ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 395, prima parte e numero 4, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 20 aprile 1989 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Deodati Giselda e Corradini Piero, iscritta al n. 333 del registro ordinanze 1989 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1989; Udito nella camera di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola. Ritenuto in fatto Nel corso di un giudizio per la revoca di un provvedimento di convalida di licenza per finita locazione, il Pretore di Roma, con ordinanza emessa il 20 aprile 1989, ha sollevato, in relazione agli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 395, prima parte e numero 4, del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede la revocazione delle ordinanze di convalida di sfratto o di licenza per finita locazione. Il giudice a quo rileva anzitutto come nella fattispecie di causa la convalida fosse stata pronunziata sulla base di un errore di fatto, a seguito di erronea indicazione della data di scadenza del contratto nel verbale d'udienza. Osserva poi il Pretore, richiamandosi alla giurisprudenza costituzionale, come, alla stregua dell'indubbio contenuto decisorio dell'ordinanza in argomento, appaia evidente la disparita' di trattamento tra chi possa far valere l'errore di fatto contenuto in una sentenza e chi di tale facolta' non disponga per non essere emendabile il provvedimento in questione. In quest'ultima ipotesi risulterebbe altresi' sacrificato il diritto di difesa della parte senza che cio' trovi alcun fondamento razionale nella specialita' dello strumento processuale. Considerato in diritto 1. - E' prospettata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 395, prima parte e numero 4, del codice di procedura civile, la' dove la norma limita l'esperibilita' della revocazione per errore di fatto alle sentenze con esclusione dell'ordinanza di convalida. In particolare si assumono vulnerati i parametri costituiti dagli artt. 3, primo comma, e 24, primo e secondo comma, della Costituzione, per l'irrazionalita' insita nel diversificare le situazioni di chi debba far valere tale errore e l'ingiustificata compressione del diritto ad agire e difendersi allorche' quest'ultima esigenza riguardi il provvedimento di convalida di sfratto o licenza per finita locazione. 2. - La questione e' fondata. Questa Corte ha in piu' occasioni affermato la compatibilita' dello speciale modulo procedimentale di cui agli artt. 657 e seguenti del codice di procedura civile con l'art. 24 della Costituzione (cfr. sentenze n. 185 del 1980, n. 171 del 1974, n. 94 del 1973, n. 89 del 1972). Alla luce del principio per cui dev'essere considerato legittimo l'adattamento della tutela giurisdizionale alla particolarita' del rapporto da regolare, la richiamata giurisprudenza costituzionale ha giudicato degno di una peculiare protezione giuridica l'interesse alla sollecita riconsegna del bene locato. Ma se e' razionale che il procedimento per convalida si atteggi come tutela differenziata in quanto appaga l'esigenza di evitare che il conduttore possa protrarre il godimento del bene locato attraverso l'abuso del diritto di difesa, non altrettanto giustificabile appare il regime di stabilita' di cui gode il provvedimento. Quest'ultimo, infatti, concludendo il giudizio, "ha il contenuto di decisione definitiva" (cfr. sentenza n. 185 del 1980) ed e' altresi' immediatamente esecutivo. Dopo aver ampliato l'ambito di esperibilita' dell'opposizione tardiva (cfr. sentenza n. 89 del 1972), la Corte ha esteso il rimedio dell'opposizione - ordinaria e revocatoria - di terzo al provvedimento di convalida di sfratto per finita locazione (cfr. sentenza n. 167 del 1984) e per morosita' (cfr. sentenza n. 237 del 1985) emessi per la mancata comparizione dell'intimato ovvero in mancanza di opposizione dell'intimato comparso. La ratio delle decisioni da ultimo citate e' sostanzialmente estensiva dell'ambito di impugnabilita' della convalida, in sintonia con il mutato quadro di riferimento rappresentato non soltanto dal precetto costituzionale di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione, ma anche dall'assetto sostanziale delle locazioni, ben diverso da quello esistente allorche' nel nostro ordinamento venne introdotta la convalida con la legge 24 dicembre 1896, n. 547. Ed e' lo stesso dato storico a contenere indicazioni circa la descritta prospettiva espansiva, posto che il rimedio dell'appello, originariamente previsto, venne poi eliminato dal regio decreto 7 agosto 1936, n. 1531 che disciplino' la convalida in modo sostanzialmente conforme a quello del vigente codice attraverso un'accentuazione dei caratteri sommari del rito, prevedendo l'ipotesi della morosita' ed in concreto restringendo la misura della tutela avverso il provvedimento. Preso atto dell'idoneita' di quest'ultimo a definire il giudizio con efficacia di giudicato, nella richiamata sentenza n. 167 del 1984, la Corte ha osservato come "la sostanziale ingiustizia del provvedimento decisorio e' da temere nell'ordinanza di convalida di sfratto in assai maggior misura di quel che non possa lamentarsi in sentenza passata in giudicato". 2. - Ragionamento del tutto analogo dev'essere svolto con riguardo all'ipotesi di revocazione per errore di fatto, inerente cioe' ad una circostanza pacifica, che inoppugnabilmente emerga o meno dagli atti processuali. Risulta all'evidenza irrazionale la differenziazione che consente solo alle parti di un processo ordinario la possibilita' di emendare uno sbaglio che non coinvolge l'attivita' valutativa del giudice, ma concerne esclusivamente una erronea percezione dei documenti versati in causa. La denunziata limitazione non e' coerente con l'efficacia di cosa giudicata sostanziale della convalida ne' e' funzionale ad alcuna esigenza di celerita', anche ove si consideri "l'estrema rarita' delle vicende, in cui si e' imputata ai giudizi di merito la commissione del motivo di revocazione di cui all'art. 395 n. 4" (cfr. sentenza n. 17 del 1986). L'errore di fatto nel senso delineato non si pone su di un piano ontologicamente diverso dall'errore materiale, per la cui correzione e' previsto lo speciale procedimento: la considerazione che esso incide sul contenuto del provvedimento e non e' rilevabile dal tenore testuale di questo, non giustifica il sacrificio imposto ai rispettivi diritti delle parti anche argomentando in riferimento all'art. 24 della Costituzione. 3. - Dev'essere quindi dichiarata l'illegittimita' costituzionale dell'art. 395, prima parte e numero 4, del codice di procedura civile, la' dove non prevede la revocazione per errore di fatto avverso i provvedimenti di convalida di licenza o di sfratto per finita locazione emessi nelle equivalenti ipotesi d'inerzia dell'intimato costituite dalla mancata comparizione di questi, ovvero dalla sua mancata opposizione. 4. - La declaratoria va estesa, in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 al caso, del tutto assimilabile ai precedenti, di convalida di sfratto per morosita' e non puo' non concludersi con l'auspicio che la materia dell'impugnabilita' dei provvedimenti di convalida, cosi' come risultante dalle decisioni della Corte e dall'esegesi della Cassazione, sia oggetto di un organico intervento legislativo.