ha pronunciato la seguente
                                SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 28, 29, terzo
 comma, 33, quarto comma, 34, 35, secondo comma, e 60 della  legge  31
 luglio  1954,  n.  599  (Stato dei sottufficiali dell'esercito, della
 marina e dell'aeronautica),  promosso  con  ordinanza  emessa  il  22
 maggio  1987  dalla  Corte  dei conti, Sezione giurisdizionale per la
 Sardegna, sul ricorso proposto da Olia Giovanni, iscritta al  n.  223
 del  registro  ordinanze  1989  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1989;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 4 ottobre 1989, il Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
    Nel   corso  di  un  procedimento  diretto  al  conseguimento  del
 trattamento pensionistico, promosso da  un  maresciallo  di  alloggio
 ordinario dell'Arma dei Carabinieri, collocato in congedo per perdita
 del grado a seguito di condanna penale, la Corte dei  conti,  Sezione
 giurisdizionale   per  la  Sardegna,  con  ordinanza  del  22  maggio
 1987(pervenuta a questa Corte il 18 aprile  1989),  ha  sollevato  di
 ufficio,  in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale degli artt.  28,  29,  comma
 terzo,  33,  comma quarto, 34, 35, comma secondo, e 60 della legge 31
 luglio  1954,  n.  599,  nella  parte  in  cui  non  prevedevano   la
 liquidazione della pensione a favore dei sottufficiali delle tre armi
 (e, quindi, anche dei Carabinieri), che fossero cessati dal  servizio
 per  perdita  del grado con una anzianita' inferiore ai venti anni di
 servizio, ma  superiore  ai  quindici,  diversamente  da  quanto  era
 disposto per gli ufficiali dall'art. 12 del regio decreto 18 novembre
 1920, n. 1626.
    Rammentato  che  la  questione  e' del tutto analoga ad altre gia'
 risolte dalla Corte costituzionale (sentenze nn. 144  del  1971,  255
 del  1982,  236  del  1985  e 154 del 1987), per diverse categorie di
 militari,  e   ritenuto   di   non   poter   estendere   i   principi
 giurisprudenziali affermati nelle richiamate decisioni alle norme ora
 impugnate (che si pongono come regolatrici della fattispecie  oggetto
 del  giudizio  a  quo,  in  assenza  di  una  specifica  disposizione
 pensionistica per la ipotesi di cessazione dal servizio  per  perdita
 del   grado),  il  giudice  rimettente  evidenzia  la  disparita'  di
 trattamento  che  le  norme   denunciate   avrebbero   riservato   ai
 sottufficiali dei carabinieri rispetto agli ufficiali, che versassero
 nella identica situazione giuridica  di  essere  stati  collocati  in
 congedo  per  perdita  del  grado  e  che potevano beneficiare di una
 minore anzianita' (di quindici anni) richiesta ai fini pensionistici.
    Non si e' costituita nel presente giudizio la parte privata ne' ha
 spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei Ministri.
                         Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte  dei conti ha sollevato questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 28, 29, terzo comma, 33, quarto comma, 34,
 35,  secondo  comma,  e  60 della legge 31 luglio 1954, n. 599, nella
 parte in cui non prevedono che anche i sottufficiali dei carabinieri,
 se  collocati in congedo per perdita del grado, possano conseguire la
 pensione al compimento di quindici anni di servizio.  Ad  avviso  del
 giudice  a  quo,  in  tale  mancata  previsione  deve  ravvisarsi  un
 contrasto con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, in relazione
 all'art.  12  del regio decreto 18 novembre 1920, n. 1626, che invece
 riconosce tale beneficio agli ufficiali che  versino  nella  medesima
 situazione.
    2. - La questione e' fondata.
    In  proposito  deve  essere  preliminarmente  ricordato che con la
 precedente  sentenza  n.   347   del   1989   e'   stata   dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale di una norma diversa, cioe' dell'art.
 23 del regio decreto legge 16 ottobre 1919, n. 1986, in  accoglimento
 di  una  questione  sollevata  in  un  giudizio che pur riguardava un
 militare  appartenente  alla  stessa  categoria  (sottufficiale   dei
 carabinieri)   cui   si   riferisce   la  questione  di  legittimita'
 costituzionale ora sollevata.
    Quella  dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale concerne
 soltanto tale norma, perche' la  questione  era  stata  sollevata  in
 ordine  ad  essa,  ritenuta  allora dalla Corte dei conti (Sezione IV
 giurisdizionale) applicabile nel giudizio a quo, mentre, nel giudizio
 nel  quale  e'  stata  sollevata  la  questione  ora  in esame, altro
 collegio giudicante della stessa Corte dei conti (e cioe' la  Sezione
 giurisdizionale   per   la  Sardegna)  ritiene  applicabili,  ad  una
 fattispecie identica  e  ad  un  militare  appartenente  alla  stessa
 categoria, le norme ora denunciate.
    Questa    Corte,   dovendosi   attenere   al   quesito   formulato
 nell'ordinanza di rimessione, non puo' che confermare,  in  relazione
 alle  norme  ora  denunciate, quanto gia' affermato in precedenza nei
 confronti della norma dichiarata illegittima.
    3.  - Anche nel presente giudizio l'ordinanza di rimessione invoca
 quale tertium comparationis l'art. 12 del regio decreto  18  novembre
 1920,  n.  1626,  il  quale  prevedeva che gli ufficiali collocati in
 pensione per perdita del grado potessero conseguire  la  pensione  al
 compimento di quindici anni di servizio.
    Raffrontando con questa norma quelle denunziate con l'ordinanza di
 rinvio, risulta la stessa situazione di disparita' incompatibile  con
 il  parametro  costituzionale invocato, cosi' come gia' ritenuto, sia
 nella richiamata sentenza di questa Corte n. 347 del  1989,  sia,  in
 relazione  a  diverse  categorie  di militari e quindi ad altre norme
 egualmente dichiarate costituzionalmente illegittime, nelle  sentenze
 n.  154 del 1987, n. 236 del 1985, n. 255 del 1982 e n. 144 del 1971.
    In  particolare, nell'ultima delle sentenze citate si era ritenuto
 essere privo  di  giustificazione  il  trattamento  differenziato  in
 materia  di  pensione  operato  nei confronti di persone appartenenti
 alle stesse forze armate, "non avendo la differenza di  grado  alcuna
 rilevanza  rispetto agli anni di servizio necessari per conseguire il
 diritto a pensione".
    Con  riferimento,  poi,  all'avvenuta  abrogazione sia delle norme
 denunciate che di quella indicata a raffronto (e cioe' l'art. 12  del
 regio  decreto n. 1626 del 1920), per effetto dell'art. 254 del testo
 unico approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, questa Corte ha
 in  piu' occasioni gia' avuto modo di affermare (sentenze nn. 347 del
 1989 cit., 255  del  1982  cit.,  77  del  1963  e  4  del  1959)  la
 sindacabilita'  anche di norme abrogate ogni qualvolta possa parlarsi
 di efficacia e di applicazione della legge,  indipendentemente  dalla
 sua  avvenuta  abrogazione, salvo che si tratti di fatti verificatisi
 successivamente alla data in cui  tale  norma  ha  cessato  di  avere
 vigore. Quest'ultima ipotesi non ricorre nel caso del giudizio a quo,
 relativamente al quale i presupposti di  fatto  si  erano  verificati
 completamente  sotto  l'imperio  della  disciplina  abrogata, il che,
 secondo quanto gia' affermato da questa Corte (sentenze  n.  347  del
 1989  e  n.  255 del 1982 citate), rende inoperante la retroattivita'
 disposta dall'art. 256 del citato testo unico del 1973, che non  puo'
 incidere sui diritti quesiti.