IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 2198/88
 proposto dal comune di Roma,  in  persona  del  sindaco  pro-tempore,
 rappresentato  e  difeso  dall'avv. Catello Materazzi dell'avvocatura
 municipale  contro  il  Ministero  delle  finanze,  costituitosi   in
 giudizio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato
 (avv. Carlo Sica) per l'annullamento dell'ordinanza di sfratto in via
 amministrativa,  prot.  n.  50679/88  del 4 giugno 1988, con la quale
 l'intendente di finanza della provincia di Roma ha ordinato al comune
 di  Roma  di  rendere  liberi  da persone e cose lo stabile demaniale
 denominato  "Paolino  alle  Terme",  utilizzato  come   facolta'   di
 magistero;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero resistente;
    Viste  le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
 difese;
    Visti gli atti della causa;
    Designato relatore, per la pubblica udienza del 24 aprile 1989, il
 consigliere Francesco Corsaro;
    Udito l'avv. dello Stato Carlo Sica per il Ministero resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue;
                               F A T T O
    Con  ricorso  notificato  il  6  luglio 1988, il comune di Roma ha
 impugnato, chiedendone l'annullamento, l'ordinanza dell'Intendente di
 finanza della provincia di Roma, prot. n. 50579/88 del 4 giugno 1988,
 con cui gli e' stato intimato lo sfratto in via amministrativa  dello
 stabile  demaniale  denominato  "Paolino alle Terme", utilizzato come
 facolta' di magistero, sul presupposto della mancanza di  titolo  per
 l'occupazione   e  della  pregressa  morosita'  nel  pagamento  degli
 indennizzi dovuti per l'occupazione.
    Questi i motivi dedotti:
      1) eccesso di potere per falsita' dei presupposti.
    Erroneamente  si  assume  nell'ordinanza che il comune di Roma sia
 occupante dello stabile in questione, essendo quest'ultimo in realta'
 occupato  dall'Universita' degli studi di Roma (ente con personalita'
 giuridica autonoma). Per l'ipotesi che la legittimazione passiva  del
 comune  sia  stata  ritenuta  sulla base dell'art. 217 del t.u. delle
 leggi sull'istruzione superiore approvato con r.d. 31 agosto 1933, n.
 1592  e  dell'art.  17  del  r.d. 27 ottobre 1935, n. 2153 (che fanno
 obbligo al comune di fornire i locali per la facolta' di  magistero),
 si  sostiene  che tali norme debbano ritenersi abrogate dalla legge 7
 gennaio 1958, n. 4;
      2)  violazione  della  legge  7  gennaio  1958,  n. 4, in quanto
 l'ordinanza impugnata pretende privare l'Universita' di Roma dell'uso
 dell'immobile;
      3)  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 217 del t.u. delle
 leggi sull'istruzione superiore e dell'art. 17  del  r.d.  31  agosto
 1933, n. 2153 (ove se ne ritenga l'attuale vigenza) in relazione agli
 artt. 3, 33, 3 e 128 della Costituzione;
      4) eccesso di potere per motivazione erronea.
    Inesatta deve ritenersi l'affermazione relativa alla morosita' nel
 versamento degli indennizzi dovuti  per  l'occupazione  giacche'  sul
 punto pende giudizio davanti al tribunale civile di Roma, proprio per
 stabilire la sussistenza e l'entita' della dedotta morosita';
      5) eccesso di potere per difetto di istruttoria ed incompetenza.
    Il   termine   di   trenta   giorni   assegnato  per  il  rilascio
 dell'immobile  e'  del  tutto  incongruo,  dovendosi  provvedere   al
 trasferimento  di  una  facolta'  universitaria;  in  relazione  agli
 interessi coinvolti, l'ordinanza di sfratto avrebbe dovuto quantomeno
 essere   emanata   di   concerto  con  il  Ministero  della  pubblica
 istruzione;
      6)   eccesso   di   potere  per  difetto  di  motivazione  sulla
 necessita',  sulla  natura  e   sulla   portata   delle   opere   che
 l'amministrazione   intende  eseguire  sull'immobile,  nonche'  sulla
 necessita' dello sgombero per la realizzazione delle opere anzidette;
      7)  violazione  della  legge  11  luglio  1986, n. 390, la quale
 prevede la concessione di beni dello Stato a favore di enti  pubblici
 territoriali  e  di  enti  che perseguano fini di rilevante interesse
 culturale, a canone ricognitorio.
    Il  Ministero  delle  finanze  si  e'  costituito  in giudizio col
 patrocinio dell'Avvocatura  dello  Stato,  la  quale  ha  chiesto  il
 rigetto  del  gravame,  perche'  infondato,  eccependo,  tra l'altro,
 l'inammissibilita'  della  prospettata  questione   di   legittimita'
 costituzionale, per difetto di rilevanza.
    Con  ordinanza  n. 1196 del 9 luglio 1988, il tribunale ha accolto
 l'istanza   incidentale   di    sospensione    dell'esecuzione    del
 provvedimento impugnato.
                             D I R I T T O
    Con l'ordinanza impugnata, l'intendente di finanza della provincia
 di  Roma  ha  intimato  al  comune  di  Roma  lo   sfratto   in   via
 amministrativa  dallo  stabile  demaniale  denominato  "Paolino  alle
 Terme", utilizzato come sede della facolta' di magistero.
    Benche' l'ordinanza non ne indichi le ragioni, e' agevole desumere
 (come ammette del resto la difesa erariale) che il comune di Roma sia
 stato  ritenuto  legittimo  destinatario dell'intimazione di sfratto,
 come soggetto  obbligato  al  reperimento  dei  locali  necessari  al
 funzionamento dell'istituto di magistero.
    L'art.  217,  ultimo  comma,  del t.u. delle leggi sull'istruzione
 superiore approvato col r.d. 31 agosto 1933, n.  1592,  fa,  infatti,
 obbligo  ai  comuni  di Firenze, Messina e Roma di fornire i locali e
 l'arredamento agli istituti superiori di magistero che nei rispettivi
 territori hanno sede e a provvedere a quanto in genere occorra a tali
 istituti. Tale obbligo, per quanto riguarda il  comune  di  Roma,  e'
 stato  ribadito all'atto dell'aggregazione dell'Istituto di magistero
 di Roma alla regia Universita' di Roma, operato col r.d.  27  ottobre
 1935,  n.  2153  (pubblicato  nella  Gazzetta Ufficiale n. 301 del 27
 dicembre  1935),  il  cui  art.  17  testualmente  dispone  che   "il
 governatore di Roma e' obbligato a continuare a fornire alla facolta'
 di magistero i locali e l'arredamento ed a  provvedere  a  quanto  in
 genere occorra alla facolta' stessa".
    Sul  piano della legittimita' ordinaria, il ricorso non puo' avere
 esito favorevole, non  apparendo  condivisibile  l'assunto  di  parte
 ricorrente in ordine alla pretesa attuale non vigenza dei detti artt.
 217, ultimo comma, del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592 e 17 del r.d.  27
 ottobre 1935, n. 2153, da ritenersi, a suo dire, abrogati dalla legge
 7 gennaio 1958, n. 4.
    Quest'ultima legge, invero, nel disporre che "l'assegnazione degli
 immobili dello Stato a servizio delle universita'  e  degli  istituti
 superiori  universitari  s'intende  fatta  in  uso  ed in ogni caso a
 titolo  gratuito  e  perpetuo,   qualunque   sia   l'epoca   in   cui
 l'assegnazione   e'   stata  realizzata",  ha  inteso  esclusivamente
 interpretare (come e' agevole desumere dal suo stesso titolo)  l'art.
 46  del t.u. delle leggi sull'istruzione superiore, nel quale gia' si
 prevedeva che "ad ogni universita' e istituto superiore  e'  concesso
 il  gratuito  e  perpetuo  uso  degli  immobili  dello  Stato posti a
 servizio dell'universita' e istituto medesimo".
    In  tale  rilievo,  deve, quindi, escludersi che la legge del 1958
 abbia in qualche misura interferito nell'area  dispositiva  dell'art.
 217  del menzionato t.u. delle leggi sulla istruzione superiore, che,
 in deroga alla regola statuita dall'art.  46,  poneva  a  carico  dei
 comuni  di  Firenze,  Messina e Roma l'obbligo di fornire i locali ai
 rispettivi istituti di magistero; obbligo, quest'ultimo, che  trovava
 la  sua ragion d'essere, verosimilmente, nello speciale ordinamento a
 tali istituti riservato (veggasi all'uopo il titolo II del  ricordato
 t.u. delle leggi sull'istruzione superiore).
    Tale  conclusione negativa sul piano del sindacato di legittimita'
 ordinaria rende  peraltro  rilevante  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale,  sollevata  dal  comune  ricorrente,  dell'art.  217,
 ultimo comma, del r.d. 31 agosto 1933, n. 1592, e  dell'art.  17  del
 r.d. 27 ottobre 1935, n. 2153, in relazione agli artt. 3, 33, 5 e 128
 della Costituzione.
    Sul  punto  non appare condivisibile la tesi della difesa pubblica
 secondo cui la questione sarebbe  priva  di  rilevanza  nel  presente
 giudizio,  in  esso  discutendosi  della  occupazione, non gia' di un
 qualsiasi immobile destinato alla facolta' di magistero, bensi' di un
 preciso  immobile  (ossia dello stabile demaniale sito alla via delle
 Terme di Diocleziano).
    E'  agevole  infatti obiettare che ove il comune di Roma non fosse
 obbligato a fornire i locali alla facolta' di magistero,  l'ordinanza
 impugnata  si  rivelerebbe illegittima (per errata individuazione del
 soggetto passivo della intimazione di sfratto), in quanto il relativo
 onere graverebbe sullo Stato.
    La  sollevata questione appare inoltre meritevole del vaglio della
 Corte costituzionale, siccome non manifestamente infondata.
    Come  esattamente  rileva  la  difesa  comunale,  nel  sistema dei
 rapporti  tra  lo  Stato  e  le  amministrazioni  locali  in  materia
 scolastica,  esistono norme (art. 15 della legge 31 dicembre 1962, n.
 1859, sulla istituzione e l'ordinamento della scuola  media  statale;
 art.  91,  lett.  F),  del  t.u.  della legge comunale e provinciale,
 approvata con r.d. 3 marzo 1934, n. 383, relativo  alla  costruzione,
 manutenzione e arredamento degli edifici delle scuole elementari) che
 fanno  carico  ai  comuni  di  sopportare  gli  oneri  relativi  alla
 provvista di immobili e mobili destinati al servizio dello Stato.
    Tali  norme  trovano  giustificazione nel fatto che il servizio di
 competenza statale viene prestato a favore di cittadini residenti nel
 territorio comunale, il che rende razionale l'onere di spesa a carico
 degli enti esponenziali dei destinatari del servizio stesso.
    Un  collegamento  del tipo anzidetto non e' dato pero' riscontrare
 nel  settore  dell'istruzione  universitaria,  il  cui   accesso   e'
 riconosciuto  a  tutti  i cittadini nazionali, i quali sono liberi di
 iscriversi  in  qualunque  universita'   istituita   nel   territorio
 nazionale.
    Per   tale  ragione,  appare  incongruo  riversare  sulle  finanze
 comunali oneri  relativi  al  funzionamento  delle  universita',  che
 finiscono  per  gravare sui cittadini dove le universita' hanno sede,
 nonostante il servizio dalle stesse erogato sia accessibile anche dai
 residenti in altri comuni.
    In  relazione  poi  alla regola statuita dal ricordato art. 46 del
 t.u. delle leggi  sull'istruzione  superiore  (come  precisata  dalla
 legge interpretativa 7 gennaio 1958, n. 4), la diversa regola per gli
 istituti di magistero, ed in particolare  per  quello  di  Roma,  non
 appare   frutto   di   un   ragionevole  uso  della  discrezionalita'
 legislativa.
    Ed invero, l'irrazionalita' dell'onere imposto al comune di Roma a
 fronte della regola generale che fa obbligo allo Stato  di  concedere
 in  uso  perpetuo  e  gratuito  gli  immobili  posti a servizio delle
 universita' e degli istituti superiori - gia' percepibile nel  quadro
 della  disciplina dettata dal t.u. approvato con r.d. 31 agosto 1933,
 n. 1592 (in quanto lo  speciale  assetto  ordinamentale  riconosciuto
 all'istituto  di  magistero di Roma non si rifletteva sull'erogazione
 del servizio, aperto a tutti i cittadini  italiani),  assume  maggior
 evidenza  a  seguito  dell'aggregamento  dell'istituto  di  magistero
 all'Universita' di Roma, di cui costituisce ora  articolazione,  come
 facolta'.
    Non  manifestamente  infondata,  appare,  quindi  per  le  ragioni
 anzidette la dedotta  questione  di  legittimita'  costituzionale  in
 relazione agli artt. 3 e 33 della Costituzione.
    Quanto  poi  all'eccepito  contrasto  con  gli artt. 5 e 128 della
 Costituzione, condivisibile appare l'assunto  del  comune  ricorrente
 secondo   cui   le  norme  censurate  violano  l'autonomia  dell'ente
 territoriale. Quest'ultimo, invero, benche'  sfornito  di  poteri  di
 intervento  e  di  decisione sull'istruzione universitaria (riservata
 all'esclusiva competenza statale) e' tuttavia chiamato a  sopportare,
 anche  se  parzialmente,  i  relativi  oneri  economici, senza alcuna
 possibilita' di recupero (anche se in modo indiretto)  nei  confronti
 degli utenti residenti in altri comuni.