese fra gli oggetti di disciplina) e quelle relative ad altri mezzi di trasporto (non espressamente menzionate). In secondo luogo, l'esplicita dizione usata dall'art. 66 del d.P.R. n. 348 del 1979 - per la quale e' richiesta la partecipazione di un rappresentante dell'amministrazione regionale alle deliberazioni adottate "in sede diversa dal Consiglio dei ministri" concernenti la "regolamentazione, comprese le tariffe per viaggiatori e merci," di tutti i servizi nazionali di collegamento con l'isola - lungi dal legittimare fragili argomenti a contrario, non puo' non sottendere che analoga partecipazione, ovviamente in forme adeguate, debba essere assicurata, sempreche' ne ricorrano i presupposti, anche nei casi eccezionali in cui la stessa materia sia trattata nella sede piu' elevata del Consiglio dei ministri. Infine, non appare logicamente corretto tracciare una rigida linea di separazione tra la determinazione delle tariffe e la "regolamentazione" dei servizi sovvenzionati di collegamento con le isole, atteso che, sulla base della stessa legislazione statale che la riguarda (art. 11, l. n. 856 del 1986), nella "regolamentazione" sono compresi aspetti, come la sovvenzione di equilibrio, strettamente interrelati, se non proprio inerenti, alla elaborazione della determinazione delle tariffe. 4.2. - Cio' posto, occorre ora verificare se, nel caso concreto, ricorrano i presupposti necessari per la convocazione del Presidente della Regione Sardegna onde permetterne la partecipazione alla seduta del Consiglio dei ministri nella quale e' stato deliberato il decreto-legge n. 77 del 1989, contenente, fra l'altro, l'aumento delle tariffe dei servizi di comunicazione con le isole maggiori e minori. In parallelo con una recente pronunzia di questa Corte (sent. n. 70 del 1987) e analogamente con quanto affermato in sentenza depositata in pari data, va premesso che alla suddetta partecipazione del Presidente regionale (o provinciale) non puo' ostare il carattere legislativo del provvedimento da adottare, poiche' l'interesse rilevante e particolare della regione che rende necessaria, oltreche' opportuna, la partecipazione del Presidente della stessa alle sedute del Consiglio dei ministri puo' indifferentemente sussistere tanto nei casi in cui il Governo adotta atti di natura amministrativa, quanto in quelli in cui assume deliberazioni di carattere legislativo (vedi, del resto, in questo senso le norme di attuazione contenute nel d.P.R. 1 febbraio 1973, n. 49, art. 19, relativo alla Regione Trentino-Alto Adige e nel d.P.R. 15 gennaio 1987, n. 469, art. 4, relativo alla Regione Friuli-Venezia Giulia). Ne' puo' valere l'argomento di fatto addotto dall'Avvocatura dello Stato, secondo il quale il Presidente della Regione Sardegna risulta essere stato convocato in relazione alle leggi riguardanti la complessiva manovra finanziaria per l'anno 1989, cui il decreto-legge in discussione e' in qualche modo collegato. Contro tale argomento vale il rilievo che la previsione dell'art. 47, secondo comma, dello Statuto esige inequivocabilmente che il Presidente regionale sia sentito, non gia' in generale, ma in ordine alle specifiche questioni che riguardano particolarmente la Regione. In realta', al pari di tutte le forme di collaborazione della regione allo svolgimento di funzioni imputate allo Stato, anche quella ora considerata presuppone l'esercizio di competenze statali su materie sulle quali insiste, naturalmente, un interesse nazionale, ma che, per l'interferenza che la relativa disciplina e' in grado di esercitare nei confronti di interessi di cui singole regioni sono soggetti esponenziali, esigono da queste ultime una rappresentazione delle loro posizioni tanto intensa e qualificata da importare la partecipazione dei Presidenti delle regioni interessate alle sedute del Consiglio dei ministri convocate per la discussione e la deliberazione delle relative questioni. Piu' precisamente, perche' tale partecipazione diventi necessaria occorre che l'interesse regionale sul quale viene a incidere la disciplina statale in discussione sia qualificato come un interesse differenziato e dotato di una particolare rilevanza o intensita'. Deve trattarsi, innanzitutto, di un interesse differenziato perche', come hanno precisato diverse pronunzie di questa Corte (v. sentt. nn. 34 e 166 del 1976, 627 del 1988, nonche' nn. 4 del 1966 e 1 del 1968), una forma cosi' particolare di cooperazione fra organi del piu' elevato livello statale e regionale puo' giustificarsi soltanto in presenza di discipline dello Stato aventi ad oggetto, non gia' interessi unitari che si riverberano sulle singole regioni come mera estensione o continuazione locale di quelli nazionali, ma interessi che si distaccano da quelli generali come propri e peculiari di singole regioni. In secondo luogo, deve trattarsi di un interesse dotato di una rilevanza o di una intensita' tale da giustificare una forma di raccordo cosi' eccezionale qual'e' la partecipazione del Presidente regionale alle sedute del Consiglio dei Ministri: una rilevanza che, essendo legata a una collaborazione fra l'organo statale responsabile in via primaria dell'indirizzo politico generale della nazione (Consiglio dei ministri) e l'organo che presiede l'istanza regionale preposta all'elaborazione della politica generale di una regione a statuto speciale (Giunta), dev'esser qualificata dall'interferenza tra l'indirizzo che lo Stato intende realizzare e l'attuazione della politica della regione nelle materie assegnate alla propria competenza. Questo principio, che si deduce dal complesso delle disposizioni dei vari Statuti speciali e dalle relative Norme di attuazione che disciplinano il tipo di raccordo qui discusso, ha un preciso riscontro anche nelle norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione Sardegna invocate come parametro di questo giudizio. In esse si coglie chiaramente una graduazione del tipo di coinvolgimento regionale, la quale dipende dalla rilevanza del tipo di interferenza imputabile ai vari livelli di decisione previsti per la regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione da e verso la regione: ove, infatti, la decisione sia di competenza del Consiglio dei ministri e' prevista la partecipazione del Presidente della Giunta regionale alle relative sedute (art. 65 del d.P.R. n. 348 del 1979); ove, invece, la deliberazione sia presa "in sede diversa dal Consiglio dei ministri", all'adozione della stessa deve partecipare semplicemente un "rappresentante dell'Amministrazione regionale" (art. 66, dello stesso decreto); e, infine, ove i provvedimenti siano di spettanza di "un'autorita' individuale", non si richiede alcuna forma di partecipazione o di intesa in relazione alla decisione da prendere, ma si prescrive soltanto che "deve essere preliminarmente sentito il parere della Regione, da emettersi non oltre trenta giorni dalla richiesta" (art. 67, dello stesso decreto). Nel caso sottoposto a questo giudizio non ricorrono ne' la condizione dell'interesse differenziato, ne' quella dell'interferenza sull'indirizzo politico generale della regione. Non la prima, perche' il decreto-legge impugnato e' diretto a modificare i meccanismi finanziari di ripianamento del deficit statale nel settore dei trasporti, toccando, pertanto, un punto centrale della disciplina legislativa dei relativi servizi, che si applica, con ispirazione unitaria e generalizzante, a tutte le regioni. Non la seconda, perche' la norma impugnata (art. 9, sesto comma) e' congegnata in modo tale da contenere soltanto la parte di minor rilievo rispetto agli indirizzi politici generali della regione - cioe' l'aumento generalizzato delle tariffe nella misura del 25% - e da affidare a un successivo provvedimento del Ministro della marina mercantile la parte "di rilevante importanza (..) per l'economia" delle regioni interessate (come si esprime la stessa norma), cioe' la determinazione delle tariffe ridotte per i residenti delle isole e per le merci da e per le isole stesse. Di qui discende, dunque, l'infondatezza della questione ora esaminata. 5. - Non fondata, nei sensi di cui in motivazione, e' la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, sesto comma, del decreto-legge n. 77 del 1989, limitatamente alla parte in cui conferisce al Ministro della marina mercantile il potere di determinare le riduzioni delle tariffe da applicare ai residenti nelle isole e alle merci senza prevedere contestualmente la richiesta del parere regionale contemplato dall'art. 53 dello Statuto speciale per la Sardegna, come attuato dall'art. 67 del d.P.R. n. 348 del 1979. Per le ragioni addotte nel punto precedente della motivazione, la determinazione delle tariffe ridotte per i residenti e per le merci e' un potere statale che tocca direttamente un interesse differenziato della Regione Sardegna e che interferisce in misura rilevante sulle scelte di carattere economico rientranti nelle competenze della Regione Sardegna. Su tale premessa, mentre l'art. 53 dello Statuto esige generalmente che la suddetta Regione partecipi alla elaborazione delle tariffe e alla regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione con l'isola, l'art. 67 del d.P.R. n. 348 del 1979, invece, precisa che quando la regolamentazione dei servizi nazionali di collegamento, compresa la determinazione delle tariffe per viaggiatori e merci, sia effettuata con provvedimenti assunti da "un'autorita' individuale", si deve preliminarmente sentire il parere della Regione. Tuttavia, come questa Corte ha avuto modo di affermare nella sentenza n. 625 del 1988, la mancata espressa previsione nelle disposizioni impugnate della necessita' di richiedere preliminarmente il parere della Regione, come prescritto dallo Statuto e dalle norme di attuazione dello stesso, non puo' comportare, di per se', l'illegittimita' costituzionale delle disposizioni stesse, per il fatto che "il silenzio (...) sul punto non puo' essere inteso se non nel senso dell'ossequio da esse prestato nei confronti delle norme di rango superiore". 6. - La conclusione appena raggiunta conduce all'accoglimento del ricorso per conflitto di attribuzione che la Regione Sardegna ha presentato in seguito all'emanazione del Decreto del Ministro della Marina mercantile 8 marzo 1989, con il quale sono state determinate le tariffe ridotte dei servizi sovvenzionati di collegamento valide per i residenti nelle isole e per le merci da e per le isole stesse senza che sia stato richiesto il parere della Regione Sardegna. Poiche', come s'e' detto, l'art. 9, sesto comma, del decreto-legge n. 77 del 1989 esige, ove sia correttamente interpretato alla luce dell'art. 67 del d.P.R. n. 348 del 1979, che quel parere venga preliminarmente richiesto allorche' si determinano le tariffe dei servizi nazionali di comunicazione con le isole, il fatto che cio' non sia avvenuto nel caso sottoposto a questo giudizio porta a concludere che il Ministro della marina mercantile, con il decreto impugnato, abbia esercitato in modo illegittimo il potere previsto nel predetto art. 9, sesto comma, e abbia, cosi', menomato le competenze riconosciute in proposito alla Regione Sardegna (artt. 53 dello Statuto e 67 delle relative norme di attuazione). Di qui consegue, altresi', l'annullamento del decreto impugnato.